sabato 13 gennaio 2024

Imperativi categorici !!

"Situazionismo 2018": Debord e il sionismo - Perché l'Internazionale Situazionista ha capito Marx ma non Israele.
Conferenza di Stephan Grigat

Nella seconda metà del XX secolo, Guy Debord e l'Internazionale Situazionista hanno formulato quella che, accanto alla Teoria Critica, è stata una delle più avanzate critiche sociali orientate a Marx.
Sia per il loro esplicito riferimento alla critica di Marx al feticismo e al misticismo delle società capitalistiche, sia per i loro interventi politici - che in una fase assai precoce vennero esplicitamente diretti contro la controrivoluzione islamica - si sono nettamente differenziati dalla corrente principale della sinistra riformista, e da quella rivoluzionaria. Tuttavia, la loro profonda ignoranza in materia di antisemitismo ha fatto sì che gli riuscisse impossibile comprendere in maniera adeguata sia il Sionismo che Israele; e ciò a causa del fatto che si sentivano impegnati nell'imperativo categorico di Marx, ma non erano per niente interessati all'imperativo categorico di Adorno.
Del resto Marx parla di un imperativo categorico: «La critica della religione ha come conclusione la lezione secondo cui l'uomo è, per l'uomo, l'essere supremo, ossia l'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti in cui l'uomo è un essere degradato, asservito, abbandonato, spregevole» (in: Karl Marx, Per una critica della filosofia del diritto di Hegel, Introduzione).

Nella "Dialettica negativa", riferendosi all'Olocausto della Seconda guerra mondiale, Adorno formula un concetto importante, il quale merita di essere esaminato. Quando, dopo essere riuscito a sfuggire al massacro nazista insieme ad altri pensatori della Scuola di Francoforte, egli apprese della triste morte del suo amico e collega Walter Benjamin, sviluppò un nuovo concetto: quello di "nuovo imperativo categorico". Riprendendo l'enunciato kantiano («Agisci in modo tale che la regola della tua volontà possa sempre valere nel contempo anche come principio di legislazione universale»), dichiarò:

«Hitler ha imposto all'uomo un nuovo imperativo categorico, il quale riguarda il suo attuale stato di schiavitù, ed è quello di dirigere il suo pensiero e la sua azione in modo che Auschwitz non si possa più ripetere, in modo che non accada mai più nulla di simile».

E aggiunse che questo imperativo non ha bisogno di essere né spiegato né giustificato.

ZEIT ONLINE: «Herr Grigat, dopo l'attacco di Hamas a Israele il mondo intero ha ripreso a parlare del concetto di antisemitismo. Con che tipo di pregiudizio o di atteggiamento abbiamo a che fare?»

Stephan Grigat: «L'antisemitismo non riguarda solamente un pregiudizio nei confronti degli ebrei, ma coincide con una certa visione della società. L'antisemitismo è una visione delirante del mondo, e secondo tale visione, gli ebrei sarebbero dotati di uno spirito superiore, oltre a delle specifiche capacità economiche. Si parte dal presupposto che essi siano ricchi, pericolosi e potenti; e come ho detto, si tratta di una visione distorta che non ha nulla a che fare con la realtà.»

ZEIT ONLINE: «Come nasce questo sguardo delirante?»
  
Stephan Grigat: «Gli antisemiti sono dei vigliacchi. Essi reagiscono alle contraddizioni, alle ambivalenze e ai fenomeni di crisi esistenti in tutte le società cercando di eludere queste contraddizioni, e lo fanno proiettandole. Pertanto non combattono i potenti, ma dicono: la colpa è degli ebrei. E a partire da questo, tutto ciò che viene percepito come sgradevole e minaccioso viene proiettato sugli ebrei, sull'ebraismo, e in seguito anche sullo Stato ebraico, per poi combatterlo.»

ZEIT ONLINE: «L'antisemitismo è una forma di razzismo?»

Stephan Grigat: «Lo è e non lo è. Ci sono delle importanti somiglianze, così come anche differenze cruciali. I razzisti considerano stupide, animalesche e incivili le persone che discriminano, perseguitano e opprimono. In ultima analisi, agli occhi dei razzisti, per loro rappresentano la natura selvaggia. Nell'antisemitismo moderno, invece, gli ebrei vengono considerati in maniera esattamente opposta. Nella società moderna, rappresentano l'astratto, l'inafferrabile.»

ZEIT ONLINE: «Di fronte a una dichiarazione, o a un comportamento antisemita, a quale interpretazione si attiene la scienza?»

Stephan Grigat: «Nel mondo accademico esiste una grande diatriba sulla definizione di antisemitismo. Ritengo che l'odio verso gli ebrei non possa essere affrontato solo con le formulazioni definitorie. Trovo utile la definizione dell'International Holocaust Remembrance Alliance, che descrive l'antisemitismo nel senso di una certa percezione degli ebrei la quale può esprimersi nell'odio verso individui o istituzioni ebraiche. In ultima analisi, però, mi sembra che una critica dell'antisemitismo abbia senso solo nel contesto di una critica sociale generale che ne descriva le dinamiche, ne analizzi la natura contraddittoria e cerchi di localizzarlo nella corrispondente costellazione sociale - e questo è qualcosa di diverso da una semplice definizione.»

ZEIT ONLINE: «In questo periodo, le critiche alla politica israeliana, e a Israele in generale, si ascoltano in molte discussioni. Ma in quali casi la critica diventa antisemita?»

Stephan Grigat: «Le critiche a determinate decisioni politiche adottate in Israele rientrano nella normalità, e sono anche costantemente espresse, soprattutto all'interno di Israele stessa. Ma attualmente abbiamo a che fare soprattutto con un odio aperto nei confronti di Israele e con un risentimento anti-israeliano non così aperto. Il test delle 3 "D" ci può fornire una prima approssimazione della misura in cui una critica è antisemita. Le D significano: "Demonizzazione", "Due pesi e due misure" e "Delegittimazione". Se Israele viene demonizzato come Stato, e si invocano miti cospirativi antisemiti, e se si nega il diritto di Israele a esistere, se lo Stato ebraico viene delegittimato, e se quelle che sono situazioni analoghe, però in altri paesi, vengono giudicate in maniera diversa, applicando pertanto Due pesi e due misure; ecco che allora, a quel punto, ci troviamo di fronte a dei classici casi di antisemitismo connesso a Israele.»

ZEIT ONLINE: «Davanti all'Ufficio Federale degli Affari Esteri di Berlino, durante una manifestazione a favore dei palestinesi, alcuni giovani hanno esposto dei cartelli con la scritta "Liberate la Palestina dal senso di colpa tedesco".»

Stephan Grigat: «A mio giudizio, abbiamo a che fare con una difesa di sinistra del senso di colpa. E questo è singolare dal momento che, allo stesso tempo, l'AfD inveisce contro il cosiddetto "culto della colpa" tedesco. Questi slogan si inseriscono nel cosiddetto Historikerstreit 2.0, dove vediamo che a cercare di relativizzare le peculiarità del nazionalsocialismo, non sono più gli storici di destra, bensì quelli di sinistra. Per farla breve, vogliono attaccare apertamente lo Stato di Israele, però dovrebbero sapere che la sua auto-affermazione militare ha molto a che fare con la natura senza precedenti della Shoah.»

ZEIT ONLINE: «Storicamente parlando, perché le persone di fede ebraica sono state dichiarate capri espiatori?»

Stephan Grigat: «Questo moderno antisemitismo razzista nasce nel XIX secolo. È basato su tradizioni religiose di ostilità nei confronti degli ebrei. In Europa, si tratta principalmente di tradizioni cristiane, ma a livello globale anche islamiche. Il cristianesimo iniziò con l'accusa che gli ebrei siano stati gli " uccisori di Dio", sostenendo che non sarebbe stato il governatore romano di Gerusalemme il responsabile della crocifissione di Gesù Cristo, ma "gli ebrei". Nel corso dei secoli, le accuse si sono radicalizzate: gli ebrei erano figli del diavolo e avvelenatori di pozzi, responsabili della peste e delle crisi economiche. A ciò si aggiunse la leggenda dell'omicidio rituale che nacque nelle società cristianizzate: gli ebrei avrebbero rapito e ucciso bambini cristiani per ottenerne il sangue. Dalla metà del XIX secolo, questa leggenda si diffuse anche nelle società islamiche.  Per inciso, la Chiesa cattolica ha rivisto molte delle sue dottrine antiebraiche solo 20 anni dopo il nazionalsocialismo, in occasione del Concilio Vaticano II. Questo dimostra quanto a lungo sia persistito l'antisemitismo di matrice cristiana».

ZEIT ONLINE: «In Germania, l'antisemitismo è culminato nell'Olocausto. Come ha potuto l'odio per gli ebrei trasformarsi in un'ideologia di Stato?»

Stephan Grigat: «Nel XIX secolo, l'odio religioso nei confronti degli ebrei si trasformò in antisemitismo razzista. Gli ebrei non erano solo accusati di avere una religione diversa, ma anche di essere una razza aliena. Il problema non risiedeva nella loro fede, ma nel loro sangue».

ZEIT ONLINE: «All'epoca esistevano dei presupposti particolari per l'antisemitismo in Germania?»

Stephan Grigat: «Il significato del nazionalismo di matrice viscerale in contrasto con le tradizioni repubblicane mi sembra decisivo. Stati repubblicani come la Gran Bretagna, la Francia o gli Stati Uniti non sono affatto esenti da tradizioni antisemite, ma nel nazionalismo repubblicano c'era una costellazione diversa rispetto alle concezioni völkisch del Reich tedesco, che fin dall'inizio era un movimento contrario alla parziale emancipazione degli ebrei presenti sia in Francia che in Germania. Nel nazionalismo völkisch tedesco, che in seguito si radicalizzò nel nazionalsocialismo, era chiaro fin dall'inizio che gli ebrei non appartenevano al popolo.»

ZEIT ONLINE: «Ma anche in tali condizioni, non si sarebbe mai creduto che un regime o uno Stato potesse riuscire a disumanizzare un gruppo di popolazione a tal punto che parti significative della popolazione avrebbero partecipato al suo annientamento.»

Stephan Grigat: «Anche dopo decenni di discussione sul tema dell'antisemitismo, rimane sempre un senso di orrore e di stupore: da un lato, per la partecipazione di massa all'assassinio degli ebrei europei sotto il nazionalsocialismo. Dall'altro, come si possa credere seriamente che un gruppo di persone che costituiva una percentuale irrisoria della popolazione mondiale potesse dominare il mondo. Tuttavia, questo mito della cospirazione è stato ed è un elemento centrale dell'ideologia nazionalsocialista e dell'attuale antisemitismo.»

ZEIT ONLINE: «Se si guarda alla società tedesca di oggi, in diversi gruppi è presente l'antisemitismo. Può spiegarcelo?»

Stephan Grigat: «Tra gli estremisti di destra e i neonazisti esiste un antisemitismo omicida, e ciò non solo in Germania, ma in tutto il mondo. Il partito AfD, presente nel Bundestag e nei parlamenti statali, difende in modo aggressivo il proprio passato nazista e incoraggia anche altre forme di antisemitismo. Tuttavia, bisogna prendere sul serio anche le forme di antisemitismo di sinistra, soprattutto quando si tratta di ostilità nei confronti di Israele, siano esse in un contesto storico o attuale. A ciò si aggiunga la forma particolarmente diffusa e pericolosa di ostilità islamista nei confronti degli ebrei.»

ZEIT ONLINE: «Stiamo prendendo abbastanza sul serio questi movimenti antisemiti?»

Stephan Grigat: «Non sempre. Molti sottovalutano la minaccia rappresentata dall'antisemitismo nei vari schieramenti politici e non sempre vi si oppongono con sufficiente forza. Perché alle manifestazioni berlinesi organizzate da gruppi vicini ad Hamas, apertamente antisemita, si presentano solo pochi contro-manifestanti, mentre decine di migliaia scendono in piazza contro l'AfD? Un altro esempio è il regime iraniano, che sta giocando un ruolo decisivo nell'attuale escalation tra Israele e Hamas: quando i massimi rappresentanti del regime iraniano vengono accolti amichevolmente in Europa, come il sindaco di Teheran Pirouz Hanachi nel 2019 dall'allora sindaco di Berlino Michael Müller o il ministro degli Esteri iraniano Mottaki con il suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier nel 2008, non ci sono nemmeno 50 persone che manifestano. E stiamo parlando di un regime che nega l'Olocausto, che minaccia lo Stato ebraico di essere annientato e che si prepara ad acquisire i mezzi per farlo con armi di distruzione di massa. Un regime del genere, che tra l'altro è ammirato da molti estremisti di destra in Europa, non dovrebbe essere al centro di qualsiasi critica all'antisemitismo?»

ZEIT ONLINE:«Come si spiega questo?»

Stephan Grigat: «In certi ambienti accademici di sinistra non si vuole parlare dell'antisemitismo islamico, in parte per paura di essere considerati razzisti. Anche il diffuso relativismo culturale gioca un ruolo importante: si tratta dell'opinione errata che le culture possano essere criticate solo da una prospettiva interna. In questo contesto, le forme di governo islamico vengono praticamente escluse dalla critica. Credo che questo sia un problema serio, anche perché rende molto facile per gli xenofobi di destra appropriarsi della questione. Dovrebbe proprio essere compito delle persone di sinistra e dei liberali criticare l'antisemitismo, così come il palese odio verso le donne e i gay del regime iraniano e di altri islamisti.»

ZEIT ONLINE: «Il regime iraniano finanzia Hamas, tra le altre cose. Com'è possibile che in Iran si sia sviluppato un odio così forte nei confronti degli ebrei?»

Stephan Grigat: «L'ideologia del regime iraniano si basa sulle tradizioni di ostilità islamica verso gli ebrei e sul moderno antisemitismo complottista. Quest'ultimo ci è familiare per via dell'Europa e del nazionalsocialismo, da un lato, e della Fratellanza Musulmana, da cui è poi emersa la palestinese Hamas, dall'altro. Gli scritti centrali dei leader dei Fratelli Musulmani sono stati tradotti in persiano dall'attuale guida spirituale suprema dell'Iran, Ali Khamenei. Anche la diatriba antisemita de I Protocolli degli Anziani di Sion, tradotta in persiano nel 1978, è stata molto importante ed è stata ripetutamente ripubblicata in grandi edizioni dalle autorità statali iraniane nei decenni successivi - a volte con titoli diversi, come" Protocolli dei leader ebrei per la conquista del mondo". Per questo motivo la propaganda iraniana parla ancora di "sionisti" con lo stesso tono da teoria del complotto che è familiare all'antisemitismo classico contro gli ebrei. Nell'ideologia e nella propaganda del regime iraniano, il sionismo non viene attaccato come un semplice avversario politico, ma come un male fondamentale, ritenuto responsabile di quasi tutti i problemi del mondo e la cui eliminazione apre quindi la strada alla salvezza.»

ZEIT ONLINE: «In questa ideologia la soluzione dei due Stati è un'opzione da escludere?»

Stephan Grigat: «Il regime iraniano, come Hamas e Hezbollah, non è interessato a un accordo o a un compromesso con Israele, ma all'annientamento dello Stato ebraico. Non vogliono una soluzione a due Stati, ma la distruzione dello Stato di Israele.»

ZEIT ONLINE: «Lei ha parlato di un'illusione. È possibile far rinsavire le persone antisemite?»

Stephan Grigat: «Se si ha una visione chiusa e antisemita del mondo, non serve a nulla sottolineare che gli ebrei non sono poi così potenti come sostiene l'antisemitismo. E se qualcuno crede che Israele sia il male fondamentale del mondo e che sia alla base di quasi tutti i problemi, nessuna lezione sul reale sviluppo storico del Medio Oriente potrà essere d'aiuto. Ecco perché anche per quanto riguarda l'antisemitismo si parla di "limiti dell'illuminismo". Se si vuole combattere l'antisemitismo, non si tratta pertanto solo di istruire le persone sulla storia dei conflitti in Medio Oriente. Si tratta anche di tracciare dei confini chiari e di reagire all'antisemitismo con l'ostracismo sociale, la repressione statale e, se necessario, con la forza militare, come fecero, ad esempio, gli Alleati contro il regime nazista.»

ZEIT ONLINE: «Così anche l'istruzione sta fallendo a causa dell'antisemitismo?»

Stephan Grigat: «Sì, credo che l'educazione fallisca di fronte a una visione del mondo chiusa e antisemita. Ma l'educazione è comunque necessaria. Bisogna solo rendersi conto che ci sono casi in cui l'educazione non è sufficiente.»

(Da un'intervista di Zeit Online a Stephan Grigat - https://www.zeit.de/wissen/2023-11/antisemitismus-professor-stephan-grigat-israel-hamas-nationalsozialismus )

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