La crisi finanziaria globale del 2008, la risposta monetaria al Covid-19, la catastrofe climatica ormai in atto e la crescita delle disparità economiche hanno mostrato come il denaro sia diventato il vero campo di battaglia su cui si scontrano concezioni del futuro in contrasto tra loro. I filosofi politici giocano un ruolo cruciale in questi dibattiti, offrendo gli strumenti concettuali per indagare cosa si intende per giustizia e democrazia in quel peculiare ordine monetario che è il capitalismo finanziario e recuperando o creando un linguaggio adatto a discuterne. Riesaminando le intuizioni dei principali pensatori politici dall’antica Grecia a oggi – da Aristotele a Locke, da Fichte a Marx, a Keynes –, la grande storia intellettuale della moneta ricostruita da Stefan Eich mostra come il protagonista di queste pagine non sia solo un mezzo di scambio, ma anche un’istituzione centrale di governo politico. Poiché la modernità monetaria, sempre sospesa tra aspettative di espansione e uno spazio di esperienza instabile, ha trovato la sua espressione più pura nei momenti di difficoltà, quando sono emersi nuovi modi di affrontare il problema, l’autore ha individuato e indagato sei fasi di crisi avvicendatesi nel corso della storia e ha illustrato come solo acquisendo una maggiore consapevolezza dei limiti storici della politica monetaria potremo iniziare ad articolare concezioni più democratiche del denaro come bene pubblico.
(dal risvolto di copertina di: Stefan Eich, "Teoria politica del denaro. Da Aristotele a Keynes". Treccani Libri, pagg. 456, € 29)
La moneta? È segno della politica
- di Marco Onado -
La moneta è troppo importante per lasciarla studiare, e soprattutto gestire, dagli economisti. La parafrasi del famoso detto di Bismarck ben si adatta a questo libro, scritto da un filosofo, che ci prende per mano e ci conduce lungo millenni di storia del pensiero, mostrandoci che la moneta è – ed è sempre stata – un fatto essenzialmente politico, in quanto espressione di momenti fondamentali della società e dei rapporti sociali. Sono le crisi che ci richiamano drammaticamente e prepotentemente a questa verità e gli ultimi due decenni in cui si è passati dal più grave shock finanziario della storia, all’eccezionale immissione di moneta da parte delle banche centrali, all’inflazione che non ha ancora abbandonato la sua morsa, ci hanno brutalmente ricordato che la moneta e tanto meno la sua gestione non sono neutrali, come invece si sostiene in molte teorie economiche. Diventano quindi fondamentali analisi come quella di Eich che ci dimostrano come i maggiori pensatori abbiano sempre posto la moneta al centro del loro pensiero sulla politica e sulla società. Il libro si concentra in particolare su sei contributi, ciascuno scritto in una fase di crisi monetaria: Aristotele, Locke, Fichte, Marx e Keynes e Hayek.
Il punto di partenza è il tetradramma ateniese, coniato nell’età di Pericle e simbolo del potere della polis. Del resto, il termine greco per “moneta” (nomisma, sostantivo plurale, che significa “ciò che è sancito”), ha la stessa radice di quello indicante il diritto convenzionale della polis (nomos). Entrambi derivano dal verbo che significa riconoscere o sancire qualcosa per credenza o usanza consolidata. Nella costruzione politica di Aristotele la moneta occupa quindi una posizione cruciale, ma ha una doppia faccia come il dr. Jekyll: può fare da legante unendo i cittadini e contribuendo a realizzare una società più giusta, perché lo scambio non è necessariamente iniquo; ma può anche deviare dal giusto uso, ad esempio alimentando l’accumulo di ricchezza fine a sé stesso che corrompe sia l’individuo sia la polis. Nei secoli successivi, si realizzò gradualmente un regime monetario caratterizzato dalla presenza di moneta aurea e da un debito pubblico galoppante, che occorreva finanziare e che rischiava di minare il patto fra il popolo e il sovrano. Logico quindi che alcuni cercassero forme per sottrarre la moneta al controllo politico diretto e quindi per “depoliticizzarla” (Locke), mentre altri ribadivano il nesso inscindibile fra la moneta, l’uguaglianza e il diritto al lavoro (Fichte e ovviamente Marx). Di Keynes, Eich esamina soprattutto le idee per il sistema monetario internazionale postbellico e sottolinea che il sistema che alla fine venne costruito a Bretton Woods, era nettamente diverso da quello che l’economista inglese proponeva. Egli voleva non solo superare il gold standard, ma soprattutto costruire un sistema armonico, in cui le varie valute potessero raggiungere la stabilità, riconciliando l’autonomia nazionale con la cooperazione globale. Ciò richiedeva una moneta globale di riserva, cioè un mondo multipolare e un’autorità super partes, oltre che controlli dei movimenti di capitale a lungo termine. Il sistema che venne creato era invece basato sul monopolio del dollaro, era già in crisi negli anni Sessanta e sarebbe crollato nel 1971. Aveva prevalso il Washington consensus, che le vicende politiche degli anni successivi contribuirono a rafforzare, appunto fino alla Grande crisi finanziaria.
La teoria economica dominante negli ultimi decenni è tornata a considerare la moneta come un fattore strettamente tecnico, di cui si deve accentuare la neutralità affidando ad autorità indipendenti la difesa del potere d’acquisto. L’inflazione degli anni Settanta portò economisti come von Hayek a sostenere che questo dovesse essere l’obiettivo fondamentale delle banche centrali e in effetti così dice il Trattato europeo per la Bce. La depoliticizzazione del denaro aveva vinto un’altra volta. Dunque non è affatto vero che la crisi finanziaria abbia già fornito alternative concrete a quelle finora dominanti. Lo prova il fatto che molti ritengono che le cripto valute possano essere la via per la democratizzazione della moneta, mentre secondo Eich nascondono un sistema di potere che non è basato su un vero contratto sociale e tanto meno su un disegno politico. La lettura del libro è quindi affascinante perché ci dimostra l’importanza data dai maggiori filosofi della storia alla moneta e quanto sia incompleta, e quindi fallace, la visione oggi ancora dominante di uno strumento importante, ma neutrale e che deve essere tenuto distinto dalla politica. È anche un appello perché nuovi studi fioriscano e nuove visioni si impongano.
- di Marco Onado - Pubblicato su Domenica del 3/9/2023 -
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