giovedì 11 gennaio 2024

L’eterno obbligo di dover «sfamare le città»…

Prefazione a "La proletarizzazione dei contadini", di Kostas Papaïoannou

"La proletarizzazione dei contadini" comprende tre articoli che originariamente erano stati pubblicati nel 1963, sulla rivista di Boris Souvarine, "Le Contrat social". Vent'anni dopo, Raymond Aron li avrebbe inclusi nella sua raccolta postuma delle opere di Papaïoannou, "De Marx et du marxisme" (*1). In origine, i tre articoli erano intitolati: "La proletarizzazione dei contadini, I" (n. 1, gennaio-febbraio 1963), "La proletarizzazione dei contadini, II. La controrivoluzione totalitaria" (n. 2, marzo-aprile) e "L'accumulazione totalitaria" (n. 3, maggio-giugno 1963). In questa edizione, abbiamo ripreso la disposizione che aveva usato Aron, vale a dire, cambiando l'ordine tra il secondo e il terzo articolo (seguendo le indicazioni manoscritte lasciate dall'autore), così come il titolo dato al trittico. Le citazioni e la bibliografia sono state aggiornate via via che sono apparse delle traduzioni più recenti. Salvo rare eccezioni, non abbiamo cercato di cancellare le poche ripetizioni presenti nei tre articoli originali (i quali, ora sono diventati capitoli).

Nella biografia di Kostas Papaïoannou, François Bordes spiega come quest'ultimo riprese e completò tutti i suoi testi successivi «con l'aiuto di forbici, nastro adesivo, colla [...]. E gli [i suoi] archivi portano la traccia di questo lavoro continuo, incessantemente ripreso» (*2). Infatti, un gran numero dei suoi articoli di analisi e di lotta, soprattutto negli anni '60, trattano sempre il medesimo argomento: il pensiero di Marx, e dei suoi continuatori, e la realtà di quei regimi che nel XX secolo hanno preteso di essere i suoi seguaci. Nel corso degli anni '70, Papaïoannou intendeva scrivere un libro che riassumesse le sue riflessioni su questi due temi, ma quest'opera non vide mai la luce. Tuttavia, delle raccolte come "De Marx et du marxisme", "La Consecration de l'Histoire" (*3), oppure il suo saggio "L’Idéologie froide" (*4) riescono a rendere bene l'idea di quale sia stata la lungimiranza di questo scrittore greco, giunto in Francia, nel 1945, sulla stessa nave con cui era arrivato Cornelius Castoriadis; un altro illustre esponente dello studio eterodosso di un Marx emancipato dalle menzogne dei partiti comunisti.

Un secolo dopo la morte di Lenin (gennaio 2024), ci sembra particolarmente importante, sotto più di un aspetto, guardare indietro alla tragedia contadina dell'URSS, durante il primo piano quinquennale di industrializzazione (1929-1933). Nella storia del XX secolo, si è trattato di un episodio fondamentale, nel quale si è visto Stalin consolidare definitivamente quello che era il suo potere personale, nel mentre che finiva di affermarsi la burocrazia, come nuova classe dominante la produzione e la società. Papaïoannou mostra in maniera chiara e concreta cosa abbia significato, in Unione Sovietica, l'industrializzazione, l'egemonia sociale dei funzionari del Partito, lo sfruttamento mostruoso dei lavoratori manuali, l'istituire quelli che sono stati dei privilegi economici esorbitanti, il terrore politico, la carestia, e i massacri. Oggi, questo riferimento storico potrà risultare utile, nel momento in cui vediamo due ex repubbliche sovietiche in guerra tra loro: l'Ucraina, la cui popolazione ha sofferto particolarmente a causa della collettivizzazione, e la Federazione Russa, che viene ora guidata da un ex agente del KGB che si richiama alla lotta contro il nazismo (*5).

La lettura che ne fa Papaïoannou, potrà anche servire da controcanto a quella strana teoria che viene oggi portata avanti da parte di alcuni ambiti "anticapitalisti" di questa nostra epoca, e che ipotizza una sorta di "leninismo verde". L'alfiere di questa chimera, è l'autore svedese (e militante trotskista) Andreas Malm, il quale si propone di conciliare l'armamentario ideologico del vecchio capitalismo sovietico con la difesa di ciò che è vivente. Tuttavia, in un libro già pubblicato da "La Lenteur", "Lénine face aux moujiks", la storica Chantal de Crisenoy ha mostrato fino a che punto Lenin - ammiratore di Taylor e della grande industria tedesca - disprezzasse i contadini del suo Paese, le loro tradizioni basate sull'auto-organizzazione e sulla condivisione, nonché le loro abitudini di produrre su piccola scala, e principalmente per la sussistenza (*6). Pur senza togliere alcun merito al lavoro di Malm, ci si chiede come negli anni 2020 ci si possa richiamare a Lenin senza condividere la medesima anima di leader spietato, o di tecnocrate avido di potere. Come si può pensare di coniugare seriamente l'ecologia, facendolo nel nome di un fervente industrialista, il quale ha aperto la strada a quello che, in tre secoli, per gli esseri umani e per gli ambienti naturali si è rivelato come uno dei più spropositati processi di modernizzazione capitalistica, brutale e distruttivo, in cui non sono mancati né eccessi né massacri di ogni genere? L'indulgenza, che Malm ha nei confronti di Lenin e della burocrazia sovietica, si sposa perfettamente con il suo elogio del "comunismo di guerra" da attuare nel nome dell'emergenza ecologica e sanitaria (*7), con la sua legittimazione di quelli che sono alcuni progetti - in preparazione - di geoingegneria climatica (*8), e con il suo benevolo silenzio sul nuovo capitalismo elettrico e digitale, il quale promette di essere non meno devastante del capitalismo fossile.

Infine, questo ritorno al progetto collettivista dei bolscevichi, riguardo le campagne, è assolutamente illuminante proprio nel momento in cui lo slogan della "socializzazione dell'agricoltura" (o "dell'alimentazione") sta godendo in Francia di un rinnovato interesse. A quanto pare, sembra provenire da alcuni ambienti che lavorano al progetto di un sistema di Sicurezza Sociale dell'alimentazione, che viene visto come un mezzo per combattere il sistema agro-industriale, e le abissali disuguaglianze esistenti per quel che riguarda l'accesso al cibo tra le diverse classi sociali. Di fronte a un'agricoltura che non remunera la maggior parte degli agricoltori e che non permette a un'intera fascia della popolazione di nutrirsi in maniera corretta, nel mentre che allo stesso tempo distrugge l'ambiente naturale, vediamo alcuni sostenere la socializzazione delle spese alimentari e la "democrazia alimentare": i contadini potrebbero essere assoggettati a dei contratti, come avviene con i medici, ecc., e la loro produzione verrebbe orientata in base alla domanda espressa dalle assemblee dei consumatori (o dai loro rappresentanti...) (*9). L'idea è ambiziosa e l'intento è generoso, ma è palese che gli insegnamenti provenienti delle esperienze "comuniste" del blocco sovietico del XX secolo non sono certo quelle alla base del pensiero degli architetti di questo progetto. Il rischio di assoggettare i lavoratori rurali a dei nuovi assetti burocratici, e soprattutto il rischio dell'eterno obbligo di dover "sfamare le città", non sembra preoccupare più di tanto i sostenitori della socializzazione. 

Del resto, anche Papaïoannou commise l'errore (nel 1963) di non preoccuparsi degli immensi problemi che poneva l'industrializzazione dell'agricoltura nei paesi occidentali. Tuttavia, il suo testo costituisce un'ottima introduzione a questa lunga storia di asservimento delle campagne alle città, di cui il regime bolscevico scrisse un capitolo significativo e particolarmente sanguinoso.

Prefazione dell'editore di Kostas Papaïoannou, "La Prolétarisation des paysans", La Lenteur, Saint-Michel-de-Vax.

Note

1. Kostas Papaïoannou, De Marx et du marxisme, Paris, Gallimard, 1983 (vedi la quarta parte, "La terra e i contadini").

2. François Bordes, Kostas Papaïoannou (1925-1981). Les idées contre le néant, Parigi, La Bibliothèque, 2015.

3. Parigi, Ivrea, 1996 (prima edizione: 1983).

4. Parigi, Éditions de l'Encyclopédie des Nuisances, 2009 (prima edizione: 1967).

5. Sul conflitto russo-ucraino nel Novecento, sarà utile leggere il libricino della Réseau Makhno, “Guerre en Ukraine. Géopolitique des empires”, Paris, Éditions du Monde libertaire, 2022. . Sulla ricezione dei nazisti come liberatori da parte delle popolazioni delle repubbliche occidentali dell'Unione Sovietica nel 1941, si vedano le pagine 568 e 569 di Boris Souvarine, Stalin. Cenni storici sul bolscevismo, Parigi, Ivrea, 1992.

6. Chantal de Crisenoy, Lenin face aux moujiks, Parigi, La Lenteur, 2017 (prima edizione: 1978).

7. In Die Fledermaus and Capital (Parigi, La Fabrique, 2020), Malm non ha esitato a difendere la "mobilitazione sociale totale" contro la diffusione del Covid-19, vedendola come un modello da seguire per un rapido cambiamento ecologico.

8. Cfr. Andreas Malm, Come sabotare un oleodotto, Parigi, La Fabrique, 2020; e il ritratto compiaciuto del giornalista Nicolas Truong, "Andreas Malm, il Lenin dell'ecologia", su Le Monde del 22 aprile 2023.

9. Per una diagnosi completa di questi punti, e un resoconto stimolante di questa via politica, si veda L’Atelier Paysan, Reprendre la terre aux machines. Manifeste pour une autonomie paysanne et alimentaire, Paris, Le Seuil, 2021.

fonte: Les Amis de Bartleby

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