venerdì 28 gennaio 2011

Sciopero

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Ci vai, alla manifestazione. Ci vai, e hai scioperato. Piucchealtro perché rimani uno ... scioperato e, in cuor tuo condividi la provocazione di Baudrillard, per cui sarebbe opportuno che chi lavora scendesse in sciopero ad oltranza per ottenere il diritto al pagamento delle ore di sciopero. Lo fai, lo sciopero, e ci vai, alla manifestazione. Va bene, va sempre bene: è un modo per rivedere persone che non vedi da tempo e che ti fa piacere reincontrare. Ci vai, anche se in fondo sai che è un po' una pagliacciata. La fiom e l'accordo-marchionne, laddove si parla solo di pochi operai oramai vicini all'età pensionabile. La perdita dei diritti, quella a danno dei precari e dei non garantiti oramai è un fatto assodato, da anni. E nessuna fiom ha detto nulla, a suo tempo. Allora -  si vede - non aveva da porre un problema di potere nei confronti della mamma-cgil, di cui continua ad essere emanazione e a cui continua a far riferimento. Però ci vai lo stesso, e cammini per le strade. Insieme ad altri. Oggi è festa. Certo, il vento è un po' troppo freddo, e il sole è ancora basso alla fine del mese di gennaio. Ma è un giorno di festa, dal momento che non hai dovuto andare al lavoro. Il lavoro, perché il lavoro - anche se non è "quello che schianta e uccide" - è sottomissione, dipendenza, riconoscimento del loro potere di prendersi il tuo tempo. E quando il tempo è tuo, allora è festa. Per un giorno solo, ché di festa ad oltranza non se ne parla più, nessuno ne parla più, da anni.
Nessuno parla più, dello sciopero. Lo sciopero di Germinale e lo sciopero di Metello, lo sciopero di Zola e di Pratolini, e lo sciopero dei Compagni di Monicelli. Anche perché, quando è sciopero si dovrebbero fare i picchetti - mi torna in mente. Ma quello forse era solo un vecchio film, una pellicola ormai sfuocata, e da sempre muta, di Ejzenstejn. Ma è ventoso, e c'è freddo, ancora, per ora.

giovedì 27 gennaio 2011

Sommosse

StarRover

E' la speranza di evasione, somministrata dalla prigione, che rende docili i detenuti.Solo finché esiste questo genere di speranza, la fuga, la libertà vigilata, il permesso. Oppure, a piacimento, il reddito, la pensione, o anche l'emigrazione. Finché si può pensare di sfuggire, illusoriamente o meno, alla costrizione, al bisogno, alla mancanza di dignità, o anche al lavoro, alla necessità. Finché le sbarre che lasciano intravvedere una possibilità di effrazione, una fine della sofferenza, una promessa di libertà, fino a quando le sbarre non lasciano il posto ad un muro di cemento armato che nega l'esistenza di qualsiasi altrove. Nessun posto dove andare. Neanche più le stelle!

mercoledì 26 gennaio 2011

Che film, la vita!

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David Hampton , figlio di un avvocato di Buffalo, ha una fantasia sfrenata e una vita che gli sembra grigia. Così se la inventa da capo, ogni volta. La sua storia ispirerà un film di Fred Schepisi, "Sei gradi di separazione". E così, Hampton pensa che John Guare, l'autore della commedia e della sceneggiatura cinematografica a lui ispirata, gli debba qualcosa. Lo cita per cento milioni di dollari, e perde. Allora gli lascia un messaggio nella segreteria telefonica: "Le consiglierei vivamente di darmi un po' di soldi, altrimenti può iniziare a contare i suoi giorni". Viene arrestato e condannato per minacce e molestie. Mesi prima dell'arresto si era fatto adottare dal jet set newyorkese, raccontando di essere il figlio di Sidney Poitier. Morirà a 39 anni, in povertà. Un amico lo ricorda con le seguenti parole:
"David si è divertito. Il suo è stato teatro sul palco più piccolo del mondo, davanti a una platea di una o due persone."

martedì 25 gennaio 2011

sonno di mare

mare

“Il letto per lui era un oceano persino quando era sveglio. Le coperte vorticavano come le onde. Le lenzuola s'infrangevano come bianchi marosi. I gabbiani si tuffavano e pescavano sulla sua schiena. Erano giorni che non si alzava e la gente in casa cominciava a preoccuparsi. Non voleva parlare né mangiare. Solo dormire e svegliarsi per poi riaddormentarsi di nuovo. Quando chiamarono il dottore gli pisciò addosso. Quando chiamarono lo psichiatra sputò. Quando chiamarono il prete vomitò. Alla fine lo lasciarono in pace e si limitarono a far scivolare carote e lattughe sotto la porta. Erano le uniche cose che mangiava. La gente in casa incominciò a scherzare sul coniglietto di famiglia e lui li udì. Il suo udito stava diventando molto acuto. Così smise di mangiare del tutto. Spinse il letto contro la porta in modo che nessuno potesse entrare e poi si addormentò subito. Di notte la gente sentì rumori di uragano provenire da dietro la porta. Tuoni fulmini e sirene antinebbia. Bussarono alla porta. Cercarono di abbatterla ma la porta tenne. Le appoggiarono l'orecchio contro e udirono un gorgoglio sottomarino. Sulla parte esterna delle pareti della stanza incominciarono a crescere muschio e molluschi. La gente incominciò ad aver paura. Decisero di farlo internare ma quando uscirono a prendere la macchina scoprirono che la casa era circondata dall'oceano, che si stendeva a vista d'occhio in ogni direzione. Nient'altro che oceano. La casa ondeggiò e sobbalzò per tutta la notte. La gente si rannicchiò nella cantina. Da sopra, nella stanza, arrivò un gemito lungo e basso e tutta la casa affondò nel mare.”

Sam Shepard - da "La luna del falco" -

lunedì 24 gennaio 2011

il solito ignoto

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"Inventore della sega circolare, e scassinatore". Altro non si sa. E' l'unica annotazione fatta sul retro della scheda segnaletica di tale Marcello Micheluzzi. La scheda giace, conservata, al Museo criminologico di Roma. Le due coppie di foto sono state scattate a distanza di 14 anni le une dalle altre. 1907, le prime due in alto. 1921, le altre due in basso. Si può anche notare come la qualità dell'abbigliamento sia notevolmente migliorata, nel corso degli anni. Considerato che sul web - wiki o meno - non si trova alcuna traccia, e ancor meno merito, ho ritenuto doveroso questo piccolo omaggio ad uno dei tanti ... lavoratori della notte.

- la foto e le notizie sono tratte da - Giacomo Papi - Accusare - Isbn edizioni -

giovedì 20 gennaio 2011

Salvatore

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Salvatore C.
48 anni, prov. Caltanissetta

(...) Io sono arrivato qua nel 48 che è successo lo sciopero nel mio paese e allora la popolazione si è rivoltata contro la Polizia perché la fame era troppa. Io che faceva il pastore che aveva le pecore in affitto sotto padrone prendevo 3.000 lire al mese in più 64 chili di frumento al mese. Faceva il curatolo e me la passava bene. Poi che aveva na donna che praticava io, quando che fu successo lo sciopero che intervenne la Polizia, allora cos'è questo: io veniva dalla campagna , qualcuno mi diceva: "Guarda che c'è lio sciopero in paese"; e io sentivo sparare, ta ta ta, e poi alla sera quando sono andato al paese c'erano la gente che circolavano ma non c'era nessun poliziotto. La Polizia era armata e la popolazione hanno disarmato a loro e hanno sparato con le stesse armi. I poliziotti erano 30 e la popolazione 1.700. Al Maresciallo ci hanno rotto la testa, che anche lui s'è avuta la sua parte. Con ciò che lui era ferito ha scocciato la pistola e si mise a sparare. Ha preso un uomo e l'ha ferito che l'hanno portato all'ospedale. Era uno sciopero per dare la terra, e per il fatto della disoccupazione. Loro né davano lavoro né davano terra. Dopo la Polizia è scappata perché erano tutti disarmati. Un poliziotto morto e tre feriti; nella popolazione qualche cinque o sei feriti lo stesso. Allora c'era una donna che praticavo io ci ha detto a una guardia campestre: "Guarda che è stato Salvatore che ha ucciso la guardia. E' lui che ha preso il mitra e ha sparato." (...)

da "Milano, Corea. Inchiesta sugli immigrati" - Franco Alasia e Danilo Montaldi - 1960

mercoledì 19 gennaio 2011

assassino di pavoni

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“Il mio cane una notte catturò un pavone e lo mangiò. Il giorno dopo quando lo scoprii gli diedi un sacco di botte. Gli spaccai tre costole e piansi. Poi scoprii quanto sono stupidi i pavoni anche se tutti pensano che siano bellissimi. Ti cacano sul tetto e urlano quando scopano. Così comprai una carabina e cominciai ad uccidere tutti i pavoni su cui riuscivo a mettere le mani. Io e il mio cane di notte ce ne andavamo a caccia. Dovevo usare dei proiettili corti con la testa a fungo in modo che non facessero troppo rumore. Era come lo scoppio di un motore ingolfato. Solo un colpo per ciascuno e se questo non li uccideva lasciavo che fosse il mio cane a finirli. Ogni notte tornavamo a casa insanguinati e felici del massacro. La mattina i ricchi vicini si svegliavano e trovavano i cadaveri sbocconcellati e dilaniati dai proiettili contro le bianche staccionate di legno. Assunsero un investigatore privato per fare indagini sulle morti. Ben presto la notizia arrivò ai giornali locali: PAZZO ASSASSINO DI PAVONI A PIEDE LIBERO. Così cambiai tattica. Passai all'arco e le frecce. Contrassegnai ogni freccia con una tacca speciale e vi attaccai un bigliettino che diceva: VENDETTA PER COSTOLE ROTTE.“

- Sam Shepard- da "La Luna del Falco" -

martedì 18 gennaio 2011

pensione

Alexandre Jacob, l’honnête cambrioleur » Alexandre Jacob

"Fu allora che mi resi conto di tutta la potenza morale di questo pregiudizio. Ci si crede onesti poiché non si è che degli schiavi! Fu allora che compresi anche la forza di questo freno contro la rivolta: la speranza di una pensione.
Suvvia, borghesi! Vi rimangono ancora un bel po' di giorni di regno sul popolo! Non avete niente da temere fino a quando le vostre vittime ignare saranno avvelenate dalla speranza di una pensione e dall'imbecillità di credersi onesti solo perché crepano di fame."

- Alexandre Marius Jacob -

lunedì 17 gennaio 2011

Bentornato Robin Goodfellow

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“Le cosiddette rivoluzioni del 1848 non sono state altro che semplici incidenti, crepe e piccole fessure nella dura crosta della società europea. Ma ci hanno fatto scoprire una voragine. Sotto una superficie di aspetto solido, hanno rivelato la massa liquida degli oceani la quale deve solo espandersi per riuscire a frantumare i continenti fatti di solida roccia. Hanno proclamato ad alta voce e confusamente l'emancipazione del proletariato, questo mistero del diciannovesimo secolo, e la rivoluzione di questo secolo.

In verità, questa rivoluzione sociale non era affatto una novità inventata nel 1848. Vapore, energia elettrica e telaio sono stati dei rivoluzionari infinitamente più pericolosi di quei cittadini della statura di un Barbès, di un Raspail e di un Blanqui. Nondimeno, anche se l'atmosfera in cui viviamo fa gravare su ciascuno di noi un peso di 20.000 libbre, forse che ce ne accorgiamo? Né la società europea prima del 1848 si accorgeva dell'atmosfera rivoluzionaria che l'avvolgeva e l'opprimeva.

Vi è un fatto sconvolgente che caratterizza il nostro diciannovesimo secolo, un fatto che nessun partito osa negare. Da un lato, le forze industriali e le forze scientifiche si sono risvegliate alla vita,  in un modo che nessuna epoca precedente nella storia umana avrebbe mai nemmeno potuto immaginare. Dall'altra parte, però, appaiono dei segni di declino che eclissano perfino gli orrori che si verificarono nell'ultimo periodo dell'Impero Romano.

Ai nostri giorni, ogni cosa sembra gravida del suo contrario. Vediamo che le macchine  portatrici di quel meraviglioso potere di ridurre il lavoro umano e renderlo più fecondo, lo fanno invece appassire ed estenuare. Le fonti di ricchezza recentemente scoperte per uno strano sortilegio si trasformano, in fonti di angoscia. Sembra quasi che i trionfi della tecnica vengano acquistati al prezzo della decadenza morale. Via via che l'umanità padroneggia la natura, l'uomo sembra diventare sempre più schiavo dei suoi simili o della sua propria infamia. Persino la pura luce della scienza sembra incapace di brillare altro che sul fondo scuro dell'ignoranza. Tutte le nostre scoperte e il nostro progresso sembrano avere come risultato quello di dotare di vita intellettuale le forze materiali e, nello stesso tempo, di degradare la vita umana in una forza materiale. Questo antagonismo tra l'industria e la scienza moderna, da una parte, e la povertà e il degrado morale, dall'altra, questo antagonismo tra le forze produttive e i rapporti sociali della nostra epoca sono un fatto tangibile, gravoso e impossibile da negare . Alcuni partiti lo deplorano, altri sostengono che ci si debba sbarazzare della moderna tecnologia, in quanto crea dei conflitti; vien da pensare che un progresso così importante nell'industria debba necessariamente accompagnarsi ad una regressione non meno significativa nella politica.

Per parte nostra, non ci inganniamo circa la natura ambigua che non cessa di permeare tutte queste contraddizioni. Sappiamo che per fare un'opera utile le nuove forze della società hanno bisogno di una cosa, vale a dire degli uomini che hanno imparato a padroneggiare queste nuove forze, e questi uomini nuovi sono i lavoratori. Essi sono tanto un'invenzione dei tempi moderni quanto le macchine stesse. Nel sintomi che confondono la borghesia, l'aristocrazia e i poveri profeti della regressione, troviamo il nostro buon amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa capace di scavare velocemente, l'eccellente minatore - la rivoluzione. I lavoratori inglesi sono i pionieri dell'industria moderna. Di certo non saranno gli ultimi a venire in aiuto della rivoluzione sociale determinata da questa industria, una rivoluzione che significa l'emancipazione dalla propria classe e dalla schiavitù salariale. Conosco le eroiche lotte che i lavoratori inglesi hanno effettuato a partire dalla metà del secolo scorso, le lotte meno glorificate in quanto dimenticate e tenute nascoste dagli storici borghesi.

Per espiare le colpe commesse dalle classi dirigenti, esistevano in Germania, nel Medioevo, un tribunale segreto, chiamato Sainte-Vehme. Se si vedeva una croce rossa tracciata su un muro, si veniva a sapere che il proprietario della casa era stato condannato dal Vehme. Tutte le case in Europa sono oggi segnate dalla misteriosa croce rossa. Il giudice è la storia - l'esecutore della sentenza è il proletariato.”

K. Marx: Rede auf der Jahresfeier des „People’s Paper“ am 14. April 1856 in London

venerdì 14 gennaio 2011

storia di due città

GCE_SD_Barcelona_CNT19Julio1936

Allo scoppiare della rivoluzione, a Barcellona, nel 1936, i militanti anarcosindacalisti, così gli altri rivoluzionari, espropriarono rapidamente tutte le automobili e tutti i camion della città, vi dipinsero sopra le sigle delle proprie organizzazioni, e cominciarono a guidare a folle velocità per Barcellona.
Guidatori inesperti che non rispettavano per niente le regole della guida, questi militanti causarono innumerevoli incidenti. Il loro quotidiano, "Solidaridad Obrera", li richiamò all'ordine, chiedendo loro di guidare con prudenza e di consegnare i veicoli alle autorità competenti.
Questo fatto annunciò e precorse, in Spagna, l'era dell'automobile.

Praticamente nello stesso momento, ai tempi del Fronte Popolare, in Francia, in occasione della prima volta in cui veniva pagata una mensilità extra estiva, masse di lavoratori abbandonarono Parigi per la Costa Azzurra, ed altri luoghi di vacanza.
L'esodo compulsivo dei vacanzieri, nell'estate del 1936, inaugurava, in Francia, l'era del turismo di massa e del "week-end".

giovedì 13 gennaio 2011

traduzione

Valencia Gerda

La storia sta qui: http://francosenia.blogspot.com/2010/12/eppure.html

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Il soldato italiano mi strinse la mano
Vicino al tavolo del corpo di guardia
La mano forte e la mano sottile
Possono unirsi, palma a palma

Incontrarsi al tuono dei cannoni
Ma che pace ho conosciuto in quei giorni!
Soffermandomi sul suo viso segnato
Più puro di qualunque viso di donna

Perché le parole volgari che mi davano il vomito
Alle sue orecchie suonavano sacre
Ed era nato sapendo già quello che io avevo imaprato
dai libri, e lentamente.

I cannoni traditori avevano raccontato la loro storia
E noi, entrambi, l'avevamo pagata
Ma il mio lingotto d'oro, era fatto davvero d'oro
Chi l'avrebbe mai pensato!

Buona fortuna a te, soldato italiano!
Ma la fortuna non ama i coraggiosi
Cosa potrebbe mai darti il mondo?
Sempre assai meno di quanto tu gli hai dato

Fra l'ombra e il fantasma
Fra il bianco ed il rosso
Fra la pallottola e la menzogna
Dove andrai a nascondere il capo?

Perché? Dove è Manuel Gonzalez?
E dov'è Pedro Aguilar
E dove, Ramon Fenellosa?
Solo i vermi sanno dove si trovano

Il tuo nome, e le imprese, sono state dimenticate
Ancor prima che le tue ossa si seccassero
E la menzogna che ti assassinò è sepolta
Ancora più nel profondo, sotto una turpe bugia

Ma quel che ho visto sulla tua faccia
Nessun potere potrà annientarlo
Nessuna bomba potrà mai spezzare
Quel tuo spirito di cristallo.

George Orwell

mercoledì 12 gennaio 2011

Mare Nostrum

medi

Dall'inizio dell'anno, in Nord Africa, la povertà guadagna sempre più terreno. Il prezzo delle derrate alimentari di prima necessità è alle stelle, c'è sempre meno lavoro, e si è ridotta ulteriormente la già pietosa capacità d'acquisto di tutti. Abbiamo chiaro il vecchio trucco della "crisi", per farci credere che la miseria e la rivolta sono fenomeni nuovi che solo la crisi produce, quando invece sono fenomeni vecchi sono vecchi come il denaro e l'autorità. E' bastata qualche scintilla in Tunisia per appiccare il fuoco alle polveri di una situazione già esplosiva, fino all'Algeria.

Sono stati attaccati poliziotti, edifici pubblici, scuole, dogane, grandi magazzini, stazioni di polizia, concessionarie auto, banche e negozi, sono state erette barricate. Contrariamente a quello che il potere e la stampa racconta, queste rivolte non si limitano a qualche categoria immaginaria ("giovani", "laureati", "disoccupati", "estremisti"), ma si esprimono in modo diffuso ed i loro obiettivi sono chiari.
A fronte, la risposta dello Stato è altrettanto chiara: in Tunisia, i poliziotti rispondono alle pietre col fuoco dei cecchini, lasciando per terra decine di morti. In Algeria , migliaia di arresti, torture, detenzioni e uccisioni, mentre vengono emesse le prime condanne, e ne verranno emesse ancora. Come sempre, come ovunque, infuria la guerra sociale, e chiede a ciascuno da che parte vuole stare.

Già gli avvoltoi, democratici o religiosi, sono pronti a recuperare queste ribellioni per scopi politici, chiedendo delle riforme o dei cambiamenti di regime, per deviare questa rabbia che si esprime contro ogni forma di regime o di potere. Stanno già preparando il dopo, cercando di sostituire il controllo della dittatura con un controllo democratico, in altre parole, addolcire il dominio per renderlo accettabile.
Noi che viviamo in una democrazia, possiamo dire che, anche se le condizioni di vita quotidiana sono meno dure che in una dittatura, le libertà democratiche non ci hanno mai reso liberi. La libertà che desideriamo, è totale e incondizionata. Ecco perché quest'aria d'insurrezione , come in Grecia dal dicembre 2008 e come in Francia nel novembre 2005, ci riscalda il cuore.

Ecco perché vogliamo soffiare sulle braci e diffondere questa rivolta. Qui, ovunque, ora, sempre.

E' necessario che la rivoluzione salga dal basso, dal momento che dall'alto arrivano solo proiettili e manganellate.

martedì 11 gennaio 2011

Slancio Mortale

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"Il suicidio è una soluzione?" - Così si interrogavano i surrealisti, in un'inchiesta pubblicata sul secondo numero de "La Révolution Surréaliste", nel 1925. Rigaut, Vaché e, soprattutto, Crevel, risponderanno affermativamente, nei fatti. Crevel, che nel 1930 aveva firmato il manifesto con cui Breton intendeva mettere il surrealismo al servizio della rivoluzione. E poi il congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura, nel 1935, e il sovietico Erenburg che attacca i surrealisti per aver protestato a favore di Victor Serge, in prigione in Unione Sovietica, e contro le condanne inflitte a Kamenev e Zinoviev. Breton che schiaffeggia Erenburg, ripetutamente, in pieno viso. Ottiene, in contraccambio, Breton, il divieto di intervenire al congresso! Crevel, disperatamente, tenta una mediazione e fallisce. Tutti i surrealisti esclusi dal congresso, solo il il maiale Eluard può intervenire, brevemente. Crevel va a casa e apre il gas. Vivere fa male. Impossibile ridurre il suicidio ad un solo motivo, certo. Ma, fatto sta, che mettere l'immaginazione al servizio della rivoluzione non sembra più possibile. "La barca dell'amore si è infranta contro la vita quotidiana!" - aveva già scritto Majakovski, nel 1930, due giorni prima di levare la mano su di sé. "Non accusate nessuno" - aveva aggiunto, prima di spegnere il mondo. Sessantaquattro anni dopo, Debord, con un colpo di fucile metteva fine ai suoi giorni. L'epitaffio lo aveva già scritto, molti anni prima. "Il movimento situazionista deve provare la sua attività rivoluzionaria, in caso contrario deve scomparire".

lunedì 10 gennaio 2011

L'amara vittoria di George Orwell

1984

dal 1984 al … 2011:

- La libertà è schiavitù -
- La guerra è pace       -
- L'ignoranza è forza    -

e viceversa …

venerdì 7 gennaio 2011

facce in libertà

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Non so più quante volte, in tutti questi anni, ho sentito e risentito lo stesso identico ritornello. Quante volte - troppe - mi è capitato di assistere all'eterno giochino della cosiddetta "ultima volta e poi basta", per cui si toglieva e poi si ridava fiducia - di volta in volta - a questo o a quel sindacato, o meglio all'apparato dirigente di questo o quel sindacato. Verrebbe da dire - e da augurarsi – che siamo arrivati all'ultimo atto, con la cgil e la fiom, ciascuno nel ruolo del poliziotto buono e di quello cattivo. Ma, al peggio non c'è mai fine, ci avverte la saggezza popolare. E quando pensavi di esserti in qualche modo liberato delle facce di certi personaggi, ecco che te le vedi ricomparire - le facce come il culo! "Lavoro e Libertà", l'hanno chiamata così la loro associazione indignata, con cui si proporrebbero di promuovere democrazia e diritti dei lavoratori.
Libertà. La trovi dovunque, 'sta parola libertà, al giorno d'oggi. Ce la infilano sempre, dappertutto, tutti, chissà mai perché. Ce la infilano talmente e talmente a sproposito da farti venir voglia di gridare "abbasso al libertà", come in un film di Bunuel! Ma loro sono professionisti, della democrazia. Quella "democrazia sindacale" così esperta nel far “fruttare” i risultati delle votazioni nel corso delle assemblee. Figli dei Lama e dei Carniti, e nipotini dei Di Vittorio, sanno bene che non vale che l'operaio si volti per contare le mani alzate e per cercare di capire come cazzo abbia fatto a passare i sì all'accordo, quando quasi tutti erano contro! Cose che capitano, quando ci sono dei professionisti. Il bello della politica, e anche del sindacalismo, è che puoi sputtanarti quanto vuoi, ma basta un bel bagno rigeneratore, nella classe operaia e nei suoi diritti, e ne esci come nuovo, mondato, pronto ad affrontare nuove sfide e nuove poltrone.
Hanno messo su una bella congrega. C'è perfino lo studioso di Marx, fra loro, temporaneamente dimentico del terzo volume di Das Kapital, che ci viene a raccontare come sia indignato da "la continua riduzione del lavoro, in tutte le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé". Andrebbe mandato davvero, a lavorare per il padrone di Marchionne, per esprimersi e realizzarsi. E pensare che questo signore ha scritto "Operai e Capitale"!!! E certo che viene il sospetto che l'abbiamo (il plurale è dovuto) letto male, quel libro!
Sembra di essere davvero in quel film apocrifo di Sergio Leone dove Nessuno/Hill dice a Beauregard/Fonda - "come ai bei vecchi tempi", e Beauregard risponde - "I bei vecchi tempi non ci sono mai stati!" Ma forse per capire questo sarebbe bastato aver ascoltato mio padre quando mi raccontava delle sue dimissioni di segratario dalla Fiom di Siracusa, alla fine degli anni quaranta.     Bei tempi, un cazzo!
Libertà e lavoro. Così si sono chiamati! I nomi? Cioè, i nomi di questi qui che vogliono "difendere gli operai"? Eccoli: Fausto Bertinotti, Sergio Cofferati, Gianni Ferrara, Luciano Gallino, Francesco Garibaldo, Paolo Nerozzi, Stefano Rodotà, Rossana Rossanda, Aldo Tortorella, Mario Tronti.
Certo, a farsi difendere da gente così, c'è la possibilità concreta che gliel'aumentino, la condanna, agli operai!

mercoledì 5 gennaio 2011

magnifiche sorti, e progressive!!!

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Non siamo servi!, ha detto un operaio di Pomigliano, ma è proprio quello il senso del “Piano Marchionne”: trasformare i lavoratori salariati in servi. Le clausole imposte dalla FIAT sono micidiali: passaggio dai 15 ai 18 turni, sabato lavorativo obbligatorio (si lavorerà quindi su 6 giorni anziché 5, turno notturno obbligatorio); aumento delle ore di straordinario obbligatorie annuali (da 40 a 120!); spostamento della pausa mensa a fine turno; riduzione della pausa sulle linee meccanizzate da 40 a 30 minuti; recupero delle fermate tecniche; introduzione del sistema Ergo-Uas che punta a tagliare i tempi morti e ad aumentare la “saturazione” della forza-lavoro; incremento dei ritmi produttivi per ogni lavoratore del 30%; taglio di 500 operai (attraverso la mobilità) che si aggiungono ai precari ai quali non è stato rinnovato il contratto; stretta sui permessi, non pagamento dell’integrazione all’indennità di malattia Inps per assenze giudicate “anomale”; divieto di sciopero in casi “particolari” e sanzioni per i lavoratori che violano i punti dell’accordo, fino al licenziamento. E’ un accordo infame, che impone il ritorno a condizioni di lavoro “ottocentesche” o tipiche del lavoro nero, dove il padrone può fare tutto ciò che vuole; un “Piano” che farà da apripista a tutto il padronato.
(...)
La FIOM ha detto no al piano Marchionne. Ma è un “no” solo apparentemente netto, visto che è disposta ad accettare l’impostazione generale del piano e i 18 turni. Perché accettare — in ogni caso — un peggioramento delle condizioni degli operai? Perché non pensare anche alle condizioni dei precari licenziati, dei lavoratori dell’indotto e del futuro degli operai polacchi? Perché non proclamare uno sciopero generale almeno del settore metalmeccanico per il 22 [giugno 2010], giorno del referendum, convogliando una manifestazione nazionale davanti ai cancelli della FIAT. Sarebbe stato, se non altro, un segnale forte, per non lasciare soli Pomigliano e l’indotto. Sappiamo bene, però, che la FIOM non farà mai cose del genere, perché anche la FIOM accetta le compatibilità “del Paese”, cioè del profitto padronale. Ma sono proprio quelle compatibilità che i lavoratori devono scavalcare; per questo, una lotta vera non verrà dai sindacati. Le vere lotte possono emergere solo se i lavoratori, direttamente, troveranno la forza di organizzarle, andando oltre il sindacato. Fin da subito la Fiat ha detto: prendere o lasciare, accettate il piano o si chiude lo stabilimento. Non c’è margine per mediare! Non c’è quindi spazio per un sindacato, organismo di mediazione. La vera lotta non può essere delegata o rappresentata da nessun sindacato. La nostra difesa passa attraverso la lotta, quella vera, e passa quindi attraverso protagonismo diretto di noi lavoratori.
(...)

da un volantino dei
Lavoratori del P.C.Internazionalista — Battaglia comunista

(da leftcom.org)

martedì 4 gennaio 2011

microfisica

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"L'unica teoria della conoscenza, che oggi può essere valida, è quella che si fonda sulla seguente verità della microfisica: lo sperimentatore fa parte del sistema sperimentale.". E questa formula è ancora insufficiente. Lo sperimentatore fa parte del sistema sperimentale, e non fa parte altro che del sistema sperimentale.

- Jean-Patrick Manchette -

lunedì 3 gennaio 2011

Lorca e Marx

Lorca_(1914)

Nel 1844 Marx aveva espresso un punto di vista sulla morte,che avrebbe sfidato Lorca:

     "La morte appare come la severa vittoria della specie sul particolare individuo , e sembrano contraddire la loro unità, ma il particolare individuo è solo un particolare essere-specie, e come tale mortale".

E 'dubbio che la visione drammatica della morte di Federico Garcia Lorca avrebbe accettato questo riconoscimento austero di necessità. Le visioni di Marx procedevano dal punto di vista di un'umanità socializzata. Nell'universo drammatico di Lorca, il mondo è disseminato di trappole, la durezza della sofferenza e della morte può essere rintuzzata solo dall'amore. Lorca concepiva i suoi personaggi come frammenti unilaterale di umanità, opposti a forze magiche e disumane che non tolleravano nessuna riconciliazione. L'amore, in maschera, addolcisce la morte che si avvicina. Eppure la violenza suggerisce che ogni cosa potrebbe crollare in qualsiasi momento, anche l'amore.

Ma Lorca avrebbe obiettato a Marx quando diceva che:

     "L'uomo in quanto oggettivamente è un essere sensuale, è un essere sofferente, e perché si sente la sua sofferenza, è un appassionato essere. La passione è il potere essenziale dell'uomo che cerca di raggiungere il suo obiettivo mediante la forza." ?

o quando diceva che:

"... l'amore può essere scambiato solo con l'amore, la fiducia con la fiducia, e così via. Se vuoi godere dell'arte è necessario essere una persona artisticamente educata. Se si desidera esercitare influenza su altri uomini, devi essere quel genere di persona che ha un effetto davvero stimolante e incoraggiante sugli altri .... Se ami incorrisposto, cioè, se il tuo amore come amore non suscita l'amore in cambio, se attraverso l'espressione vitale di sé stessi, in quanto persona da amare, si fallisce nel diventare una persona amata, allora il tuo amore è impotente, è una disgrazia."?

No, probabilmente Lorca sarebbe stato d'accordo!  

sabato 1 gennaio 2011

bilancio

brazil

Allora, vediamo un po'. Abbiamo un presidente di regione - governatori, li chiamano ora - che parla di sé stesso in terza persona, che gli suonano il citofono, si prende paura, chiama la polizia e, per lo spavento, cade dalle scale. Proprio una grande figura di leader!, capace di unire quella famosa sinistra che se ci fosse stato ancora al potere l'ex-segretario della fgci-bulgara avrebbe mandato i suoi bombardieri a coventrizzare il Brasile, che ha già fatto ginnastica nella ex-jugoslavia. Nel mentre, intanto, ci trasmettono a reti unificate il più grosso cumulo di banalità ed idiozie che nemmeno un preside di scuola media inferiore, al suo insediamento, avrebbe l'ardire di pronunciare. Ovviamente, tutti apprezzano. Ah, dimenticavo, Buon Anno!!!