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mercoledì 29 aprile 2009
Operazioni Bancarie
Alle 7 del mattino del 7 ottobre 1934, la rivoluzione dei minatori asturiani dava inizio ad una delle sue più controverse azioni, assaltando l'edificio del Banco de España, ad Oviedo, con una manovra condotta sotto il comando di Ramón González Peña. La resistenza all'interno fu tale che, nella notte del 9 ottobre, si dovette usare un pezzo d'artigliera, per cannoneggiare la facciata a sudovest, nel mentre che si effettuava un nutrito lancio di bombe a mano sul retro. Finalmente, la mattina successiva, la guarnigione, formata da un sergente, un caporale, sei soldati e tre carabineros, venne annientata e si potè procedere senz'altro indugio all'apertura della stanza blindata.
L'operazione non andò propriamente del tutto liscia: per entrare in possesso di una parte del bottino, si persero per sempre, nell'esatto momento della detonazione, migliaia di banconote distrutte dalla dinamite, e ci si dimenticò, senza nessuna ragione apparente, di un armadio che conteneva più di quattro milioni di pesetas.
Alla fine, i responsabili quantificarono in 14.425.000 pesetas la somma sottratta. Gli storici chiarirono, successivamente, che tale somma andava decurtata di circa un milione di pesetas, vecchie banconote che recavano l'effigie di re Alfonso XIII, e che erano state ritirate dopo la proclamazione della Repubblica del 1931. Successivamente, nella seconda quindicina di novembre, vennero decurtate altre 400.000 pesetas (duemila biglietti da cento e quattromila da cinquanta) per la ragione opposta, cioè erano talmente nuove che non avevano ancora titolo per circolare! Poi, nei mesi che seguiranno alla sconfitta della rivoluzione, verranno recuperate altre quantità di banconote nascoste in vari luoghi che porterano a 4.575.607 pesetas il totale.
In quanto a ciò che venne fatto del denaro rimanente, c'è in proposito la dichiarazione resa da Ramón González Peña davanti al tribunale che testimonia fosse stato dato al Comitato che lo aveva distribuito alle vedove, agli orfani e ai rivoluzionari rimasti invalidi. Per parte sua, Andrés Saborit ha scritto nelle sue memorie che una parte era stata bruciata, per timore di rappresaglia da parte della polizia; anche se questa sembra un azione assai poco logica.
Per tenere traccia di tutto il resto, può essere dato per attendibile la narrazione che Juan José Menéndez Garcia fa, nella sua biografia di Ramón González Peña, pubblicata nel 2002. Egli ha ipotizzato che l'importo rimasto nelle mani dei rivoluzionari sia 9.449.393 di pesetas da ripartire come segue: 100.000 vennero utilizzate per la fuga a Dieppe, nel Canale della Manica, e in Russia; 300.00 vennero versate al Comitato di Grado; 900.000 vennero mandate in Belgio; alla Francia, altre due spedizioni di 4.000.000 e 250.000, rispettivamente; e a Negrín 100.000 per l'assistenza giudiziaria e per la sua rete di fuga. Quindi, ci sono ancora più di 3.000.000.
Di quello che, successivamente, è accaduto con questi soldi, c'è da raccontare che vi fu un furto di 500.000 pesetas nella sede del comitato in esilio a Parigi e un'appropriazione indevita, per la stessa somma, in Argentina, da parte di un compagno deluso in seguito ad una tragedia personale.
Da parte sua, Amador Fernández riuscì a raccogliere nelle sue mani 5.000.000 di pesetas, da Parigi e dal Belgio, che vennero tenute segrete anche ai membri del PSOE fino a quando non vennero investite per l'acquisto di una moderna rotativa, nel 1935, e per il terreno e la costruzione di un edificio per la pubblicazione di "Avance", organo del Partito.
Finora è stato fatto riferimento solo ai fondi gestiti dai socialisti, ma spulciando la stampa del 1935 si trova una curiosa storia che dimostra come anche il PCE avesse le sue mani su parte della somma.
La storia parla dell'arresto, il 20 di settembre dello stesso anno, della giovane Pilar González Pastor, avvenuto in prossimità della Cuesta de Las Perdices sulla strada da La Coruña a Madrid. La giovane aveva destato i sospetti della "benemerita" quando la videro passeggiare da sola, alle nove e mezza di sera, come se stesse aspettando qualcuno, in quel posto solitario. Interrogata, dichiarò di essere di Langrao e di appartenere alla Gioventù Comunista delle Asturie, cellula di Mieres, di dove era originaria e che era in attesa di un camion che ogni giorno andava da Santander a madrid, trasportando pesce, per farsi portare alla capitale. Nel successivo interrogatorio, Pilar, sicuramente stanca della clandestinità, non risparmiò nessun dettaglio su ciò che aveva fatto in quei mesi. Disse che aveva partecipato alla rivoluzione, dapprima come una barelliera, e quindi rifornendo i rivoluzionari di dinamite presa da Duro Felguera e destinata a far saltare le caserme di Sama, Oviedo e Mieres. Tutto questo, insieme ad un uomo, il cui nome non conosceva, e ad un'amica di nome Maria che era morta di recente e il 15, quando tutto era perduto, si era rifugiata nelle montagne di Quirós, dove era rimasta fino a giugno insieme con altri sei compagni; tra coloro che poteva ricordare c'era una donna di nome Josefina Hevia e tre uomini di nome Ricardo, Faustino e José, quest'ultimo di Turón.
Non era così ben conosciuta e non aveva mai ricoperto incarichi di responsabilità fino a quando non aveva deciso di andare con Josefina alla capanna di due pastori, Carlos e Avelino, che avevano dato loro pane e latte; da lì Josefina andò al suo villaggio e lei a Fayacaba, a casa di una tale Maria, poi a Mieres e a Sama, a casa di un'altra donna di nome Rosalie, poi aveva lavorato nel campo della Iranzo (Navarra), e infine di nuovo nelle Asturie, dopo aver trascorso alcuni giorni a Santander.
A questo punto della confessione dichiarò che a Sama aveva ricevuto una busta contenente 90.000 pesetas in biglietti da mille, provenienti dall'assalto alla Banca di Spagna, per le mani del leader comunista Polo Barral, membro del comitato rivoluzionario di Sotrondio. Con l'incarico di portare la somma alla Stazione Nord di Madrid per consegnarlo ad un uomo di 27 anni di nome Antonio Fernández. Così aveva fatto l'11 settembre e quell'uomo, una volta ricevuto il pacchetto, le raccomandò di tornare ad Oviedo, mentre lui avrebbe proceduto per la Francia, passando da Barcellona.
Nella Direzione generale della sicurezza, dove la portò la Guardia Civil, stilò un elenco di nascondigli con armi, munizioni e anche un cannone, ed i nomi dei responsabili; quindi venne condotta dall magistrato del tribunale che la fece tradurre nel carcere femminile, in attesa del suo trasferimento nelle Asturie.
E fin qui la storia di Pilar Gonzalez, e la sua ultima missione per la rivoluzione: niente di meno di 450.000 pesetas, e tute in biglietti da mille.
Sorprende tanto l'entità della somma, quanto la fiducia in una giovane senza molta esperienza che non sembra la persona più adatta per una cosa così importante, tuttavia non vi è motivo per dubitare di una tale dichiarazione così tanto ricca di dettagli il cui unico effetto sarebbe stato quello di aumentare le accuse a carico.
L'ultima cosa che resta da chiarire è che cosa ne sia stato fatto del denaro quando è arrivato in Francia, è stato impiegato per aiutare i militanti incarcerati e feriti in quell'Ottobre Rosso?
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2 commenti:
Due appunti, Franco.... credo ti siano scivolate tra le dita un paio di lettere, e dove scrivi "Langrao" ti riferisci a Langreo....
L'altra, una curiosità.... Mio nonno, ora nella stanza di fronte a questa mia, anni 91, credo abbia conosciuto Peña, in tanto che lui, mio nonno Álvaro, anche se nato nella vicina La Pereda, trascorse non poco tempo della sua vita ad Ablaña, dove Peña si nascose dopo il fallito 34... Infatti, lui andò in scuola in Ablaña, proprio nella scuola dove il "Niño de la guerra" José Fernández appare fotografato nel primo volume dei tre che compongono le sue memorie: Cuando el mundo era Ablaña ( Quando il mondo era Ablaña, gli altri sono Memorias de un niño di Moscú -memorie di un bimbo di Mosca- e Memoria de La Habana, nel quale racconta il suo tempo di interprete dei militari russi che consigliavano ai cubani, tempo nel quale fece l'interprete anche nella crisis de los misiles e conobbe ai fratelli Castro e al Che).
Grazie per la precisione, eancor di più per il prezioso ricordo del nonno. :-)
Un abbraccio a te, e anche a lui!
salud
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