sabato 31 gennaio 2009

L'orto sassoso del conflitto sociale



Apprendo da più parti (tutte rigorosamente di "sinistra") che nella società in cui viviamo - perlomeno in quella "italiana" - non si darebbe più ... conflitto! Non si capisce bene se questa loro impressione nasca dal fatto che la notizia (del conflitto, intendo) non passa in televisione oppure, più realisticamente, derivi dalla necessità che, per loro, il conflitto non ci sia.
Ad ogni modo, tanto fa.
Si creano forum e gruppi per "rifondare" la sinistra, dal momento che non si dà conflitto sociale e, quindi, necessiterebbe una forza rappresentata in parlamento che possa badare a quelle che loro chiamano "necessità", ovviamente quelle degli altri. Ché alle loro ci badano da soli!
Insomma, il conflitto fa parte - a loro dire - di epoche geologiche antiche, espressione di un'esperienza passata, magari corporativa, poco adatto a quest'epoca di superamento delle barriere fra singoli stati, laddove sarebbero morte per sempre ideologie e classi.
Tutti discorsi, in qualche modo, già sentiti nei decenni scorsi, e che adesso hanno oramai fatto breccia nelle menti e nei cuori di tanti bravi connazionali ... di sinistra.
Del resto, politici e giuslavoristi (ovviamente, di sinistra) hanno cominciato da tempo a parlare - e a mettere in pratica - la regolamentazione del diritto di sciopero, in vista di un'eventuale abrogazione dello stesso: ché tanto non c'è conflitto, e quindi a che diavolo serve lo sciopero!??

Di scioperi e di conflitti, parla un bel libro - mai tradotto in italiano - di Howard Zinn, Dana Frank e Robin G. Kelley, "Three Strikes. Miners, Musicians, Salesgirls and the Fighting Spirit of Labor's Last Century".
Tre scioperi, ciascuno degli autori racconta il "suo", e per ciascuno degli scioperi vengono a mente situazioni oltremodo attuali e, magari, viene anche da pensare a quante vertenze ci siano in corso in questo paese di cui non si sa assolutamente niente.

Zinn ci racconta quello più noto, e anche il più drammatico. Lo sciopero minerario di Ludlow, Colorado, dove nel 1913-14 i minatori (gente che parlava una trentina di lingue diverse - per non parlar dei dialetti - e viveva in condizioni miserabili, alla completa mercé dei padroni, in una situazione lavorativa più simile ad un campo di battaglia, per infortuni e morti) alzarono la testa. E furono sconfitti, lasciando sul terreno dieci uomini, due donne e dieci bambini, ma vinsero il diritto all'organizzazione e al contratto.
Assai diverso il secondo sciopero, raccontato da Dana Frank. Una storia assolutamente dimenticata, ricostruita con fonti d'archivio e integrata da testimonianze orali. Si svolge a Detroit nel febbraio-marzo del 1937. Le protagoniste sono le ragazze, commesse e telefoniste dei grandi magazzini Woolworth che per una settimana occupano il posto di lavoro. E vincono. Vincono con l'aiuto dei militanti, maschi e femmine, della loro generazione (i lavoratori dell'auto), della comunità operaia che si serve da Woolworth, delle famiglie e dei fidanzati, che le aspettano fuori, che fanno passare attraverso i picchetti materassi e messaggi di sostegno (i generi di conforto, le ragazze se li procurano direttamente dai grandi magazzini!). Vincono, trasformando il luogo di lavoro in un posto dove si balla e si canta, si piange e ci si rincuora, si telefona al ragazzo per tranquillizzarlo circa il fatto che andrà tutto bene. Vincono perché hanno capito che vale più una bella foto che cento parole, per cui, durante lo sciopero, non smettono di truccarsi con cura per essere pronte ai flash dei fotografi e finire in prima pagina. Non si può mandare la Guardia Nazionale a sparare su delle belle ragazze!
L'ultimo capitolo del libro torna a parlare di un'altra sconfitta, oscura e dimenticata riportata alla luce da Robin Kelley. Ancora negli anni trenta, stavolta a New York negli ambienti dei cinema e dei teatri di varietà. Nella penombra della buca d'orchestra, però! Laggiù dentro, la lotta di classe scoppia come e più che in fabbrica, in mezzo ai musicisti inseguiti dalla tecnologia. Il cinema passa dal muto al sonoro e viene eliminato il bisogno di orchestre in sala. Ma lo sciopero-boicottaggio si risolve in una sconfitta. Gli interessi dei musicisti entrano in collisione con gli interessi degli altri lavoratori in quanto consumatori che non capiscono il senso del boicottaggio.

Tre scioperi, tutti con una sorta di loro attualità, al di là delle tragedie, al di là delle sconfitte, al di là delle vittorie. Tre scioperi che ci parlano di conflitto, di innovazione, di solidarietà e di comunicazione. Tre scioperi che ripropongono il problema della doppia battaglia contro il silenzio e contro le resistenze e le inerzie interne.
Tre scioperi che parlano di adesso, di qui!

venerdì 30 gennaio 2009

La tempesta in arrivo



Riparo
di Sarah McLachlan

Sono stipati in spazi sempre più piccoli
Mentre la' fuori, tutta la natura sta urlando
Crudele ed ingiusta, come sa essere
Ma non c'è nessun posto per nascondersi
Oh, ho visto gente che non ho mai realmente voluto conoscere
Oh, ho visto gente che non ho mai voluto sapere che ci fosse
Riparo, date loro un riparo dalla tempesta che sta arrivando
Riparo, date loro un riparo dalla tempesta che sta arrivando

Non riesco a dormire - ossessionato dai loro volti
La tristezza nei loro occhi
Mi fa male così tanto vederli indifesi
E mi fa venir voglia di piangere
Ma c'è ancora così tanto che non ha avuto risposta
Per tante vite innocenti
Hanno chiuso la porta e se ne sono andati
E solo chi è forte sopravviverà

Riparo, date loro un riparo dalla tempesta che sta arrivando
Date loro un riparo, dare loro un riparo dalla tempesta in arrivo

Ho visto la rabbia e ho visto tutti i sogni
E ho guardato la loro esistenza lacerata e strappata
E anche se può sembrare inutile
Farò tutto quello che posso
Ho visto gente che non ho mai realmente voluto conoscere
Oh, ho visto gente che non ho mai voluto sapere che ci fosse

Riparo, date loro un riparo dalla tempesta che sta arrivando
Date loro un riparo, dare loro un riparo dalla tempesta in arrivo
Riparo, date loro un riparo dalla tempesta che sta arrivando
Date loro un riparo, dare loro un riparo dalla tempesta in arrivo

giovedì 29 gennaio 2009

Tesi



E' una tesi di laurea, il libro di Rossella Ferrigno, "Nuclei Armati Proletari" uscito per i tipi della "Città del Sole" di Napoli. Una tesi di laurea, con tutti i suoi limiti e con qualche errore. Forse troppo incentrata sul "napoletanesimo" dei NAP, vero o presunto. Ma il libro ha un pregio, non da poco, nel suo ricostruire, tentando di capire, l'ambito in cui il fenomeno armato prende vita. Emerge con chiarezza inconfutabile il forte radicamento sociale di un'organizzazione che

" è una delle prime a nascere e ad essere smantellata, ma riesce a mantenere una certa presenza nel territorio. Nessuno dei suoi componenti ha usufruito della legge sulla dissociazione ed infine èl'unica esperienza armata che si sviluppa e nasce nel sud d'Italia."

"Solo" una tesi di laurea, forse, ma anche un tentativo per non permettere che gli anni 70 siano raccontati come storia di criminali qualsiasi!

mercoledì 28 gennaio 2009

Fuori dalla gabbia!



"Ho letto questo libro che parlava di come alcuni scienziati hanno cercato di far dipingere delle scimmie.
Ci hanno lavorato per dieci anni, senza che succedesse niente.

Poi, una delle scimmie improvvisamente ha cominciato a dipingere, e ciò che dipingeva erano le sbarre della sua gabbia.
Così, nelle mie canzoni, credo di aver dipinto le sbarre della mia gabbia, in modo da poterne uscire. Questo è qualcosa che bisogna fare prima di potersi muovere significativamente in qualche modo."

Ferron

martedì 27 gennaio 2009

Bene!




"Più amico di Majakovskij di tanti suoi amici di professione, Pasternak, che tutta la vita lottò con l'immagine cara del suo contemporaneo, fece qualcosa di più di "capire": di Majakovskij egli sentì l'immensità. E l'unicità. Proprio quando Majakovskij moriva una seconda volta: ridotto a modello tascabile di programmata imitazione Costo, questo, di una popolarità postuma, quanto diversa da quella cui egli aveva legittimamente ambito da vivo."

Vittorio Strada

In Morte di MajakovskiJ
di Boris Pasternak

Non ci credevano. Pensavano fandonie.
Ma lo apprendevano da due, da tre, da tutti.
Si mettevano affianco,
nella riga del tuo tempo fermatosi di botto,
case di mogli di impiegati e di mercanti.

Era un giorno, un innocuo giorno più innocuo
d'una decina di precedenti giorni tuoi.
Si affollavano allineandosi nell'anticamera
come allineati dal tuo sparo.

Tu dormivi.
Spianato il letto sulla maldicenza dormivi.
E cessato ogni palpito eri placido,
bello, ventiduenne,
come aveva predetto il tuo tetrattico

Tu dormivi stringendo al cuscino la guancia,
dormivi a piene gambe, a pieni mallèoli,
inserendoti ancora una volta di colpo
nella schiera delle leggende giovani.
Tu ti inseristi in esse con più forza,
perché le avevi raggiunte con un balzo.
Il tuo sparo fu simile ad un Etna
in un pianoro di codardi e di codarde.

Oh, s'io avessi allora presagito,
quando mi avventuravo nel debutto,
che le righe con il sangue uccidono,
mi affluiranno alla gola e mi uccideranno.
Mi sarei nettamente rifiutato
di scherzare con siffatto intrigo.
Il principio fu così lontano,
così timido il primo interesse.

Ma la vecchiezza è una Roma
senza burle e senza ciance
che non prove esige dall'attore
ma una completa autentica rovina.

lunedì 26 gennaio 2009

Guadalupe



Guadalupe
di Tom Russell

Ci sono fantasmi là fuori nella pioggia, questa sera
Solenni in mezzo a quegli antichi alberi
Signore, mi sono arreso senza combattere
Un altro pazzo cieco caduto sulle ginocchia
E tutti gli Dei che ho abbandonato
Cominciano a parlare con parole semplici
Signore, improvvisamente ho saputo
Che non ci sono rimaste strade da seguire
Adesso è l'ora dei cani che abbaiano
Questo è ciò che i vecchi sono soliti dire
Alla prima luce dell'alba o al tramonto
Prima che i bambini smettano di giocare
Quando le montagne emanano bagliori color del vino
E poi diventano grigie come un cavallo spagnolo
Diecimila occhi si fermano per la funzione
E volgono le spalle e distolgono la testa dai pensieri

Lei ci spalanca le sue braccia stanotte
Signore, la mia povertà è reale
Prego che la pioggia possa cadere su di me
Da Guadalupe sulla sua collina
Ma chi sono io per dubitare di questi misteri
Invecchiati in secoli di sangue e fumo di candele
Io qui sono l'ultimo di tutti i tuoi pellegrini
Bisognoso di speranza

Lei apparve a Juan Diego
Ha lasciato la sua immagine sul suo mantello
Cinquecento anni di dolore
Non hanno distrutto la loro profonda fede
Ma qui io sono il vostro cencioso miscredente
Un vecchio San Tommaso dubbioso affogato nelle lacrime
Come ho guardato la tua chiesa affondare nella terra
Come un cuore consumato dalla paura

Lei ci spalanca le sue braccia stanotte
Signore, la mia povertà è reale
Prego che la pioggia possa cadere su di me
Da Guadalupe sulla sua collina
Ma chi sono io per dubitare di questi misteri
Invecchiati in secoli di sangue e fumo di candele
Io qui sono l'ultimo di tutti i pellegrini
Bisognoso di speranza

Io qui sono l'ultimo di tutti i tuoi pellegrini
Bisognoso di speranza

venerdì 23 gennaio 2009

I ballerini non muiono mai!



E' la fine degli anni '70 e in America va in onda uno dei rarissimi filmati in esterno del "Saturday Night Live". S'intitola "Don'Look Back In Anger", parafrasando il titolo del dramma di Osborne, ed è in bianco e nero. Si vede un vecchio, con cappotto e cappello scuro, baffoni bianchi e occhiali da vista, che cammina nel cimitero di Brooklin reggendo una corona di fiori. Mentre cammina, borbotta: "Tutti credevano che sarei stato io, il primo ad andarsene...E invece...".
E, nel mentre, passa da una tomba all'altra nel cimitero coperto di neve. La telecamera via via inquadra le lapidi. Gilda Radner, Chevy Chase, Bill Murray, Dan Aykroyd. Qualcuno è morto di overdose, qualcuno di chirurgia estetica, altri di eccesso di velocità.
"Perché sono rimasto proprio io? Perché sono vissuto così a lungo, mentre loro sono morti tutti?" - si chiede il vecchio.
Poi uno sguardo in macchina, molto sornione ...
"Perché io sono un ballerino!"
Stacco. Parte la musica, e, in campo lungo, le braccia tese, il vecchio comincia a ballare in mezzo alle tombe.

giovedì 22 gennaio 2009

Gennaio!




Lupi
di Stephanie Davis

Gennaio è sempre stato un mese amaro
Ma Signore, questo li batte tutti
Sono settimane che il vento non smette
E ci sono tre metri di neve dovunque
Ho passato la notte a portare le vacche
In un posto più a valle
Poi ho passato la mattinata a pensare
A quelle che i lupi mi hanno divorato
Charlie Barton e la sua famiglia
E' passato oggi per dirci addio
Ha detto che la banca si è preso tutto
Negli ultimi anni c'è stata troppa siccità
Ho promesso che andrò a fargli una visita
Quando avranno trovato un posto in città
Poi ho trascorso un lungo periodo a pensare
A quelli che i lupi hanno divorato
Signore, fa' brillare una luce di speranza
Su quelli di noi che sono caduti e rimasti indietro
E quando incespichiamo nella neve
Potresti aiutarci finché c'è ancora tempo
Bene, io non mi sto lamentando, Signore
Tu hai sempre guardato dentro di me
E so che hai le tue ragioni
Per ogni cosa e per tutte le cose che fai
Ma questa sera fuori della mia finestra
C'è un suono, triste e solitario
Ed io non posso fare a meno di pensare
A quelli che i lupi hanno divorato
Oh Signore, fa' che io non sia
Quello che i lupi hanno divorato.

mercoledì 21 gennaio 2009

cause ... ed effetti



Dal sito di Carmilla, Roberto Saviano fa sapere che:

"Leggo e stimo la rivista online Carmilla che da anni è un costante riferimento per la discussione letteraria e d'inchiesta di questo paese. Mi segnalano la mia firma in un appello per Cesare Battisti. Vedo che è accaduto nel 2004, due anni prima di "Gomorra". Finita lì per chissà quali strade del web e alla fine di chissà quali discussioni di quel periodo. Qualcuno mi mostra quel testo, lo leggo, vedo la mia firma e mi dico: non so abbastanza di questa vicenda, non mi appartiene questa causa. E' una storia dolorosa, con strascichi infiniti. Chiedo quindi a Carmilla di togliere il mio nome, per rispetto a tutte le vittime."

La firma, apposta da parte dell'autore di "Gomorra", sull'appello per la libertà di Cesare Battisti ha una lunga storia. Da quell'appello qualcuno trasse una sorta di lista di nomi da additare al pubblico ludibrio. E, contemporaneamente, sostenne che la firma di Saviano era un falso, adducendo una dichiarazione da parte dell'Ufficio Stampa di Saviano stesso. Ora sembra che le cose siano chiare. Qualcuno deve aver consigliato, per il suo bene, lo scrittore. E lui ci fa sapere che quella "causa" non gli appartiene. Del resto, nemmeno a me è mai appartenuta la sua, di "causa"!

L'esperienza religiosa di Philip Dick

Robert Crumb disegna Dick. Con amore.































martedì 20 gennaio 2009

Piccola Storia del Lavoro



All'inizio c'era il paradiso in terra, e di lavoro nessuno ne aveva mai sentito parlare nel giardino dell'Eden! Niente agricoltura, né tantomeno industria. Poi, per la prima volta, la minaccia, nemmen tanto velata: "Col sudore della tua faccia mangerai pane".
La maledione era stata scagliata. Poi vennero gli antichi. Si dice che loro preferissero, sopra tutto, due cose: otium e bellum, tempo libero e guerra. Erano le uniche due "attività" accettabili per i cittadini greci. Aristotele lodava il tempo libero e la contemplazione, intanto che gli schiavi pensavano a tutti. Ma gli schiavi - si sa - non erano cittadini.
I romani, forse ancora più pigri, copiarono pari pari dai greci. In più, lodavano Dioniso e il sesso. La loro cultura produsse fra i più fantastici poeti oziosi: sopra tutti, Ovidio e Orazio.
Anche gli antichi cinesi, dall'altra parte dell'antichità, non amavano troppo il lavoro. Inventarono il "Tao", per meglio elogiare l'inattività. Con cognizione di causa.
E anche Gesù non aveva un concetto troppo alto del lavoro. Proprio per questo rovesciò i tavoli con le mercanzie. Quanto a Maometto, lui amava tantissimo le pennichelle. Poi, gli ebrei, ogni sette anni, si prendevano un anno sabbatico dedicato al riposo e al tempo libero, durante il quale non si lavorara per niente.
Quando cadde Roma e arrivarono i cosiddetti secoli bui - tra il quinto e l'ottavo secolo, secolo più secolo meno - tutto il potere passò a preti e guerrieri. Di sicuro, nessuno si ammazzava di lavoro, all'epoca, tant'è che di quel periodo non ci è rimasto praticamente niente. Anche l'arte era piùcchealtro astratta e simbolica. I guerrieri preferivano ottenere col sangue quello che, a loro dire, era vile e pigro guadagnare col sudore della fronte. E, insieme al clero, guardavano dall'alto i poveri lavoratori.
I contadini erano obbligati a lavorare la terra, questo sì, e la scienza agraria si sviluppò. Ma la giornata lavorativa non superò mai le sei ore, e, a conti fatti, i giorni di festa religiosa erano più di quelli lavorativi. Anche i mercanti lavoravano solo la mattina. Il resto del giorno era dedicato a mangiare, dormire e incontrare gli amici.
Già nel quindicesimo secolo, però, la religione del lavoro cominciò a farsi largo. Amleto aveva un animo nobile, ma, ahilui, si sentiva in colpa per la sua inoperosità!
Comunque, la gente era ancora più o meno indipendente, i governi ancora lontani e la popolazione viveva in maggioranza in campagna.
Poi, da qualche parte, imporovvisamente arrivò la Rivoluzione Industriale. Di colpo, lavorare e fare soldi vennero elevati a stile di vita. Nell'Inghilterra vittoriana, preti, giornali e industriali cominciarono a predicare il lavoro. Ai poveri, costretti a lavorare 14 ore al giorno in condizioni orribili, fu detto che Dio voleva che lo facessero. Intellettuali come Paul Lafargue, Oscar Wilde e Robert Luis Stevenson si lamentavano di questa nuova cultura, ma i loro scritti non avevano effetto.
Nel ventesimo secolo le cose peggiorarono. I fascisti nobilitarono ulteriormente il lavoro. Gli oziosi vennero mandati nei campi di concentramento e all'ingresso dei campi venne scritto che "il lavoro rende liberi".
Oggi, da destra a sinistra, tutti si rifanno al Lavoro Duro come valore. Si lavora sempre di più, e la maggioranza è sempre più scontenta del proprio lavoro. Negli Stati Uniti molta gente ha solo due settimane di vacanza. Molti sono pagati così male che devono avere due lavori per sopravvivere. Nessuno ha tempo per divertirsi, riflettere, oziare.
Perfino l'India, per secoli una cultura contemplativa, ha sposato la religione del Lavoro. Tant'è che molti "call centers" sono stati spostati dalla Gran Bretagna a Delhi. Anche qui, in Italia, sembra che non si faccia più la pennichella!
Siamo stato defraudati del diritto ad essere oziosi. Il senso di colpa, il senso del dovere e il desiderio si sono coalizzati per farci credere che l'ozio sia un male.
Ma l'ozio è parte della vita, e rinunciarvi significa rinunciare alla libertà.

lunedì 19 gennaio 2009

operai



La Canzone Del Fronte Unito
Testo: Bertolt Brecht
Musica: Hanns Eisler


E dal momento che un uomo è umano
Egli desidera mangiare, e grazie mille
Ma le parole non possono prendere il posto della carne
né riempire una pentola vuota

Quindi, a sinistra, due, tre!
Quindi, a sinistra, due, tre!
Compagno, qui c'è un posto per te.
In piedi nel Fronte Unito degli Operai
Perché anche tu sei un operaio

E dal momento che un uomo è umano
egli non si preoccupa per un calcio in faccia.
Egli non vuole schiavi sotto di lui
né una classe dirigente sopra di lui

Quindi, a sinistra, due, tre!
Quindi, a sinistra, due, tre!
Compagno, qui c'è un posto per te.
In piedi nel Fronte Unito degli Operai
Perché anche tu sei un operaio

E dal momento che un operaio è un operaio
Nessun altro gli potrà dare la libertà.
Quello di liberare l'operaio
E' un lavoro che solo un operaio può fare

Quindi, a sinistra, due, tre!
Quindi, a sinistra, due, tre!
Compagno, qui c'è un posto per te.
In piedi nel Fronte Unito degli Operai
Perché anche tu sei un operaio

sabato 17 gennaio 2009

Ferite Aperte


Il PSOE riabilita Juan Negrìn

Il sedicente partito socialista spagnolo (PSOE), ha ritenuto opportuno reintegrare a titolo postumo qualche disonesto che aveva espulso nel 1946, compresi Alvarez del Vayo e Juan Negrín.
Si riportano alcuni estratti dal libro di Grandizo Munis, "Lezioni di una sconfitta, promessa di vittoria" (1948).
Negrín è noto come il capo del governo repubblicano spagnolo nel 1937-39. Alvarez del Vayo è stato il suo ministro degli affari; Largo Caballero ha scritto di lui: "Egli si diceva socialista ma è stato incondizionatamente al servizio del Partito Comunista Spagnolo".
Per definire la coalizione che si forma dopo la sconfitta del proletariato durante i giorni del maggio 1937, non vi è alcun termine migliore di "governo Negrín-Stalin".

(...) Fin dal primo giorno del governo Negrín-Stalin, il partito di polizia russa controlla tutte gli affari e le agenzie governative, in particolare la polizia, il suo strumento preferito di governo. La maggior parte dei capi della polizia e un numero infinito di agenti vennero accolti all'interno del partito "comunista". I direttori generali del Dipartimento di Polizia erano affiliati o erano suoi strumenti. Tutte le forze di polizia spagnole, sia quelle dipendenti dal governo centrale, che dal governo catalano "autonomo", diventano strumento della Ghepeù. I commissariati e la Direzione Generale della Polizia stessa non erano altro che delle "Cheka" staliniane, con la sola differenza che la localizzazione di queste era conosciuta, e vi erano altre "Cheka" la cui esistenza era nota nei primi mesi del governo-Negrin Stalin solo ad un piccolo numero di persone. Nel corso del tempo, non solo i luoghi in cui la GPU esercitava, ma anche le torture praticate divennero di dominio pubblico. Conosciute a migliaia di lavoratori e rivoluzionari passarono per le prigioni clandestine. (...) Al fine di giudicare correttamente il lavoro del governo Negrín, sia in dettaglio che nel suo significato storico generale, dobbiamo tenere a mente che ha lasciato presto l'apparato repressivo alla polizia russa.

(...) Ecco perché Negrín non può essere considerato dal proletariato spagnolo e mondiale nient'altro che un fantoccio corrotto e manipolato dagli alti funzionari della Ghepeù.

(...) I rivoluzionari conosciuti fatti assassinare sono stati pochi; i rivoluzionari anonimi, molti, un'infinita legione. Dietro ogni nome che è possibile citare ci sono centinaia o migliaia di uomini, in gran parte dimenticati. Nominare Berneri, Barbieri, Martinez (anarchici), Nin e Landau (poumisti), Moulin e Wolf (trotzkisti), tutti uccisi dalla controrivoluzione Stalino-capitalista, significa includere i nomi di migliaia di anonimi rivoluzionari caduti nelle mani della stessa controrivoluzione.

(...) Il governo Negrín-Stalin non aveva obiettivi bellici né motivi per fare la guerra (...) I cosiddetti "Tredici punti Negrín" [Obiettivi di guerra del governo dell'Unione della Repubblica spagnola, 30-04-1938] non menzionano, né da vicino né da lontano, la sconfitta e l'eliminazione dell'esercito nemico. Tutti i punti tacciono sulla guerra civile, sul 19 luglio 1936 e sulle conquiste del proletariato.

(...) Quando Negrín, quasi subito, promulga il decreto di restituzione dei beni agli ex proprietari, si vanta di aver imposto un ordine così severo che nessun altro governo ha fatto negli ultimi cinquanta anni, dimostra che gli interessi che costituiscono la base del suo governo erano compatibili con gli interessi generali difesi da Franco.

(...) Strettamente legato alla controrivoluzione russa, il governo Negrín-Stalin ha trasformato la collaborazione di classe e il Fronte popolare in unità nazionale, l'impotenza riformista di fronte alla rivoluzione in un programma conrorivoluzionario. Ha eliminato ogni traccia di democrazia proletaria e ha trasformato la democrazia borghese per la quale pretendeva di lottare in una dittatura poliziesca ispirata alla Ghepeù, e il suo carattere temporaneo si è fissato in stabilità reazionaria, o ha cercato di farlo. A differenza di un governo Largo Caballero, quello di Negrín-Stalin è già un governo forte, un governo di unità nazionale. Che Negrín abbia avuto o no coscienza di quello che stava facendo, assicurando di mantenere un ordine più perfetto di quanto avessero fatto i governi dei cinquant'anni precedenti (Alfonso XIII, Primo de Rivera, Martinez Anido, e Franco stesso compresi) non importa. I maiali non sanno di puzzare. La cosa importante è che Negrín - che se ne gloria - incarna il ripugnante ordine reazionario, si fa carico di valori caduchi e si muove per creare una base di accordo con Franco e il capitalismo mondiale in generale, compresi Hitler e Mussolini . Alla fine, il governo Negrín-Stalin rappresentava un polo controrivoluzionario, che aspirava a collaborare con i militari, la curia e con i borghesi franchisti - quello che, nella lingua ufficiale, è stato chiamato "la riconciliazione tra gli spagnoli".

giovedì 15 gennaio 2009

rivoluzioni



"La rivoluzione è il movimento fra due condizioni. Non ci s'immagini in proposito un rullo che gira lentamente, bensì un vulcano che erutta, una bomba che esplode o anche una suora che si spoglia.
Ogni rivoluzione è attiva, singolare, improvvisa e destinata a estirpare le proprie cause.
La rivoluzione si ha quando una situazione è divenuta intollerabile: che tale situazione sia quella stabilizzata dalle condizioni politiche e sociali di una nazione, o quella spirituale e religiosa di una cultura, o quella caratteristica di un individuo.
Le forze portanti della rivoluzione sono tedio e anelito al mutamento, sua espressione sono la distruzione e la sollevazione.
Distruzione e sollevazione in una rivoluzione sono la stessa cosa: uccisione del tiranno, deposizione del potere dominante, istituzione di una religione, distruzione delle tavole antiche (nelle convenzioni e nell'arte), creazione di un'arte nuova, il coito.
Alcuni sinonimi di rivoluzione: dio, vita, fregola, ebbrezza, caos.
Lasciateci essere caotici!"

Erich Mühsam

mercoledì 14 gennaio 2009

Laggiù, in fondo al mondo



Se la gioca con Punta Arenas, Ushuaia, la reputazione di essere la città più a sud del mondo, quasi in odor di Antartide! E' una cittadina di circa 65mila bitanti e adesso, sia in inverno che in estate, è diventata una costosa attrazione turistica, laggiù sulla sua isola in fondo al mondo.
E pensare che è nata da un ... carcere e che furono proprio i detenuti a costruirlo, il carcere, per sfuggire alla morsa gelata delle povere baracche in lamiera dove venivano stipati!
E ancora, i binari su cui viaggiano i treni che portano i turisti, furono stesi sempre dai detenuti.
Ci arrivarono in sessantadue, dentro la stiva, stipata di carbone, di una nave, nel 1911. Fra di loro c'era un certo Simon Radowitzky. Russo, emigrato in Argentina all'età di 14 anni e incarcerato quando aveva diciotto anni. Una bomba da lui lanciata aveva ucciso il colonnello Falcon, il capo della polizia responsabile della morte di otto operai e del ferimento di decine fra uomini donne e bambini durante una manifestazione per il primo Maggio, a Buenos Aires.
Fu sempre ad Ushuaia che il destino di Radowitzky incrociò quello di Pasquale Rispoli, il "Pascualini". L'ultimo pirata della Tierra del Fuego e, con ogni probabilità, l'ultimo ad aver solcato i mari del mondo. Veniva da Torre del Greco e aveva lasciato Napoli quando era morta la madre, inseguendo il padre che aveva mollato tutto e tutti per andarsene in Patagonia.
Sorta di Corto Maltese ante-litteram, venne assoldato dagli anarchici argentini per violare l'inespugnabile Carcel de Reincidentes e portarsi via Radowitzky a bordo del suo indistruttibile Sokolo. Era l'ottobre del 1918, e Radowitzky, con indosso l'uniforme di una guardia carceraria, attraversò il cancello per salire a bordo, subito prima che venisse dato l'allarme.
Giusto il tempo per respirare un po' di libertà, aria pulita su una nave pirata diretta in Uruguay. Solo che nel canale di Beagle vennero intercettati da una nave cilena, e Radowitzky venne ricondotto a Ushuaia.
Poi, la storia, abbellita o meno dalla leggenda, farà il suo corso per entrambi quegli uomini.
Radowitzky sarà scarcerato nel 1930, da un governo preoccupato di evitare disordini politici, e spedito in Uruguay. Non rivedrà mai più l'Argentina. Sarà in Spagna, a combattere. Poi, in Francia, con molti altri, in un campo di concentramento. Riuscirà, da lì, a raggiungere il Messico. Fino al giorno in cui la prigione - gli anni trascorsi in condizioni disumane - non verranno a chiedergli il conto. Nel 1956.
Un anno dopo, nel 1957,a Punta Arenas morirà Pascualin, in tranquillità e agiatezza. Aveva trascorso il resto della sua vita fra leoni di mare da catturare e indios fueghini cui vendere alcol di contrabbando e navi alla deriva da ripulire. Fra le miniere di marmo e le isolette disabitate del canale di Beagle.
Laggiù, in fondo al mondo.

buone notizie dal Brasile!




Il ministro brasiliano della Giustizia, Tarso Genro, ha deciso a favore della concessione dello status di rifugiato all'italiano Cesare Battisti a causa dell'esistenza fondata di un timore di persecuzione per le sue opinioni politiche.
Così ha riferito il ministero brasiliano in un comunicato pubblicato stanotte.

lunedì 12 gennaio 2009

dritto in piedi



South Hill
di Tim Barry

Quando la mia ragazza rimase incinta
be' lasciai perdere la scuola
Ma non c'è lavoro a South Hill
perciò cos'altro avrei potuto fare?

I reclutatori vennero a bussare
e così cominciò questa maledetta storia
Mi promisero istruzione, cibo e medicine

Dissero che non avrei speso un un centesimo
se avessi accettato di essere trasferito oltre-mare
E poi Baghdad ora è molto più sicura
della vecchia Washington, DC

Così firmai sopra quella linea punteggiata
velocemente, e con un bagliore nell'occhio
E mi ritrovai a Fort Benning
dove ho fatto pratica marciando

Bene, Falluja divenne la mia casa,
il mio conforto e il mio terrore
I marines che arrivarono
per prima cosa fecero questo luogo a brandelli

Con il suono dirompente delle Amtracs
e il guaito delle loro Humvee's

Chiamano gli attacchi aerei dei loro A-10
Vorrei che tu potessi vederlo
Ma quando arrivammo in città
realizzai che eravamo solo pedine
Andiamo di pattuglia
faccciamo perquisizioni e incursioni

Sentiamo il crepitare di armi di piccolo calibro
e l'esplosione degli IED's
Corriamo ed aspettiamo,
respiriamo nella polvere e teniamo un profilo basso

E non riesco a fermare questa martello nella mia testa
Pensavo di far bene
ma non è questo che diceva la gente
quando si ritornava in città

A volte non so dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato
Ma sono a mio agio con tutto questo caos intorno

Poi un giorno fuori di pattuglia
mentre oramai scade il mio tempo nel caldo rovente
Veniamo spediti in un quartiere
a parlare con la gente per strada

Per raccogliere informazioni su dove alcune armi
possono essere nascoste
Oppure per vedere se i Mujahideen hanno lasciato Falluja
diretti a nord

Bene, il mio plotone si perde
e comincia a prendere più di una direzione sbagliata
Dobbiamo riprendere velocemente la nostra posizione
ma cominciamo ad accusarci l'un l'altro

Poi un cecchino comincia a spararci addosso
dio li maledica tutti, non riusciamo trovare quello che spara
né individuare la postazione da dove ci fa secchi uno alla volta

Bene amici noi prendiamo su e ritorniamo in quelle strade maledette
Ma qualcosa stava andando storto e mi sentivo davvero stanco

La mia adrenalina era alle stelle ed ero spaventato
E non riuscivo quasi a respirare
Sento il dottore che dice al sergente che la morfina potrebbe uccidermi
Questa è l'ultima cosa che ricordo
Quello, e il calore e il cielo azzurro
E penso alla mia ragazza rimasta a casa e ai piccoli occhi di mia figlia

Ho preso quella pallottola a Falluja
e sono disteso in un ospedale in Germania
Sto per essere rimpatriato e ricoverato in un ospedale militare

E non riesco a sentire niente al di sotto della vita
Doc ha cercato di aiutarmi ma era troppo tardi
Ora non so chi abbia ragione o chi abbia torto
Ma sono fottuto e ora voglio solo tornare a casa
E non riesco a fermare questa martello nella mia testa
Pensavo di far bene
ma non è questo che diceva la gente
quando si ritornava in città
Ora non so quale sia la strada giusta e quale quella sbagliata
Ma un giorno starò fermo dritto in piedi
Sì, un giorno starò dritto in piedi.

sabato 10 gennaio 2009

Iconografia del dolore


Duemila anni di abiezione, solo questo mi vien da dire, duemila anni di abiezione che hanno colonizzato cervello, cuore e occhi. Come spiegare diversamente da così, il profluvio di immagini che colpisce peggio dell'artiglieria israeliana, portando immagini di dolore e sofferenza ovunque, sui giornali come sulla rete?
Sangue, volti sfigurati, cervelli spappolati, bambini dilaniati, arti smembrati. Dolore e sofferenza. Così ciascuno si può purificare, espiando attraverso il proprio senso di colpa. Vero o presunto. E per far questo, necessita proprio il dolore, la morte, del giusto o dell'innocente. Vero o presunto. Cosa meglio delle fotografie dei bambini fatti a pezzi, per poter lasciarsi inondare da un sacro dolore che possa purificare? E, magari, salvare... come la croce.
Duemila anni di abiezione!

Le "Due Porte" di De André



Divertente, non c'è che dire!
Proprio nel momento in cui, da più parti (soprattutto da quella "vedova") si cerca di santificare Fabrizio De André, se non addirittura di proporlo come l'unico vero "maitre a penser" italiano del ventesimo secolo, ecco che arriva da "Repubblica" un'impietosa fotografia che ci sa restituire il polso della situazione storica di quegli anni. Anni scomodi, sempre più, laddove pensare era sinonimo di schierarsi.
Niente "fondazioni", allora, in grado di cesellare ritratti edulcorati, per la mamma e per la nonna. Niente tranquillità artistica in cui tutti si potessero riconoscere!
A dieci anni giusti dalla morte, in un clima in cui non passa sera che il telegiornale di turno non venga a ricordare quale grande artista fosse, quale grande figura "nazionale" abbiamo mai perso, ecco che la storia, attraverso le informative di polizie, questori, SISDE, viene a ricordarci ... come eravamo!

"A ridosso dell'attentato di piazza Fontana gli attivisti dell'ultrasinistra sono sottoposti a perquisizioni e interrogatori. Tra le centinaia di extraparlamentari inquisiti figura un certo Isaia Mabellini, in servizio di leva con gli alpini, considerato dal questore di Brescia un marxista-leninista; in calce alla relazione inviata il 20 dicembre 1969 alla Direzione generale della PS, un'osservazione significativa: "É in rapporto di amicizia con tale De André Fabrizio, non meglio generalizzato, ligure, universitario a Milano, filo cinese, noto cantautore e contestatore". Con inflessibile logica burocratica, la segnalazione coinvolge il musicista nelle indagini; dal ministero dell'Interno chiedono infatti ragguagli al questore di Brescia, Manganiello che il 25 maggio 1970 aggiorna il fascicolo Milano - Roma - Attentati dinamitardi del 12.12.1969: "Le Questure di Milano e Genova sono pregate di identificare il De André Fabrizio e fornire sul suo conto dettagliate informazioni direttamente".

Nel giro di un paio di settimane la questura di Genova redige una circostanziata scheda: "Il De André Fabrizio, noto cantautore, pur essendo studente universitario fuori corso in giurisprudenza, si interessa di questioni artistiche, provvede alla incisione dei dischi delle proprie canzoni, ha effettuato qualche spettacolo in televisione, ma non appare mai nei pubblici teatri. Accompagnato sempre dalla moglie, viaggia a bordo dell'auto Fiat 600 targata GE-293864 ed è titolare del passaporto nr. 5191279 rilasciato a Genova il 10.12.1969. Non risultano precedenti penali a suo carico, salvo una denuncia, risalente al 28.8.1959 ad opera della Polizia di frontiera di Bardonecchia, per danneggiamento su edificio destinato al culto. In linea politica, pur non essendo aderente ad alcun partito o movimento - viene indicato come simpatizzante per l'estrema sinistra extraparlamentare e frequenta, in Genova, persone note per tale orientamento o favorevoli al PCI e al PSIUP".

Alla vicenda s'interessa il questore di Milano Marcello Guida, assertore della pista rossa per la bomba stragista, che fa sorvegliare le frequentazioni milanesi del "sedicente De André": "Il predetto De André, cantautore, viene regolarmente in questo capoluogo ogni mese, alloggiando sistematicamente all'Hotel Cavour in questa via Fatebenefratelli n. 21 e ripartendo il giorno successivo, dopo aver preso contatti con dirigenti di case discografiche". Per qualche tempo l'attenzione investigativa si affievolisce, tranne riprendere con maggiore insidiosità nel giugno 1976, quando l'Antiterrorismo relaziona sull'acquisto di "un appezzamento di terreno in località Tempio Pausania (Sassari) dove intenderebbe istituire una comune per extraparlamentari di sinistra. Nei periodi di permanenza in Genova, lo stesso avrebbe contatti con elementi appartenenti al gruppo anarchico ed a quello filocinese. Il De André è persona nota a codesto Ministero".

L'antiterrorismo ligure accerta che il musicista è "emigrato in data 12/3/1976 a Tempio Pausania" e invia all'Ispettorato Generale per l'Azione Contro il Terrorismo e al Nucleo Antiterrorismo di Cagliari un nutrito rapporto, in cui si registra la sua adesione al Comitato genovese per la difesa del divorzio, come se rivestisse risvolti penali.

Trascorso un triennio, un aggiornato promemoria viene inserito dal SISDE in due distinte collocazioni archivistiche: "Brigate Rosse - Varie" e "Fabrizio De André". Stavolta il cantautore viene definito senza mezzi termini un simpatizzante dei terroristi e un loro finanziatore: "Secondo la nota fonte confidenziale il Circolo "Due Porte" è una recente creazione di copertura per le Brigate Rosse. In esso si tengono normali riunioni di circolo politico-ricreativo e riunioni ristrette per l'organizzazione eversiva. Lo stesso Circolo deve servire da strumento economico e la raccolta dello sfruttamento dei fondi economici necessari alle Brigate Rosse. Una delle prime iniziative è stato lo spettacolo del cantautore Fabrizio De André alla Fiera del Mare. Il cantante, simpatizzante delle BR, è stato invitato da il "Due Porte"".

venerdì 9 gennaio 2009

conseguenze



Sam Stone
di John Prine


Sam Stone tornò a casa,
Da sua moglie e dalla famiglia
Dopo aver servito in guerra, oltremare.
E il tempo passato a combattere
Aveva spezzato i suoi nervi,
Ed aveva lasciato un po 'di schegge nel suo ginocchio.
Ma la morfina alleviava il dolore,
E l'erba cresceva suo cervello,
E gli dava quella fiducia che mancava,
Insieme ad una scimmia sulla schiena.

C'è un buco nel braccio di papà dove vanno a finire tutti i soldi,
Gesù Cristo è morto per niente, suppongo.
I piccoli spacciatori hanno grandi orecchie,
Non smettere di contare gli anni,
Le dolci canzoni non durano a lungo sulle radio rotte.
Mmm ....

Sam Stone, benvenuto a casa.
Ma non durò troppo a lungo.
Quando spese il suo ultimo centesimo andò a lavorare
Poi Sammy cominciò a rubare
Quando cominciò a sentire quella sensazione di vuoto
Per un centinaio di dollari, tolti gli straordinari.
E l'oro scorreva attraverso le sue vene
Come mille treni sulla ferrovia,
Facilitato la sua mente e nelle ore che ha scelto,
Mentre i bambini correvano attorno wearin 'altri popoli' vestiti ...

C'è un buco nel braccio di papà dove vanno a finire tutti i soldi,
Gesù Cristo è morto per niente, suppongo.
I piccoli spacciatori hanno grandi orecchie,
Non smettere di contare gli anni,
Le dolci canzoni non durano a lungo sulle radio rotte.
Mmm ....

Sam Stone era solo
Quando è scoppiato il suo ultimo palloncino
Scalando pareti, mentre sera seduto sulla poltrona
Beh, ha recitato la sua ultima preghiera
Mentre la stanza puzzava come la morte
Con un overdose che lo sollevava in aria
Ma la vita aveva perso il suo divertimento
E non c'era niente da fare
Tranne vendere la sua casa comprata all'asta
Per una bandiera drappeggiata su una bara lassù nella collina degli eroi

C'è un buco nel braccio di papà dove vanno a finire tutti i soldi,
Gesù Cristo è morto per niente, suppongo.
I piccoli spacciatori hanno grandi orecchie,
Non smettere di contare gli anni,
Le dolci canzoni non durano a lungo sulle radio rotte.
Mmm ....

giovedì 8 gennaio 2009

Teoria e Pratica



Non c'è nulla di originale. Ruba da qualsiasi luogo in cui risuona l'ispirazione o nutre la tua immaginazione. Divora vecchi film, nuovi film, musica, libri, dipinti, fotografie, poesie, sogni, conversazioni casuali, architettura, ponti, cartelli stradali, alberi, nuvole, corsi d'acqua, luce e ombre. Scegli di rubare solo le cose che parlano direttamente alla tua anima. Se farai così, il tuo lavoro (e il furto) sarà autentico. L'autenticità è inestimabile; l'originalità non esiste. E non preoccuparti di nascondere la tua arte di rapinare - mostrala, se ti piace. In ogni caso, ricorda sempre quello che ha detto Jean-Luc Godard: "Non è da dove si prendono le cose - è dove si portano".

Jim Jarmush

mercoledì 7 gennaio 2009

politica & rock



Si fa ancora un gran parlare di situazionismo e di società dello spettacolo, di Debord e di Vaneigem. Quella che oramai sembra unanimamente considerata come "l'ultima delle avanguardie storiche" assomiglia sempre più ad una sorta di reperto, più estetico che politico, con l'effetto di far passare in secondo piano quella che era l'urgenza con cui "i situazionisti" si proponevano di "trasformare la vita".
Negli anni settanta, in Inghilterra, si sviluppò una corrente critica che ritenne di dover usare le intuizioni di Debord e soci come un manuale da mettere in pratica, subito e con ogni mezzo necessario.
L'Angry Brigade, armi alla mano, cercò di allontanarsi dal settarismo disciplinato del nucleo situazionista francese, innescando la miccia del rock dentro la dinamite del pensiero di Marx e Lukacs. Ogni impresa veniva accompagnata da una cartina dettagliata che ne mostrava le coordinate urbane. La più eclatante fu quella che realizzò un attentato dinamitardo alla boutique alternativa Biba's, nel 1971. Il comunicato di rivendicazione si apriva con uno splendido detournament di un verso di Bob Dylan.
"If you're not busy being born, you're busy buying" ("se non sei impegnato a nascere, sei impegnato a comprare").
L'originale dylaniano, da "It's alright ma''" recitava "chi non è occupato a nascere è occupato a morire".
Nella Londra del periodo esisteva anche un nucleo propriamente situazionista, una sezione dell'I.S. capeggiata da Timothy Clark. L'intera sezione venne ben presto espulsa da Debord. Dalle sue ceneri, però, nacque il gruppo di King Mob, in cui militò anche Malcom McLaren, futuro manager dei Sex Pistols.
L'esperienza di King Mob divenne famosa per la realizzazione del potlatch natalizio che vide uno di quel gruppo, travestito da Babbo Natale, distribuire ai bambini giocattoli in un grande magazzino, sottratti allo stesso . Finché non intervenne la polizia che si vide costretta ad arrestare Babbo Natale davanti ad un folta platea infantile.
L'idea originale, però, era stata partorita oltre-oceano da un ennesimo nucleo operante al crocevia fra "piccola delinquenza", rock e politica.
Black Mask & Up Against The Wall Motherfucker.
Ron Hahne, Ben Morea e il gruppo di Black Mask, dapprima propaggine americana dell'Internazionale Situazionista, poi vittime dell'enesima purga compiuta da Debord. All'inizio proponevano happenning in polemica con l'arte ufficiale, poi la loro politica si avvicinerà sempre più a quella delle frange estreme del Black Power. "Black Mask" cambierà nome e diventerà "Up against the wall motherfuckers", ovvero, più o meno, "tutti contro il muro, figli di puttana!"
Mutuato da una frase di Leroi Jones che vale la pena di citare per intero:
"Tutti i negozi del centro si apriranno per te, se dirai le parole magiche. Le parole magiche sono: Tutti contro il muro figli di puttana, questa è una rapina!"

Le carte in tavola


E' al suo secondo lavoro, James Dunn, e scopre le sue carte, e le mette in tavola. "The Long Ride Home", è un disco onesto, ben suonato, limpido. Pieno di citazioni e rimandi, nel suo procedere per ... ballate. James Dunn è del New Jersey (e questo la dice lunga), anche se è cresciuto altrove, e non stupisce affatto sapere, dalle note biografiche, che in giovane età è rimasto folgorato da "Born to Run" del Boss, e da lì ha proceduto ed è andato avanti, nel suo lungo viaggio verso casa.

Carte in tavola
da James Dunn

Ti volevo con me attraverso quelle colline nelle notti d'autunno
Da dove le luci della città non potevano cancellare l'illusione dai nostri occhi
Dimmi che non c'è altro che devo sapere su di te, dimmi che quel che dici è sempre la verità
Perché stanotte ho solo bisogno di un po' di più, solo un po' di più per attraversare quella linea
Metti le tue carte sul tavolo e io farò il mio gioco
Un amore può morire, proprio in un dato momento e in un certo posto
Ma un semplice sorriso può risvegliare quelle sensazioni che restano dentro
Dimmi che non c'è altro che devo sapere su di te, dimmi che quel che dici è sempre la verità
Perché stanotte ho solo bisogno di un po' di più, solo un po' di più per attraversare quella linea
Metti le tue carte sul tavolo e io farò il mio gioco

domenica 4 gennaio 2009

No Control



Chissà, magari è solo un problema semantico, come affermava Alfred Korzybski, filosofo e matematico polacco, che riconduceva all'incomprensione tutte le cause dei conflitti e, ovviamente, delle ... incomprensioni. Fatto sta che, in questo nuovo anno, dove la moda "politica" prescrive che si insegni all'avversario ("nemico", in politica, non usa più) come si DEVE fare l'avversario, tale Guido Rampoldi, in un articolo su Repubblica, ha pensato bene, partendo da quello che sta continuando a succedere in Grecia, di fare le bucce a tutto l'anarchismo (o "anarchia", come la chiama lui).
Ha reperito il materiale necessario (l'albero di natale incendiato più volte ad Atene, ed una chiesa a Salonicco, e poi quella scritta ovunque: "no control") e si è lanciato in una disamina che, a partire dalla guerra civile spagnola, arriva a prescrivere un comportamento fruttifero a chi decidesse mai di essere, o diventare, "anarchico".
L'incipit è quasi devastante. Sembra di essere in un film di Stanlio e Ollio! Come a dire, vedete a cosa gli "incontrolados" hanno costretto stalinisti e sinistre francesi e inglesi?!?
Sono stati loro, bruciando chiese e uccidendo prelati, che hanno COSTRETTO la Francia e l'Inghilterra a rifiutare gli aiuti alla repubblica, e Stalin HA DOVUTO liquidare tutto il movimento anarchico spagnolo, per colpa di quella che era, OGGETTIVAMENTE, una quinta colonna del nemico!!!
Non lesina argomenti, Rampoldi, per sostenere la bontà delle sue tesi. Si lascia andare perfino a citare, come critico, l'apporto di quello che definisce "un circolo di simpatizzanti della rivolta greca", "Collective reinventions", i quali, a suo dire, sarebbero preocccupati e in apprensione per questo terribile slogan, e per il suo richiamarsi ai più radicali fra gli anarchici spagnoli. Peccato che il Rampoldi, lui così preoccupato per la presunta ignoranza dei giovani che si battono nelle strade di Atene e Salonicco e altre città della Grecia, non si sia, invece, preoccupato di leggere - non dico "la protesta" di un incontrolado de la columna de hierro - ma nemmeno il pezzo del "Collective Reinventions" cui si riferisce. Troppo assillato da quel "no control", e dai nuovi incontrolados, da Atene a Barcellona, i quali, però, a suo dire, mancherebbero della qualità dell'immaginazione, la quale - essendo "anarchica", ipse dixit - deve mancare anche all'articolista, che non riesce ad estrapolare come il "no control" da parte altrui, sottende proprio all'esigenza di controllo. Rivoluzionario.
I "consigli per gli anarchici" occupano tutto il resto del pezzo, corretti con un pizzico di "sano" moralismo, che non guasta mai.
Finisce, il Rampoldi, dopo aver mostrato l'incapacità di distinguere fra pacifismo e antimilitarismo (sarebbe troppo arduo ...), sottolineando come sia davvero faticoso "fare l'anarchico". "Svaligiare bancomat e saccheggiare negozi sarebbe più semplice, e anche più proficuo.
Non quanto scrivere articoli su repubblica, mi vien da chiosare.

venerdì 2 gennaio 2009

The Blues. Mary



Forse Brian Fallon non è un genio.
Ma di sicuro c'è che ha una voglia e un bisogno di suonare, di scrivere canzoni, di riarrangiare. Una voglia di darsi, inarrestabile. Ci mette dentro talmente tanto che non gli basta. Storie nostalgiche di classe operaia, come non se ne vede più (di classe e di storie!), sogni, tatuaggi. Qualcuno ha scritto, a proposito, che nella sua musica Springsteen incontra i Clash. Tre album con i "Gaslight Anthem", stanno lì a testimoniarlo. Certo, ma non basta. Ci sono decine e decine di cover, da qualche parte, su youtube. E non si tratta di semplici riproposizioni. C'è del suo, e tanto. "The '59 Sound", è stato un colpo al cuore, ed un sorriso che si allargava sulla faccia, mentre andavo avanti ad ascoltarlo, ancora e ancora. I testi che parlano dell'adolescenza finita, la musica ... punk, rock, soul. Ma che importa definirla? E' musica. Telecaster e rispetto. Marie arriva da Nashville con una valigia in mano, e, da qualche parte qualcuno si atteggia ad Elvis Presley, lenzuola bagnate d'amore, Joe Strummer nel cuore e il Boss nella mente. Ma poi, me ne'ero accorto, da qualche parte sbucava fuori altra musica, altre suggestioni. Radici country, e il blues. Ma, del resto, proviene tutto da lì. E' la musica, quella. Il blues.
E allora, girellando in rete, non mi ha stupito affatto scoprire le altre facce di Brian Fellon. L'altra musica di Brian Fellon. Ma non è affatto un'altra musica, a ben guardare. E' la stessa, l'unica, la sola musica che ci sia.
E allora, andate sul sito myspace del progetto "The Cincinnati Rail Tie", sempre dei Gaslight Anthem ed ascoltatevi tutto quello che ci trovate (soprattutto la cover di "The Weight"), poi, dopo aver fatto un giro su youtube a rintracciare cover incredibili ("Stand by me", su tutte), fate una capatina sul sito myspace di Brian. Lì ci stanno solo due canzoni, "The Blues Mary" e "Italian Lightning". Questo è il posto di Brian, dove - ci avverte -

"This is where I'll be posting information about any shows I'll be playing acoustic in between Gaslight tours. I'll be playing new songs, old songs, and songs by other people. I'm working on a few songs I'm gonna post up here during the winter. Hopefully, I'll get it done, and call it, "The Blues, Mary."


Bene, se vi è piaciuto tutto quanto, allora mettete fra i preferiti questo forum e aspettate, come me, che arrivi la notizia di un nuovo disco!