giovedì 30 aprile 2009

Bucce di banana



" (...) Ma la mia preferita è una che si inventò quel divino pagliaccio pacifista di Abbie Hoffman (1936-1989) durante la guerra del Vietnam. Annunciò che la nuova frontiera dello sballo erano le bucce di banana assunte per via rettale. E così gli scienziati dell'FBI cominciarono a infilarsi bucce di banana su per il culo per scoprire se era vero o no. O almeno così speravamo noi all'epoca."

da: Kurt Vonnegut - Un uomo senza patria - Minimum Fax

Scacchi?




"Mio padre diceva, quando sei in dubbio, arrocca!"

mercoledì 29 aprile 2009

Operazioni Bancarie



Alle 7 del mattino del 7 ottobre 1934, la rivoluzione dei minatori asturiani dava inizio ad una delle sue più controverse azioni, assaltando l'edificio del Banco de España, ad Oviedo, con una manovra condotta sotto il comando di Ramón González Peña. La resistenza all'interno fu tale che, nella notte del 9 ottobre, si dovette usare un pezzo d'artigliera, per cannoneggiare la facciata a sudovest, nel mentre che si effettuava un nutrito lancio di bombe a mano sul retro. Finalmente, la mattina successiva, la guarnigione, formata da un sergente, un caporale, sei soldati e tre carabineros, venne annientata e si potè procedere senz'altro indugio all'apertura della stanza blindata.
L'operazione non andò propriamente del tutto liscia: per entrare in possesso di una parte del bottino, si persero per sempre, nell'esatto momento della detonazione, migliaia di banconote distrutte dalla dinamite, e ci si dimenticò, senza nessuna ragione apparente, di un armadio che conteneva più di quattro milioni di pesetas.
Alla fine, i responsabili quantificarono in 14.425.000 pesetas la somma sottratta. Gli storici chiarirono, successivamente, che tale somma andava decurtata di circa un milione di pesetas, vecchie banconote che recavano l'effigie di re Alfonso XIII, e che erano state ritirate dopo la proclamazione della Repubblica del 1931. Successivamente, nella seconda quindicina di novembre, vennero decurtate altre 400.000 pesetas (duemila biglietti da cento e quattromila da cinquanta) per la ragione opposta, cioè erano talmente nuove che non avevano ancora titolo per circolare! Poi, nei mesi che seguiranno alla sconfitta della rivoluzione, verranno recuperate altre quantità di banconote nascoste in vari luoghi che porterano a 4.575.607 pesetas il totale.
In quanto a ciò che venne fatto del denaro rimanente, c'è in proposito la dichiarazione resa da Ramón González Peña davanti al tribunale che testimonia fosse stato dato al Comitato che lo aveva distribuito alle vedove, agli orfani e ai rivoluzionari rimasti invalidi. Per parte sua, Andrés Saborit ha scritto nelle sue memorie che una parte era stata bruciata, per timore di rappresaglia da parte della polizia; anche se questa sembra un azione assai poco logica.
Per tenere traccia di tutto il resto, può essere dato per attendibile la narrazione che Juan José Menéndez Garcia fa, nella sua biografia di Ramón González Peña, pubblicata nel 2002. Egli ha ipotizzato che l'importo rimasto nelle mani dei rivoluzionari sia 9.449.393 di pesetas da ripartire come segue: 100.000 vennero utilizzate per la fuga a Dieppe, nel Canale della Manica, e in Russia; 300.00 vennero versate al Comitato di Grado; 900.000 vennero mandate in Belgio; alla Francia, altre due spedizioni di 4.000.000 e 250.000, rispettivamente; e a Negrín 100.000 per l'assistenza giudiziaria e per la sua rete di fuga. Quindi, ci sono ancora più di 3.000.000.
Di quello che, successivamente, è accaduto con questi soldi, c'è da raccontare che vi fu un furto di 500.000 pesetas nella sede del comitato in esilio a Parigi e un'appropriazione indevita, per la stessa somma, in Argentina, da parte di un compagno deluso in seguito ad una tragedia personale.
Da parte sua, Amador Fernández riuscì a raccogliere nelle sue mani 5.000.000 di pesetas, da Parigi e dal Belgio, che vennero tenute segrete anche ai membri del PSOE fino a quando non vennero investite per l'acquisto di una moderna rotativa, nel 1935, e per il terreno e la costruzione di un edificio per la pubblicazione di "Avance", organo del Partito.
Finora è stato fatto riferimento solo ai fondi gestiti dai socialisti, ma spulciando la stampa del 1935 si trova una curiosa storia che dimostra come anche il PCE avesse le sue mani su parte della somma.
La storia parla dell'arresto, il 20 di settembre dello stesso anno, della giovane Pilar González Pastor, avvenuto in prossimità della Cuesta de Las Perdices sulla strada da La Coruña a Madrid. La giovane aveva destato i sospetti della "benemerita" quando la videro passeggiare da sola, alle nove e mezza di sera, come se stesse aspettando qualcuno, in quel posto solitario. Interrogata, dichiarò di essere di Langrao e di appartenere alla Gioventù Comunista delle Asturie, cellula di Mieres, di dove era originaria e che era in attesa di un camion che ogni giorno andava da Santander a madrid, trasportando pesce, per farsi portare alla capitale. Nel successivo interrogatorio, Pilar, sicuramente stanca della clandestinità, non risparmiò nessun dettaglio su ciò che aveva fatto in quei mesi. Disse che aveva partecipato alla rivoluzione, dapprima come una barelliera, e quindi rifornendo i rivoluzionari di dinamite presa da Duro Felguera e destinata a far saltare le caserme di Sama, Oviedo e Mieres. Tutto questo, insieme ad un uomo, il cui nome non conosceva, e ad un'amica di nome Maria che era morta di recente e il 15, quando tutto era perduto, si era rifugiata nelle montagne di Quirós, dove era rimasta fino a giugno insieme con altri sei compagni; tra coloro che poteva ricordare c'era una donna di nome Josefina Hevia e tre uomini di nome Ricardo, Faustino e José, quest'ultimo di Turón.
Non era così ben conosciuta e non aveva mai ricoperto incarichi di responsabilità fino a quando non aveva deciso di andare con Josefina alla capanna di due pastori, Carlos e Avelino, che avevano dato loro pane e latte; da lì Josefina andò al suo villaggio e lei a Fayacaba, a casa di una tale Maria, poi a Mieres e a Sama, a casa di un'altra donna di nome Rosalie, poi aveva lavorato nel campo della Iranzo (Navarra), e infine di nuovo nelle Asturie, dopo aver trascorso alcuni giorni a Santander.
A questo punto della confessione dichiarò che a Sama aveva ricevuto una busta contenente 90.000 pesetas in biglietti da mille, provenienti dall'assalto alla Banca di Spagna, per le mani del leader comunista Polo Barral, membro del comitato rivoluzionario di Sotrondio. Con l'incarico di portare la somma alla Stazione Nord di Madrid per consegnarlo ad un uomo di 27 anni di nome Antonio Fernández. Così aveva fatto l'11 settembre e quell'uomo, una volta ricevuto il pacchetto, le raccomandò di tornare ad Oviedo, mentre lui avrebbe proceduto per la Francia, passando da Barcellona.
Nella Direzione generale della sicurezza, dove la portò la Guardia Civil, stilò un elenco di nascondigli con armi, munizioni e anche un cannone, ed i nomi dei responsabili; quindi venne condotta dall magistrato del tribunale che la fece tradurre nel carcere femminile, in attesa del suo trasferimento nelle Asturie.

E fin qui la storia di Pilar Gonzalez, e la sua ultima missione per la rivoluzione: niente di meno di 450.000 pesetas, e tute in biglietti da mille.
Sorprende tanto l'entità della somma, quanto la fiducia in una giovane senza molta esperienza che non sembra la persona più adatta per una cosa così importante, tuttavia non vi è motivo per dubitare di una tale dichiarazione così tanto ricca di dettagli il cui unico effetto sarebbe stato quello di aumentare le accuse a carico.

L'ultima cosa che resta da chiarire è che cosa ne sia stato fatto del denaro quando è arrivato in Francia, è stato impiegato per aiutare i militanti incarcerati e feriti in quell'Ottobre Rosso?

martedì 28 aprile 2009

cecità



" (...) quella prontezza di spirito che in Sicilia usurpa il nome di intelligenza (...)"

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

lunedì 27 aprile 2009

machiavellica



N.M. (1469 - 1527)

Niccolò Niccolò cinquecentenne fratello
questa corona d'aduste parole ti calco sul duro cranio

Detto tra noi abbiamo ogni motivo d'ammirarti
arido e gretto e roso da teorie

Niccolò maestro dell'andar strisciando
tribolato funzionario d'una sordida repubblica

Stratega, ambasciatore, Signoria Vostra, poliziotto
pagato sempre troppo poco per il tuo gusto da parveni

Modello d'ogni storiografo (se offendo troppo
o con l'esaltare o con l'abbassare le cose)

Come te allora frugano oggi ancora nei loro sozzi cassetti
stipati di soldatini storpi e di muffigni ducati

Da piccolo signorotto adesso vivi a noci a fichi a fave a carne secca
sottratti ai vermi, e t'occupi di calcoli biliari e smercio di legname

E per quanto concerne le tue donne, le hai spennate come pollastre
al sabato sera, e al tuo cervello di sensale parvero beni mobili

Tra i miei pidocchi senza trovare huomo che della servitù mia
si ricordi, e ragrumando per dieci lire devute al giuoco.

Niente paura, Niccolò, noi sappiamo valutare i tuoi meriti
e rammentiamo i tuoi tempi migliori

Ad esempio quell'anno 1502 a Pistoia, chi mai consigliò al capo:
le città destruggere, la terra ardere e li huomini muovere fuora?

E qualora alcuno si opponesse, che lo si mandasse alla forca, al capestro?
Perché alcune punizioni a esemplo sono più tepide che un eccesso di indulgenza

Fu un ottimo anno quello per Mr. Borgia, l'animo suo grande e la sua intenzione alta,
per il suo ghostwriter Niccolò e per la First National City Bank di Firenze

Dopo due lustri la catastrofe, l'ingratitudine mercede del mondo,
a quarantatre anni in pensione con uno stracco podere

Lagrime di autocommiserazione: ché più si diletta
l'ingratitudine nel cor del popul quand'è signore

Incompreso come ogni ingegno superiore, comandante
in una trincea di talpe, girovago delle eterne verità:

Questo è il cerchio nel quale girando
tutte le repubbliche si sono governate e si governano

Testimone: la storia, tuo autoritratto, un groviglio
di saccheggi, spergiuri e folli intrighi

Venuta la sera mi spoglio quella veste piena di fango e loto,
e mi metto panni curiali et entro nelle antiche corti degli antichi huomini

E di notte l'animo lirico: mendici sonetti al gangster di turno
Il vero uomo del Rinascimento in mendaci è tempista

Niccolò Niccolò fior fiore d'Europa, stipato
di ragion di stato e d'una favolosa coscienza

Hai letto nella mente dei tuoi lettori, Napoleone, Franco, Stalin e me,
discepoli tuoi riconoscenti, e meritato ti sei l'encomio

Per le tue spoglie frasi lapidarie, per il tuo coraggio in codardia
la tua impegnativa banalità, e la tua nuova scienza

Niccolò, furfante, poeta, opportunista, classico, carnefice:
tu sei l'Uomo Antico com'è descritto nei libri, e perciò lodo il tuo libro

Niccolò, fratello, questa non te la passo, e per quelle tue menzogne
sì sovente veritiere, per esse maledico la tua mendace mano.

da H.M. ENZENSBERGER - Mausoleum -

domenica 26 aprile 2009

Espropriatori



Comincia così, fra una fotografia chiaramente ispirata ai ritratti di Robert Capa e i filmati d'epoca, per i quali si ringrazia nei titoli, fino alla scena finale di quello che vuole essere un preambolo, e che riesce a sintetizzare, e a tramandare - in bianco e nero - la tragedia di un popolo intero nel tentativo, fatto da parte del protagonista, di rifiutarsi di consegnare le armi.
L'ho rivisto dopo molti anni, il film di Zinneman, "Behold the Pale Horse" (in italiano "... e venne il giorno della vendetta"), con un Gregory Peck decisamente rude e convincente, e decisamente "spagnolo", nei panni di Manuel Artiguez.
Che poi Manuel Artiguez sia in realtà ispirato a Francisco Sabaté Llopart, detto "El Quico", e che, con ogni probabilità, questo sia l'unico film che abbia mai messo in scena uno dei protagonisti di un'epopea che ha interessato la Spagna, dal dopoguerra fino a metà degli anni sessanta, è un fatto. Ed è anche un'altra storia. La storia di uomini che attraversavano le montagne, Avanti e indietro. Per spostarsi si servivano di taxi requisiti e di macchine rubate. Si davano assemblee alle fermate degli autobus o agli ingressi degli stadi. Vestivano l'impermeabile, caro ai rapinatori urbani da Dublino al Mediterraneo e nascondevano le armi e le bombe a mano nella borsa della spesa.
Avevano molti nomi, anche se venivano chiamati "espropriatori" o "requisitori".
I fratelli Sabaté Llopart, fra cui "El Quico", José Lluis Facerias (il cameriere del Barrio Chino di Barcellona), Ramon Capdevilla (il pugile, soprannominato "Caraquemada"), Jaime Pares detto "El Abissinio", José Lopez Penedo, operaio, Julio "El Cubano" Rodriguez, Paco Martinez, Santiago Amir Gruana detto "El Sheriff", Pedro Adrover Font detto "El Yayo", Jose Pedrez Pedrero, giovanissimo e perennemente affamato, soprannominato "Tragapanes", Victor Espallargas che, coerentemente con i suoi principi non-violenti, partecipava disarmato agli assalti in banca, e poi tutti gli altri, nomi che oramai si possono ritrovare solamente negli archivi di polizia, o in qualche canzone, o in qualche ricordo che traspare dagli occhi di qualcuno. Ancora, per sempre.

venerdì 24 aprile 2009

Lettera di Pasquale Tanteddu, fuorilegge e bandito



Pasquale Tanteddu era nato ad Orgosolo nel 1926. Fin dal 1949 fu un fuorilegge. Condannato in contumacia dalla Corte di assise di Cagliari per i massacri di Villagrande e "sa verula", imputato dell'omicidio di sei carabinieri, tentato omicidio di altri nove carabinieri, due rapine, associazione a delinquere, ecc. Venne assolto, sempre in contumacia, dall'accusa di omicidio nelle persone di Niccolò, Giovanni e Antonio Taras, ritenuti confidenti della polizia. La taglia, pagata nel 1954, per la sua cattura, fu di cinque milioni di lire. Tandeddu, viene descritto come un "bandito molto popolare" a Orgosolo, perché è opinione generale che egli, a differenza, per esempio, di Salvatore Giuliano, non ha mai commesso delitti contro i "poveri" e non ha mai voluto diventare servo dei "padroni".


Caro Cagnetta,
informatomi del tuo soggiorno ad Orgosolo per denunciare alla opinione pubblica tramite la stampa la nostra tragica situazione, non essendo possibile farmi intervistare personalmente da te, per evitare qualche spiata o simili grattacapi, mi faccio scrivere da altri, non sapendo purtroppo neppure firmare, e ti indirizzo la presente lettera al fine di chiarire tutte le menzogne che ripetutamente vengono inserite nelle colonne di giornali, che non ho visto un giornalista,buffoni! e che circolano nella bocca di tanti sfaccendati, che cianciano approfittando della mia triste condizione di fuorilegge analfabeta. Anzitutto voglio che tu dia bella forma letteraria ecorretta ai fatti che mi appresso di sottolineare.

Voglio partire dalle prime persecuzioni. La prima volta venni accusato di rissa, avevo sedici anni ed ero servo pastore. Mentre eravamo nell'ovile un compagno non so per quale pretesa abusando delle forze mi trascinò alle gambe in mezzo la stanza: essendomi trovato col coltello in mano al fine di impaurirlo e lasciarmi andare, mossi la mano e come s'è spostato, la punta del coltello gli bucò la schiena. Venni arrestato, ed assolto dopo sei mesi di carcere dal Tribunale deiminorenni di Cagliari.
Nel 1945 fui accusato di un furto di cavalli da un altro ragazzo che dopo le torture subite dai carabinieri fu costretto a fare il mio nome e di un altro compagno.
Nel 1947 mentre nella Corte di Nuoro assistevo a un dibattito mi vidi preso all'improvviso a spintoni da un carabiniere, col supposito che facevo bordello. Cercai di inssistere, dicendo che ero abbastanza calmo, vistomi insistere il carabiniere si avventò addosso. Fui acciuffato allora da un nugolo di poliziotti che mi tradussero alle carceri. Accusato del reato di oltraggio e violenza, dopo quattro mesi di carcere, fui condannato a quattordici mesi di reclusione.
Espiata la pena lavoravo in casa con un branco di pecore di nostra proprietà e curavo l'annaffiatura di qualche orto col mio fratello più grande Pietro. Lui aveva fatto il partigiano, aveva capita la vera situazione dello sfruttamento e oppressione dei ricchi contro a noi, poveri. Ed il fatto di essere tali fece andare in bestia i proprietari, come le spie, del paese. E nel 1949 siamo stati ricercati solo per questo io e mio fratello al confino di polizia. Abbiamo cercato di sfuggire perché sapevamo di essere innocenti. Ma vistici uccel di bosco i mariscialli, spalleggiati dai ricchi, cercarono di imputarci ogni reato che allora succedeva. Il più fedele "beneamino" fu il maresciallo Loddo, che ad Orgosolo per due o tre anni ebbe pieni poteri di fare il santo Inquisitore, confinando tutti quelli che manifestavano di sottrarsi al suo giogo e minacciando ilconfino ai pregiudicati senza carattere e pagandoli per collaborare con loro. Fecero tante montature criminali fino a giungere alla famosa strage di "sa verula" dove perdettero la vita tutti quei poveri carabinieri che forse ignoravano i folli piani dei mariscialli Loddo, Ricciu e Serra, i capi Inquisitori del Nuorese. E come per ogni altra strage vennero accusati i fratelli Tanteddu. Ed anche se tutti gli altri capi di accusa attribuitimi da Loddo in numero di una diecina mi furono liberati dai giudizii, per quest'ultima, in base ad un accusatore il più infame che la storia della Sardegna ricordi, il famigerato Mereu Sebastiano, degno servo dei Mariscialli assetatid'ingiustizia e disordine, fui colpito all'ergastolo per ricevere il premio della "benemerita" dal sicario siciliano Mario Scelba (come lo ha dato a Luca dopo che hanno ucciso a tradimento il loro caro amico e massacratore di lavoratori, Salvatore Giuliano). Questo infame confidente, che riuscì di incriminare tanti onesti cittadini, disse di avermi riconosciuto di una foto che avevo fatto in gruppo quando ero ragazzo, e in una occasione che ero malato di febbre perniciosa deperito al punto che nessun orgosolese riusciva a conoscermi. Mi meraviglio come i Giudici abbiano voluto dare credito a un elemento così sfondato, e spero che si possa fare giustizia nell'Appello.
Sia per "sa verula" che per Villagrande perché sono innocente e non voglio scontare colpe infamemente attribuitemi.
Ed è proprio dall'agire sporco del metodo vile e criminoso dei carabinieri che il paese vive in un conflitto muto e terroristico. E per ogni delitto cercano di fare il mio nome.
Infatti la cosiddetta polizia, che non sta facendo altro che "sporchizia", cerca di braccarmi con tutti i mezzi. E non potendo prendere a me se la prende con i miei parenti. Forse credono che dopo aver arrestato mio fratello, un ragazzo incensurato dedito alla custodia del gregge, la mia sorella, che dopo la morte della mia povera Madre rimase sola in casa, e il mio povero Babbo, un uomo vecchio e paralitico, che io possa essere indotto a presentarmi.
O pure se fossi - e non lo sono - un criminale, vedendo tante ingiustizie diventassi un agnello.
La prova che non sono un assassino è data dal fatto che se lo fossi, per ciò che mi viene fatto dovrei uccidere ogni giorno almeno dieci poliziotti, o sia di quella ridicola marmaglia che Scelba hamandato nelle nostre campagne, che chiedono bonifica, tecnica, trattore e non poliziotti, mitrie e spie. Che se non sarò proprio destinato a morire non mi prenderanno mai neanche se ne mettonodiecimila.
Abborisco la vita del latitante, ma per galera preferisco cento volte la morte. Soffro molto alla testa se mi chiudono, e allora certo morirei.
L'unico mio desiderio è di vedere abolito il confino, le taglie, la disoccupazione, lo sfruttamento dei lavoratori e vedere così il nostro martoriato paese in via di pace serena e di civile progresso

Pasquale Tanteddu

giovedì 23 aprile 2009

Le armi dell'astuzia



Le armi di Achille, dopo la sua morte, dovevano andare al miglior guerriero acheo in vita, ma ci voleva una gara per sceglierlo. I due principali candidati erano Aiace Telamonio e Odisseo. I poeti concordano circa il fatto che la scelta venisse affidata ai Troiani (sicuramente, un modo per evitare che la cosa degenei in una guerra civile fra gli Achei). Omero afferma che furono "le figlie dei Troiani", a scegliere. La "Piccola Iliade" ne fornisce una versione deliziosa, anche se incredibile. Nestore propose che gli Achei scegliessero il vincitore, mandando uomini ad origliare alle mura di Troia, dove avrebbero potuto udire le voci dei Troiani che discutevano del coraggio e del valore dei loro nemici. Le spie partirono e, in effetti, udirono una conversazione, ma non di guerrieri troiani: a parlare erano ragazze non ancora sposate. La prima cantava le lodi di Aiace, perché aveva sottratto il corpo di Achille, cosa che non si poteva dire avesse fatto Odisseo; la seconda ebbe la meglio, sostenendo che anche una donna avrebbe potuto portare al sicuro un cadavere, ma che solo un uomo può avere il coraggio di stare saldo, a guardia delle retrovie, come aveva fatto Odisseo. Questa tesi fu talmente acuta che i poeti la considerarono opera di Atena. Dal punto di vista strategico, la storia delle ragazze troiane, il conseguente suicidio di Aiace e il trionfo di Odisseo prepararono la nuova fase: quella della guerra non convenzionale!

martedì 21 aprile 2009

Cocktail e Patti



V.M.M.(1890-1986***)

Alitando affannoso sotto il melo fiorito
dietro la dacia, dondola avanti e indietro
sulla sua poltrona in vimini Vjačeslav Michajlovič,
il sopravvissuto. In pensione, in pensione, in pensione.

Anche il suo culo di ferro non è più quello
di una volta. Solo il temperalapis appeso
alla sua catena d'orologio rammenta i gloriosi anni
del Politburo. Adesso rimugina, fa schioccare le dita.

Come bolscevico insignificante, gruppo dei "chimici".
Sono stato anch'io in galera! (Giustificazioni)
Pronto alla rivolta e alla morte. Circondato da souvenirs.
I fatti non sono comunque altro che propaganda.

Per esempio ai suoi tempi nella Reichskanzlei, la pioggia
di novembre batteva alla finestra. L'amicizia tra noi
è cementata con il sangue. Ha veramente detto questo?
Brindisi editoriali promemoria: la storia?

una storia? Chi mai saprà la differenza?
Chi saprà mai tenerla a mente? Le mosche ronzano
nei retrobottega e nelle celle. Nel protocollo si legge:
Feccia. Cani idrofobi. Pericolosa carogna.

La propria moglie, deportata come tutti gli altri:
i suoi occhi erano verdi o marrone? E i bambini?
Insignificante: cosa significa dopotutto? Pusillanime!
Gridava Lenin. Al sole di maggio siede una mummia.

Le mosche ronzano come sempre. Sopravvissuto, sorpassato.
Sopito, soppressato. Nei suoi sogni
confonde compiti di scuola e condanne a morte.
Fu sempre un bravo alunno. Soltanto il suo inglese

si è deteriorato. Cocktail per esempio, una parola estranea,
incomprensibile. Nelle sue orecchie che più non orecchiano
nessuna detonazione rimbomba. Schiocchi di dita.
Si sforza di ascoltare. Sono forse le mosche? Tediosi

ritornano i tenui studi. Réverie, Un sospiro,
che soleva ai suoi tempi suonare, quand'era a Kukarski,
distretto di Nolins, anno millenovecentotre,
con intensità espressiva e mosso da nobili sentimenti.

da H.M. ENZENSBERGER - Mausoleum -

*** Nota: Quando è stata scritta, la poesia, nel 1975, Molotov era ancora vivo.

Una lettera



Colonia, 18 ottobre 1841

GEORGE JUNG
AD ARNOLD RUGE

Il dottor Marx, il dottor Bauer e L. Feuerbach stanno associandosi per fondare una rivista teologico-filosofica; allora tutti gli angeli del cielo dovranno correre a schierarsi attorno al buon vecchio Iddio, che a sua volta dovrà rimboccarsi le maniche, perché i tre lo scaraventeranno certamente giù dal cielo, schiaffandolo sotto processo, per rincarare la dose. Marx, per lo meno, dice che la religione cristiana è una delle più immorali; tuttavia, benché sia un rivoluzionario disperatissimo, è una delle teste più acute che io conosca.

lunedì 20 aprile 2009

CRASH!



James Graham Ballard - 1930 - 2009 e oltre

Ciò in cui credo - J.G. Ballard
da Re/Search, J.G. Ballard, ShaKe edizioni underground

"Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.

Credo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d’auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell’eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati.

Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione.

Credo nel fascino misterioso di Margaret Thatcher, nella curva delle sue narici e nella lucentezza del suo labbro inferiore; nella malinconia dei coscritti argentini feriti; nei sorrisi tormentati del personale delle stazioni di rifornimento; nel mio sogno che Margaret Thatcher sia accarezzata da un giovane soldato argentino in un motel dimenticato, sorvegliato da un benzinaio tubercolotico.

Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell’unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni.

Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.

Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo.

Credo nella pazzia, nella verità dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo.

Credo nel nulla.

Credo in Max Ernst, Delvaux, Dalì, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Dürer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Böcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta.

Credo nell’impossibilità dell’esistenza, nell’umorismo delle montagne, nell’assurdità dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudeltà dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica.

Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.

Credo nei voli, nell’eleganza dell’ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con sé la saggezza di statisti e ostetriche.

Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell’universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacità dei pianeti, nella nostra ripetitività, nell’inesistenza dell’universo e nella noia dell’atomo.

Credo nella luce emessa dai televisori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell’intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell’eleganza delle macchie d’olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell’aeroporto.

Credo nella non esistenza del passato, nella morte del futuro, e nelle infinite possibilità del presente.

Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Celine, Swift, Defoe, Carroll, Coleridge, Kafka.

Credo nei progettisti delle piramidi, dell’Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.

Credo negli odori corporei della principessa Diana.

Credo nei prossimi cinque minuti.

Credo nella storia dei miei piedi.

Credo nell’emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari, nella perfidia degli orologi.

Credo nell’ansia, nella psicosi, nella disperazione.

Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (più belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.

Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell’immaginazione.

Credo in Tokyo, Benidorm, La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.

Credo nell’alcolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell’esaurimento.

Credo nel dolore.

Credo nella disperazione.

Credo in tutti i bambini.

Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d’aeroporto.

Credo a tutti i pretesti.

Credo a tutte le ragioni.

Credo a tutte le allucinazioni.

Credo a tutta la rabbia.

Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.

Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce. "

domenica 19 aprile 2009

Un romanzo in tre canzoni!



"Texas Trilogy" è una straordinaria canzone di Steven Fromholz. Anzi, tre canzoni distinte: Daybreak, uno slow blues; Train Ride, una ballata folk rock, giocata benissimo su una strumentazione ricca e vivace;Bosque Country Romance, splendida country-folk song, con un ritornello gradevole ed orecchiabile.


TEXAS TRILOGY
(Steven Fromholz)

TEXAS TRILOGY: Allo spuntar del giorno

Verso 1

Il silenzio delle sei del mattino,
Dell'inizio di un nuovo giorno
Si sente nelle piccole città del Texas
Come un segnale che arriva da nessun luogo
Le persone che ci vivono
Si alzano e cominciano a muoversi
Perché c'è da friggere la pancetta
E c'è da cuocere i biscotti
Sulla stufa che l'Esercito della salvezza non prenderà
E si aprono le finestre
E si accende il ventilatore
Perché fa più caldo che all'inferno
Quando il sole colpisce la terra

Verso 2

Walter e Fanny
Hanno un negozio di alimentari
Che vende quasi tutto quello che ti serve
Sono già in piedi e al lavoro
Dall'inizio di questa mattina
Hanno da nutrire tutto il villaggio
Hanno messo fuori le uova fresche
Gettato via quelle andate a male
Marcite a causa
Del caldo di ieri
Il negozio è al buio
Così non si possono vedere le mosche
Che si posano sulle bistecche
E sulle torte di lunedì scorso

Verso 3

La farmacia di Sleepy Hill
E il bar sono aperti
Il caffè sta uscendo ribollendo
E tutta la gente che non lavora
Va a sedersi lì fino al tramonto
A parlare di quello che non sono riusciti ad avere
Qualcuno ha appena brucisto la frizione
Del vecchio camioncino
Sembra che stiano cavalcando
Su una pista di sfortuna
E' venuto l'assicuratore
E il pozzo si è seccato
Sembra che i loro figli non si preoccupino
Se sono vivi o morti

Parlato:
Diavolo, mi ricordo quando Kopperl, Texas, era un buon posto per vivere, per un uomo, e mettere su famiglia. Naturalmente, prima che chiudesse la fabbrica tessile.
È stato molto tempo fa? Lo sapete che sembra solo ieri quando il vecchio Steve Hughes perse il suo braccio in quella macchina infernale e camminò tutta la strada di casa morendo dissanguato. Naturalmente la nuova autostrada fece la sua parte. Costruirono una diga sul Brazos per creare il lago Whitney. Fecero venire alcuni pescatori giù da Dallas e Ft.Worth. Dal giorno in cui hanno chiuso il deposito ed hanno costruito il nuovo traliccio ad ovest della città, qui è diventato tutto tranquillo.

Lo sai, adesso il treno non ferma più qui
No, il treno non ferma più qui ........

TEXAS TRILOGY: Il Viaggio in Treno

Verso 1

Beh, l'ultima volta che mi ricordo
Questo treno fermava al deposito
È stato quando io e mia zia Veta
Tornavamo da Waco
Ricordo che indossavo
I miei pantaloni lunghi e chiacchieravamo
Insieme ad un uomo
Che vendeva penne a sfera e carta
E una volta il treno fermava a Clifton
Dove mia zia mi ha comprato del gelato
E la mia mamma era lì e ci aspettava
Quando il treno arivò a Kopperl

CORO

Ma adesso i ragazzi durante la notte spaccano i vetri a sassate
E rimane solo il rumore dei treni
Nella memoria di quelli come me
Che hanno voltato le spalle alle crepe sbreccate
Dei muri che stanno sul terreno della ferrovia
Dove eravamo soliti giocare e poi scappare
Quando arrivava il guardiano

Verso 2

Mi ricordo di me e mio fratello
Eravamo solito correre giù al deposito
Solo per ascoltare il fischio
Quando il treno entrava nella stazione di Kopperl
E la motrice grande e lucente
Nera come il carbone che alimentava il fuoco
E l'ingegnere aveva sorrideva e ci diveva,
"Heilà, come state, ragazzi?"
E la gente dietro le finestre
Giocava a carte e leggeva il giornale
Sembravano così lontani da raggiungere
Come la prossima estate di vacanza da scuola

Parlato:
Mi chiedo perché non si vedono più ragazzi giovani dalle parti di Kopperl.
Come se appena arriva il primo maggio tutti i laureati scappano a Cleburne o a Ft. Worth e si trovano un buon lavoro. Lo sai vanno a lavorare al cementificio di Cleburne o alla compagnia telefonica di Ft.Worth. Naturalmente c'è qualcuno che non lascia Bosque County, Texas.
La loro ricompensa finale è di essere sepolti alla Brister Funeral Home in Meridian, il capoluogo di Contea. Poi, quando è tutto finito, la famiglia riporta indietro il corpo fino a Kopperl, dove viene esposto, di nuovo, nella Chiesa di Cristo, o nella Chiesa Metodista, o nella Chiesa Battista. Una qualunque delle tre grandi. Aprono la bara e il corteo funebre a piedi e dicono "Mio dio, come sembra naturale"


TEXAS TRILOGY: Il romanzo della cittadina di Bosque

Verso 1

Mary Martin era una studentessa
Aveva più o meno diciassette anni
Quando si sposò con Billy Archer
Circa quattordici anni fa
Non aveva nemmeno finito la scuola superiore
La gente diceva che non sarebbe durato
Ma quando si cresce in campagna
Si cresce velocemente
Si sposarono in fretta
Nel mese di marzo, prima che finisse la scuola
La gente diceva che era incinta,
"Basta aspettare e troverete il modo".
Nacque quell'inverno
In un grigio mattino di novembre
Il primo di molti ad arrivare
Era nato un ragazzo ancora bambino

CORO

E il bestiame è il loro gioco
Ed Archer è il nome
Che danno alla terra che possiedono
Se il Brazos non si secca
E i vitelli appena nati non muoiono
Un altro anno con Mary sarà trascorso
Un altro anno con Mary sarà trascorso

Verso 2

Ora Billy possiede quel bestiame
Che suo padre avrebbe potuto permettersi
Quando si schiantò cotnro un cactus
Sulla sua Ford del 1950
Ma le vacche erano malate e macilente
E dappertutto era infestato dalle erbacce
Ma Billy ha mantenuto quel luogo
L'unica cosa che ha mai conosciuto
E Mary ha cucinato la zuppa
E Mary ha cucito i vestiti
E Mary ha sfiancato icavalli
E ha soffiato il naso del bambino
E Mary e il suo fucile
Hanno tenuto lontano i serpenti a sonagli
E come faccia ancora a sorridere
Nessuno potrà mai dirlo


Verso 3

La siccità del'57
È stata una maledizione sulla terra
Nessuno a Bosque County
Era in grado di dare una mano al vecchio Bill
Il terreno era secco e inaridito
E il serbatoio del camion è a secco
E le vacche non si nutrono di fichi
Ma dell'erba che cresce
Le nuvole si sono portate via l'acqua
E un serpente ha morso un bambino
E un incendio nel vecchio granaio
S'è preso il fieno che Bill aveva ammucchiato
L'ipoteca si è portata via i soldi
E le larve di mosca si sono portate via le mucche
Gli anni hanno bussato alla porta di Mary
E lei adesso li sta aspettando

venerdì 17 aprile 2009

l'eternità




Sistema cellulare (1)

Malaticcio, piccolo, avvizzito, di gracile costituzione, a quarant'anni già vecchio. Un mistagògo. Non tollera obiezioni. Sempre disposto a illudersi, sempre pronto a illudere.
Legge molto, trascorre la vita in un susseguirsi di sistemi cellulari. (Doppiosenso di questo aggettivo). Lettura prediletta: Il Principe.
Avvezzo alla solitudine, serba accuratamente le distanze: Io non venero il coccodrillo. (Il coccodrillo sono le masse).
Si definisce un fatalista, il che non vuol poi dire molto. L'uno si custodisce fatalisticamente il letto, l'altro si getta fatalisticamente nella mischia. Costui si lancia, finché vive, metodicamente incontro a una violenza che, finché vive, s'impradonisce dell'intero pianeta. Spiegazioni di tale comportamento non ve ne sono.

Un'ipotesi astronomica (1)

Se dunque l'universo è infinito, ciò significa anche, che giorno per giorno, la natura riproduce miliardi di sistemi solari, i quali altro non sono se non calchi servili del nostro.
Non vi è sasso, né albero, né bestia, né essere umano, né evento che in quel lontano duplicato non abbia già il suo posto.

Sistema cellulare (2)

Ogni volta che, dopo un'annosa prigionia, abbandona la galera e appare ai suoi seguaci, le guancie emaciate, le labbra esangui, semi-putrefatto, con un mantello nero e guanti neri che non depone mai: melodrammatico, il Capo, il re-sacerdote della rivoluzione - ogni volta impallidisce allora al suo cospetto l'Ordine. Egli ne è il prodotto della paura: l'incarnazione del terrorismo e l'individuo più dabbene del mondo.
La Parigi sotterranea è una Babele di sette, confraternite e club. Riti d'iniziazione: la fascia sugli occhi, il giuramento mormorato, il pugnale sfavillante in mano. (Gli orpelli della cospirazione fanno parte dell'eredità massonica).
Nella Società delle Stagioni, in testa alla settimana è la domenica, in testa alla primavera è marzo e la primavera conduce l'anno. Lassù in cima, in capo a tutto, siede abbagliante il comitato centrale: una finzione.

Un'ipotesi astronomica (2)

Se dunque la terra possiede nell'universo schiere di sosia, lo stesso vale ovviamente per tutte le sue possibili varianti. Ogni attimo reca infatti con sé nuove diramazioni, deviazioni, alternative. Qualunque sia la nostra scelta, noi non sfuggiamo al nostro fato. Eppure, nel complesso dell'universo, la fatalità non può far leva, perché l'infinito non esige alternative ed ha posto per ogni cosa.

Sistema cellulare (3)

Il mio programma? Non so come sarà. (La richiesta di aumenti salariali non gli dice nulla). Chi ha ferro, ha pane. (Ama l'ordine). Allo stato compete il potere assoluto, la conduzione d'ogni cosa. (La talpa scava, mina, perfora; ma nondimeno tutto ciò di cui determinerà il crollo, risorgerà più splendido che mai). Gli occulti fermenti, che sollevano in segreto le masse, l'invisibile esercito del progresso, sono i declassati.
(Ecco, ora parla molto paternamente). Le masse devono essere destate dal loro sonno di morte alla vita.
Dai suoi ufficiali esige: disponibilità al sacrificio, assoluto silenzio, incondizionata obbedienza; in cambio offre loro: povertà, pericolo, persecuzioni, e inoltre una catena d'inesorabili sconfitte.

Un'ipotesi astronomica (3)

Di conseguenza esistono altri miliardi di pianeti ove l'uomo percorre sentieri che qui disdegna o trascura; e questo accade per ciascuno di noi, per ogni singolo istante, per qualunque possibile diramazione, per tutte le alternative esistenti. Noi tutti abbiamo dunque innumerevoli sosia, varianti di noi stessi, e tutto ciò che qui avremmo potuto essere o diventare, lo siamo realmente, altrove, su diversi, lontani pianeti.

Sistema cellulare (4)

L'insurrezione fa progressi, ma anche la polizia: la mourcharderieva diventando più raffinata, gli schedari s'ingrossano, i fondi segreti rigurgitano, la provocazione si evolve ad arte suprema. Nei circoli della bohéme già rode il verme: ovunque scissioni, intrighi, fraintendimenti.
Finanche nellaa cella ogni cosa è sospetta. Il recluso lava ogni fava, ogni fagiolo, prima di mangiarli. Quotidianamente si chiede, perché non lo avvelenano. (Risposta: il governo non sa fare i propri affari).
D'altro canto, lavoro da stratega, expertise militare, macchine distruttrici dai magici effetti. Il Capo, chinosui suoi calcoli - sono eccessivamente antiquati, o sono invece prematuri? Il putsch d'ottobre a Pietroburgo non avrà occasione di vederlo. (Allo stato il potere assoluto). Tutti i suoi scolari, escluso Mussolini, loo rinnegano.

Un'ipotesi astronomica (4)

La vita del nostro pianeta, dalla nascita alla morte, si ripete, giorno per giorno, con tutta la sua infelicità, tutti i suoi crimini, su miriadi di astri fratelli. Ciò che noi chiamiamo progresso, sorge e scompare, come rinchiuso in gabbia, entro ciascuno di questi innumeri mondi. Sempre e dappertutto lo stesso dramma, davanti allo stesso scenario, sullo stesso esiguo palcoscenico: un'umanità rumorosa che nella sua prigione vive, come fosse in uno sconfinato universo, per poi immantinente sprofondare insieme alla stella che la sorregge. Quale monotonia! L'universo segna il passo.

Sistema cellulare (5)

Mentre massacrano i comunardi, il prigioniero è rinchiuso a Fort Tareau, una rupe sul mare. Non si pronuncia. Osserva il cielo, un cimitero di comete. Dopodiché si siede, nei suoi abiti neri, al suo tavolo, nella sua cella, prende la penna e scrive: L'eternità tramite gli astri, ovvero

Un'ipotesi astronomica (5)

Ciò che in questo istante io scrivo, in una cella di Fort Tareau, lo scrissi in miliardi di altri mondi e colà lo scriverò per tutta l'eternità, su un tavolo, con una penna e con degli abiti, perfettamente identici ai miei.


da H.M. ENZENSBERGER - Mausoleum -

giovedì 16 aprile 2009

Il Dito Medio Di Dio (2: la vendetta)



Sempre sulla Sierra, lungo la spina dorsale del diavolo, dove il dito medio di dio si alza nel cielo caldo, c'è un santo! Jesús Malverde, è uno di quei santi che non sono riconosciuti dalla chiesa cattolica. Storicamente, non si hanno prove della sua esistenza, ma sul suo conto è sorta una grande quantità di leggende, miti, in base alle quali si ricostruisce un' ideale biografia. Malverde nacque in Messico nel 1870 circa, quando il paese era sotto la dittatura di Porfirio Diaz. La sua città natale è Culiacan, la capitale dello stato di Sinaloa, in Messico, ed è sulle colline attorno alla città che svolse la sua attività di bandito, a cui si dedicò dopo essere stato - non si sa se - un addetto alle ferrovie, un muratore o forse persino un tessitore: la sua famiglia era morta di stenti ed egli per sopravvivere si trasformò in un sorta di "Robin Hood" che rubava ai ricchi per sfamare i poveri. Venne catturato dalla polizia statale e condannato a morte, il 3 maggio del 1909, o per impiccagione o per fucilazione; si dice addirittura che fu tradito da un amico per la somma di 10.000 pesos. Come Cristo!
Subito dopo la sua morte cominciarono a verificarsi episodi che lo vedevano protagonista di aiuti miracolosi al popolo bisognoso: riportò una mucca smarrita ad una donna, trovò i muli di un suo amico che si erano persi mentre trasportavano lingotti d' oro, ... Insomma, continuò a svolgere quel ruolo assistenziale che aveva svolto con il suo banditismo in vita. Per questo, egli oggi è venerato come "il Generoso" o "l' Angelo dei poveri", e la gente crede di poter ottenere da lui benefici per la propria vita quotidiana in cambio di preghiere, riti e invocazioni.
A Culiacan, a ovest del centro della città, vicino ai binari ferroviari, è stato anche costruito una specie di santuario che presenta sulla facciata un murales con Malverde, la Vergine Maria e Gesù Cristo. I pellegrini, che giungono in gran numero, possono porgere direttamente al Malverde le proprie richieste: al suo interno le pareti, il soffitto e il pavimento sono cosparsi di ex-voto di ringraziamento; ci sono busti e statue del santo, candele, gioielli di poco valore, lettere, iscrizioni commemorative (in spagnolo mementos), i pescatori lasciano bottiglie di vetro con gamberetti sotto formalina, se invece si richiede una guarigione solitamente si lascia una foto del malato. Poco distante dall' edificio, si trovano tutti i negozi autorizzati alla vendita degli oggetti sacri, che sono in pratica le stesse cose che si possono comprare per esempio al quartiere messicano di Los Angeles, o in qualsiasi altro posto, ma qui costano il doppio, poichè sono più vicine al santuario e quindi più sante. Il souvenir più gettonato ed economico è la candela ma non manca nemmeno chi compra statue a grandezza naturale di Malverde in trono, con ai lati conchiglie da cui sgorga l' acqua che forma una fonte ai piedi del santo. Poi, ovviamente, c'è uno spazio apposito che funge da altarino per le offerte, di incenso, di erbe, o di quel che si vuole, Vi si può comprare dai rosari ai cd dei corridos che cantano le storie degli strati più poveri della società: banditi, prostitute, diseredati.
Ma i frequentatori più assidui sono quelli che chiedono un particolare tipo di protezione. Bisogna premettere che Sinaloa è uno dei primi stati in cui si sviluppò il narcotraffico; detto questo, non sembrerà affatto strano che Jesús Malverde sia stato ben presto elevato al rango di "patrono dei narcotrafficanti", i quali ogni volta, prima di tentare di attraversare il confine, fanno visita al santuario e pregano Malverde che li guidi, li protegga, non li faccia arrestare dalla polizia o dalle pattuglie antidroga e li faccia ritornare in Messico pieni di soldi. Malverde è conosciuto dunque anche come "il Narcosanto", protettore del commercio di oppio e marijuana.
Malverde porta denaro, e il suo busto si trova spesso vicino alle casse dei negozi messicani ad auspicare buoni guadagni; si ascoltano registrazioni di "narcocorridos", corridos che parlano della vita disgraziata dei piccoli trafficanti, e queste stesse musiche sono state adottate come colonne sonore di film quali Jesús Malverde, Jesús Malverde II: La Mafia de Sinaloa, e Jesus Malverde III: Infierno en Los Angeles.
Malverde allontana il malocchio e la sfortuna, appare su pozioni, oli miracolosi, tisane, sacchetti di polveri profumate per gli armadi, ogni tipo di prodotto per il corpo (anche prodotti per capelli e bagnoschiuma), e su ogni oggetto di vestiario, tatuaggi, amuleti, talismani, t-shirt, e la gente crede che bere la birra di marca Jesús Malverde sia come bere dell' acqua santa.



Navigando nella rete, si può trovare una dichiarazione rilasciata dal proprietario di una di queste aziende che campano sulla vendita di prodotti con l' effigie del Malverde; racconta che, l' anno scorso, in seguito al boom delle richieste, ha effettuato una spedizione di busti del santo in Italia.
"Scommetto che sono finiti dritti dritti nelle case della Mafia!" - è il suo commento.

mercoledì 15 aprile 2009

Il Dito Medio Di Dio



"La spina dorsale del diavolo". Era il titolo di un film di Burt Kennedy del 1970, con Richard Crenna, invero non troppo riuscito, e stranamente girato nella Jugoslavia di allora.
Ma the Devil's Backbone esiste, ed è il luogo, sulla Sierra Madre Occidentale, venti miglia a sud del confine fra Arizona e Messico: qui è dove Geronimo ebbe il suo ultimo rifugio, e dove nacque e venne assassinato Pancho Villa.
Quando André Breton, surrealista francese, visitò il Messico, ebbe a commentare che "In questo paese non c'è alcun bisogno del nostro movimento artistico".
Dicono che sia ancora un posto dove "Innanzitutto le cose accadono, poi vengono negate, e infine vengono trasformate in miti".
Luoghi del western dell'anima.

martedì 14 aprile 2009

"Non si può non vivere" - F. Kafka



Kafka era stato, per la prima volta, a Riva del Garda nel 1909, insieme ai fratelli Brod. Ospite nel sanatorio del dottor von Hartungen, amico di Thomas Mann. E lì aveva incontrato Carl Dallago, redattore della rivista "Brenner", sulla quale Trakl aveva pubblicato le sue poesie e alla quale si era rivolto Wittgenstein per la pubblicazione del Tractatus.
Il sanatorio è una casa di cura ed è strutturato come "luogo di cura", ovvero ambiente di custodia e protezione della malattia.
E sarà qui che, quattro anni dopo, Kafka tornerà, nel settembre del 1913, in una sorta di ... fuga. Una fuga dalla fidanzata, Felice, e dal mondo.
Il 1° luglio aveva annotato nei suoi diari: "Desiderio di inconscia solitudine. Trovarmi soltanto di fronte a me. L'avrò forse a Riva." E a Riva, quando ci sarà, non scriverà nemmeno una riga, per tutto il tempo. Né nei suoi Diari, né a Felice, interrompendo per una volta il flusso del carteggio ed ogni collegamento con il mondo da cui stava scappando.
A Riva, conosce e ama una ragazza svizzera, G.W., che rappresenterà una sorta di completamento della fuga. Di questa relazione non dirà mai niente, come se davvero il tempo e il luogo della cura fossero "lo spazio dove non si parla punto". Come aveva scritto Mann, ne "La montagna incantata".

lunedì 13 aprile 2009

Il gatto di Schrödinger



Si prende un gatto e lo si chiude in una scatola ...
Comincia più o meno così, l'enunciato di quello che viene chiamato "Paradosso di Schrodinger". Certo detta a questo modo, la storiella del gatto che è mezzo vivo e mezzo morto o, più correttamente, che è vivo e morto allo stesso tempo, fa fatica a convincere; anche se va riconosciuto che la fisica quantica non ha mai inteso di convincere nessuno. Dicevo, l'enunciato puro e semplice non manca di lasciare perplesso l'ascoltatore, però prendete l'idea e datela in mano ad un regista come Alex de La Iglesia, magari all'interno di un progetto pensato e diretto da Narciso Ibáñez Serrador, e vedrete che ne verrà fuori un capolavoro, o quasi. Il capolavoro è "La Habitation del Nino", una delle sei "Peliculas para no dormir" realizzate dalla televisione spagnola. E, fra alti e bassi, non si può negare che il cinema spagnolo di genere riesce ad esprimere un livello di incisività e di coinvolgimento che altri cinema nemmeno si sognano.

Da "Para entrar a vivir", moderatamente splatter e condominiale quanto basta, a "La Habitacion del Nino", di cui si diceva, dove la televisione raggiunge la sua verità di realtà parallela, da "Cuento de Nadividad" dove i ruoli si ribaltano, a partire da un babbo natale ... femmina, a "La Culpa", morboso e inquietante, forse un po' confuso; un'altra scatola in cui è più facile entrare che uscire. Per finire col simpatico divertissement psicoanalitico de "Adivina quin soy" e lo strano "Regreso a Moira" dove fa capolino il sempreverde paradosso temporale per cui ci si può sollevare da terra, tirandosi su per i lacci delle scarpe!

Questa serie televisiva, realizzata nel 2006, ne è conferma ed antologia. Solo che, per saperlo, bisogna aprire la famosa scatola del gatto, e l'unico modo di farlo è quello di scaricarseli da qualche parte (i sottotitoli li hanno realizzati quelli di italiansubs), emule o torrent che sia.

venerdì 10 aprile 2009

Vite Brevi



Per me, fino a poco tempo fa, Ned Kelly era il film di Tony Richardson, interpretato da Mick Jagger, girato con quel tocco di umorismo che contaddistingueva il "cinema arrabbiato inglese". La colonna sonora,alla quale si avvicendavano Shel Silverstein, Tom Ghent, Waylon Jenning e Kris Kristofferson, inopinatamente resa in italiano (cioè a dire completamente "coverata") da Tony Cucchiara. "I fratelli Kelly" - il titolo italiano - metteva in scena la guerra che Ned Kelly, e i suoi fratelli, dichiaravano all'Inghilterra, fino all'ultimo scontro. Finale, epico. Gli attrezzi di lavoro, gli aratri, trasformati in armi da guerra, in armature; a rovesciare la bibbia che prescriveva il contrario! Fino alla scena finale, luciferina, dove il ventiseienne fuorilegge, prima di penzolare da una fune, lancia l'ultima sfida alla corte, alla società, all'Inghilterra!
Poi, l'altra sera, ho visto il film girato qualche anno fa, nel 2003. Con Heater Ledge, e Orlando Bloom. Tanto notturno questo, quanto solare era il film di Richardson. Tenue e arrabbiato, giocato sui colori della terra e sulla tristezza dei personaggi. Per niente prepotente, la colonna sonora. Il film affascina e ti porta mestamente fino alla fine.

Ned Kelly
di Waylon Jennings

Ned Kelly era un giovane selvaggio fuorilegge
Cavalcò insieme a suo fratello Dan fuori da Victoria
Amava il suo popolo ed amava la sua libertà
Ed amava cavalcare la sconfinata prateria

Ned Kelly fu una vittima degli eventi
Che accaddero nella stagione in cui le sementi germogliano
E i torti che ha fatto sono stati moltiplicati dalla leggenda
Che nella giovane Australia cresceva come gramigna

Ned Kelly si prese la colpa
Ned Kelly divenne famoso
Ned Kelly portò la vergogna
E perciò impiccarono Ned Kelly

Stava nascosto nella macchia e nella foresta
Ed amava ascoltare il vento soffiare tra gli alberi
Mentre gli uomini dietro il distintivo venivano per lui
Ned disse che mai lo avrebbero messo in ginocchio

Ma tutte le cose cambiano e seguono il loro corso
E Ned seppe che il suo giorno era arrivato alla fine
Si costruì un'armatura fatta di vomeri di aratro
Ma Ned fu catturato dagli uomini della polizia

Ned Kelly si prese la colpa
Ned Kelly divenne famoso
Ned Kelly portò la vergogna
E perciò impiccarono Ned Kelly

giovedì 9 aprile 2009

Monete e Morte



"Nell'antichità, il denaro era legato agli esseri inferi, lo sappiamo, oltre che dalle monete di Caronte, dai ritrovamenti e dalle notizie di offerte di monete alle divinità ctonie e a quelle delle fonti. Lo dimostrano anche gli animali riportati sulle monete greche più antiche: sono infatti gli animali sacri dell'antico mondo mediterraneo, esseri destinati al sacrificio, o i mostri dell'Oriente, ad aprire una prospettiva sugli orizzonti ultraterreni."

Kàrol Kerényi - Nel Labirinto -

mercoledì 8 aprile 2009

Mano di pietra



Roberto Duràn, nato nel giugno del 1951 a Guararé, Panamá, viene considerato uno dei più grandi pugili di tutti i tempi. Soprannominato "Mano de Piedra", ha vinto titoli mondiali in quattro differenti categorie ed è stato il secondo pugile al mondo ad aver combattuto per ben cinque decadi. Si ritirerà solamente nel gennaio del 2002, dopo aver sostenuto 120 incontri, di cui 104 vinti (70 per K.O.) e lo farà in seguito ad un brutto incidente d'auto, all'età di cinquantun'anni!


Gli occhi di Roberto Duràn
di Tom Russell

Qualcuno qui ha visto Roberto Duran?
L'ho incontrato una volta e gli ho stretto la mano
Ho guardato nei suoi occhi e adesso capisco
L'amore e la rabbia negli occhi di Roberto Duran

Qualcuno ha visto quella ragazza messicana?
Vive sulla terza strada nel suo piccolo mondo
Una santa alla finestra con la corona del rosario stretta in mano
Con il sorriso di un angelo e gli occhi di Roberto Duran

Panama City, alle tre del mattino
Stanno discutendo di "mani di pietra"
New York City, Signore, il sole sta sorgendo
E la mia signora sta gettando via tutto ciò che possiede

Nessuno qui ha visto la donna che amo
Lei combatterà in modo duro e sporco quando la lotta si farà dura
Lei vincerà ogni round, se il combattimento procede secondo i piani
Con il sorriso di un angelo e gli occhi di Roberto Duran

martedì 7 aprile 2009

Un'altra storia



Devo confessare che, di tutti i libri di Dick, "The man in the high castle" (per me, e per la mia generazione, "La svastica sul sole") non è fra i miei preferiti. Troppo attento, a mio avviso, nello scriverlo, ad ingraziarsi la cosiddetta "critica colta", troppo occupato, lo scrittore, a cercare di uscire dal "ghetto" della narrativa di genere! D'altro canto, in vita, Dick non ebbe mai troppa fortuna al di fuori dell'ambito ristretto del "fandom", ed anche il suo primo successo "esterno" è giunto attraverso la trasposizione cinematografica delle sue cose meno complesse. "Blade Runner", piuttosto che "Le tre stimmate di Palmer Eldritch". Ed è tutto dire.
Ma torniamo alla "Svastica sul sole". Una terra parallela, dove l'Asse ha vinto la guerra e si è spartita la Terra. La costa occidentale degli Stati Uniti è occupata dai giapponesi. Solo che i giapponesi del romanzo di Dick, più che gli spietati musi gialli dell'immaginario hollywoodiano, sono quelli del dopoguerra, innamorati della cultura occidentale. Saggi e pensosi, trattano con bonomia e paternalismo gli americani, cercando di difendere anche gli ebrei dalle richieste tedesche. Dentro il libro, ci si riferisce continuamente a due libri: l'I Ching, cui tutti si affidano per intraprendere qualsiasi scelta, e "The Grasshopper Lies Heavy" ("Il grillo si è fatto pesante", una citazione dall'Ecclesiaste), una sorta di sazmidat scritto da un autore di fantascienza, tale Hawthorne Abendsen, che postula un mondo dove giapponesi e tedeschi sono stati sconfitti.
Un mondo diverso dal nostro dell'epoca corrispondente, però, dove il capitalismo ha trionfato ovunque e che vede all'opera ingegneri americani in una Cina nazionalista. Un mondo con una sola moneta e una sola bandiera, dove si profila all'orizzonte uno scontro fra inglesi e americani. Tre mondi confliggono: quello in cui vivono i personaggi, quello immaginato dallo scrittore ed il nostro che emerge qua e là dai cedimenti dello spazio-tempo.
"Il piccolo impero nel medio oriente ... Nuova Roma, la commedia musicale" - queste sono le frasi riferite all'Italia fascista, quando se ne parla, nel libro. Joe Cinnadella, però, è un personaggio italiano che, nel romanzo, parla usando gli stereotipi del "fascismo di sinistra". "La nazione proletaria che ha ottenuto solo le briciole del bottino". Si scoprirà, alla fine, che si tratta di un sicario svizzero, assoldato dai nazisti per eliminare lo scrittore, facendo così saltare una recita che è stata convincente per buona parte del libro.
C'è da dire che Dick aveva molte ossessioni, e i tedeschi erano una di queste. La cultura tedesca, le astrazioni su cui si basa la loro visione del mondo, attrae e spaventa Dick, al tempo stesso.
Ne "La svastica sul sole" non sono in primo piano. Si sa che hanno praticamente eliminato zingari ed ebrei, che hanno prosciugato il Mediterraneo, trasformandolo in area coltivabile, che hanno raggiunto la Luna e Marte (nel 1974 scriverà due capitoli di un seguto che rimarrà incompiuto, in cui la l'azione si sposterà in Germania, ma non si saprà mai come intendesse sviluppare la trama). Quando affronterà definitivamente il problema, lo risolverà a modo suo: in "Utopia, andata e ritorno" (The Unteleported Man) il segretario delle Nazioni Unite, Horst Bertold, si rivelerà un eroe positivo:

"Sein Herz voll Hasz geladen" - disse Horst Bertold a Rachmael - "Capisci, parli l'jiddish?"
"Un po'" - rispose Rachmael - "ma questo è tedesco. Il suo cuore oppresso dall'odio.
Che citazione è?"
"Risale ai tempi della guerra civile spagnola" - disse Bertold - "Sono parole di una canzone della Brigata Internazionale. Tedeschi, per lo più, che avevano lasciato il Terzo Reich per combattere in Spagna contro Franco. Erano comunisti, immagino. Ma combattevano il fascismo, già allora. Ed erano tedeschi! ... I primi esseri umani che hanno lottato strenuamente contro i nazisti, uccidendo e rimanendo uccisi, erano ... Tedeschi. E la Terra non dovrebbe dimenticarlo ... Ma ci sono americani "buoni". Nonostante quella bomba atomica sganciata su quelle donne e su quei vecchi e bambini giapponesi."

Per sciogliere il nodo tedesco, Dick arriva a dire che, in realtà, è la società americana ad essere la vera erede del nazismo. Non ci sarà mai, in nessuno dei suoi romanzi, un futuro di libertà per la società americana.

Rimane però, in Dick, la sub-ossessione per Mussolini, più che per il fascimo italiano. Lo giudicava un pagliaccio, e quel pagliaccio ogni tanto faceva capolino nel suo immaginario. Ossessivamente.
In "Illusione di potere"(Now Wait for last year) del 1966, sarà proprio uno strano Mussolini, il protagonista. Gino Molinari, descritto come "um misto di Lincoln e Mussolini", ma che è in realtà un Mussolini di origine piemontese, anziché romagnola. Chiaramente, Dick ha in mente il Mussolini del "bluff di Monaco", quando si presenta come mediatore di pace, quando, in realtà, presenta come sue le proposte di Hitler. La crisi che deve risolvere riproduce esattamente l'alleanza tra Germania e Italia. La Terra si è alleata con un pianeta abitato da esseri in tutto simili all'uomo: Lilistar, guidato da un dittatore, Frenesky, che richiede la deportazione di massa di milioni di persone, al fine di sostenere il suo sforzo bellico contro un altro pianeta abitato da esseri inumani e repellenti, però molto più ragionevoli e tolleranti degli alleati. Si tratta, insomma, di arrivare ad un ... 8 settembre!

lunedì 6 aprile 2009

cultura



Un doppio distico, siciliano. In siciliano. Nemmeno una canzone, ma veniva cantata, e parecchio. Magari all'uscita delle osterie, che laggiù si chiamano ancora "cantine". Un odio che consiste dentro una cultura, e dentro le sue canzoni, non è sradicabile. E "sbirru", magari congiunto a "sdisonoratu", era e rimane un'offesa. La peggiore.

Si bbiri a cocchi sbirru ti n’arrassa,
E si ‘nzi bbistu struppèddicci l’ossa.

La vita notti e giornu ti l’attassa,

Ti spògghia, e pui t’ammutta ni la fossa*


*(Se incontri qualche sbirro, tienitene lontano
E se nessuno ti vede, spezzagli le ossa.
A lui che giorno e notte ti perseguita
Ti spoglia di tutto quello che possiedi e poi ti spinge nella fossa)

venerdì 3 aprile 2009

Il tempo dell'isola




Un isola, una montagna, circondata da un labirinto fatto di mare ...
Si trova a Mantova, questo affresco, nella Sala dei Cavalli del Palazzo Ducale. E' stato realizzato nel XVI secolo da un artista sconosciuto. Nessuno sa bene cosa raffiguri, o voglia raffigurare. Secondo Jacques Brunschwig, studioso di filosofia antica, rappresenterebbe Atlantide, secondo altri si tratterebbe del Purgatorio. Ma io so che si tratta dell'isola di Lost, magari affrescata sulla parete da Sayid, perdutosi nel tempo ...

giovedì 2 aprile 2009

Singing Wobblie



"Una canzone diventa folk song quando la gente decide di impararla.
Il mio nome si perde ed essa passa completamente nelle mani della gente."


Bruce Duncan "Utah" Phillips

mercoledì 1 aprile 2009

Altri nomi ...



I perdenti della guerra civile sono stati i protagonisti di epiche gesta, ma essi non hanno avuto né il loro Omero né il loro Sofocle!
La colonna di ferro è stata una divisione costituita da volontari che hanno dovuto lottare su due fronti, riportando pesanti perdite. La loro memoria ha dovuto sopportare calunnie e insulti.

Rafael Martì (nickname: Pancho Villa), operatore cinematografico, anima e nerbo della Columna de Hierro. Di un'audacia senza limiti, parco di parole ed eloquente nei fatti. Cadde al Passo di Escandòn, lottando come un leone. I fascisti esposero il suo cadavere nella Plaza del Torico, a Teruel, per dimostrare che era morto.

Elias Manzanera, operaio ebanista e autodidatta.

José Segarra, studente in lettere e filosofia.

José Pellicer, esperto contabile, poliglotta. Fucilato a Paterna (Valencia) insieme al fratello Pedro, non prima di essere stato picchiato ferocemente fino ad essere ridotto quasi cieco.

Angel Gòmez de la Higuerra
, artigiano edile.

Francesc Mares, operaio edile. Catturato a Barcellona, prima di fucilarlo, venne trascinato, legato, per le vie di Torrente. Massacrato di botte, coperto di sangue e di sudore, camminava senza un lamento. La gente del paese, di fronte ad una simile bestialità, chiuse le porte delle case, lasciando le strade vuote e deserte.