« (...) Per Robert Kurz, in ultima analisi, la Shoah rimane inspiegabile per il marxismo - esso stesso profondamente prigioniero dell'illuminismo. del razionalismo e della narrazione del progresso, come avviene per il pensiero affermativo liberal-democratico ed idealista – il quale, a partire dalla propria aporia, ha cercato rifugio in formule come il "percorso speciale" tedesco, la "singolarità" e lo "scontrò fra civiltà". In genere, da parte dei rappresentanti della tesi della rottura della civiltà, non viene contestato che la storia di tale civiltà abbia recato in sé immensi crimini, ad esempio nelle colonie. Tuttavia, facendo notare che lo sterminio dei nativi americani, o lo sfruttamento della popolazione nera nel cuore delle tenebre congolesi, seguiva una razionalità fra mezzi e fini mossa da interessi materiali, esso accentua, da un lato, anche quella che è una differenza categoriale relativa allo sterminio nazionalsocialista degli ebrei europei; sterminio che emerge come puro fine in sé, separato da qualsiasi collegamento razionale. Mentre in tal modo si suggerisce così che i crimini "normali" della modernità capitalista, in ultima analisi, sarebbero in opposizione rispetto a una razionalità etica superiore della civilizzazione occidentale; e pertanto, nel corso del processo storico, la tendenza a tali crimini verrebbe sempre più rimossa, finendo possibilmente per sparire. Da questo punto di vista, la guerra degli Stati Uniti contro la Germania nazionalsocialista, avrebbe pertanto confermato l'opposizione diametrale fra le civiltà capitaliste "normali" e il caso particolare tedesco, il quale sarebbe così anti-occidentale, anti-democratico, e in un certo qual modo perfino "anticapitalista".
Tuttavia, Kurz ha anche insistito sul fatto che il nazionalsocialismo tedesco è stato caratterizzato da una "barbarie singolare", risultante da una storia nazionale particolare; per quanto, tuttavia, non separata dal contesto generale della civiltà moderna. E sebbene corrisponda alla particolarità dello sviluppo nazionale tedesco – il quale, per esempio, è stato più statalista, e dal punto di vista ideologico anche più culturalista e biologista - rispetto all'Inghilterra o agli Stati Uniti; il nazionalsocialismo è stato tuttavia parte integrante della storia della modernizzazione, vale a dire, ha rappresentato la "versione tedesca della trasformazione vista come sviluppo fordista".
Il fatto che in questa fase di transizione e di crisi, l'antisemitismo si sia fatto strada anche nell'America capitalista liberale, così come nell'Unione Sovietica capitalista di Stato - nella prima, come abominio del capitale finanziario "rapace", nella seconda come risentimento contro l'intellettualismo astratto - indica come non si trattasse solamente di particolarità nazionali. E ci sono anche altri indizi di tendenza all'imbarbarimento, sempre inerenti alla civiltà moderna (ma soprattutto nell'era fordista della società del lavoro che diventava totale), e che vengono individuati da Kurz nell'invenzione del campo di concentramento - avvenuto alla fine del XIX secolo da parte delle potenze coloniali - e nell'adozione di tale forma moderna di amministrazione delle persone nel sistema del Gulag sovietico. Anche l'esclusione della "vita indegna di essere vissuta", vale a dire, di quelle persone che non potrebbero apportare profitto nel processo di valorizzazione del capitale, o che perturbano attivamente tale processo, così come la psichiatrizzazione conseguente dei dissidenti politici, o la sterilizzazione forzata delle persone con disabilità, sono state perciò considerate tutte solo come conseguenze della logica della valorizzazione della modernità, sia che essa venisse etichettata come democratica, come socialista o come fascista.
"I nazisti", conclude Kurz, "non provenivano da un altro pianeta, essi erano carne della carne della storia della modernizzazione". La caratterizzazione nazionalsocialista degli ebrei, visti come anti-razza, è stata la conseguenza della loro posizione secolare nella storia europea, in quanto stranieri per eccellenza. Allo stesso tempo, però, rappresentava anche il risultato dell'identificazione degli ebrei con il denaro, con il capitale astratto straniero, il quale veniva considerato come se fosse un principio contrario al buon capitale industriale concreto, creatore di valore. Secondo Kurz - che riguardo a ciò si basa sugli studi del sociologo canadese Moishe Postone - nel pensiero nazionalsocialista gli ebrei incarnano tutti quei poteri moderni che provocano crisi e catastrofi sociali, e che, senza nessuna direzione reale, modellano anonimamente, “alle spalle dei soggetti”, lo sviluppo delle società. E Auschwitz, "prodotto autentico della civiltà occidentale", ha rappresentato una "fabbrica negativa", capitalisticamente anticapitalista, volta a "distruggere valore".
Lo sterminio degli ebrei della Germania, oggi viene visto invece come il risultato di una storia nazionale specifica, e anche come la conseguenza di una follia generale della civiltà moderna (effetto della "pulsione di morte" del Capitale, che aveva già scaricato la sua furia, sia nelle case di lavoro dell'inizio dell'età moderna, così come nei massacri della colonizzazione): ecco che così questa posizione, soprattutto nel contesto della discussione tedesca, può essere dislocata con leggerezza dalle parti di quel revisionismo storico che opera per mezzo di tutta una serie di equiparazioni relativizzanti. Ma, nonostante simile tentativi di renderlo tabù, è da tempo arrivato il momento di analizzare con serietà sia quello che è il nesso di causalità menzionato da Kurz.
(…) Lo sconsiderato discorso a proposito della cosiddetta "rottura della civiltà" - una medaglietta che viene fornita dallo studioso, per essere appuntata sulle vuote frasi di preoccupazione che vengono pronunciate nei discorsi-memoriali dei politici - è quindi diventato ormai inutile; serve solo a mantenere la costernazione di fronte alle uccisioni in massa tedesche. Con il crepuscolo degli dei nazionalsocialisti tedeschi, non è stata definitivamente soddisfatta la "pulsione di morte del capitale", per quanto, tuttavia, negli anni dorati dopo la fine dell'era delle guerre mondiali, la barbarie aperta sia stata messa in secondo piano. È vero che riguardo questo periodo Kurz menziona anche - contrariamente ai keynesiani e ai vecchi socialdemocratici nostalgici del "buon capitalismo" – e soprattutto i danni legati alla transizione di successo verso l'Auto-mobilizzazione, il fordismo e il consumo di massa: vedendo in questo la vittoria della totalità dell'economia di mercato, della soggettività giuridica astratta e della democrazia; ma si trattava però di qualcosa che era qualitativamente differente rispetto alle configurazioni precedenti, così come lo sarebbero state quelle seguenti.(...)»
Klaus Kempter - da "La storia del capitalismo II: crisi. guerre, barbarie) - pubblicato su Exit!
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