John Converse, giornalista e drammaturgo californiano, si è reinventato corrispondente estero in Vietnam per scrivere un libro sulla guerra, ma soprattutto per sfuggire al delirio paranoico e all’infelice matrimonio con Marge, bigliettaia in un cinema a luci rosse con un problema di dipendenza. Converse viene accolto da una Saigon che spalanca le braccia a tutti, offrendo ad ogni angolo eroina e prostituzione perché, durante un conflitto sempre più difficile per le forze anticomuniste, «è naturale che la gente voglia sballarsi». È questa la giustificazione morale che Converse dà a se stesso quando, abbandonata l’idea di scrivere, si trova a smerciare tre chili di eroina dal Vietnam alla California. Sfruttando l’amicizia con Ray Hicks, che trasporterà il carico e lo consegnerà a Marge, Converse nutre un’illusione forse ancora più assurda delle sue crisi paranoiche: passare inosservato sotto gli occhi del governo americano, della sua intelligence, e della convergenza di interessi economici e criminali che un tale carico comporta. Negli Stati Uniti di Nixon e della guerra alla droga, inizia così una fuga in cui la linea di demarcazione tra preda e cacciatore è fluida e impalpabile come quella tracciata tra i due Vietnam.
Robert Stone ambienta il suo capolavoro in una realtà che vede i rapporti di forza prevalere su quelli umani, travolti dal cinismo e dall’esasperazione. È la fine di una generazione la cui parabola, partita coi migliori presupposti durante l’Estate dell’Amore, si infrangerà contro il Watergate svegliando l’America da un sonno forse troppo tranquillo.
(Robert Stone, "Dog Soldiers". Traduzione di Dante Impieri, Mimimum Fax, pp. 427, €19)
La guerra del Vietnam è un'allucinazione di violenza, gioco d'azzardo e fumi del beat
- di Massimo Carlotto -
La guerra del Vietnam fu senza dubbio l’evento bellico più criminogeno del Novecento. Il traffico di stupefacenti, la prostituzione a livelli endemici, il contrabbando di ogni tipo di merce, il gioco d’azzardo con le sue declinazioni più folli prosperarono all’interno del conflitto con la complicità dei governi, compreso quello degli Stati Uniti d’America, e di ogni ambito amministrativo e militare. La corruzione imperava ovunque, era il sistema su cui si era retto il decadente impero francese che, dopo la cocente sconfitta di Dien Bien Phu del 1954, aveva capito che l’Indocina era perduta per sempre. Colpisce ancora oggi l’ingenuità politico-militare con cui gli Stati Uniti si fecero via via coinvolgere nel conflitto, in particolare l’incapacità di risanare la classe dirigente sudvietnamita che per prima non credeva nella vittoria e pensava solo ad arricchirsi. Atteggiamento che contagiò l’intera popolazione, la quale reagì imparando a sopravvivere, vivendo alla giornata, ostentando un fatalismo che rasentava a tratti l’indifferenza. La fase americana del conflitto attirò l’interesse del mondo giovanile che, sia in patria che all’estero, si oppose con un grande e organizzato movimento di protesta, ma anche di persone che decisero di vivere direttamente quell’esperienza. Il Vietnam del Sud divenne così meta di donne e uomini provenienti da ambienti eterogenei – da quello religioso a quello giornalistico, insieme ad avventurieri di ogni risma – che vennero risucchiati dalle dinamiche di una situazione che nessuno era in grado di comprendere e tantomeno dominare. E molti di loro ne furono vittime.
Dog Soldiers del newyorchese Robert Stone, pubblicato nel 1974, racconta tutto questo attraverso una narrazione magistrale che immerge il lettore nel Vietnam dell’epoca. E la biografia dell’autore non lascia dubbi sul fatto che fece parte a pieno titolo di coloro che decisero di toccare con mano quella realtà. Ex militare, influenzato dalla Beat Generation, Stone diventò corrispondente di guerra imbarcandosi su un aereo diretto a Saigon. La guerra, durante e dopo la presa di Saigon da parte dei Vietcong il 30 aprile 1975, ha dato origine a una produzione straordinaria di saggi, romanzi e film. Dog Soldiers, tra tutti, si distingue per la profondità dello sguardo. A Stone non interessa solo raccontare una bella storia criminale nata tra le pieghe della quotidianità di personaggi sconfitti, ma utilizzarla come motore narrativo di una vicenda molto più complessa che si sviluppa tra il Vietnam e gli Stati Uniti.
John Converse, giornalista scadente – partito per il Vietnam alla ricerca di ispirazione dopo aver scritto opere teatrali di scarso successo e sposato la figlia del suo editore, un vecchio comunista perseguitato dalla sconfitta politica e dall’Fbi – entra in contatto con connazionali quantomeno ambigui e senza una vera ragione si ritrova con tre chili di eroina purissima da piazzare in patria. Converse non è un criminale, non ne ha la mentalità e tantomeno ne conosce i codici. Sembra che non abbia di meglio da fare che cacciarsi nei guai e mettere in pericolo le persone che gli sono vicine. Come la moglie Marge e l’amico Hicks. L’orrore misto a disgusto e a indignazione per la strage di elefanti colpevoli di essere usati dai Vietcong per trasportare armi – una carneficina insensata che aveva turbato anche gli equipaggi degli elicotteri americani che avevano mitragliato i pachidermi per giorni – serve a Converse per far cadere l’ultima obiezione morale a diventare un trafficante. Converse arriva alla conclusione che se il mondo vuole sterminare gli elefanti la gente vorrà sballarsi. E lui non può fare nulla per impedirlo. Ragionamento assurdo a New York ma non a Saigon.
Di contrabbandare l’eroina viene incaricato il soldato Hicks, amico di vecchia data, forse il migliore di Converse, che riuscirà nell’impresa per ritrovarsi poi inseguito, insieme a Marge, da un agente della Cia corrotto e dai suoi killer psicopatici. Una fuga emozionante e allucinogena tra sesso, droga, sparatorie, bar e motel squallidi, montagne abitate da strani guru e tanta violenza made in Usa in cui il lettore si ritroverà a confrontarsi con il grande patrimonio «beat» dell’epoca, dato che inevitabili e di grande bellezza sono i riferimenti a Kerouac e dintorni. Dog Soldiers è un romanzo ricchissimo di citazioni letterarie. Addirittura ogni personaggio è legato a un autore. Converse si reca in Vietnam con Saint-Exupéry in valigia. Hicks legge Nietzsche e riflette su Hemingway. Una missionaria legge Cronin, un killer cita Heine e uno strano dottore legge Hesse. Dog Soldiers è anche un romanzo sul disincanto. Stone ha voluto raccontarci gli Stati Uniti corrotti e violenti di Kennedy e di Johnson, preludio dell’umiliazione della sconfitta in Vietnam e dell’avvento dell’era reaganiana che inaugurerà un nuovo ordine mondiale, peggiore del precedente. Robert Stone già nel 1974 aveva capito che la fine degli ideali avrebbe privilegiato il cinismo e lo ha raccontato con Dog Soldiers, un grande affresco di un’epoca straordinaria.
- Massimo Carlotto - dalla prefazione al libro -
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