martedì 2 gennaio 2024

Quel cannibale è Frankenstein !!

Nato sul bordo di un nuovo secolo, Cashel Greville Ross soleva dire che il suo primo ricordo – doveva avere cinque, sei anni – era di un uomo vestito di nero che conduceva a mano un cavallo recalcitrante altrettanto nero, un uomo che, per qualche motivo, voleva ucciderlo. Il ricordo, tuttavia, poteva benissimo essere una suggestione assurta al rango di reminiscenza, dal momento che Cashel era cresciuto con zia Elspeth, la quale, esattamente a quell’età, gli aveva raccontato la tristissima storia dei suoi genitori, Moira e Findlay Greville, morti annegati nel Mare d’Irlanda durante una tempesta mentre correva l’anno del Signore 1800. Un’autentica tragedia che, oltre ad aver inaugurato la sua esistenza di orfano, come tante altre narrazioni suggestive poteva anche non essere vera. Quando infatti un’altra verità emergerà, Cashel capirà di aver vissuto intrappolato in una rete di arzigogolate menzogne concepite proprio da chi gli è più vicino. Da quel momento andrà a caccia di avventure stravaganti, sperimenterà mille vite alla frenetica ricerca del vero sé stesso, sempre in movimento, dall’Irlanda fino a Londra, dai campi di Waterloo passando per le Indie fino a Zanzibar, attraverso i continenti in guerra e in pace. Soldato, amante, padre, amico di celebri poeti – sí, proprio di Byron –, criminale, contadino, esploratore, scrittore, si troverà sempre nel luogo e nel momento in cui il secolo accelera la sua corsa; annoterà con cura, giorno dopo giorno, tutto ciò che accade; lascerà il suo cuore tra le mani di una donna che non può permettersi di amare. Senza mai smettere di interrogarsi, romantico figlio del suo tempo, sul senso del suo vagare.

(dal risvolto di copertina di: William Boyd, "Il romantico". Neri Pozza. Traduzione di Annamaria Biavasco, pagg.448 €22)

Se fossi Shelley
- di Susanna Nirenstein -

Tom Jones, Jean Valjean, Forrest Gump, Zelig... Non sapremmo a chi assomiglia di più Cashel Greville Ross, il protagonista incontrastato de "Il romantico", l'ultimo romanzo di William Boyd che, come è nelle sue corde, segue il personaggio dalla nascita alla fine dei giorni nelle infinite capriole che la vita gli impone o a cui comunque l'indefesso giramondo del XIX secolo creato dall'autore di diciotto titoli e numerose sceneggiature, no sa resistere interagendo nella buona e la cattiva sorte con figure e avvenimenti storici e inventati. Del resto. convinto, come ha detto più volte, che la finzione può essere più vera della realtà, inventare è il gran divertimento di Boyd («Il segreto è non annoiarsi», ha detto in un'intervista, «così cerco di vivere più vite possibile, poiché nessuna arte esplora la condizione umana meglio di un romanzo»), britannico di origini scozzesi nato 71 anni fa nel Ghana, cresciuto per i primi vent'anni in Niger, e poi laureato in filosofia in Francia e ancora a Oxford con una tesi sul pensiero del poeta Percy Bysshe Shelley di cui ha fatto un personaggio in questo lavoro. La sua energia inventiva non si è mai fermata davanti a nulla, come quella volta, nel 1998, che ideò Nat Tate, artista dell’espressionismo astratto in realtà mai esistito che beffò l'intero ambiente della critica e delle gallerie di grido insieme all'amico David Bowie che gli pubblico e presentò il libro “biografico” in un happening nello studio di Jeff Koons a Soho che fece storia. «Sono come il dottor Frankestein» chiosò quando un supposto quadro di Nat Tate fu venduto all'asta per 7.500 sterline, «ho dato vita a una creatura di cui ho perso il controllo».

Quel bluff era corredato di foto, documenti, disegni tutti raccattati da robivecchi o hand-made by Boyd. È un modus operandi del nostro autore che spesso correda le sue creature di fiction con documenti veri e fake come ha fatto ne "Le nuove confessioni" in "Ogni cuore umano", piuttosto che nella falsa autobiografia "Una dolce carezza" («Sono come un cannibale» ha detto, «mi nutro di qualsiasi cosa per far vivere mici romanzi»). E lo fa anche in questo "Il romantico", costellandolo di riferimenti (naturalmente falsi) insieme a un centinaio di pagine autobiografiche e alle lettere di Cashel Greville Ross (in teoria 1799-1882) che gli sarebbero arrivate insieme a pochi oggetti senza valore: «Tutto quel che resta della vita di un uomo», sottolinea, perché questo è uno degli argomenti che sono cari a William Boyd (ma in fondo a tutta quella piccola schiera di autori che nel 1983 Granta incluse tra i migliori giovani scrittori britannici, tra cui Julian Barnes, lan MeEwan, Martin Amis), vale a dire l'infallibile presa della morte: anche se Boyd in genere viene percepito come più accessibile o commerciale, non vanno sottovalutate le sue sottigliezze, la sua abilità nel cogliere le disconnessioni esistenziali, la contraddizione tra la grandezza di una vita e la sua fine.

E di momenti grandi, avventurosi, Cashel Greville Ross ne cerca e ne passa davvero tanti: convinto di essere un orfano cresciuto dalla caritatevole zia governante, scopre che è sua madre, e che suo padre era il signore della tenuta in cui era cresciuto. Sopraffatto dalla bugia fugge a 15 anni di casa, sì arruola, combatte la Battaglia di Waterloo, dove viene ferito e degnamente decorato. Si arruola nella Compagnia delle Indie Orientali, si oppone all’eccidio di nativi cingalesi, deve sottrarsi alla corte marziale, torna in Europa, sempre con pochi soldi inizia a viaggiare con l'idea di scrivere un libro di viaggio e, mentre è in Toscana, conosce e frequenta Shelley e Byron e si intrufola nei loro triangoli amorosi, si innamora follemente di una nobildonna, la segue a Ravenna, poi una malevola menzogna lo fa fuggire ancora, questa volta nella campagna francese, torna in patria dove riesce a pubblicare e vendere bene il suo libro di viaggio e anche un altro anonimo sull'amore infelice con la contessa, finisce in galera per debiti, poi è la volta dell’America, dove vuol creare una comunità libertaria ma finisce per aprire un'industria di birra e ghiaccio, per poi sposarsi con una squilibrata. Toma a Londra e la proposta di un ex commilitone apre il capitolo più turbinoso e affascinante: la ricerca delle sorgenti del Nilo, c'è un premio in vista. Parte, un viaggio fantastico, pieno di pericoli, malattie, agguati, intuizioni che lui stesso giudica epocali, e che difenderà a tutti i costi davanti agli esploratori (Burton e Speke, realmente esistiti) che sosterranno un'altra tesi. Anche invecchiato non si ferma: addicted all'oppio a Trieste si troverà coinvolto in un traffico di reperti archeologici che però denuncerà a rischio della vita.

Acrobatico Boyd, ne pensa davvero una più del diavolo. Da chi avrà imparato? Lui dice da Stevenson e forse,al di là delle sue mille finzioni, è vero.

- Susanna Nirenstein - Pubblicato su Robinson del 19 agosto 2023 -

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