martedì 31 marzo 2009

la commune



"Ma la classe operaia non può accontentarsi semplicemente di prendere la macchina dello Stato così com'è e farla funzionare per il proprio tornaconto. Lo strumento politico dell'asservimento non può funzionare come uno strumento di emancipazione politica."
"L'enorme parassita governativo, che serra, come un enorme boa, il corpo sociale fra le spire della burocrazia universale, della polizia, del suo esercito permanente, del suo clero e della sua magistratura, a far data dal tempo della monarchia assoluta . "
(...)
"Forse la Comune di Parigi cadrà, ma la rivoluzione sociale che essa ha cominciato, trionferà.
La sua patria è ovunque."

Karl Marx - Manoscritti preparatori a "La Guerra Civile in Francia" - 1871

lunedì 30 marzo 2009

film non visti



 Libertarias (Libertarias - Spagna/Italia/Belgio, 1996): di Vicente Aranda con Ana Belén, Victoria Abril, Ariadna Gil, Blanca Apilánez, Laura Mañá

Tratto da "La suora anarchica" di Antonio Rabinad - Edizioni Spartaco

Nel 1936, in Spagna, e più precisamente in Aragona, all'ombra della colonna Durruti, si produsse un evento senza precedenti nella storia dell'umanità: la materializzazione dell'utopia. La storia e la leggenda si incrociano nelle pagine di Antonio Rabinad, attraversate come in un sogno da Hemingway e Malraux, Durruti e Francisco Franco, ma anche da prostitute e preti imboscati, e soprattutto da Juana de Azcárate, la suora anarchica, e dalle sue amiche miliziane.
Il mondo chiuso di Juana, una giovane monaca che ha trascorso l'adolescenza in convento, va in pezzi allo scoppio della guerra civile. Con l'obiettivo di passare il fronte, Juana si incorpora al gruppo anarchico Donne Libere, composto da operaie e prostitute riscattate dalla rivoluzione, intenzionate a raggiungere a tutti i costi il fronte di Aragona per combattere al fianco di Durruti. Accompagnando le avventure di questa eterogenea compagnia - da un paese dell'interno della Catalogna alla Barcellona vittoriosa sui militari ribelli, fino alla campagna aragonese bruciata dal sole, Rabinad descrive il breve momento, a metà tra l'euforia e il disordine, in cui i poveri e i diseredati si ritrovarono in alto e i ricchi e i potenti in basso. Un nuovo ordine, che i dirigenti stalinisti prima e le truppe di Franco poi revocheranno con le armi, impegnandosi più tardi a cancellare quegli eventi dalla memoria della società spagnola.



Un giorno,
nel tempo del Signore,
questo pianeta non si chiamerà più Terra.
Verrà chiamato Libertà.
In quel giorno,
gli sfruttatori del popolo verranno gettati negli oscuri abissi,
tra lamenti e stridor di denti.
E gli angeli,
dalle sommità dei Cieli,
canteranno di gioia in adorazione della stella della Libertà,
blu e radiosa come non mai,
perché la pace e la giustizia vi avranno trionfato,
perché il paradiso sarà per sempre
e la morte non sarà più.

Maria, la suora anarchica

venerdì 27 marzo 2009

Dignità




Dignità
di Bob Dylan - 1994

L'uomo grasso la cerca sul filo di una lama
L'uomo magro la cerca nel suo ultimo pasto
L'uomo vuoto la cerca in un campo di cotone
La dignità

Il saggio la cerca in un filo d'erba
Il giovane la cerca nelle ombre dei passanti
Il povero la cerca nella vetrina addobbata
La dignità

Qualcuno è stato assassinato per l'ultimo dell'anno
Qualcuno ha detto che dignità è stata la prima a darsela a gambe
Sono andato nella metropoli, sono andato nella città
Sono andato nella terra del sole di mezzanotte

Cerco di sopra, cerco di sotto
Cerco dappertutto
Dovunque vado chiedo alla polizia
"Avete visto la dignità?"

Il cieco esce dalla sua trance
mette entrambe le mani nelle tasche della sorte
sperando di trovare anche solo un pezzetto
di dignità

Sono andato al matrimonio di Mary-Lou
Mi ha detto "Non voglio che qualcuno mi veda parlare con te"
Ha detto che potrebbero ucciderla se dovesse rivelarmi ciò che sa
a proposito della dignità

Sono sceso dove banchettano gli avvoltoi
Avrei voluto andare più in basso, ma non ce n'era bisogno
Ho sentito la lingua degli angeli e quella degli uomini
E non c'era differenza alle mie orecchie

Un vento freddo taglia come la lama di un rasoio
Edifici in fiamme, debiti non pagati
Affacciato alla finestra, chiedo alla cameriera
"Hai visto la dignità?"

Il bevitore ascolta la voce che sente
in una stanza piena zeppa di specchi coperti
cercando negli anni perduti e dimenticati
la dignità

Ho incontrato il Principe Filippo alla casa del blues
Mi ha detto che mi avrebbe dato delle informazioni se non avessi fatto il suo nome
Voleva più soldi, mi ha detto che era stato insultato
dalla dignità

Impronte tutte lungo e attraverso la sabbia argentea
I passi vanno verso la terra del tatuaggio
Ho incontrato i figli delle tenebre e i figli della luce
nelle città al confine della disperazione

Non ho un posto dove sparire, non posseggo un cappotto
Sono su un fiume impetuoso dentro una barca sbatacchiata
e sto cercando di leggere una nota scritta da qualcuno
che parla della dignità

Il malato chiede le cure del medico
Guardando le linee incise nel palmo della sua mano
E in ogni capolavoro della letteratura
Per trovare la dignità

L'Inglese schiaffeggiato da un vento spietato
si pettina i capelli all'indietro, si sente senza futuro
Morde la pallottola e dentro vi cerca
la dignità

Qualcuno mi ha mostrato una foto e io mi sono fatto una risata
La dignità non è mai stata fotografata
Sono andato nel rosso, sono andato nel nero
Nella valle degli incubi

Così tante strade, così tanto da rischiare
Così tanti vicoli ciechi, ora sono sulla riva del lago
E a volte mi domando cosa mai ci vorrà
per trovare la dignità

giovedì 26 marzo 2009

Cercare di Perdersi



"Egli fotografava le vie come si fotografa il luogo di un delitto" - scrive Benjamin a proposito di Eugène Atget. Escursioni cittadine, armati di macchina fotografica. A chi, e quante volte, è punta vaghezza ... Cercando di perdersi.
Come se si cercasse di esperire l'attreversamento di un deserto, o di una jungla, a pochi passi da casa! Le vie familiari della città come un film dell'orrore, o di fantascienza, dove nel consueto si aprono degli spazi alieni, territori non bonificati, sabbie mobili pronte ad ingoiare per sempre il curioso. Lacerazione e incanto, forse questo si trova. E questo si ottiene. Alla ricerca di un altrove che sta sempre qui accanto.
Un modo di restituirsi i luoghi, mentre nei luoghi impariamo a perderci.
" Non sapersi orientare in una città può essere privo di interesse e banale. Presuppone ignoranza nient'altro. Ma smarrirsi in una città, proprio come si fa in una foresta, ciò abbisogna di ben altro addestramento."

mercoledì 25 marzo 2009

Yarn




Sono di Brooklyn, New York, anche se non lo diresti, ma forse sì. Anche perché a New York c'è di tutto, e quindi ci stanno bene anche loro. Si chiamano Yarn, che in italiano sarebbe un ... gomitolo. E hanno fatto un disco, "Empty Pockets", Tasche Vuote. Il disco è bello, e propone vari approcci musicali, c'è perfino una canzone, la "title track", che appena parte ti piomba in "me and Bobby McGee". Ma c'è un capolavoro, dentro il disco. Un capolavoro assoluto, "Lies I've Told". Le bugie che ti ho detto. Non sono riuscito a rintracciare il testo - "the lyric", come si dice - in rete, e non sono abbastanza bravo per trascrivere a volo, ascoltando la canzone. Se magari qualcuno ci riesce, e me la fa sapere, gliene sarei grato ...

martedì 24 marzo 2009

La Rùssola



"Piove! La Rùssola!"
Appena saltati giù dal tram e addentratici per pochi passi nel Mercato delle Pulci di Kremlin-Bicétre, davanti a noi e alle nostre spalle si alzarono i fischi e al grido di "PIOVE!PIOVE! ... ECCO LA RUSSOLA" i rivenditori di quel mercatino abusivo raccolsero la loro paccottiglia per fuggire a gambe levate, mentre davanti a noi si faceva il vuoto fra i crocchi di persone ostili e beffarde.

Un incipit, terribile nella sua attualità, che ci introduce nella Parigi del 1923.
Cendrars accompagna il pittore Ferdinand Léger alla scoperta del mondo degli zingari.
E Léger, per non dare nell'occhio, si è travestito in modo tale che non si nota che lui, fra la folla.

"Credimi, hai una faccia da spione e la gente ti ha preso per una Madama della Prefettura. E tutti questi mi conoscono! Eppure hanno dato l'allarme."


da "Rapsodie Gitane" di Blaise Cendrars - Adelphi

lunedì 23 marzo 2009

Strade e Bivi




La strada di Jimmy
di Willie Nelson

Questa è la strada di Jimmy
Dove Jimmy amava giocare
Ed ecco il prato di Jimmy
Sul quale a Jimmy piaceva rotolarsi

Questo è l'albero di Jimmy
Dove gli piaceva arrampicarsi
Ma Jimmy andò in guerra
E qualcosa lo cambiò

Questo è il campo di battaglia
Dove Jimmy ha imparato ad uccidere
Adesso Jimmy ha un mestiere
E Jimmy lo sa fare bene, anche troppo

Questa è la tomba di Jimmy
Qui è dove giace il corpo di Jimmy
Ed ogni volta che un soldato cade
Il corpo di Jimmy muore di nuovo, e ancora

Bene, questa è la strada di Jimmy
Dove Jimmy amava giocare
Ed ecco il prato di Jimmy
Sul quale a Jimmy piaceva rotolarsi

venerdì 20 marzo 2009

il deserto della realtà



Credo che assomigli - dico internet, come fenomeno - a quanto accadde al telefono e alla sua diffusione. Pensato dall Bell come uno strumento "alto", legato preminentemente alla finanza e agli affari, dovette la sua fortuna ad un utilizzo non programmato da parte delle massaie americane che lo lo usavano semplicemente per coprire le distanze della provincia americana, chiacchierando e scambiandosi ricette.
Già allora, il "tele-lavoro" dovette cedere il passo, come fenomeno, alla tele-amicizia e alla tele-famiglia! La stessa cosa è accaduta con internet: le profezie "digitali" di Pierre Lévy, a proposito di intelligenza e circuiti del sapere in stile wikipedia si sono rivelate del tutto infondate. Certo ce n'erano già state le prime avvisaglie con usenet e con il fenomeno delle mailing-list, attorno alle quali si costruivano vere e proprie comunità. Comunità cosiddette virtuali, basate sulla condivisione di scritture e protocolli, invece che sulla vicinanza fisica e sulle parole parlate. Documenti invece che sangue!
Di tutto questo, oggi, facebook costituisce la punta emersa dell'iceberg. Non vale chiedersi se bisogna starci dentro, o meno. Ci siamo già tutti dentro. E la realtà passa di qui, e per qui.
La realtà passa per quello che si fa, come lo si fa e come lo si vive.
Del resto ci sarà pure un motivo se internet è vietata nelle prigioni!

giovedì 19 marzo 2009

Manuale di autodifesa



E' un personaggio molto equivoco, per non dire "negativo", Jack Dee Di Norscio, eppure nel penultimo film di Sidney Lumet, "Prova ad incastrarmi" ("Find Me Guilty"), il personaggio, incredibilmente interpretato da Vin Diesel, riesce in qualche modo a riportarci ai fasti de "La parola ai giurati" ("Twelve Hungry Men").
Si muove sul filo dell'ambiguità, affrontando un argomento quanto meno scomodo. Il gangster italo-americano Di Norscio fu, tra il 1987 ed il 1988, la star incontrastata del più lungo processo per mafia della storia americana. Insieme a lui, finirono alla sbarra tutti i boss del "clan Lucchese" e Jack, l'unico degli imputati che stava già in galera, rifiutò ogni offerta di sconto in cambio di una confessione contro la "sua famiglia" e, per sovrammercato, decise di difendersi da solo, in aula. Malvisto dagli altri mafiosi, perché "inaffidabile e sbruffone", riuscì a smontare la testimonianza-chiave di un pentito collboratore di giustizia e ad aggirare una massa enorme di prove schiaccianti.
Alla fine, riuscì a convincere la giuria che prosciolse, clamorosamente, tutti.
"Non sono un gangster, sono un ... gagster", riassume, in una battuta, il personaggio e il film. Tutti assolti. Jack Di Norscio rifiuta il patteggiamento e rimane fedele ai codici d'onore. Basta poco per trascinare dalla sua parte la giuria, e gli spettatori! Jack non tradisce gli amici, e la cosa ha ancora il suo fascino. Forse c'è sempre qualcosa da imparare, da tutte le parti.

mercoledì 18 marzo 2009

onore



Nel Novembre del 1953, Camus scrive su un foglietto le dieci parole per lui più importanti:

Il mondo
Il dolore
La terra
La madre
Gli uomini
Il deserto
L'onore
La miseria
L'estate
Il mare

A proposito dell'inconsueta scelta dell'onore, scriveva nella prefazione alla ristampa de "Il rovescio e il diritto":

"Eppure sì, ho bisogno di onore, perché non sono tanto grande da farne a meno!"

martedì 17 marzo 2009

La Rondine



La Golondrina

A donde irá
veloz y fatigada
la golondrina
que de aquí se va (a donde irà)
por si en el viento
se hallara extraviada
buscando abrigo
y no lo encontrara.

Junto a mi lecho
le pondré su nido
en donde pueda
la estación pasar
también yo estoy
en la región perdido
Oh Cielo Santo!
y sin poder volar.

Deje también
mi patria idolatrada
esa mansión
que me miró nacer
mi vida es hoy
errante y angustida
y ya no puedo
a mi mansión volver.

Ave querida
amada peregrina
mi corazón
al tuyo acercare
voy recordando
tierna golondrina
recordare
mi patria y llorare.

lunedì 16 marzo 2009

Il grugnito di Kowalski



"Gentle now a tender breeze
Blows whispers through
The Gran Torino
Whistling another tired song
Engines humm and better dreams
Grow heart locked
In a Gran Torino
It beats a lonely rhythm
All night long it beats"

Come Johnny Cash, anche Clint Eastwood possiede la magia. Quella sorta di "luccicanza" che permette di prendere in mano un "pezzo" non troppo brillante, non troppo bello, e di trasformarlo in qualcos'altro, in qualcosa di proprio, a volte di sublime.
Johnny Cash lo faceva con le canzoni, Clint Eastwood lo fa con le sceneggiature.
E una storia, forse esile, qui, in "Gran Torino", diventa una sorta di epica, giocata fra redenzione e sacrificio, fino alla logica amara conclusione. Gioca tutto sé stesso, Eastwood, in quello che ha deciso sarà il suo ultino film, anche come attore; cancellando e sottraendo, fino a mettere in scena la piega della sua bocca, e un grugnito, in cui c'è tutto quello che ormai rimane. Quello che serve. Tutto è ridotto ai minimi termini. Detroit è una città fantasma. Detroit è due strade e due case. Detroit è quello che il mondo è diventato, come lo hanno fatto diventare, dallo stato del Michigan fino al Piemonte, a Torino e altrove.
Fuori dai quartieri residenziali, dove vivono i figli, perfetti sconosciuti con i loro SUV giapponesi costruiti per rompersi a tempo. Là, dove l'ultimo americano - con tanto di bandiera a stelle e strisce sulla veranda - è un polacco. Là rimane l'unica e forse l'ultima possibilità di salvezza, portata dai ... migranti.
Fra due strade e due case, si consuma l'iniziazione e la tragedia.
Thao sceglierà, ed erediterà la "Gran Torino", insieme alle "scuse" di Kovalski, ed anche di Callahan, di Gunny, di Coogan ...
L'ultimo, estremo, tentativo di aggiustare l'equilibrio di un'asciugastrice che traballa!

venerdì 13 marzo 2009

La chitarra di "Omero" Lightfoot



Traduco qui sotto quanto ha scritto Tom Russell, sul suo blog, a proposito di canzoni, chitarre, universo e tutto quanto!

La Chitarra di Lightfoot
di Tom Russell

"Ricordi quella chitarra in un museo in Tennessee ?.... La targa sul vetro riportava i ricordi... i graffi sulla cassa raccontavano di tutte le volte che era caduta .... Cantando le storie che poteva raccontare. "- John Sebastian (Stories He Could Tell) -

C'è un libro di David Gahr. Fuori catalogo. All'interno si trova una foto di un elenco di canzoni di Gordon Lightfoot, attaccato con lo scotch sulla sua chitarra gibson a 12 corde, a Newport nel 1965. Le canzoni sono scritte con inchiostro, spalmato dal sudore o dalla pioggi; o forse si sono macchiate di whiskey a tarda notte in un motel. Questo succedeva quando la gente cantava e si scambiava canzoni in stanze piene di fumo di sigaretta; all'alba la luce filtrava attraverso la finestra con sfumature di colore giallo. Ci sono quasi 80 canzoni, elencate su quel pezzo di carta attaccato con lo scotch al legno antico della chitarra: i suoi classici: «Early Morning Rain», «The Way I Feel», «Ribbon of Darkness», e «For Lovin Me»; e le cover di Dylan: «Girl From the North Country», «Hollis Brown», «Blowin in the Wind», «Don’t Think Twice»; gemme country-western:«El Paso», «The Auctioneer» e «Six Days on the Road»; Cover folk come «Four Strong Winds» e «Red Velvet» di Ian Tyson, e folk standard come «Old Blue». Qualche rockabilly.
Che mix! Folk, Blues, Country, Gospel, Rockabilly e Rock and Roll.
Se ci fosse un qualche mistero circa la provenienza dei grandi cantautori, questo pezzo di carta intriso di lacrime è un certificato in bianco e nero. Lightfoot ha scritto e cantato a partire da una profonda conoscenza della musica delle radici. Poi ha messo insieme e ha scritto le sue canzoni. E lo ancora .... Ma andiamo avanti di 35 anni ad un festival folk in Ontario, dove ci si trova in mezzo ad un tributo a Gordon Lightfoot. Lightfoot era stato ricoverato in ospedale per due mesi, ricoverato per un aneurisma. La prognosi non era buona. Improvvisamente la folla si apre, come il Mar Rosso, e le persone cominciano a urlare ed applaudire, e Lightfoot in persona, con una chitarra in mano cammina atraverso la folla. Dannazione, è Gesù che arriva in città su un mulo, armato con una mitragliatrice fatta di legno antico. Poi è sul palco, canta una vecchia canzone. La gente piange. E' Un momento. Ho avuto i brividi. Lightfoot saluta e si ritira dentro un container e scompare. La porta sbatte. L'applauso è assordante. L'unico problema è che la mia chitarra si trova in quel container, e devo andare in scena fra 10 minuti per il tributo. Educatamente busso alla porta del rimorchio, e Lightfoot mi invita ad entrare. Stava seduto in un angolo, i capelli brizzolati e le gambe accavallate, fumava una sigaretta. Mi guarda: «Che canzone vuoi cantare laffuori, ragazzo?» Ho risposto, «La tua canzone, 'For Lovin' Me». Si muove verso la sua chitarra con la sua sigaretta. «Ecco, prendi la mia chitarra e canta un po' per me. Voglio vedere se l'hai capita.» (Ho pensato, santa merda. Gordon Lightfoot mi sta facendo un'audizione. Un bell'onere.)
Ho afferrato la sua vecchia e riverita Martin; ardeva nelle mie mani. Le mie dita bruciavano. Ho cantato un verso o due della sua meravigliosa canzone. «E 'stato grande", ha detto. "L'hai cantata alla grande, ragazzo. Vai laffuori e stendili tutti".... Ho restituito a Lightfoot la Martin e sono scivolato fuori dal container. In seguito, ritenne doveroso venire fin da me e dirmi quanto gli era piaciuta la mia versione, e la mia collaborazione con Ian Tyson per «Navajo Rug».
Ho ripensato ca quella vecchia e stinta lista di canzoni appiccicata sulla sua dodici corde, a Newport nel '65. E a tutte le stanze di motel e alle miglia percorse e alla dignità dell'uomo. Un cantautore. E 'stato come incontrare Omero,e mi porgeva il suo liuto. Sono pochi gli aedi che camminano ancora fra noi, con vecchie liste stinte attaccate alle loro chitarre malandate.
Vecchie chitarre che riportano con facilità alla mente ogni stanza e ogni canzone e ogni situazione in cui si sono trovate ...e le storie che possono raccontare. Per un attimo, nel camerino di Lightfoot, ho saputo di essere al centro del mio universo. Ho saputo percè ero un cantautore.Amen.
(Se la punteggiatura sembra strana è perché sto scrivendo su un computer svizzero a Calgary e ci sono 35 sotto zero. Tom Russell)

TOM RUSSELL

giovedì 12 marzo 2009

Frisco Mabel Joy



Kacey Jones canta il classico di Mike Newbury, e Kris Kristofferson e Gordon Payne si prestano ad interpretare due piccole parti nel video.


San Francisco Mabel Joy
(Newbury/ Costerman)

Suo padre era un uomo onesto, solo un contadino dal collo sporco della Georgia.
Sua madre viveva la sua breve vita partorendo bambini e imballando fieno.
Lui aveva quindici anni quando gli venne il desiderio di vagabondare,
Così saltò su un merci a Waycross e scese a Los Angeles
Le notti fredde non avevano pietà di quel ragazzo di una fattoria di Waycross, Georgia.
Ebbe fame per la maggior parte dei giorni, poi venne l'estate.
Ed incontrò una ragazza conosciuta negli ambienti dello spogliarello come "San Francisco Mabel Joy".
Figlia della miseria, nata su una strada di L.A. chiamata vergogna.

Diventare un uomo fu facile tra le braccia di Mabel Joy
Il mattino trovava le loro risate, portando un senso alla sua vita
Sì, la notte prima che lei se ne andasse, il sonno venne e portò a quel ragazzo di campagna di Waycross
un sogno fatto del cotone della Georgia, e di una moglie della California.
La domenica mattina lo trovò in piedi sotto la luce rossa della sua porta,
quando un diretto lo fece vacillare, e lo spedì a faccia in giù sul pavimento
Al posto di Mabel Joy aveva trovato un marinaio pazzo
che gli ringhiò contro "Il tuo collo di georgiano è rosso, ma tu, ragazzo, sei ancora verde".

Ha compiuto i suoi ventun'anni fra i muri grigi di una prigione federale.
Il vecchio giudice non ebbe pietà di un ragazzo di campagna di Waycross.
In silenzio, a fissare quelle quattro mura grigie,
Signore, lui aveva solo dato ascolto al treno merci di mezzanotte e seppe che avrebbe potuto riportarlo da Mabel Joy.
La domenica mattina lo trovò sdraiato sotto la luce rossa della sua porta,
con una pallottola nel fianco gridava: "Avete visto Mabel Joy?"
Sbalordito e impressionato, qualcuno ha detto: "Lei non vive più qui.
Ha lasciato questa casa quattro anni fa, si dice che stia cercando un ragazzo di campagna della Georgia".

mercoledì 11 marzo 2009

Macchie sulla pelle



Se ... Comincia così, di solito, un'ucronia. Per poi passare a raccontare - con più o meno dettagli - in che cosa il tempo ha fatto divergere la storia, a partire da un particolare, più o meno significante, che è cambiato, che è stato cambiato da qualcuno. Se ...ed è a partire da un "se", e dalla citazione da una satira di Giovenale, che si comincia a dipanare la storia dei Watchmen.
"Chi custodisce i custodi?", sarà una domanda che verrà posta più volte, nell'ambito delle storie super-eroistiche. Ma nessuno è mai riuscito a farlo come l'ha fatto Alan Moore, mettendo in scena una pattuglia di personaggi tutti privi (tranne uno) di un qualsiasi super-potere.
Comincia con un verso di Bob Dylan, il fumetto, che da il titolo al primo capitolo (uscito in Italia nel 1988, sulla rivista "Corto Maltese", deprivato della sua parte testuale).
"Now at midnight all the agents" - era il verso da "Desolation Row" che De André avrebbe reso come "A mezzanotte in punto i poliziotti" - e il film comincia con un'incredibile sequenza, commentata da "The Times They Are-A-Chancing" dello stesso Dylan e rimixata per poter durare tutti i sei minuti necessari, dove una serie di fotografie viventi ricostruiscono la storia del mondo dal punto in cui ha cominciato a divergere dalla nostra.
Poi il "presente", con la voce di Rosharch che legge il suo diario. E la storia comincia, fino alla sua logica conclusione. No, non è il fumetto di Alan Moore, il quale non si è smentito, evitando ogni "contatto" con il film, e rifiutando qualsiasi paternità. Ma il film riesce ad essere la giusta trasposizione del fumetto, a volte amandolo e altre tradendolo. Riuscendo a seguire la follia dei personaggi e a consegnarcela, non senza umorismo non senza tragedia.
Una trama originale e straordinaria viene trasposta in un film straordinario, anche se non sempre originale nelle sue soluzioni.
Centosessanta minuti da vedere, diversamente da come ha fatto il giornalista del Corriere, Maurizio Porro, che ha stroncato il film, non senza prima averci divertito affermando che Rosharch sarebbe dotato di super-poteri e NON avrebbe niente a che fare con il test delle famose"macchie". Dimostrando così che pur non avendo letto il fumetto, non ha neppure visto il film! Cosa diceva Rino Gaetano a proposito del suo fratello figlio unico ...?

lunedì 9 marzo 2009

Corvi dalle ali spezzate




La legge e il solitario
(J.Byrd / C.Raymond)

Con l'ira della legge e la tua solitudine
E tutti quelli che ti amano lasciati indietro
Con una tempesta nel tuo specchietto retrovisore e tenebra davanti
Dove volerai adesso?

Solo Gesù camminerà la strada che staI bruciando
E dovresti rivolgerti a lui
Ma come farai a guadare il fiume e a lavarti nelle sue acque
Quando il fiume è sudicio come il peccato?

Come fa a possederti e a renderti così solo?
Avevi detto che era solo un'amica
Chiunque sia così pazzo d'orgoglio da poterla rifiutare
Può vedere che la stai usando di nuovo

La neve è come un fantasma di cocaina sull'autostrada
Essa muove le cose e gioca con la tua mente
Il vento è come un rasoio e in soli due giorni
Hai fatto duecento miglia di linea bianca

Hai sbagliato la strada di casa
Hai sbagliato la strada di casa

Hanno devastato il territorio e sparso l'asfalto
Come un serpente avvolto intorno alle spalle di Dio
Cristo sulla sua collina e il poliziotto a fermare il camion
Entrambi stanno facendo solo il loro lavoro

Hai una doppia croce da sopportare ora che hai perso
L'ultimo amico che avevi da perdere
Lui su un'ambulanza e tu su un'auto della polizia
Colpiti fatlamente alle spalle, di sorpresa

Hai sbagliato la strada di casa
Hai sbagliato la strada di casa
Hai sbagliato la strada di casa

Con l'ira della legge e la tua solitudine
E tutti quelli che ti amano lasciati indietro

venerdì 6 marzo 2009

strade



Grazie A Dio Per La Strada
by Flatlanders

C'è il cielo, e la terra
Questa è la strada per tutti e vale la pena
E' un nastro, è un fiume, è un'onda
E' una freccia ed è un serpente
E 'addormentata ed è sveglia
E si dipana dalla culla alla tomba

Grazie a Dio per la strada
E per le borchie ed i fari
E per i parafanghi e le luci di posizione
E per l'illuminazione fioca e i fanali

Grazie a Dio per la strada
E per le miglia che ci separano
Per le piogge leggere che ci lavano
E gli angeli che ci proteggono

Grazie a Dio per la strada
Non importa quanto ci vuole a percorrerla
La vita e la morte sono cazzi tuoi
Finché pensi che puoi farcela
Grazie a Dio per la strada

C'è il cielo, e la terra
Questa è la strada per tutti e vale la pena
E'un nastro, è un fiume, è un'onda
E' una freccia ed è un serpente
E 'addormentata ed è sveglia
E si dipana dalla culla alla tomba

Grazie a Dio per la strada
Pe la spalla comoda su cui puoi piangere
Per i nervi d'acciaio su cui contare
Per le curve veloci su cui puoi morire

Grazie a Dio per la strada
E le stelle che splendono su di essa
Non importa se qualche volta l'hai maledetta
Hai sempre saputo che avresti finito per amarla

Grazie a Dio per la strada
E per quei vecchi pali del telefono
Per una tazza di caffè e una sigaretta da rollare
Quando si sta cercando di salvare la propria anima
Grazie a Dio per la strada

giovedì 5 marzo 2009

Luce di Sangue



Una colonna sonora ... non richiesta, sì, credo che si possa definire così il nuovo disco di Ben Nichols, "The Last Pale Light in the West". Il cantante dei Lucero sceglie, per il suo primo disco "solo", un libro (e che libro: "Meridiano di Sangue" di Cormac McCarthy) e a partire da questo libro sviluppa un "concept" che fa venir voglia di gridare "al capolavoro". Forse nessuno girerà un film da "Blood Meridian" (per quanto se ne senta la mancanza), Peckinpah è morto ed il western, pur se si sforzano di rimetterlo sulle gambe, anche con operazioni degne, come "Appaloosa" diretto da Ed Harris (troppo stile e poco sangue, nel senso che il film rimane ... esangue!); il western, dicevo, sembra più morto del vecchio Sam. Ma non importa, Ben Nichols, con questo disco, ha intagliato, come con un vecchio coltellaccio, una "soundtrack" in grado di far muovere i personaggi del libro davanti ai nostri occhi. Solo 27 minuti, dalla titletrack a "The Judge", la voce aspra, la fisarmonica che si sbatte nel tentativo forse impossibile di addolcire gli accordi delle chitarre. Sabbia e polvere, e lacrime asciutte.E violenza, come se tutto fosse violenza nei personaggi che - canzone per canzone - prendono vita. Forse, a ricordarci che davvero tutto è violenza, da cercare di stemperare con la dolcezza, come si fa - o si cerca di fare - nell'amore.



L'ultima Luce Pallida ad Ovest
di Ben Nichols

Nelle mie mani, ho le ceneri
Nelle mie vene, tamburi neri color della pece
Nel mio petto, se mi è possibile afferrarlo
A modo mio, il sole al tramonto
Nuvole scure si raccolgono sul mio capo
Verso nord-ovest, l'anima è legata
E io andrò avanti, libero
C'è una luce ancora che deve essere trovata

L'ultim pallida luce ad occidente
L'ultima pallida luce ad occidente

E non sono in cerca di redenzione
In questo luogo freddo e inospitale
Ancora vedo il debole riflesso
E così per suo mezzo, ce la farò

L'ultima pallida luce ad occidente
L'ultima pallida luce ad occidente

mercoledì 4 marzo 2009

Tempo di Stelle



Coltivo una perversione, nel leggere. Parto da un presupposto, o meglio me ne lascio sopraffare, via via che mi lascio coinvolgere dal piacere della lettura. Traspongo, mi figuro il libro, la storia che mi viene raccontata, come se fosse un film. Lascio che sembianze più o meno conosciute rivestano i caratteri di carta che si muovono sempre più a loro agio dentro le pagine scritte, e mi compiaccio che si attaglino ad esse. Ne traggo piacere, e uso questa mia tecnica come metro di valutazione e di giudizio.
A partire da quanto detto fin qui, "Le Stelle Senzienti" ("Stars Seen Through Stone") di Lucius Shepard è un libro perfetto, tanto più dal momento che riesce a coniugare la cosiddetta fantascienza - senza mai "scadere" nel genere (con tutto il mio amore per il "genere") - con la passione per la musica rock. Ma non è questo il punto, anche se il passato dell'autore nell'ambito musicale gioca senz'altro una bella parte!
Il punto rimane la consistenza dei personaggi, lo sguardo impietoso su di sé e sul "talento", dove qualità e merito non sembrano andare di pari passo. Solo un centinaio di pagine, che scorrono via, appunto come una bella canzone che, quand'è finita, ti lascia con la voglia di risentirla.
La sa lunga, Shepard. Lo sguardo è disincantato, ma vede lontano e chiaro. La provincia americana scorre davanti ai suoi occhi, e ai nostri, lenta e impietosa, non senza un pizzico di malinconia nostalgica per le sue gemme nascoste e per le possibilità. Amicizia e amore.
La realtà di tutti i giorni, le impennate e i crolli.E sta lì, la storia. Stanno lì tutte le storie, le "nostre" storie. Fra miti invecchiati e un bicchierino di tequila, e luci strane nel cielo che vengono a tirarci fuori quello che siamo. E il prezzo da pagare. Sempre. Non importa che tu lo paghi "per l'ispirazione del poeta, la creatività dell'inventore, la scaltrezza della canaglia". Una rockstar, un serial killer altamente organizzato. Per ogni cosa c'è un prezzo da pagare. Anche per l'amore. Quando arrivano le stelle a riprendersi quello che ti hanno dato!

martedì 3 marzo 2009

Semplice!



«Se una foto non viene bene, vuol dire che non eri abbastanza vicino»

- Robert Capa -

lunedì 2 marzo 2009

Elliott, figlio di Sam ... Peckinpah



Elliott Smith scrisse questa versione acustica di "Son of Sam", avendo bene in mente la penultima scena del film "Il Mucchio Selvaggio". La riunione del gruppo poco prima che avvenga la battaglia finale.
La canzone comincia non appena William Holden esce dal bordello. Guarda Ernest Borgnine che pianta il suo coltello nel terreno. Sulla battuta, Elliott canta: "Sta succedendo qualcosa" nel momento in cui il "mucchio" prende i fucili dalle selle dei cavalli. "Ho mandato in culo il capo e ho fatto la mia mossa", non appena Holden comincia a camminare, "Nessun posto dove andare", quando il gruppo si riunisce per cominciare la sua marcia verso la morte. L'accordo cambia immediatamente non appena il gruppo comincia a camminare fiducioso: "Non mi sento a disagio"! E poi, il verso "Ma so che cosa fare" risuona quando cambia l'angolo della videocamera e poi, dopo, comincia a zoommare sul gruppo al verso "Agiscono su ordini che vengono dall'alto".


Figlio di Sam
di Elliott Smith

Sta succedendo qualcosa, aspetta a parlare
Ho mandato in culo il capo e ho fatto la mia mossa
E adesso non ho un posto dove andare

Figlio di Sam, figlio di un sentiero luminoso, la mente offuscata
Killer che si associano ogni volta, tutte le volte

Non mi sento a disagio, una strana sensazione
Sguardi taglienti, le possibilità scompaiono
Ma so che cosa fare

Figlio di Sam, figlio del tocco di un medico, dell'amore di un'infermiera
Che agiscono sotto gli ordini che vengono dall'alto

Re per un giorno

Figlio di Sam, figlio di un sentiero luminoso, la mente offuscata
Killer che si associano, il tempo sta scadendo

Shiva ora spalanca le sue braccia
Per assicurarsi che non vada troppo lontano
Posso parlare nel sonno stanotte
Perché non so che cosa sono
Sono un po 'come voi, più simile al Figlio di Sam