Lo zombie è la trasfigurazione dell'esperienza umana della disumanizzazione
- Intervista a Joseph Tonda [***] di Sophie Lapalu -
Sophie Lapalu: La figura dello zombie è diventata onnipresente all'interno della società occidentale, dal cinema alle sfilate di Halloween. Per approfondire questa figura e la sua riappropriazione da parte della cultura occidentale, ritengo che si debba tornare ad alcune culture dell'Africa, in particolare dell'Africa centrale. «A essere incerta, è persino l'origine della parola stessa. Mentre alcuni hanno visto in essa tracce delle cosiddette "ombre" francesi, altri invece insistono sull'origine africana del termine, così come per la stessa immagine. In Congo, "Mvumbi" si riferisce a un individuo catalettico; "nvumbi", in Angola, è un corpo senza cervello; "zan bibi" in Ghana, Togo e Benin, parla di una "creatura della notte»[*1]. Ad Haiti, lo zombie è una persona in apparente stato di morte. Qual è il ruolo di figure simili - fantasmi o spiriti - nelle religioni dell'Africa occidentale o centrale?
Joseph Tonda: La mia risposta si allontanerà dal quadro ristretto delle religioni, e delle "origini africane" di questo termine - così come della figura che esso descrive - per considerarlo a partire da due percorsi che si completano a vicenda. Il primo orientamento è quello che potremmo chiamare relativo alla "magia", in cui vengono fabbricate "figure simili" agli zombie, e nella sua relazione con la stregoneria [*2], mentre invece ciò che io qui definisco "magico" rientrerà più nel registro della magia. Il secondo orientamento, è quello relativo alla relazione tra gli zombie e l'economia capitalista neoliberista, o di mercato. Questa opzione, a sua volta, è giustificata da due motivi. Il primo è quello di voler suggerire l'idea secondo cui la figura simbolica dello zombie potrebbe esistere, ed essere descritta nella letteratura occidentale, senza però che il termine venga né pronunciato né conosciuto, se non in altri termini: ad esempio vampiro o mostro, i quali esistevano nella letteratura prodotta in questo contesto storico-sociale occidentale, dove i meccanismi e le logiche del sistema capitalista in vigore producevano esseri reali che potremmo descrivere come zombie. La seconda ragione riguarda il fatto che la presunta origine africana del termine "zombie" funziona, in realtà, come una sorta di specchio magico da luna park che allarga tutto ciò che in Occidente viene prodotto dalle logiche e dai meccanismi del capitalismo. La questione delle "origini" - come generalmente avviene - qui, come altrove, è assai connessa a quella dei miti e dei riti che tali origini attualizzano. Per questo motivo, considero la magia africana o haitiana che produce zombie attraverso dei riti (o pratiche) la cui funzione è quella di creare dei miti che così raccontano - attraverso la trasfigurazione - la violenza fondamentale delle "società africane", vale a dire, delle società descritte come tali dall'Occidente. Poiché gli "africani", i "neri" o i «negri» sono stati prodotti come tali solo attraverso la violenza dell'«incontro con l'uomo bianco», ossia con il «soggetto bianco-maschio-occidentale» [*3], il quale è il prodotto di una "razionalità trionfante" che così espelleva nel "nero" “le proprie pulsioni irrazionali” divenute minacciose, nebulose, oscure; attribuendole così a un "Altro". Quest'Altro è il "non-soggetto", ovvero il "soggetto minore".
Anselm Jappe - che ho appena parafrasato - in tal senso scrive proprio che: «Il soggetto borghese maschio bianco, a sua volta, proiettava in tal modo una sensualità sfrenata sulle classi lavoratrici, sulle persone di colore, sulle donne, sugli zingari e sugli ebrei» [*4]. Bisogna anche aggiungere che questo borghese maschio bianco è un liberale [*5]. Pertanto, "l'uomo bianco" è colui che viene "svuotato" delle proprie "pulsioni irrazionali", imponendosi in tal modo come figura positiva rispetto allo zombie, mentre lo zombie "ripugnante" simboleggerebbe il "non soggetto", ossia "l'uomo di colore". A mio parere, l'inconscio dello zombie corrisponde a questa relazione speculare, nella quale, da un lato c'è il "soggetto maschio bianco occidentale", noto come "uomo bianco" che si è assunto il potere e il privilegio di denominare gli altri [*6], costringendoli a circolare tra i continenti, e generando in tal modo la trasfigurazione di quella che è stata la narrazione delle violenze fisiche subite, trasferendola nei linguaggi e nei simbolismi della violenza dell'immaginario dello zombie; mentre dall'altra parte abbiamo il "non-soggetto", "l'uomo nero", l'"africano" o l'"uomo di colore". Da questo punto di vista, "zombie" rappresenta uno dei termini e una delle figure di questa violenza dell'immaginario, che fanno parte di quella che io chiamo "Afrodistopia", distopia africana, che può essere concepita solo in relazione all'Eurodistopia. In altre parole, la violenza dell'immaginario zombie deriva dalla dinamica delle interpretazioni delle realtà materiali, che traducono rapporti di potere fisici di dominio, sottomissione e disumanizzazione. Ciò implica considerare le appropriazioni di questa figura da parte di artisti contemporanei in Occidente, così come il suo uso abituale nell'industria cinematografica o la sua spettacolarizzazione nelle sfilate di Halloween, come equivalenti delle pratiche magiche di messa in scena degli stessi sentimenti o soggettività create in Africa, di fronte alle avversità disumanizzanti che hanno prodotto "neri" e "africani". Le stesse paure del futuro, le stesse pratiche di disumanizzazione producono gli stessi effetti sul piano immaginario e simbolico. In definitiva, lo zombie è la trasfigurazione dell'esperienza umana di disumanizzazione.
Partiamo perciò dalla "magia" di fabbricare zombie e, di conseguenza, da questa disumanizzazione che la cosa comporta. La magia del Konhg coinvolge tre paesi: il Camerun, il Gabon e la Guinea Equatoriale. Da parte sua, la magia dell'Andzimba riguarda invece il Congo Brazzaville, mentre quella del Moyeke interessa i due Congo. Queste magie hanno tutte, alla loro base, la produzione o la fabbricazione di soggetti che vengono svuotati della loro coscienza e del loro libero arbitrio, diventando pertanto delle persone "senza cervello", le quali obbediscono ciecamente agli ordini dei loro proprietari che si arricchiscono così grazie al loro lavoro. La magia del Konhg si può trovare anche in Camerun, Gabon e Guinea Equatoriale, in maniera indifferenziata. Essa serve a produrre degli individui che si presume - dopo che sono stati catturati attraverso procedure magiche - continuino a vivere anche dopo la loro morte, e lavorino, in particolare nelle piantagioni di caffè o di cacao, a beneficio dei loro proprietari. Pertanto rientra nell'immaginario, o nell'inconscio, legato al traffico, alla schiavitù e all'economia delle piantagioni. È una risposta alla domanda relativa alla disuguaglianza e alle differenze nell'acquisizione della ricchezza. Sappiamo che - a livello storico - le persone che si arricchivano con la vendita di donne e uomini catturati nell'entroterra – la stragrande maggioranza dei quali erano abitanti delle coste – avevano a disposizione delle vere e proprie reti di fornitori di "merci umane". In questo modo, così facendo, la magia che è stata sviluppata per esprimere pratiche reali sotto forma di atti simbolici appartiene a delle logiche di potere e di forza che erano indispensabili per poter catturare queste "merci-umane". Nell'ambito di una simile magia - così come nella realtà storica stessa - la persona potente è colui che si suppone abbia un "supplemento" di potere, o di forza, nel proprio corpo. Questo "supplemento" viene considerato come se fosse una "crescita" biologica, un organo "aggiuntivo". Questa concezione si trova saldamente radicata nella storicità delle società precedenti all'episodio violento da cui procede la tratta degli schiavi e la schiavitù. Prima che avvenisse questo episodio, il cacciatore esperto, il pescatore efficace, il combattente imbattibile ,avevano dei loro equivalenti attuali: il giudice più "competente", l'allievo più "intelligente", l'insegnante più stimato. In breve, tutti coloro che sono migliori della media, sono dotati di questo "supplemento" di "forza" o di "potenza". Ciò significa che l'immaginario del Konhg è l'immaginario del superamento; che è sinonimo di "prolungamento", di "eccedenza" di "supplemento". La magia del Konhg consiste in una tecnica che fabbrica esseri svuotati della loro sostanza vitale, da utilizzare poi come forza aggiuntiva necessaria alla costituzione e alla riproduzione del potere di altri, vale a dire, dei proprietari di questi 'morti viventi' che sono l'esatto equivalente degli zombie. Pertanto, ciò con cui qui abbiamo a che fare, è un immaginario che mantiene delle affinità simboliche con l'immaginario del "profitto", il quale si ottiene sfruttando gli altri. Dal momento che la magia dei Konhg, la quale viene prodotta per mezzo di lavoratori invisibili, rappresenta "esseri di potere" del lavoro che vengono sfruttati nella loro morte, in modo che così i loro proprietari possano godere del prodotto del loro lavoro. Nella Repubblica del Congo (Brazzaville), una magia 'simile' a quella del Konhg esiste su mercati occulti (invisibili) costituiti proprio lungo il fiume Congo e i suoi affluenti: la magia dell'Andzimba che si dice sia specializzata nel rapimento di persone destinate alla vendita sui mercati più a monte. Presumibilmente. gli individui rapiti possono riapparire, morti, galleggiando nel fiume, ma si dice subito che però si tratta solo di "gusci", dal momento che le persone vendute e ridotte in schiavitù stanno ancora lavorando per i loro proprietari. A Brazzaville? In Occidente? In ogni caso, lo schema generale rimane quello della tratta degli schiavi e della schiavitù. Teniamo perciò presente il fatto che il principio alla base di tutti questi tipi di magia è il lavoro dei morti, ovvero, di individui svuotati della loro sostanza vitale, e in altre parole, di figure estreme ,"non soggetti". Il loro lavoro è destinato a essere eseguito in modo invisibile, e serve a spiegare l'improvvisa ricchezza di certe persone.
Tutto ciò ci consente di ripetere e completare quanto dice Birago Diop nei Racconti di Amadou Koumba, quando afferma che in Africa, "i morti non sono morti", evidenziando così il fatto che non solo i morti non sono morti, ma anche che lo sono sotto forma di zombie (poiché lo zombi è una forma svuotata del suo "contenuto", della sua "sostanza"); essi sono i lavoratori di un'economia capitalista occulta (cioè invisibile). A questo proposito, il lavoro di Jean e John Comaroff [*7] ha mostrato come - nel contesto di un Sudafrica post-apartheid, post-rivoluzionario e neoliberista - sia scoppiata una vera e propria "epidemia" di zombie durante gli anni '90, cioè dopo il 1989, anno in cui il mondo è caduto nell'economia capitalista neoliberista. In questo contesto sudafricano, gli zombie erano esseri umani reali, stranieri africani clandestini, accusati dai sudafricani di rubare loro il lavoro, e quindi di privarli della possibilità di fondare famiglie. Si diceva che lo sperma dei "proprietari" degli zombie fosse tossico. Tutto l'immaginario sugli zombie, descritti come forza lavoro prigioniera che i proprietari immagazzinavano in barili durante il giorno, e che liberavano di notte, facendoli così lavorare "al buio" [*8] teneva conto di alcuni dei problemi reali dell'era neoliberista e della sua violenza strutturale, grazie alla quale alcuni individui intraprendenti traevano profitto da nuove opportunità di arricchirsi. L'enigma della ricchezza senza lavoro, o quello dei lavoratori visibili invisibili è stata l'origine di questa ondata di violenza contro coloro che si pensava non avessero la lingua, perché non rispondevano quando gli si parlava. Si diceva che le loro lingue fossero state tagliate, e che non appena venivano identificati, sparissero: zombie. La questione dell'assenza di lingua (che deve essere intesa anche come assenza della lingua come organo; ci dicono i Comaroff) si spiega a partire dall'accento straniero degli operai, che li tradiva. L'idea della loro improvvisa scomparsa potrebbe essere spiegata con il rischio di morte, che i lavoratori stranieri clandestini affrontavano ogni volta che venivano identificati dai sudafricani neri, e fuggivano. Ovviamente, raccontano i Comarroff, la violenza dell'immaginario [*9] legato agli zombie (si parla della violenza dell'astrazione), e che pone le basi della sociologia immaginativa a loro legata, si basava su una vecchia rappresentazione di corpi privi di sostanza in quanto venivano 'svuotati', di notte, dalle streghe. Questo immaginario è presente in Africa centrale, dove è palpabile quella che io chiamo l'ossessione della scomparsa. [*10] Questa ossessione, si esprime nell'idea secondo cui i soggetti sarebbero esposti all'azione di un invisibile divoratore della loro sostanza vitale. Le persone - così 'mangiate' di notte, con la stregoneria, e che, di giorno, 'cercano' le persone che ritengono responsabili della loro morte, attraverso 'provocazioni' - portano il nome di ehongo (in iKota, la lingua parlata sia in Congo che in Gabon). Ehongo, questo individuo che è stato "mangiato" di notte, e che deve morire durante il giorno, compie delle "provocazioni" che possono portare a combattimenti nei quali verranno uccisi. È così che opera la violenza dell'immaginario della stregoneria, cioè, la violenza dell'immaginario del vampiro, pesantemente documentata da Florence Bernault in Gabon. [*11] In questo senso, il fenomeno degli zombie appare inscindibile dal fenomeno generale della stregoneria, il cui principio è la violenza dell'immaginario del "sangue succhiato", o della carne divorata. Marx stesso non considerava forse la violenza del capitalismo nei termini della figura del vampiro?
Ciò che ho appena detto dimostra che Afrodistopia, la distopia africana, può essere compresa solo in relazione a ciò che io chiamo Eurodistopia. Dici che la figura dello zombie è diventata onnipresente all'interno della società occidentale, dal cinema alle sfilate di Halloween, in altre parole, nel mondo dello spettacolo. A mio avviso, la figura dello zombie, anche se non è stata necessariamente descritta come tale, si trova al centro delle logiche di funzionamento del capitalismo e dello Stato moderno, come testimoniano tutte le opere letterarie che descrivono mondi distopici: l'esempio paradigmatico rimane "1984" di George Orwell, ma anche le opere scientifiche o filosofiche sulla figura del soggetto, proletario o borghese, riguardanti le società occidentali. In "Utopia", Thomas More ci racconta come i miserabili, le persone delle classi inferiori, vengono ricoperti e sommersi di oro e di lusso. Si tratta pertanto di una critica al fiorente capitalismo della società inglese nel sedicesimo secolo. Tuttavia, nell'Eurodistopia, il proletariato ideale a Londra, Parigi o Berlino «è qualcuno la cui testa è stata svuotata e rimpicciolita mentre alcuni organi si sono specializzati, in particolare la mano – ma, a volte, potrebbero anche essere i piedi, gli occhi, le orecchie... La finalità di queste operazioni è stata perfettamente individuata da Marx: lo svuotamento della testa e la monopolizzazione della mano, ciò permette l'estrazione del plusvalore da parte del padrone, cioè del capitalista».[*12] Tre secoli dopo la pubblicazione dell'Utopia di More, il proletariato che abita la distopia europea si trova a essere composto da persone le cui teste sono state svuotate, persone "senza cervello", in altre parole da "zombie". Allo stesso tempo, queste persone sono quelle che producono il plusvalore capitalista e il plus-de-jouir (plus-godimento) lacaniano. Lacan «spiega efficacemente come il mercato economico che si è creato, tra l'individuo che ha venduto la propria forza-lavoro per una sussistenza, e il capitalista, sia anche un mercato di godimento, visto che in esso si stabilisce un "plus-de-jouir, che viene catturato dall'altro, il padrone"... e che viene ottenuto grazie alla rinuncia [del proletariato] al godimento». [*13]
Produrre soggetti senza coscienza e senza desideri, i cui "organi", principalmente la mano (intesa come una macchina), lavorano all'estrazione del plusvalore, assomiglia al non-soggetto prodotto e promosso dal neoliberismo. In modo assai diabolico, ciò viene presentato come una macchina che lobotomizza il proletariato, trasformandolo in quegli esseri-per-il-piacere che aveva percepito Lyotard. Ecco cosa scriveva a proposito del luogo di nascita della distopia orwelliana: «I disoccupati inglesi non sono stati costretti a diventare operai per sopravvivere, ma essi» - tenetevi forte e sputatemi addosso - «godevano dello sfinimento isterico, masochistico, qualunque fosse la fatica di resistere nelle miniere, nelle fonderie, nelle fabbriche, all'inferno, ne godevano, godevano della folle distruzione del loro corpo organico che era stato loro imposto, godevano della decomposizione della loro identità personale, quella che la tradizione contadina aveva costruito per loro, godevano della dissoluzione delle loro famiglie e dei loro villaggi, godevano del nuovo mostruoso anonimato delle periferie e dei pub la mattina e la sera». [*14] Nella distopia neoliberista di oggi, il godimento emerge come una componente strutturale delle persone "senza cervello". Una distopia che era stata prefigurata in 1984, sotto il regime del Grande Fratello. Nonostante il "puritanesimo sessuale" sostenuto dai funzionari dello Stato del Grande Fratello, il godimento è nel programma di questo Stato, e si esprime attraverso l'orgasmo collettivo prodotto dalla Settimana dell'Odio [*15], la quale porta le persone senza coscienza o desiderio ad "amare" il Grande Fratello, dal momento che hanno perso la "testa". Queste persone sono zombie. Perché nello stato del Grande Fratello, come ci dice O'Brien: «Siamo morti. La nostra unica vera vita è nel futuro. Vi prenderemo parte sotto forma di manciate di polvere e di schegge d'ossa». [*16]
[***] - Joseph Tonda è sociologo e antropologo; insegna all'Università Omar Bongo di Libreville e tiene regolarmente conferenze all'EHESS di Parigi. Sebbene la sua ricerca riguardi l'Africa centrale, è anche interessato ai lavori intrapresi da ricercatori africani e occidentali in Sud Africa. È con questo ampio campo visivo che ha risposto alle nostre domande sulle origini e gli sviluppi della figura dello zombie nel continente africano. Quest'anno ha pubblicato Afrodystopia: La vie dans le rêve d'Autrui, con Éditions Karthala a Parigi.
NOTE:
1 - Maxime Coulombe, "Zombies, symptôme d'une époque terrifiée", in Socio-antropologia, Mortels ! Imaginaires de la mort au début du XXIe cantone di siècle, 2015, 49–60.
2 - Vedi il lavoro di Edwards Evan Evans-Pritchard, Witchcraft, Oracles and Magic among the Azande (Oxford: Clarendon Press), 1937.
3 - Robert Kurz, La substance du capital. Préface d'Anselm Jappe (Paris: Éditions l'Échappée, 2019), 269.
4 - Anselm Jappe, La société autophage. Capitalisme, démesure et autodestruction (Paris: La Découverte, 2017), 47.
5 - Domenico Losurdo, Contre-histoire du libéralisme, (Paris: La Découverte, 2014 [prima edizione italiana 2006])
6 - Su queste considerazioni generali si veda Léonora Miano, Afropea. Utopie post-occidentale et post-raciale (Parigi: Grasset, 2020); Achille Mbembe, Critique de la raison nègre (Parigi: La Découverte, 2015 [2013]); Domenico Losurdo, op. cit.
7 - Jean & John Comaroff, "Nations étrangères, zombies, immigrants et capitalisme millénaire", Bulletin du Codesria, 3 e 4, 1999, 19-32; Zombies et frontières à l'ère néolibérale. Le cas de l'Afrique du Sud postapartheid (Parigi: Les Prairies ordinaires, 2010).
8 - In francese au noir, significa anche 'sotto il tavolo', NdT.
9 - La nozione di violenza dell'immaginario è stata creata e sviluppata da Joseph Tonda in Le Souverain moderne. Le corps du pouvoir en Afrique centrale (Congo, Gabon), (Paris: Karthala, 2005).
10 - Joseph Tonda, L'impérialisme postcolonial. Critique de la société des éblouissements (Paris: Karthala, 2015).
11 - Florence Bernault, Transazioni coloniali. Immaginari, corpi e storie in Gabon (Durham: Duke University Press, 2019), 183–187.
12 - Dany-Robert Dufour, L'individu qui vient... après le libéralisme (Paris: Denoël, 2011), 187.
13 - Dany-Robert Dufour, Baise ton prochain, op. cit. 85.
14 - Jean-François Lyotard, Economie libidinale (Parigi: Minuit, 1974), 136.
15 - George Orwell, 1984, op. cit. 240.
16 - Ivi, p. 235.
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