domenica 31 marzo 2024

Mi sono innamorato di te…

Cos'è l'amore, e cosa non è!
- di Simone de Beauvoire -

Perché ci s’innamora? Nulla di più semplice. Ti innamori perché sei giovane, perché stai invecchiando, perché sei vecchio; perché la primavera se ne va, perché comincia l’autunno; perché hai troppa energia, perché sei stanco; perché sei allegro, perché sei scontento; perché qualcuno ti ama, perché qualcuno non ti ama… Trovo troppe risposte: forse la domanda non è poi tanto semplice. L’esperienza dell’amore è talmente universale che sembra priva di mistero. Dovunque, a tutte le ore, in questo stesso istante, migliaia di uomini e di donne si dicono con sorpresa o sgomento: «Ti amo. Sono innamorato». Lo dicono forte o piano, con queste parole o con altre, ma lo dicono – altrimenti non sarebbe amore. «Ho bisogno di te. Senza di te soffrirò». «Non posso più vivere senza di te». Tempo e spazio sono sospesi, immobili davanti a un viso che contiene l’essenza di quello che c’è di più prezioso al mondo. Dal momento che non crediamo più al mito degli amanti predestinati, come possiamo spiegare queste scelte esclusive? Per gli amanti sono evidenti. Eppure gli amici si chiedono: «Cos’è che lo affascina in lei? Cos’è che la affascina in lui?» Stendhal ha descritto questo processo come una «cristallizzazione», in grado di trasformare chiunque in un essere unico. Oggi gli psicanalisti parlano di «investimento». Ma perché Paolo e Paola hanno incominciato a «investire», a «cristallizzare» proprio con Piera e Piero? La scelta stupisce i loro amici. Si è detto che gli innamorati sono soli al mondo. Nulla di più falso. Secondo Freud, l’amore coinvolge non due persone ma quattro. In effetti si va oltre, e coinvolge l’intera società. «Sei diverso. Sei un’eccezione. Non somigli a nessun altro». Tutti gli innamorati hanno detto queste parole, e quando le dicono, intendono che la persona che amano è stata scelta in base a un paragone con tutti gli altri, e contro tutti gli altri. Una persona troppo in armonia con la società può non conoscere mai l’amore. In altri tempi, e perfino ai giorni nostri, ci sono state intere civiltà che non hanno conosciuto l’amore romantico.

La prima grande storia d’amore del mondo occidentale, Tristano e Isotta, è la storia di una ribellione. Ami per sfidare un marito o una moglie, per sfidare i tuoi genitori, per opposizione agli amici e a un ambiente, per sfidare tutti coloro che ti hanno contrastato in qualche modo. A un tratto neghi la loro importanza, dimentichi addirittura la loro esistenza. Gli innamorati cercano la solitudine, ma la solitudine non è stata data loro, l’hanno afferrata come una sfida. L’amore non avrebbe la sua cupa violenza se non fosse sempre, all’inizio, una specie di vendetta: contro una società chiusa alla quale puoi a un tratto appartenere; contro un paese straniero nel quale puoi a un tratto mettere radici; contro una cerchia provinciale dalla quale puoi a un tratto fuggire. L’amore ci coglie sovente di sorpresa. Soltanto quando incontriamo l’uomo, la donna che soddisfa la nostra aspettativa quell’aspettativa si rivela a noi. Ma già prima però avevamo in noi, mascherato o travestito, quel vuoto, quella necessità. Non t’innamori quando sei completamente felice o sulla cresta dell’onda, ma solo quando la vita ha perso il suo sapore. Non ti innamori neppure alla vigilia di un lungo viaggio, ma piuttosto in un ambiente estraneo e soprattutto nel dispiacere di veder finire il viaggio. Tuttavia anche una disgrazia estrema, una catastrofe imminente che distrugga ogni speranza e ogni previsione, possono rendere impossibile l’amore. La noia invece gli è particolarmente propizia. È quando diventa evidente la monotonia del mondo che cominci a sognare nuovi orizzonti. L’amore non nasce quando la vita colma i tuoi desideri, né quando ti schiaccia, ma si presenta soltanto a coloro che, apertamente o in segreto, desiderano un cambiamento. È allora che ti aspetti l’amore e ciò che l’amore porta: attraverso un’altra persona un mondo nuovo ti viene rivelato e donato. Questo genere di esperienza può essere conseguito con altri mezzi. L’uomo ambizioso, l’uomo d’azione, l’artista possono cambiare il loro rapporto col mondo, o addirittura cambiare il mondo. Se si lancia corpo e anima nel suo progetto, l’amore non ha presa su di lui. Ma non tutti sono in una posizione tale da imporre in questo modo la propria volontà, ed è perciò che le donne sono oggi particolarmente predisposte all’amore. Possiedono raramente i mezzi – un’arte, una professione – che permettano loro di ampliare o di cambiare l’universo senza l’aiuto di qualcuno. L’amore è la loro unica possibilità. Ma perfino le più privilegiate preferiscono sovente la gioia inaspettata e meravigliosa di ricevere tutto senza grandi sforzi. Esplorare un paese ignoto è una fatica, ma possederlo attraverso l’amore di un seducente straniero è un miracolo. In questo caso, come in molti altri, l’amore è una meravigliosa scorciatoia.

Però la scorciatoia si deve presentare. Per innamorarsi devi incontrare un oggetto seducente. Ciò che è seducente è diverso – naturalmente – per ogni individuo. Qualità apprezzate dalla società – bellezza, ricchezza, intelligenza – non fanno sempre nascere l’amore. Ciò che ti aspetti dalla persona amata dipende dalla tua infanzia, dal tuo passato, dai tuoi progetti, dall’intero contesto della tua vita. Puoi cercare qualcosa di molto specifico: un padre, un bambino, un’anima gemella; la sicurezza, la verità; un’immagine esaltata di te stessa. O il tuo bisogno può essere ambiguo, indefinito o addirittura infinito. Puoi volere qualcos’altro, qualsiasi cosa purché tu non l’abbia. Quali che siano i valori, i simboli, o il ruolo, nessuno desterà il mio amore a meno che io non lo veda essenzialmente come l’Altro. Se si annette a me, perde il potere di portarmi in un altro mondo. È perciò che dall’invidia nasce così sovente l’amore. Il solo fatto che un uomo – o una donna – ti sfugga può bastare: cominci a proiettare su di lui tutte le qualità che cerchi nell’Altro. Però se si rifiuta con troppa ostinazione, allora non ti aspetti più nulla da lui: l’amore abortisce. D’altro canto puoi essere affascinato dal fascino che eserciti su qualcuno, dall’immagine abbagliante che ti dà di te. È la trappola del narcisismo. I masochisti e tutti coloro che hanno scelto la disfatta cadono in un’altra trappola: amano coloro ai quali sono indifferenti. Puoi infatti amare non solo per la gioia di amare o per la gloria di essere amato, ma talvolta anche per la lacerante amarezza di non essere amato. E qui ritorno al punto di partenza. Perché ci s’innamora? Nulla di più complesso: perché è inverno, perché è estate; per eccesso di lavoro o per troppo tempo libero; per debolezza, per forza, per bisogno di sicurezza, per amore del pericolo; per disperazione, per speranza; perché qualcuno non ti ama, perché qualcuno ti ama…

- Simone de Beauvoire - "What Love is and isn’t", in «McCalls», agosto 1965 -
Articolo scritto originariamente in inglese

sabato 30 marzo 2024

«I morti non sono morti» !!

Lo zombie è la trasfigurazione dell'esperienza umana della disumanizzazione
- Intervista a Joseph Tonda [***] di Sophie Lapalu -

Sophie Lapalu: La figura dello zombie è diventata onnipresente all'interno della società occidentale, dal cinema alle sfilate di Halloween. Per approfondire questa figura e la sua riappropriazione da parte della cultura occidentale, ritengo che si debba tornare ad alcune culture dell'Africa, in particolare dell'Africa centrale. «A essere incerta, è persino l'origine della parola stessa. Mentre alcuni hanno visto in essa tracce delle cosiddette "ombre" francesi, altri invece insistono sull'origine africana del termine, così come per la stessa immagine. In Congo, "Mvumbi" si riferisce a un individuo catalettico; "nvumbi", in Angola, è un corpo senza cervello; "zan bibi" in Ghana, Togo e Benin, parla di una "creatura della notte»[*1]. Ad Haiti, lo zombie è una persona in apparente stato di morte. Qual è il ruolo di figure simili - fantasmi o spiriti - nelle religioni dell'Africa occidentale o centrale?

Joseph Tonda: La mia risposta si allontanerà dal quadro ristretto delle religioni, e delle "origini africane" di questo termine - così come della figura che esso descrive - per considerarlo a partire da due percorsi che si completano a vicenda. Il primo orientamento è quello che potremmo chiamare relativo alla "magia", in cui vengono fabbricate "figure simili" agli zombie, e nella sua relazione con la stregoneria [*2], mentre invece ciò che io qui definisco "magico" rientrerà più nel registro della magia. Il secondo orientamento, è quello relativo alla relazione tra gli zombie e l'economia capitalista neoliberista, o di mercato. Questa opzione, a sua volta, è giustificata da due motivi. Il primo è quello di voler suggerire l'idea secondo cui la figura simbolica dello zombie potrebbe esistere, ed essere descritta nella letteratura occidentale, senza però che il termine venga né pronunciato né conosciuto, se non in altri termini: ad esempio vampiro o mostro, i quali esistevano nella letteratura prodotta in questo contesto storico-sociale occidentale, dove i meccanismi e le logiche del sistema capitalista in vigore producevano esseri reali che potremmo descrivere come zombie. La seconda ragione riguarda il fatto che la presunta origine africana del termine "zombie" funziona, in realtà, come una sorta di specchio magico da luna park che allarga tutto ciò che in Occidente viene prodotto dalle logiche e dai meccanismi del capitalismo. La questione delle "origini" - come generalmente avviene - qui, come altrove, è assai connessa a quella dei miti e dei riti che tali origini attualizzano. Per questo motivo, considero la magia africana o haitiana che produce zombie attraverso dei riti (o pratiche) la cui funzione è quella di creare dei miti che così raccontano - attraverso la trasfigurazione - la violenza fondamentale delle "società africane", vale a dire, delle società descritte come tali dall'Occidente. Poiché gli "africani", i "neri" o i «negri» sono stati prodotti come tali solo attraverso la violenza dell'«incontro con l'uomo bianco», ossia con il «soggetto bianco-maschio-occidentale» [*3], il quale è il prodotto di una "razionalità trionfante" che così espelleva nel "nero" “le proprie pulsioni irrazionali” divenute minacciose, nebulose, oscure; attribuendole così a un "Altro". Quest'Altro è il "non-soggetto", ovvero il "soggetto minore".
Anselm Jappe - che ho appena parafrasato - in tal senso scrive proprio che: «Il soggetto borghese maschio bianco, a sua volta, proiettava in tal modo una sensualità sfrenata sulle classi lavoratrici, sulle persone di colore, sulle donne, sugli zingari e sugli ebrei» [*4]. Bisogna anche aggiungere che questo borghese maschio bianco è un liberale [*5]. Pertanto, "l'uomo bianco" è colui che viene "svuotato" delle proprie "pulsioni irrazionali", imponendosi in tal modo come figura positiva rispetto allo zombie, mentre lo zombie "ripugnante" simboleggerebbe il "non soggetto", ossia "l'uomo di colore". A mio parere, l'inconscio dello zombie corrisponde a questa relazione speculare, nella quale, da un lato c'è il "soggetto maschio bianco occidentale", noto come "uomo bianco" che si è assunto il potere e il privilegio di denominare gli altri [*6], costringendoli a circolare tra i continenti, e generando in tal modo la trasfigurazione di quella che è stata la narrazione delle violenze fisiche subite, trasferendola nei linguaggi e nei simbolismi della violenza dell'immaginario dello zombie; mentre dall'altra parte abbiamo il "non-soggetto", "l'uomo nero", l'"africano" o l'"uomo di colore". Da questo punto di vista, "zombie" rappresenta uno dei termini e una delle figure di questa violenza dell'immaginario, che fanno parte di quella che io chiamo "Afrodistopia", distopia africana, che può essere concepita solo in relazione all'Eurodistopia. In altre parole, la violenza dell'immaginario zombie deriva dalla dinamica delle interpretazioni delle realtà materiali, che traducono rapporti di potere fisici di dominio, sottomissione e disumanizzazione. Ciò implica considerare le appropriazioni di questa figura da parte di artisti contemporanei in Occidente, così come il suo uso abituale nell'industria cinematografica o la sua spettacolarizzazione nelle sfilate di Halloween, come equivalenti delle pratiche magiche di messa in scena degli stessi sentimenti o soggettività create in Africa, di fronte alle avversità disumanizzanti che hanno prodotto "neri" e "africani". Le stesse paure del futuro, le stesse pratiche di disumanizzazione producono gli stessi effetti sul piano immaginario e simbolico. In definitiva, lo zombie è la trasfigurazione dell'esperienza umana di disumanizzazione.

Partiamo perciò dalla "magia" di fabbricare zombie e, di conseguenza, da questa disumanizzazione che la cosa comporta. La magia del Konhg coinvolge tre paesi: il Camerun, il Gabon e la Guinea Equatoriale. Da parte sua, la magia dell'Andzimba riguarda invece il Congo Brazzaville, mentre quella del Moyeke interessa i due Congo. Queste magie hanno tutte, alla loro base, la produzione o la fabbricazione di soggetti che vengono svuotati della loro coscienza e del loro libero arbitrio, diventando pertanto delle persone "senza cervello", le quali obbediscono ciecamente agli ordini dei loro proprietari che si arricchiscono così grazie al loro lavoro. La magia del Konhg si può trovare anche in Camerun, Gabon e Guinea Equatoriale, in maniera indifferenziata. Essa serve a produrre degli individui che si presume - dopo che sono stati catturati attraverso procedure magiche -  continuino a vivere anche dopo la loro morte, e lavorino, in particolare nelle piantagioni di caffè o di cacao, a beneficio dei loro proprietari. Pertanto rientra nell'immaginario, o nell'inconscio, legato al traffico, alla schiavitù e all'economia delle piantagioni. È una risposta alla domanda relativa alla disuguaglianza e alle differenze nell'acquisizione della ricchezza. Sappiamo che - a livello storico - le persone che si arricchivano con la vendita di donne e uomini catturati nell'entroterra – la stragrande maggioranza dei quali erano abitanti delle coste – avevano a disposizione delle vere e proprie reti di fornitori di "merci umane". In questo modo, così facendo, la magia che è stata sviluppata per esprimere pratiche reali sotto forma di atti simbolici appartiene a delle logiche di potere e di forza che erano indispensabili per poter catturare queste "merci-umane". Nell'ambito di una simile magia - così come nella realtà storica stessa -  la persona potente è colui che si suppone abbia un "supplemento" di potere, o di forza, nel proprio corpo. Questo "supplemento" viene considerato come se fosse una "crescita" biologica, un organo "aggiuntivo". Questa concezione si trova saldamente radicata nella storicità delle società precedenti all'episodio violento da cui procede la tratta degli schiavi e la schiavitù. Prima che avvenisse questo episodio, il cacciatore esperto, il pescatore efficace, il combattente imbattibile ,avevano dei loro equivalenti attuali: il giudice più "competente", l'allievo più "intelligente", l'insegnante più stimato. In breve, tutti coloro che sono migliori della media, sono dotati di questo "supplemento" di "forza" o di "potenza". Ciò significa che l'immaginario del Konhg è l'immaginario del superamento; che è sinonimo di "prolungamento", di "eccedenza" di "supplemento". La magia del Konhg consiste in una tecnica che fabbrica esseri svuotati della loro sostanza vitale, da utilizzare poi come forza aggiuntiva necessaria alla costituzione e alla riproduzione del potere di altri, vale a dire, dei proprietari di questi 'morti viventi' che sono l'esatto equivalente degli zombie. Pertanto, ciò con cui qui abbiamo a che fare, è un immaginario che mantiene delle affinità simboliche con l'immaginario del "profitto", il quale si ottiene sfruttando gli altri. Dal momento che la magia dei Konhg, la quale viene prodotta per mezzo di lavoratori invisibili, rappresenta "esseri di potere" del lavoro che vengono sfruttati nella loro morte, in modo che così i loro proprietari possano godere del prodotto del loro lavoro. Nella Repubblica del Congo (Brazzaville), una magia 'simile' a quella del Konhg esiste su mercati occulti (invisibili) costituiti proprio lungo il fiume Congo e i suoi affluenti: la magia dell'Andzimba che si dice sia specializzata nel rapimento di persone destinate alla vendita sui mercati più a monte. Presumibilmente. gli individui  rapiti possono riapparire, morti, galleggiando nel fiume, ma si dice subito che però si tratta solo di "gusci", dal momento che le persone vendute e ridotte in schiavitù stanno ancora lavorando per i loro proprietari. A Brazzaville? In Occidente? In ogni caso, lo schema generale rimane quello della tratta degli schiavi e della schiavitù. Teniamo perciò presente il fatto che il principio alla base di tutti questi tipi di magia è il lavoro dei morti, ovvero, di individui svuotati della loro sostanza vitale, e in altre parole, di figure estreme ,"non soggetti". Il loro lavoro è destinato a essere eseguito in modo invisibile, e serve a spiegare l'improvvisa ricchezza di certe persone.

Tutto ciò ci consente di ripetere e completare quanto dice Birago Diop nei Racconti di Amadou Koumba, quando afferma che in Africa, "i morti non sono morti", evidenziando così il fatto che non solo i morti non sono morti, ma anche che lo sono sotto forma di zombie (poiché lo zombi è una forma svuotata del suo "contenuto", della sua "sostanza"); essi sono i lavoratori di un'economia capitalista occulta (cioè invisibile). A questo proposito, il lavoro di Jean e John Comaroff [*7] ha mostrato come - nel contesto di un Sudafrica post-apartheid, post-rivoluzionario e neoliberista - sia scoppiata una vera e propria "epidemia" di zombie  durante gli anni '90, cioè dopo il 1989, anno in cui il mondo è caduto nell'economia capitalista neoliberista. In questo contesto sudafricano, gli zombie erano esseri umani reali, stranieri africani clandestini, accusati dai sudafricani di rubare loro il lavoro, e quindi di privarli della possibilità di fondare famiglie. Si diceva che lo sperma dei "proprietari" degli zombie fosse tossico. Tutto l'immaginario sugli zombie, descritti come forza lavoro prigioniera che i proprietari immagazzinavano in barili durante il giorno, e che liberavano di notte, facendoli così lavorare "al buio" [*8] teneva conto di alcuni dei problemi reali dell'era neoliberista e della sua violenza strutturale, grazie alla quale alcuni individui intraprendenti traevano profitto da nuove opportunità di arricchirsi. L'enigma della ricchezza senza lavoro, o quello dei lavoratori visibili invisibili è stata l'origine di questa ondata di violenza contro coloro che si pensava non avessero la lingua, perché non rispondevano quando gli si parlava. Si diceva che le loro lingue fossero state tagliate, e che non appena venivano identificati, sparissero: zombie. La questione dell'assenza di lingua (che deve essere intesa anche come assenza della lingua come organo; ci dicono i Comaroff) si spiega a partire dall'accento straniero degli operai, che li tradiva. L'idea della loro improvvisa scomparsa potrebbe essere spiegata con il rischio di morte, che i lavoratori stranieri clandestini affrontavano ogni volta che venivano identificati dai sudafricani neri, e fuggivano. Ovviamente, raccontano i Comarroff, la violenza dell'immaginario [*9] legato agli zombie (si parla della violenza dell'astrazione), e che pone le basi della sociologia immaginativa a loro legata, si basava su una vecchia rappresentazione di corpi privi di sostanza in quanto venivano 'svuotati', di notte, dalle streghe. Questo immaginario è presente in Africa centrale, dove è palpabile quella che io chiamo l'ossessione della scomparsa. [*10] Questa ossessione, si esprime nell'idea secondo cui i soggetti sarebbero esposti all'azione di un invisibile divoratore della loro sostanza vitale. Le persone - così 'mangiate' di notte, con la stregoneria, e che, di giorno, 'cercano' le persone che ritengono responsabili della loro morte, attraverso 'provocazioni' - portano il nome di ehongo (in iKota, la lingua parlata sia in Congo che in Gabon). Ehongo, questo individuo che è stato "mangiato" di notte, e che deve morire durante il giorno, compie delle "provocazioni" che possono portare a combattimenti nei quali verranno uccisi. È così che opera la violenza dell'immaginario della stregoneria, cioè, la violenza dell'immaginario del vampiro, pesantemente documentata da Florence Bernault in Gabon. [*11] In questo senso, il fenomeno degli zombie appare inscindibile dal fenomeno generale della stregoneria, il cui principio è la violenza dell'immaginario del "sangue succhiato", o della carne divorata. Marx stesso non considerava forse la violenza del capitalismo nei termini della figura del vampiro?

Ciò che ho appena detto dimostra che Afrodistopia, la distopia africana, può essere compresa solo in relazione a ciò che io chiamo Eurodistopia. Dici che la figura dello zombie è diventata onnipresente all'interno della società occidentale, dal cinema alle sfilate di Halloween, in altre parole, nel mondo dello spettacolo. A mio avviso, la figura dello zombie, anche se non è stata necessariamente descritta come tale, si trova al centro delle logiche di funzionamento del capitalismo e dello Stato moderno, come testimoniano tutte le opere letterarie che descrivono mondi distopici: l'esempio paradigmatico rimane "1984" di George Orwell, ma anche le opere scientifiche o filosofiche sulla figura del soggetto, proletario o borghese, riguardanti le società occidentali. In "Utopia", Thomas More ci racconta come i miserabili, le persone delle classi inferiori, vengono ricoperti e sommersi di oro e di lusso. Si tratta pertanto di una critica al fiorente capitalismo della società inglese nel sedicesimo secolo. Tuttavia, nell'Eurodistopia, il proletariato ideale a Londra, Parigi o Berlino «è qualcuno la cui testa è stata svuotata e rimpicciolita mentre alcuni organi si sono specializzati, in particolare la mano – ma, a volte, potrebbero anche essere i piedi, gli occhi, le orecchie... La finalità di queste operazioni è stata perfettamente individuata da Marx: lo svuotamento della testa e la monopolizzazione della mano, ciò permette l'estrazione del plusvalore da parte del padrone, cioè del capitalista».[*12] Tre secoli dopo la pubblicazione dell'Utopia di More, il proletariato che abita la distopia europea si trova a essere composto da persone le cui teste sono state svuotate, persone "senza cervello", in altre parole  da "zombie". Allo stesso tempo, queste persone sono quelle che producono il plusvalore capitalista e il plus-de-jouir (plus-godimento) lacaniano. Lacan «spiega efficacemente come il mercato economico che si è creato, tra l'individuo che ha venduto la propria forza-lavoro per una sussistenza, e il capitalista, sia anche un mercato di godimento, visto che in esso si stabilisce un "plus-de-jouir, che viene catturato dall'altro, il padrone"... e che viene ottenuto grazie alla rinuncia [del proletariato] al godimento». [*13]

Produrre soggetti senza coscienza e senza desideri, i cui "organi", principalmente la mano (intesa come una macchina), lavorano all'estrazione del plusvalore, assomiglia al non-soggetto prodotto e promosso dal neoliberismo. In modo assai diabolico, ciò viene presentato come una macchina che lobotomizza il proletariato, trasformandolo in quegli esseri-per-il-piacere che aveva percepito Lyotard. Ecco cosa scriveva a proposito del luogo di nascita della distopia orwelliana: «I disoccupati inglesi non sono stati costretti a diventare operai per sopravvivere, ma essi» - tenetevi forte e sputatemi addosso  - «godevano dello sfinimento isterico, masochistico, qualunque fosse la fatica di resistere nelle miniere, nelle fonderie, nelle fabbriche, all'inferno, ne godevano, godevano della folle distruzione del loro corpo organico che era stato loro imposto, godevano della decomposizione della loro identità personale, quella che la tradizione contadina aveva costruito per loro, godevano della dissoluzione delle loro famiglie e dei loro villaggi, godevano del nuovo mostruoso anonimato delle periferie e dei pub la mattina e la sera». [*14] Nella distopia neoliberista di oggi, il godimento emerge come una componente strutturale delle persone "senza cervello". Una distopia che era stata prefigurata in 1984, sotto il regime del Grande Fratello. Nonostante il "puritanesimo sessuale" sostenuto dai funzionari dello Stato del Grande Fratello, il godimento è nel programma di questo Stato, e si esprime attraverso l'orgasmo collettivo prodotto dalla Settimana dell'Odio [*15], la quale  porta le persone senza coscienza o desiderio ad "amare" il Grande Fratello, dal momento che hanno perso la "testa". Queste persone sono zombie. Perché nello stato del Grande Fratello, come ci dice O'Brien: «Siamo morti. La nostra unica vera vita è nel futuro. Vi prenderemo parte sotto forma di manciate di polvere e di schegge d'ossa». [*16]

Fonte: La Belle Revue

[***] - Joseph Tonda è sociologo e antropologo; insegna all'Università Omar Bongo di Libreville e tiene regolarmente conferenze all'EHESS di Parigi. Sebbene la sua ricerca riguardi l'Africa centrale, è anche interessato ai lavori intrapresi da ricercatori africani e occidentali in Sud Africa. È con questo ampio campo visivo che ha risposto alle nostre domande sulle origini e gli sviluppi della figura dello zombie nel continente africano. Quest'anno ha pubblicato Afrodystopia: La vie dans le rêve d'Autrui, con Éditions Karthala a Parigi.
 

NOTE:

1 - Maxime Coulombe, "Zombies, symptôme d'une époque terrifiée", in Socio-antropologia, Mortels ! Imaginaires de la mort au début du XXIe cantone di siècle, 2015, 49–60.
2 - Vedi il lavoro di Edwards Evan Evans-Pritchard, Witchcraft, Oracles and Magic among the Azande (Oxford: Clarendon Press), 1937.
3 - Robert Kurz, La substance du capital. Préface d'Anselm Jappe (Paris: Éditions l'Échappée, 2019), 269.
4 - Anselm Jappe, La société autophage. Capitalisme, démesure et autodestruction (Paris: La Découverte, 2017), 47.
5 - Domenico Losurdo, Contre-histoire du libéralisme, (Paris: La Découverte, 2014 [prima edizione italiana 2006])
6 - Su queste considerazioni generali si veda Léonora Miano, Afropea. Utopie post-occidentale et post-raciale (Parigi: Grasset, 2020); Achille Mbembe, Critique de la raison nègre (Parigi: La Découverte, 2015 [2013]); Domenico Losurdo, op. cit.
7 - Jean & John Comaroff, "Nations étrangères, zombies, immigrants et capitalisme millénaire", Bulletin du Codesria, 3 e 4, 1999, 19-32; Zombies et frontières à l'ère néolibérale. Le cas de l'Afrique du Sud postapartheid (Parigi: Les Prairies ordinaires, 2010).
8 - In francese au noir, significa anche 'sotto il tavolo', NdT.
9 - La nozione di violenza dell'immaginario è stata creata e sviluppata da Joseph Tonda in Le Souverain moderne. Le corps du pouvoir en Afrique centrale (Congo, Gabon), (Paris: Karthala, 2005).
10 - Joseph Tonda, L'impérialisme postcolonial. Critique de la société des éblouissements (Paris: Karthala, 2015).
11 - Florence Bernault, Transazioni coloniali. Immaginari, corpi e storie in Gabon (Durham: Duke University Press, 2019), 183–187.
12 - Dany-Robert Dufour, L'individu qui vient... après le libéralisme (Paris: Denoël, 2011), 187.
13 - Dany-Robert Dufour, Baise ton prochain, op. cit. 85.
14 - Jean-François Lyotard, Economie libidinale (Parigi: Minuit, 1974), 136.
15 - George Orwell, 1984, op. cit. 240.
16 - Ivi, p. 235.

venerdì 29 marzo 2024

Le cicatrici della malattia…

Quando, una decina di anni fa, Kirsty Bell si trasferisce nella nuova casa sul Landwehrkanal, a Berlino, sente che qualcosa sta cambiando nella sua vita. Il suo matrimonio e a pezzi, e il vecchio e affascinante appartamento sembra volerglielo ricordare in mille modi: allagamenti, problemi idraulici, sensazioni negative. È come se l'acqua del canale su cui si affaccia volesse entrare nella sua casa, e con essa la sua storia, le molte vite e le tragedie di cui è stato il muto testimone. Kirsty Bell si accorge della porosità delle nostre esistenze, dello scambio continuo di energie che viviamo con gli spazi che abitiamo e i diversi strati del tempo. Decide di cominciare una ricerca sul passato dei luoghi che la circondano che la porta a scoprire le molte correnti sotterranee che hanno attraversato la storia di Berlino. Ne nasce un libro che percorre in ogni direzione la storia e la geografia della città, unendo vicende e luoghi distanti. Racconta i diversi quartieri della città nelle loro fasi storiche, dalla monarchia prussiana alla repubblica di Weimar, alle spaventose tragedie del nazismo, della Shoah e della guerra, fino alla città divisa, alla riunificazione e alla gentrificazione. Un memoir, uno splendido libro di viaggio, un saggio storico avvincente e un intimo messaggio d'amore per questa straordinaria città e la sua tragica, affascinante storia.

(dal risvolto di: Kirsty Bell, "Le correnti sotterranee. Una storia di Berlino". Edt, p. 306, € 25)

Quelle cicatrici che segnano Berlino
- di Giuseppe Marcenaro -

Per le strade di Berlino affiorano dynamic portrait, immagini della mente che interpretano pantomime sul palcoscenico dell’Unter den Linden che, ancora deserto nell’immobile silenzio dell’alba, fa naufragare nell’invisibile che genera visioni. La memoria fruscia. Impressionata come una pellicola fotografica attende di essere sviluppata. Si vede ciò che è stato. Basta lo scorcio di un edificio, un nome. Berlino, inutilmente solida, sembra una scenografia sfondata. La vetrina impolverata di una cartoleria della Gendarmenmarkt espone, assieme a un moscone stecchito, “antichità” del tempo della repubblica di Weimar: la banconota da un miliardo di marchi, l’affiche del 1923 di Käthe Kollwitz con i volti stralunati dei bambini “che muoiono di fame”, la riproduzione di un disegno di George Grosz, Terrore nelle strade, con una sguaiata figura che ricorda L’ultima risata di Murnau.

La storia è figlia del silenzio. Berlino oggi sembra voltata da tutta un’altra parte, ma il suo tempo è totalmente presente. Senza remissione. È una delle pochissime città al mondo dove è rimasto indelebilmente stampato nell’aria tutto quanto si è cercato di cancellare. Al tempo della grande inflazione la repubblica di Weimar viveva di una accasciata e disperata superiorità. Si respirava ossigeno babilonese tagliato con la cocaina. Tutto era consentito con la diffusa coscienza che il tram di quella vicenda umana fosse arrivato al capolinea. L’incertezza e il clima da macelleria genera mostri. Tanto valeva abbandonarsi in braccia “sicure”. Hitler non fu un incidente della storia, né un illusionista così abile da ipnotizzare la coscienza dei tedeschi. Gli “anni dell’incubo”, tra il 1933 e il ’45, orditi dal Führer nella sua patria d’adozione, furono “soltanto” la fosca esigenza di un popolo o l’autobiografia di una disperazione? Le cicatrici della malattia, indelebile tatuaggio, sono rimaste per le strade di Berlino. Impossibile non scorgere nel quartiere a sudest del Tiergarten e dello Zoo, l’ombra del figlio di un ricco mercante ebreo: Walter Benjamin Appare.

Lo si vede anche “camminando” dentro a un libro di Kirsty Bell, "Le correnti sotterranee. Una storia di Berlino", e ancor di più in Stuart Jeffries, "Grand Hotel Abisso. Biografia avventurosa della scuola di Francoforte". I libri, come le città, fanno “vedere”. È ciò che “mostra” Benjamin nel suo "Infanzia berlinese", “autoritratto fotografico” sul ciglio dell’esoterismo: vocazione di contribuire alla formazione di uno spirito, svelando un “segreto” iniziatico per dare un senso alle comunità. Benjamin era certo che le conseguenze della crisi crescente e del diffuso impoverimento fossero la sottomissione dell’individuo a un nuovo orientamento sociale, la perversione degli istinti e il decadimento dell’intelletto. Lasciò Berlino alla volta di Francoforte dove Felix Wiel, un giovane ebreo, fremeva coinvolto negli ambienti della sinistra. Si era laureato con una tesi sull’applicazione pratica del socialismo. Col patrimonio di famiglia, nel 1923, Wiel finanziò un convegno "Prima settimana di lavoro marxista". Vi parteciparono Georg Lukács, Karl Korsch, Richard Sorge, Friedrich Pollock, e Karl August Wittfogel.

Sull’onda del successo dell’evento, nel 1924, Weil e Pollock fondarono l’Istituto di ricerche sociali, una Scuola sociologico-filosofica d’orientamento neo marxista cui aderirono con altri Marcuse, Horkheimer, Adorno... e raffinate intelligenze come quella di Benjamin che in realtà non partecipò in modo organico ai lavori dell’istituto esercitando tuttavia una grande influenza sui pensatori della scuola. Francoforte fu scelta come sede dell’istituto, aperto il 22 giugno 1924, per varie casualità e sede di importanti fabbriche chimiche disponibili a sostenere finanziariamente quegli studi social-politici. Mai immaginando che in uno di quei laboratori chimici sarebbe stato sviluppato lo Zyklon B, la sostanza a base di cianuro usata dai nazisti nelle camere a gas di Auschwitz.

L’Unter den Linden nella totale assenza di rumori. Accanto all’Opera di Stato, nella ex Franz Josef Platz, oggi Bebelplatz – di fronte alla Humboldt Universität, dove aveva cattedra il professor Georg Wilhelm Friedrich Hegel... – il primo rogo ufficiale dei libri. È il 10 maggio 1933. Un manipolo di studenti, il Deutsche Studentenschaft, ha istericamente svuotato le biblioteche dell’università e trasportato qui opere degenerate.
Dal mucchio spunta "Almansor: eine Tragödie" di Heinrich Heine, con una profetica epigrafe: “Dove si bruciano i libri, alla fine si bruceranno gli uomini”. Il volumetto è ancora lì, a terra. Vorrei raccoglierlo. Mi frena lo sguardo vuoto di uno sconosciuto che passa. Non vede il rogo che proietta sulle case uno scenario da notte di Valpurga. Josef Goebbels, sghembo... con voce metallica urla infervorato : «Uomini e donne tedeschi! Siete nel giusto, affidando alle fiamme lo spirito del passato. È un atto forte, grande e simbolico, un atto di testimonianza agli occhi del mondo. Illuminato dalle fiamme il nostro giuramento sarà al Reich, alla Nazione, al nostro Führer»

- Giuseppe Marcenaro - Pubblicato su Domenica del 29/10/2023 -

giovedì 28 marzo 2024

La sostanza dei sogni…

«Voi ve ne siete andato, come suol dirsi, all’altro mondo. Il vuoto… Volate, fendendo le stelle. Senza un acconto, senza libagioni.» (cit. V.M.)

Addio, mio caro Gianfranco Marelli amico mio. Mi mancherai. Sono andato a rileggermi tutti i nostri scambi "epistolari", accorgendomi, colpevolmente, che era troppo tempo che non ci si scambiava opinioni, e consigli. La decisione è stata tua, e quindi va bene. Niente da eccepire, stavolta Ogni tanto rileggerò i tuoi preziosi testi. Ciao...

mercoledì 27 marzo 2024

Negli anni di Trump e del Covid, c’è Thunderman…

Dalla fantascienza all’horror, passando per il fantastico e la satira pungente, Alan Moore si destreggia sapientemente tra generi, stili e registri diversi, per dipingere quadri rischiarati da illuminazioni folgoranti, squarci di una realtà solo apparentemente inverosimile, che spesso riesce a superare anche le fantasie più sfrenate. Così due amanti improbabili si innamorano con conseguenze terribili in un lupanare frequentato da stregoni; il racconto dell’origine dell’universo rivela un esito catastrofico; gli spiriti esigono vendetta e i personaggi dei fumetti tormentano gli uomini in carne e ossa che li hanno creati, disegnati e resi celebri in ogni parte del pianeta. In questa sua prima serie di racconti, che abbraccia quarant’anni di lavoro e contiene numerosi inediti, Alan Moore presenta nove storie piene di meraviglia e stranezze, ognuna delle quali ci inabissa nei risvolti fantastici della realtà, con personaggi indimenticabili alla scoperta dei lati inesplorati dell’esistenza.

(dal risvolto di copertina di: Alan Moore, "Illuminations. I racconti fantastici" (trad. di Tessa Bernardi), Fanucci, pp. 464, €17)

L'acqua diventa vino mentre Dio chiacchiera di Brexit e serie tv
- di Loredana Lipperini -

Ci si addentra sempre con circospezione nel mondo narrativo di Alan Moore, genio del fumetto e del romanzo, dissacratore di eroi e creatore di universi, perché sappiamo che troveremo sempre qualcosa di molto diverso da quel che ci aspettiamo. Avviene per Illuminations, i racconti fantastici che Fanucci manda in libreria nella traduzione di Tessa Bernardi. Sono storie brevi riunite per la prima volta anche se scritte in un tempo molto esteso (una quarantina d’anni) e dunque fra loro molto diverse: ma sono la terza prova narrativa dopo i due romanzi La voce del fuoco e il visionario, splendido Jerusalem. Certo, il nome di Moore è legato soprattutto ai fumetti, e a capolavori come Watchmen, Swamp Thing, V per Vendetta, From Hell, La Lega degli Straordinari Gentlemen, ma non cambia la meravigliosa capacità di vedere nel buio e individuare i mostri che vi strisciano e forse mostri non sono.

La prima storia, per esempio, si intitola Lucertola ipotetica ed è anche l’esordio nella novella di Moore, nel 1987: nel bordello per creature incantate Casa degli orologi è prigioniera Som-Som, che è stata una bambina bellissima e che per la meraviglia del suo aspetto è stata destinata ai desideri degli stregoni. Prima, però, un misterioso vermicello ha reciso i collegamenti fra i lobi temporali, e la metà del suo volto viene coperta da una maschera che le impedisce di vedere e di ascoltare e di parlare. Così divisa, Som-Som sogna, ricorda e, per quanto può, osserva. È al suo punto di vista che viene affidata la storia d’amore e di vendetta fra Rawra Chin, nato uomo e divenuto concubina bellissima, e l’attore Foral Yatt, perché Som-Som non può contribuire all’intrigo di ambizioni e tradimenti se non con frasi apparentemente sconnesse che vengono dal passato in cui non era stata ancora divisa in due. C’è molto altro, nelle storie: creature sussurranti e spettri e ciarlatani. C’è un dio, anche, in Posizione, posizione, posizione, che si fa mostrare una casa dall’ultima donna sulla terra, e parla con lei di serie televisive (Il racconto dell’ancella) e di Brexitnella mia esperienza, se chiedi a una manica di populisti di esprimere una preferenza, nove volte su dieci voteranno per Barabba. O per il vitello d’oro») e trasforma come si conviene l’acqua in ottimo vino prima di fare dell’altrettanto ottimo sesso, mentre nel cielo si scontrano gli angeli e piovono come neve piume carbonizzate. E ci sono toni diversi, naturalmente, come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, Illuminazioni, dove l’uomo che sfoglia l’album di fotografie (dove è seccata la saliva dei morti) ricorda le gite dell’infanzia a Welmouth e decide di tornarci, e trova tutto cambiato, ma il passato finisce col mangiarsi il presente, e forse anche la sua vita, come nelle migliori, e malinconiche, storie horror: «La località balneare è solo una sospensione della realtà e di tutte le regole che determinano ciò che può accadere. Dalle statue di cera alle maggiorate sulle cartoline, Welmouth si fonda esclusivamente su fantasie da entroterra. È in questo che risiede il suo fascino irresistibile, insieme al vago sentore di una minaccia famelica».

Infine, c’è il lungo racconto Cosa ci è dato sapere su Thunderman dove l’antica decostruzione dei supereroi perpetrata da Moore trova il suo bersaglio negli uomini che li hanno immaginati e realizzati. Quattro scrittori al ristorante: ex nerd, avidi lettori di fumetti che sono divenuti autori potentissimi in quello stesso mondo su cui sognavano, e naturalmente il riferimento a Marvel e DC Comics è appena velato, e anche Thunderman è ovviamente Superman. Ma non ci sono solo pettegolezzi e accuse e chiacchiere, ma una critica profonda al business dei fumetti. Specie quando uno dei personaggi, Worsley, divenuto redattore capo dopo la morte del suo predecessore durante l’incontro al ristorante, si trova a dover fronteggiare gli anni di Trump e del Covid e di un mondo sempre più superficiale, preda di fascismi e populismi. Quale responsabilità hanno i fumetti in tutto questo? Guardando le immagini dell’assalto a Capitol Hill, Worsley riflette: «Nel 2016, tutto era stato permeato da una specie di atmosfera fumettistica, non da ultimo Donald Trump, o semplicemente Il Donald, come lo chiamavano ancora i suoi sostenitori, un po’ come Thunderman e Re Fuco. Quell’anno, sei tra i dieci film più amati dal pubblico erano stati sui supereroi, e forse la gente voleva un mondo più semplice, più comprensibile. Volevano grandi nemici e drammatici colpi di scena, a prescindere dal fatto che la loro verosimiglianza fosse forzata, e volevano un personaggio tanto improbabile quanto memorabile che offrisse loro soluzioni facili e al limite del credibile, proprio come le minacce immaginarie che dovevano arginare». Anche il mondo degli incanti ha il suo veleno, anche se soave.

- Loredana Lipperini - Pubblicato su  TuttoLibri del 28/10/2023 -

martedì 26 marzo 2024

Leggere Marx - I testi più importanti di Karl Marx per il XXI secolo – 4

Il valore dei diamanti può scendere al di sotto di quello dei mattoni !??

   Dunque, un valore di uso, o bene, ha un valore unicamente perché in esso viene oggettivato, ovvero materializzato del lavoro, lavoro astrattamente umano. E, ora, come si misura la grandezza del suo valore? Mediante il quantum della «sostanza valorificante», cioè del lavoro, in esso contenuta. La quantità di lavoro a sua volta si misura con la sua durata temporale, e il tempo di lavoro ha a sua volta la sua misura in parti di tempo determinate, come l’ora, la giornata [lavorativa], ecc. Si potrebbe immaginare che, se il valore di una merce è determinato dal quantum di lavoro impiegato per la sua produzione, quanto più un uomo è pigro o meno abile, tanto maggior valore dovrebbe avere la sua merce, poiché egli avrebbe bisogno di tanto più tempo per finirla. Però, in realtà, il lavoro che forma la sostanza dei valori è lavoro umano uguale, dispendio della medesima forza di lavoro umana. La forza di lavoro complessiva della società, che si manifesta nei valori del mondo delle merci, vale qui come unica e sola forza di lavoro umana, benché si componga di innumerevoli forze di lavoro individuali. Ognuna di queste forze di lavoro individuali è una forza lavorativa umana identica alle altre, in quanto possiede il carattere di una forza di lavoro sociale media, e come tale agisce, e quindi impiega, nella produzione di una merce, soltanto il tempo di lavoro necessario in media, ossia socialmente necessario. Il tempo di lavoro socialmente necessario è il tempo di lavoro richiesto, nelle condizioni di produzione socialmente normali e con il grado sociale medio di abilità e intensità del lavoro di volta in volta storicamente esistenti, per rappresentare un valore di uso qualsiasi. P. es., dopo l’introduzione del «power-loom», in Inghilterra è bastata forse la metà del tempo prima necessario per la trasformazione in tessuto di una data quantità di filato. Infatti, nonostante questa trasformazione, il tessitore a mano inglese, nella realtà quotidiana, aveva sempre bisogno dello stesso tempo di lavoro al telaio, prima e dopo; ma adesso il prodotto della sua ora lavorativa individuale rappresentava ormai, dopo l’introduzione del telaio meccanico, soltanto una mezza ora di lavoro sociale, e quindi scese alla metà del suo valore precedente (...) Se si riuscisse, con poco lavoro, a trasformare il carbone in diamante, il valore del diamante potrebbe addirittura cadere al di sotto di quello dei mattoni. In generale, quanto più grande è la forza produttiva del lavoro, tanto più breve è il tempo di lavoro richiesto per la produzione di un articolo, tanto più piccola è la massa di lavoro in esso cristallizzata, e quindi tanto più basso è il suo valore. Viceversa, quanto più piccola è la forza produttiva del lavoro, tanto più lungo è il tempo di lavoro necessario per la produzione di un articolo, e quindi tanto più alto il suo valore. La grandezza di valore di una merce varia dunque in ragione diretta della quantità e in ragione inversa della forza produttiva del lavoro in essa realizzantesi.

(Karl Marx, da "Il Capitale. Critica dell'economia politica", Libro I, Capitolo 1, La Merce. 1890)

lunedì 25 marzo 2024

Indipendente ma non autarchico ?!!??

Dalla penna di uno dei massimi esperti di Cina in Italia – certamente quello che più mette d’accordo sinologi e pubblico generalista – nasce Tecnocina, un saggio ambizioso che ripercorre la storia della Cina moderna, dalla fondazione della Repubblica popolare cinese nel 1949 fino ai tempi nostri, attraverso la lente del suo rapporto con la tecnologia.La Cina è diventata una delle più rilevanti potenze mondiali anche grazie alla sua specifica attitudine culturale, ed è proprio dal suo rapporto con la tecnica e l’innovazione che si può comprenderne al meglio sviluppo storico e complessità. Pieranni ci accompagna in una storia inedita e ricostruita a partire una costellazione di tecnologie altamente influenti: dalla bomba atomica al Great Wall 0520CH il primo pc, dalla pianificazione familiare ai pionieri delle auto elettriche, dalle prime forme di automazione industriale alla corsa di semiconduttori, dal primo laser ai quantum pc, dalla scuola cinese della genetica negli anni ’50 alle conquiste “spaziali”.

(dal risvolto di copertina di: SIMONE PIERANNI. "Tecnocina. Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi". ADD EDITORE. Pagine 256, €20)

Razzi e zanzare, la scienza è rossa
- di Telmo Pievani -

La malaria imperversava nel Vietnam del Nord, indebolendo il fronte antimperialista. La clorochina non funzionava e altri 240 mila composti erano già stati analizzati, invano. Una farmacologa cinese, Tu Youyou, aveva iniziato le sue ricerche durante la repressione della Rivoluzione culturale, ispirandosi alla medicina tradizionale. Sull’isola di Hainan esaminò più di 2 mila ricette di antichi rimedi, producendo 380 estratti di erbe che sperimentò sui topi. Uno sembrava funzionare: l’assenzio dolce, Artemisia annua, pianta usata da sempre contro le febbri intermittenti. Fece da cavia lei stessa. In un articolo del 1977, Tu Youyou mostrò che i parassiti in effetti scomparivano dal sangue. Pazienza e tenacia: vinse il Nobel 38 anni dopo, nel 2015. I primi scienziati cinesi a vincere il Nobel, peraltro giovanissimi, erano stati i fisici delle particelle Yang Zhenning e Lee Tsung-Dao, nel 1957. Un altro grande fisico esperto di neutroni e neutrini, Wang Ganchang, per 17 anni a capo del programma nucleare cinese sotto falso nome, per due volte mancò il premio. Chen Fangyun fu il padre dell’atomica (nel 1964 il primo test; nel 1967 la bomba termonucleare) e nel 2000, unendo il comparto civile e militare nella ricerca, ideò il sistema di posizionamento satellitare cinese. Wang Daheng fondò la tradizione dell’ottica cinese, mentre l’abilissimo ingegnere Yang Jiachi, pioniere delle missioni spaziali, aveva costruito il primo prototipo di telefono a linea singola. Yuan Longping, intellettuale contadino, negli anni settanta ad Hainan coltivò il riso ibrido ad alto rendimento (dopo un periodo di rieducazione in miniera). Ancora: Zhang Lizhu, rientrata in patria nel 1951, fu la madre dei bambini in provetta cinesi e - anche lei dopo un periodo di rieducazione nei campi durante la Rivoluzione culturale - divenne pioniera della fecondazione in vitro. Il primo computer interamente cinese, il modello 107, fu realizzato nel 1960 da una scienziata, Xia Peisu, al culmine di una brillante carriera internazionale in ingegneria elettronica. Nel ’98 in Cina nacque il ministero della Scienza e della Tecnologia e a guidarlo venne messa una chimica, Zhu Lilan.

Chi fra noi in Occidente conosce anche solo una minima parte di queste storie di scienza, di cui molte femminili? Quasi nessuno. Loro invece conoscono benissimo le nostre, alle quali si ispirano e che vogliono superare. Spicca, fra tutte, la figura di Qian Xuesen, padre del programma missilistico cinese dopo gli studi al Mit e al Caltech, antesignano dello Space Shuttle, che nel 1950 viene accusato di essere una spia comunista e torna a casa cinque anni dopo grazie a uno scambio di prigionieri. Appassionato di cibernetica, la scienza del controllo dei sistemi complessi, diventa presto un leader cruciale: fonda l’ingegneria dei sistemi, appoggia la terribile politica del figlio unico, promuove le biotecnologie e teorizza la geoingegneria del clima (a latere, credeva anche nei poteri extrasensoriali). L’idea di applicare la cibernetica per plasmare l’intera società cinese, e controllarla come in un gigantesco esperimento, piacque molto al Partito, che assecondò Qian Xuesen nelle sue equazioni per addomesticare le politiche dei prezzi, la programmazione agricola statale, la sorveglianza capillare della popolazione, la cui traiettoria va dalla pianificazione familiare coatta alla strategia Zero Covid.

Simone Pieranni, giornalista, ha vissuto dal 2006 al 2014 in Cina, dove ha fondato nel 2009 l’agenzia editoriale China Files. Con una passione trascinante per le nuove tecnologie, i media indipendenti e i nerd, in questo libro dall’andatura descrittiva come un podcast racconta l’evoluzione della scienza e della tecnologia cinesi dal 1949 a oggi (per tutto ciò che precede il 1949, vedasi alla voce Joseph Needham). Avvalendosi di fonti che occupano venti pagine di bibliografia (una parte della quale solo in cinese), spiega come un Paese umiliato si sia trasformato in pochi decenni, nonostante ambiguità e fallimenti, prima nella patria delle copie e dei fake e poi in una nazione con una propensione fortissima per l’innovazione, tale da sfidare il primato degli Stati Uniti. Le ambiguità del rapporto tra il Partito comunista cinese e la scienza ruotano attorno al forte bisogno, da un lato, della scienza come leva per la modernizzazione e, dall’altro, alla necessità di controllarla politicamente, con pressioni ideologiche e purghe. Già Mao Zedong, appassionato di fisica delle particelle, affiancava l’esperimento scientifico alla lotta di classe e alla lotta per la produzione come pratica sociale rivoluzionaria, e vedeva nella meccanica quantistica un’applicazione del materialismo storico.

Così il regime oscillerà sempre fra l’apertura verso l’esterno in cerca di modelli (prima verso l’Urss per l’industria pesante, nell’era maoista; poi verso l’Occidente per l’high tech, a partire dalle riforme di Deng Xiaoping alla fine degli anni Settanta) e la rivendicazione dell’autonomia della via cinese all’innovazione. In certi periodi prevalgono i tecnici al potere, in altri ritornano i funzionari più zelanti. Le piattaforme digitali vengono prima lasciate correre libere e poi censurate. La via di uno sviluppo indipendente, ma non autarchico, è stretta: bisogna prendere quanto di utile dall’esterno per tracciare una strada di autosufficienza, modellando il capitalismo sul socialismo per via tecnologica. I passi falsi non sono mancati: il rifiuto della genetica mendeliana negli anni Cinquanta, ispirato dalle teorie neo-lamarckiane fraudolente di Trofim Lysenko, appoggiate da Stalin e seguite anche da Mao; l’intelligenza artificiale bollata fino agli anni Settanta come pseudo-scienza borghese; i primi fallimenti su microchip e semiconduttori; fino al disastro ambientale e sociale causato dalla diga delle Tre Gole.

L’ultima parte del racconto di Pieranni è aperta sul futuro, nella traiettoria che va dal tecnologo Jiang Zemin, il successore di Deng che fa della scienza una religione laica al servizio dell’autoritarismo, al decennio di strapotere di Xi Jinping (segretario del PCC dal novembre 2012), che vuole mandare i «taikonauti» sulla Luna entro il 2030 e su Marte entro il 2033. Intanto il Paese scala tutte le classifiche della formazione scientifica e dell’alta tecnologia, sfrecciando in avanti come uno dei suoi treni ad alta velocità che in dieci ore vanno da Pechino a Hong Kong. Gli occidentali, con malcelato senso di superiorità, ne glorificano i miracoli economici e dimenticano il pugno duro contro attivisti e dissidenti. La sfinge del Partito è più ambigua che mai. Fa proliferare parchi scientifici e tecnologici, attrae talenti da fuori, alleva giovani miliardari dal nulla, finanzia i computer quantistici del futuro, crea il più grande mercato del mondo, si propone come modello di modernizzazione per il Global South. E lascia morire da detenuto il Nobel per la Pace 2010 Liu Xiaobo, sovversivo.

Telmo Pievani - Pubblicato su La Lettura del 15/10/2023 -

domenica 24 marzo 2024

Finestre che si aprono, finestre che si chiudono…

Le "finestre ucraine" di Putin
- di Tomasz Konicz [***] -

Al momento, semplicemente, non è possibile determinare chi è che abbia effettivamente organizzato l'omicidio di massa, in una sala da concerto di Mosca, che ha ucciso più di 140 persone. Ma ora il fattore decisivo è quello di sapere come reagirà a tutto ciò la potenza russa. In che modo il Cremlino interpreterà questo attacco terroristico? E, soprattutto, quali saranno le narrazioni che verranno fatte circolare dai mass media pro-Cremlino? La paternità dell'attacco sembra che sia stata provata. Una lettera ne rivendica la responsabilità allo Stato Islamico. [*1] Già all'inizio di marzo, i servizi di intelligence occidentali avevano avvertito la Russia a proposito di imminenti attacchi da parte di estremisti islamici. [*2] E il 7 marzo, era stata persino l'ambasciata degli Stati Uniti a Mosca ad aver emesso un avvertimento diretto in cui si parlava di terrorismo, esortando i cittadini statunitensi a evitare di partecipare a grandi assembramenti di persone, ivi compresi i concerti, a causa di attacchi imminenti. Ed è proprio questo che ora pone un grosso problema al Cremlino, dal momento che questo attacco devastante segnala un fallimento delle forze di sicurezza russe; e per "l’uomo forte" che sta al Cremlino. Inoltre, pochi giorni fa, Putin ha pubblicamente liquidato gli avvertimenti terroristici occidentali come se fossero dei veri e propri "ricatti": come mero allarmismo volto a destabilizzare la Russia. [*3] Ma ora le cose non stanno più così.

Al contrario, vediamo esponenti di spicco nell'ambito dei vertici di potere russo che si sono invece affrettati a ricondurre gli attacchi all'Ucraina. L'ex presidente russo e confidente di Putin, Medvedev, ha minacciato i «leader dell'Ucraina», dichiarando che, nel caso fossero stati loro i responsabili degli attacchi, sarebbero stati eliminati. [*4] La portavoce del Ministero russo degli Esteri, Maria Zakharova, ha affermato pubblicamente che i terroristi catturati stavano «cercando rifugio in Ucraina». [*5] Inoltre, anche il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che le autorità ucraine sono coinvolte nell'attacco, e che se le prove dovessero diventare ancora più schiaccianti, la Russia sarà costretta a dare una «risposta sul campo di battaglia». [*6] Margarita Simonyan - la principale propagandista di Putin - ha dichiarato esplicitamente di sapere che il responsabile dell'atto terroristico è Kiev, e non lo Stato islamico. «Conosciamo i nomi dei responsabili», ha detto Simonyan. [*7] Nel suo discorso alla nazione, Putin ha di fatto ripreso questa narrazione, affermando che i terroristi in fuga si sono «diretti verso l'Ucraina», dove si è resa disponibile per loro una «finestra per passare il confine». [*8]

In tal modo, il capo di Stato russo ha voluto lasciar intendere che le autorità ucraine avrebbero collaborato con i terroristi. Secondo il servizio di intelligence russo, FSB, i responsabili - di nazionalità tagika - sarebbero entrati in Russia passando per la Turchia. Dopo aver compiuto la strage, a Mosca, sarebbero saliti sui loro veicoli, dirigendosi verso il confine ucraino. [*9] L'arresto dei terroristi sarebbe avvenuto solo dopo che essi erano riusciti a percorrere diverse centinaia di chilometri, arrivano a quasi 150 chilometri dal confine ucraino (regione di Bryansk). Kiev ha immediatamente respinto queste accuse provenienti dalla Russia, definendole "assurde".

Eppure, a prescindere dall'effettiva paternità di questi attacchi, quella che si sta aprendo per il Cremlino, è un a vera e propria "finestra" di escalation. A partire da una narrazione che collega l'Ucraina al terrore scatenato a Mosca, si potrebbe arrivare a legittimare un'ulteriore escalation della guerra, sia nei termini di una nuova ondata di mobilitazione, sia nei termini di un'espansione della zona di combattimento, con tutta una serie di nuove offensive (si sta discutendo su Kharkov), o con un'intensificazione degli attacchi missilistici. Mosca potrebbe essere tentata di lanciarla ora quella grande offensiva che era stata prevista per l'inizio dell'estate - o al più, a breve, in primavera - in modo da poterla così "vendere" alla popolazione, come una misura di rappresaglia per il terrore scatenato a Mosca.

E questo potrebbe avvenire proprio come una risposta alla discussione sull'intervento in Ucraina, in corso in Europa. Inoltre, al Cremlino, aumenta anche il timore che ci possa essere un intervento diretto occidentale nella guerra in Ucraina; cosa che potrebbe chiudere anche quella "finestra" di opportunità secondo la quale la macchina militare russa gode ora di una netta superiorità materiale. [*10] Pertanto, Putin potrebbe essere tentato di creare rapidamente tutta una serie di interventi militari a partire dall'indignazione acquisita sull'onda del terrore,  prima che l'Occidente intervenga direttamente in Ucraina.

Dopotutto, la costellazione che si sta delineando al momento, presenta dei parallelismi con quella che allora fu l'ascesa del presidente russo durante la seconda guerra cecena. Il riaccendersi del conflitto armato nel Caucaso, che nel 1999 rese Putin una figura di spicco, venne innanzi tutto preceduto da attacchi terroristici contro alcuni edifici in Russia, [*11] i quali vennero attribuiti ai terroristi ceceni, sebbene ci fossero indizi di una paternità da parte dell'FSB.

- Tomasz Konicz [***] - 23 marzo 2024 -

*** NOTA: Il lavoro giornalistico di Tomasz Konicz è finanziato in gran parte grazie a donazioni. Se vi piacciono i suoi testi, siete invitati a contribuire - sia tramite Patreon che con un bonifico bancario diretto, dopo una richiesta via e-mail:  https://www.patreon.com/user?u=57464083 - https://konicz.substack.com/
 
NOTE:

1 https://edition.cnn.com/2024/03/22/europe/crocus-moscow-shooting/index.html

2 https://edition.cnn.com/2024/03/23/europe/us-had-warned-russia-isis-was-determined-to-attack-intl-hnk/index.html

3 https://twitter.com/wartranslated/status/1771312730793726431

4 https://twitter.com/BRICSinfo/status/1771266448142283226

5 https://twitter.com/djuric_zlatko/status/1771508815957041192

6 https://twitter.com/mrbarnicoat/status/1771493603828793600

7 https://twitter.com/DD_Geopolitics/status/1771487447534178714

8 https://twitter.com/wartranslated/status/1771312730793726431

9 https://twitter.com/MyLordBebo/status/1771461164234428639

10 https://francosenia.blogspot.com/2024/03/odessa-o-cara.html

11 https://en.wikipedia.org/wiki/1999_Russian_apartment_bombings

sabato 23 marzo 2024

Gli schermi verdi e neri dei monitor ai tempi della "Guerra Fredda» !!

Nella visione monocromatica dei geopolitici di sinistra, qualsiasi attacco alla Russia può essere stato sponsorizzato solamente dalla CIA; proprio come, analogamente, chiunque si dichiari nemico degli Stati Uniti e dei suoi alleati viene subito considerato un anti-imperialista. Così, l'altro giorno, colui che - tra tutti gli ideologhi brasiliani del crescente conflitto tra l'Occidente e il cosiddetto "Nuovo Ordine Mondiale" eurasiatico - è senz'altro il più grande idiota esistente, ha detto che è vero che la teocrazia iraniana perseguita la sinistra ed è reazionaria, ma dal momento che essa è anche «anti-imperialista fin dalla sua fondazione», allora vuol dire che è «internazionalmente progressista». Provateci un po' voi, a capire questo folle gioco di prestigio...

La stampa internazionale sostiene che lo Stato Islamico si è reso responsabile dell'attacco a Mosca. Ma per l'universo parallelo dei social network "progressisti", l'ISIS avrebbe agito con il sostegno della CIA e del Mossad. Il radicalismo islamico non è un problema esterno alla Russia: chiunque abbia un minimo di memoria conosce la storia recente, e intensa, degli attacchi dei gruppi separatisti ceceni e ingusci nelle principali città russe. Dopo i bombardamenti russi che hanno decimato lo Stato Islamico in Siria, questo radicalismo interno è stato alimentato dall'odio "esterno" del gruppo fondamentalista. Quando si sono verificati gli attacchi in territorio israeliano, l'ISIS ha applaudito, ma allo stesso tempo ha anche approfittato della circostanza per ribadire la sua critica all'illusione nazionale palestinese: l'obiettivo immediato deve essere la restaurazione del Califfato.

Poco dopo aver dichiarato il proprio sostegno ad Hamas, ha tuttavia sollecitato un attacco terroristico in Iran; oggi il principale alleato del gruppo palestinese. Stiamo assistendo, in questo caso, a come se quello che è all’opera fosse un importante "attore geopolitico" del Medio Oriente, il quale semplicemente sfugge alla visione binaria della sinistra antimperialista: l'ISIS è in aperta guerra contro i sionisti, ma lo è anche contro gli alawiti siriani, gli sciiti iracheni e iraniani, persino contro i talebani in Afghanistan; certo, essi sono tutti nemici dichiarati dell'Impero del Male yankee, ma lo sono anche di quei russi, i quali hanno messo fine al loro sogno di un Califfato. Grazie alla loro capillarità globale, da quando hanno terrorizzato il mondo con la loro forza, ora vogliono ripagare, con un'azione globale, la sconfitta che hanno subito in quella che è stata la loro culla storica (da un lato, gli attacchi russi in Siria; dall'altro, la crescente forza delle milizie sciite sostenute dall'Iran in territorio iracheno).

All'inizio di quest'anno, l'ISIS ha lanciato una campagna globale all'insegna dello slogan "Uccideteli ovunque li troviate" (un versetto del Corano). Poco dopo ha rivendicato la responsabilità di attacchi in almeno 30 Paesi, tra cui Iraq, Siria, Mali, Nigeria, Congo, Mozambico, Afghanistan e Filippine. Nelle ultime settimane, sono state rintracciate cellule dell'ISIS-K (il braccio afghano) operanti in Svezia, e persino i servizi segreti russi hanno annunciato di aver sventato un possibile attacco del gruppo.

Ma per i geopolitici di Internet - che continuano a vedere ancora il mondo come se esso fosse diviso in due blocchi - l'ISIS non può essere altro che in combutta con Washington e con Tel Aviv. Per questi strateghi, sarebbe sorprendente sapere che una delle principali basi operative di attacco dell'organizzazione si trova in Turchia, in un paese che si mantiene in equilibrio tra Occidente e Oriente, tra la NATO e il "blocco eurasiatico", che da un lato appoggia "l'antimperialismo" orientale, ma dall'altro lato massacra i militanti comunisti curdi, mentre allo stesso tempo ha spesso acquistato petrolio dalle raffinerie conquistate dallo Stato islamico... Sembra che i blogger geopolitici guardino al complesso e "variopinto" mondo delle sovranità statali in crisi con gli schermi verdi e neri dei monitor dell'epoca della Guerra Fredda (e pensino che il verde sia la "resistenza" islamica al sangue nero dell'imperialismo).

@Maurilio Botelho

Leggere Marx - I testi più importanti di Karl Marx per il XXI secolo - 3 -

Lavoro astratto - Un'oggettività fantasmagorica

«L’utilità di una cosa ne fa un valore di uso. (...) I valori di uso costituiscono il contenuto materiale della ricchezza, qualunque sia la forma sociale di questa. Nella forma di società che noi dobbiamo esaminare, i valori di uso costituiscono nello stesso tempo i supporti materiali del … valore di scambio [cioè della ricchezza astratta. Il che è un paradosso]. Il valore di scambio si manifesta, in un primo momento, come il rapporto quantitativo, la proporzione, nella quale valori di uso di una specie si scambiano contro valori di uso di altra specie (...), il valore di scambio può essere in generale solo il modo di espressione, la "forma fenomenica", di un contenuto distinguibile da esso. Prendiamo poi due merci, p. es. grano e ferro. Quale che sia il loro rapporto di scambio, esso è sempre rappresentabile in una equazione nella quale una quantità data di grano è equiparata a una quantità data di ferro, p. es. 1 quarter di grano = x quintali di ferro. Che ci dice questa equazione? Che in due cose differenti, in 1 quarter di grano come pure in x quintali di ferro, esiste un qualcosa di comune e della stessa grandezza. Dunque l’uno e l’altro sono uguali a una terza cosa, che in sé e per sé non è né l’uno né l’altro. Ognuna delle due cose, in quanto valore di scambio, deve essere quindi riducibile a questo terzo comune. Un esempio preso dalla geometria elementare ci servirà per dare un’idea di ciò. Per determinare la superficie e per confrontare le superfici di tutte le figure rettilinee, la si scompone in triangoli. Poi si riduce il triangolo a un’espressione del tutto differente dalla sua figura visibile, cioè il semiprodotto della lunghezza della sua base per la sua altezza. Allo stesso modo, i valori di scambio delle merci devono essere riducibili a qualcosa di comune, di cui rappresentano una quantità più o meno grande. Questo qualcosa di comune non può essere una qualità geometrica, fisica, chimica o qualche altra proprietà naturale delle merci. Le loro proprietà corporee sono prese in considerazione, in generale, soltanto in quanto le rendono utilizzabili, il che le rende valori di uso. Ma, d’altra parte, è proprio l’astrazione dal loro valore di uso, a colpo d’occhio, il contrassegno del rapporto di scambio delle merci. Nell’àmbito della permuta di merci, un valore di scambio vale quanto un altro, purché esista in giusta proporzione. (...) Come valori di uso, le merci sono prima di tutto di qualità differente, come valori di scambio possono essere soltanto di quantità differente, e quindi non contengono nemmeno un atomo di valore di uso. Se ora si prescinde dal valore di uso dei corpi delle merci, rimane loro una qualità soltanto, quella di essere prodotti del lavoro. Ma anche che il prodotto del lavoro si trasforma non appena lo abbiamo in mano. Se si fa astrazione dal suo valore di uso, si fa astrazione anche dalle parti costitutive, e dalle forme materiali, corporee, che lo rendono valore di uso. Non è più, p. es., tavolo, né casa, né filo, né altra cosa utile. Tutte le sue qualità sensibili sono cancellate. E non è più nemmeno il prodotto del lavoro di falegnameria, o del lavoro edilizio, o del lavoro di filatura o di qualunque altro lavoro produttivo determinato. Insieme al carattere di utilità dei prodotti del lavoro, scompare anche il carattere di utilità dei lavori rappresentati in essi, e quindi scompaiono anche le diverse forme concrete di tali lavori, i quali non si distinguono più uno dall'altro, ma sono ridotti, tutti insieme, a lavoro umano uguale, a lavoro umano astratto. Consideriamo ora il residuo dei prodotti del lavoro. Non è rimasto nulla di questi prodotti del lavoro all’infuori di una medesima spettrale oggettività, di una pura e semplice gelatina di lavoro umano indistinto, cioè di dispendio di forza lavorativa umana, senza riguardo alla forma particolare in cui è stata spesa. Questi oggetti materiali rappresentano ormai soltanto il fatto che nella loro produzione è stata spesa forza di lavoro umana, vi è stato accumulato lavoro umano. Come cristallizzazioni di questa sostanza sociale comune, essi sono valori – valori mercantili. (...) Prendiamo due merci, p.es. 1 abito e 10 braccia di tela. L’abito è un valore di uso che soddisfa a un bisogno particolare. Per la sua produzione, necessita di una particolare specie di attività produttiva, che è determinata dal suo fine, dal suo modo di organizzazione del lavoro, dal suo oggetto, dai suoi mezzi e dal suo risultato. (...) Così come abito e tela sono valori di uso qualitativamente differenti, così anche i lavori che ne mediano l’esistenza –sartoria e tessitura– sono qualitativamente differenti. Se quelle cose non fossero valori di uso qualitativamente differenti, e quindi prodotti di lavoro utile qualitativamente differenti, non potrebbero in alcun modo stare l’una di fronte all’altra come merci. Un abito non si scambia con un abito, un valore di uso non si scambia con lo stesso valore di uso. (...) Come valori, abito e tela sono cose di uguale e identica sostanza, espressioni oggettive di lavoro omogeneo. Ma sartoria e tessitura sono lavori qualitativamente differenti. (...) Inoltre, l’evidenza insegna che nella nostra società capitalistica, a seconda della mutevole variazione della domanda di lavoro, una porzione data di lavoro umano viene fornita alternativamente nella forma di sartoria o nella forma di tessitura. Può darsi che questo cambiamento di forma del lavoro non avvenga senza attrito, ma esso deve avvenire. Se si fa astrazione dalla determinatezza dell’attività produttiva, e quindi dal carattere utile del lavoro, in questo non rimane in fin dei conti altro che un dispendio di forza di lavoro umana. Sartoria e tessitura, benché siano attività produttive qualitativamente differenti, sono entrambe dispendio produttivo di cervello, muscoli, nervi, mani, ecc. umani; e, in questo senso, sono entrambe lavoro umano: rappresentano soltanto due forme differenti di dispendio di forza lavorativa umana. Tuttavia, a sua volta, per poter essere spesa in questa o in quella forma, la forza lavorativa umana dev'essere sviluppata. Ma il valore della merce rappresenta semplicemente lavoro umano, cioè dispendio di lavoro umano in generale. Così come nella società borghese un generale o un banchiere recitano una parte importante, e l’uomo comune al contrario vi recita una parte oltremodo misera, allo stesso modo vanno le cose anche per il lavoro umano. Esso è dispendio di forza di lavoro semplice che ogni uomo comune possiede in media nel suo organismo fisico, senza particolare sviluppo. (...) Allo stesso modo in cui avviene che, nei valori abito e tela, si astrae riguardo la differenza che c'è tra i loro valori di uso, anche nei lavori che quei valori rappresentano, si astrae rispetto alla differenza tra le loro forme utili, sartoria e tessitura. Così come i valori di uso di abito e tessuto sono il prodotto delle combinazioni di attività produttive, fatte con panno e filo, con un determinato fine, e invece i "valori" abito e tela sono al contrario soltanto gelatine omogenee di lavoro, anche i lavori contenuti in questi valori contano, non per il loro rapporto produttivo con il panno e con il filo, ma soltanto come dispendio di forza di lavoro umana. Sartoria e tessitura sono elementi formatori dei valori di uso abito e tela proprio grazie alle loro qualità differenti; ma sono invece sostanza del valore dell’abito e sostanza del valore della tela solamente in quanto viene fatta  astrazione dalle loro qualità particolari, e in quanto entrambi posseggono la stessa qualità generale, la qualità del lavoro umano. (...) Da una parte, ogni lavoro è dispendio di forza di lavoro umana in senso fisiologico, e in tale qualità di lavoro umano uguale, o lavoro umano astratto, esso genera il valore delle merci. Dall’altra parte, ogni lavoro è dispendio di forza lavoro umana in una forma particolare specificamente conforme a uno scopo, e in qualità di lavoro concreto e utile esso produce valori di uso.»

(Karl Marx, "Il Capitale. Critica dell’economia politica. Libro I. Il processo di produzione del capitale")

«Questa riduzione sembra un'astrazione, ma è un'astrazione che nel processo sociale della produzione si compie ogni giorno. La riduzione di tutte le merci a tempo di lavoro è un'astrazione non maggiore, ma allo stesso tempo non meno reale, della riduzione di tutti i corpi organici in aria. Il lavoro, così misurato mediante il tempo, non appare infatti come lavoro di soggetti differenti, bensì i differenti individui che lavorano appaiono invece come semplici organi del lavoro.»

( Karl Marx, "Per la critica dell'economia politica, 1° quaderno", prima edizione, 1859)

«L’indifferenza verso un genere determinato di lavoro presuppone una totalità molto sviluppata di generi reali di lavoro, nessuno dei quali domini più sull’insieme. Così, le astrazioni più generali sorgono solo dove si dà il più ricco sviluppo concreto, dove una sola caratteristica appare comune a un gran numero, a una totalità di elementi. Allora, essa cessa di poter essere pensata soltanto in una forma particolare. D’altra parte, questa astrazione del lavoro in generale non è soltanto il risultato mentale di una concreta totalità di lavori. L’indifferenza verso il lavoro determinato corrisponde a una forma di società in cui gli individui passano con facilità da un lavoro ad un altro ed in cui il genere determinato del lavoro è per essi fortuito e quindi indifferente. Il lavoro qui è divenuto non solo nella categoria, ma anche nella realtà, il mezzo per creare la ricchezza in generale, e, come determinazione, esso ha cessato di concrescere con gli individui in una dimensione particolare. Un tale stato di cose è sviluppato al massimo nella forma d’esistenza più moderna delle società borghesi, gli Stati Uniti. Qui, dunque, la astrazione della categoria «lavoro», il «lavoro in generale», il lavoro sans phrase, che è il punto di partenza dell’economia moderna, diviene per la prima volta praticamente vera.»

(Karl Marx - "Linee generali della critica dell'economia politica [GRUNDRISSE]")

venerdì 22 marzo 2024

Odessa, o cara !!

Ucraina: escalation o capitolazione?
- L'Ucraina sta per perdere la guerra. L'Occidente interverrà per impedire una vittoria strategica della Russia, anche di fronte a un'imminente guerra nucleare? -
di Tomasz Konicz [***]

Il corso della guerra in Ucraina verrà deciso nelle prossime settimane. È ormai chiaro alla maggior parte degli osservatori che l'esercito ucraino non sarà in grado di resistere ancora a lungo all'assalto della macchina militare russa (vedi: Il piano di Putin sta dando i suoi frutti) [*1]. La Russia dispone di risorse militari, industriali e umane di gran lunga più consistenti, che consentono al Cremlino di condurre una promettente guerra di logoramento contro l'Ucraina. Mentre Kiev sta lentamente esaurendo armi e uomini, la Russia dispone di grandi unità di truppe di riserva, il che rende probabile uno sfondamento russo sul fronte, soprattutto in caso di una grande offensiva russa in primavera o in estate. A partire dalla previsione dell'imminente sconfitta ucraina, fin dal febbraio scorso, nell'UE si discute di un intervento aperto delle truppe occidentali nella zona di guerra [*2]; cosa che porterebbe quasi inevitabilmente a un confronto militare diretto con la Russia. Al momento, è soprattutto il presidente francese Macron a non aver voluto escludere in più occasioni un intervento militare in Ucraina. Di recente, a metà marzo, Macron ha avvertito del fatto che la credibilità dell'Europa scenderebbe "a zero" in caso di vittoria del Cremlino in Ucraina. [*3] Secondo il presidente francese, bisogna evitare che la Russia vinca, dal momento che ciò minerebbe la stabilità e la sicurezza dell'Europa. [*4] In questo, Macron ha ricevuto anche l'appoggio del ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski e quello del primo ministro estone Kaja Kallas, che si sono anch'essi rifiutati di escludere un'azione militare contro la Russia (il primo ministro polacco Tusk, invece, è stato più cauto). In tale contesto, il Capo di Stato Maggiore francese Pierre Schill ha parlato di una forza di intervento operativa di 20.000 soldati della NATO, che potrebbe essere ampliata a 60.000 uomini. [*5]

Appena subito dopo i commenti di Macron, il servizio segreto russo FSB ha annunciato pubblicamente che la Francia aveva già predisposto 2.000 truppe da dispiegare in Ucraina, destinate a infiltrarsi attraverso la Romania - e che per le forze armate russe avrebbero rappresentato un "obiettivo legittimo". [*6] Da parte sua, la Francia ha immediatamente etichettato queste dichiarazioni come false e "irresponsabili". [*7] Al momento, quel che appare più probabile è un intervento graduale, nel quale i contingenti di truppe verrebbero aumentati lentamente, in modo da non rappresentare una chiara "linea rossa" per la Russia. Nei colloqui di Bruxelles sono state previste anche truppe della NATO al confine tra Ucraina e Bielorussia e nell'entroterra della linea del fronte, con compiti di sminamento e di logistica, in modo da consentire a un maggior numero di truppe ucraine di operare in prima linea. In Ucraina sono già attive alcune migliaia di forze speciali, addestratori e agenti dei servizi segreti occidentali, come ha riferito il Washington Post. [*8] Decine di migliaia di combattenti stranieri sono inoltre organizzati nella Legione ucraina, e con ogni probabilità i confini - da entrambe le parti -  tra volontari, mercenari, unità speciali e agenti dei servizi segreti rimangono come sempre fluidi. Appare inoltre chiaro anche il motivo per cui è improbabile che si arrivi in tempi brevi a dei negoziati di pace. All'inizio di marzo, Macron aveva detto chiaramente ai parlamentari francesi che un altro attacco russo a Odessa o a Kiev sarebbe stato un motivo per l'intervento della Francia. [*9]

Soprattutto Odessa, che ora sembra essere rivendicata dalla Russia come bottino di guerra. Con la conquista di questa città portuale, l'Ucraina perderebbe l'accesso al mare e difficilmente questo sarebbe economicamente sostenibile; il che porterebbe a ulteriori conflitti in Europa, come hanno dimostrato le proteste per il grano al confine polacco-ucraino. [*10] Inoltre, la regione moldava separata della Transnistria - che si potrebbe collegare ai territori annessi dalla Russia solo attraverso Odessa - alla fine di febbraio 2024, ha chiesto ufficialmente alla Russia di essere protetta. [*11] Appare estremamente improbabile che questa richiesta - che di fatto equivale a una richiesta di adesione alla Federazione Russa - sia stata avanzata senza prima consultarsi con il Cremlino. Con ogni probabilità, la risoluzione è stata semplicemente redatta a Mosca. I sempre più evidenti segnali di sconfitta dell'Ucraina - che potrebbe essere scongiurata solo grazie a un'escalation ad alto rischio ad opera dell'Occidente - stanno già mettendo a nudo le tensioni politiche in seno all'UE. Le spaccature tra Parigi - disposta a intervenire, e Berlino, che agisce con cautela - degenerate in uno scandalo allorché il Cancelliere Scholz ha rivelato pubblicamente la presenza non ufficiale di truppe NATO in Ucraina [*12], nell'ultima riunione del cosiddetto Triangolo di Weimar (rappresentato dalle consultazioni tra Germania, Francia e Polonia) sono state appena dissimulate . Durante la riunione di questo stesso Triangolo di Weimar, il Cancelliere Scholz ha mantenuto la sua posizione tendente a escludere il dispiegamento di truppe di terra come pure la fornitura di missili cruise - malgrado si sia scesi a compromessi sull'artiglieria missilistica di ampia portata. [*13] Anche lo scandalo delle intercettazioni che aveva coinvolto i generali dilettanti della Bundeswehr che parlavano di attacchi missilistici contro il ponte russo di Crimea era probabilmente collegato alle tensioni intraeuropee. [*14]

Pertanto, ora per l'Ucraina la situazione si prospetta desolante, soprattutto a causa del fatto che stanno vacillando le forniture di materiale bellico al Paese post-sovietico attaccato, il che significa che l'esercito ucraino deve razionare sempre di più i proiettili d'artiglieria. [*15] Inoltre, Kiev non può più contare nemmeno sugli Stati Uniti. Durante la sua ultima visita nella capitale ucraina, avvenuta a metà marzo, il senatore repubblicano Lindes Graham non ha voluto assumere alcun impegno vincolante in merito a ulteriori aiuti militari americani, che sono stati bloccati dai repubblicani a Washington. [*16] Stando a Graham, egli si è detto "più ottimista" sul fatto che qualcosa verrebbe deciso a breve. Il senatore ha piuttosto invitato l'Ucraina ad approvare una nuova legge di mobilitazione al fine di essere in grado di inviare più truppe in prima linea. «Servono più persone in prima linea», ha detto il repubblicano, incitando Kiev a combattere anche senza il sostegno degli Stati Uniti: «Indipendentemente da ciò che noi facciamo, dovreste continuare a combattere. State combattendo per voi stessi». Nel frattempo, Mosca sembra si stia preparando a un'intensificazione della guerra. Subito dopo la farsa delle elezioni presidenziali, il ministro della Difesa Shoigu ha annunciato il dispiegamento di altri due eserciti, 14 divisioni e 16 brigate entro la fine del 2024 [*17] , indicando un'ulteriore mobilitazione parziale in Russia. Inoltre, mentre l'Europa discuteva di un intervento in Ucraina, altre armi nucleari russe sono state trasferite in Bielorussia. [*18]

In diverse occasioni i politici russi hanno dichiarato apertamente che un intervento della NATO in Ucraina avrebbe reso inevitabile una guerra con la Russia. In realtà, la retorica a volte rabbiosa di Mosca e i suoi minacciosi gesti nucleari costituiscono solo un'ammissione della debolezza delle forze armate convenzionali russe, che continuano a soffrire a causa della corruzione, della cleptocrazia, del nepotismo e della conseguente incompetenza dell'oligarchia statale russa, pur con tutte le sue pratiche belliche e la sua superiorità materiale. La macchina militare russa, afflitta dalla corruzione, che può solo sparare sull'esercito ucraino con grande difficoltà, non potrebbe mai vincere una guerra convenzionale contro la NATO. Lo sa anche il Cremlino. Ed è proprio per questo che se l'Occidente dovesse effettivamente intervenire in Ucraina, il rischio di uno scambio di colpi nucleari aumenterebbe, dato che l'uso di armi nucleari tattiche - un primo probabile passo dell'escalation - sarebbe l'unica opzione a disposizione della Russia per arginare la Nato. La Russia possiede il più grande arsenale di armi nucleari e sistemi di lancio al mondo, e una spirale di escalation nucleare avrebbe effetti globali catastrofici e porrebbe fine al processo stesso della civiltà, non solo in Europa. La situazione ucraina è cosi pericolosa proprio perché entrambe le parti hanno molto da perdere a causa del dispiegarsi della crisi socio-ecologica mondiale del capitale. Di conseguenza, in Ucraina quella che si sta sviluppando è una logica di crisi-imperialista distruttiva, [*19] che è degenerata nel campo di battaglia tra Est e Ovest.[*20]

Da questa carneficina non si esce perché non c'è alcuna via d'uscita percorribile. La crisi grava sul collo di entrambe le parti in conflitto e la sconfitta minaccia una destabilizzazione interna, come ha detto chiaramente il Presidente francese Macron nelle sue osservazioni sopra citate. E questo vale per la Russia di Putin ancor più di quanto valga per l'Occidente in via di disgregazione, dove ora i timori di una vittoria elettorale di Trump crescono sempre più, in tutta Europa. La vittoria in Ucraina, al contrario, rappresenta per Putin una questione di sopravvivenza politica, e persino fisica, così come lo è per tutto l'intero sistema di potere statale-"soligarchico" del Cremlino. La dottrina russa dell'attacco nucleare prevede l'uso di armi nucleari contro gli avversari convenzionali anche quando, e non appena, viene minacciata l'esistenza stessa dello Stato russo. E dopo le ultime elezioni farsa, anche il motto della presidenza Putin sembra essere diventato ormai chiaro: Lo Stato, sono io.

- Tomasz Konicz [***] - Pubblicato il 22 marzo 2024 -

*** NOTA: Il lavoro giornalistico di Tomasz Konicz è finanziato in gran parte grazie a donazioni. Se vi piacciono i suoi testi, siete invitati a contribuire - sia tramite Patreon che con un bonifico bancario diretto, dopo una richiesta via e-mail:  https://www.patreon.com/user?u=57464083 - https://konicz.substack.com/

NOTE:

1 https://francosenia.blogspot.com/2023/12/intanto-in-ucraina-lappetito-vien.html

2 https://francosenia.blogspot.com/2024/03/la-linea-rossa.html

3 https://www.lemonde.fr/en/france/article/2024/03/14/macron-says-russian-ukraine-victory-would-reduce-europe-s-credibility-to-zero_6619721_7.html

4 https://www.lemonde.fr/en/international/video/2024/03/15/macron-insists-russia-cannot-win-ukraine-war_6622601_4.html

5 https://www.fr.de/politik/akw-nato-bodentruppen-ukraine-frankreich-schill-macron-russland-belgorod-kursk-putin-zr-92904616.html

6 https://tass.com/politics/1762083

7 https://www.reuters.com/world/europe/france-calls-russian-spy-chief-remarks-irresponsible-provocation-2024-03-19/

8 https://www.washingtonpost.com/world/2024/02/28/foreign-troops-ukraine-theyre-already-there/

9 https://www.kyivpost.com/post/29194

10 https://www.pap.pl/aktualnosci/premier-ukrainy-blokada-polskiej-granicy-nie-wplywa-na-transporty-wojskowe-i

11 https://www.tagesschau.de/ausland/europa/transnistrien-russland-moldau-100.html

12 https://www.fr.de/politik/scholz-grossbritannien-ukraine-krieg-soldaten-stationiert-taurus-lieferung-92861784.html

13 https://www.euractiv.de/section/eu-aussenpolitik/news/frankreich-deutschland-und-polen-ueberspielen-differenzen-mit-gemeinsamen-ukraine-prioritaeten/

14 https://www.tagesschau.de/inland/innenpolitik/bundeswehr-abhoerfall-faq-100.html

15 https://www.spiegel.de/ausland/wolodymyr-selenskyj-nennt-ausbleibende-munitionslieferungen-beschaemend-fuer-europa-a-bab910da-9354-4f9e-88be-e94e8423407d

16 https://www.washingtonpost.com/world/2024/03/18/lindsey-graham-visiting-kyiv-urges-ukraine-pass-mobilization-law/

17 https://kyivindependent.com/shoigu-russia-to-form-2-new-armies-by-the-end-of-2024/#:~:text=The%20Russian%20Armed%20Forces%20will,defense%20chiefs%20on%20March%2020.

18 https://foreignpolicy.com/2024/03/14/russia-nuclear-weapons-belarus-putin/

19 https://www.konicz.info/2022/06/23/was-ist-krisenimperialismus/

20 https://www.konicz.info/2022/06/20/zerrissen-zwischen-ost-und-west/