Nel medioevo nessuno si è mai definito eretica o eretico. Eresia significa “scelta”: infatti, l’eretico medievale è un disobbediente rispetto al conformismo religioso, sceglie di seguire il Vangelo e ripropone la Parola di Gesù. Il non conformismo religioso di donne e uomini è alla base di un libertario “moto di cultura”, un dinamismo evangelico condannato e perseguitato. La “scelta” ereticale nel medioevo è anche una rivoluzione culturale che coinvolge chierici, donne e uomini, laiche e laici di strati sociali diversi: accanto ai più noti Bogomil, Arnaldo da Brescia, Valdo di Lione, Dolcino da Novara, John Wyclif, Jan Hus, ai valdesi, ai catari, ai templari, ai lollardi e agli hussiti, emergono numerose figure femminili, quali Guglielma, Margherita detta Porète, Margherita detta la bella, Giovanna d’Arco, oltre ad apostole e beghine. L’attenzione posta dal volume all’identità nel medioevo, ma anche al riverbero nel XX secolo di termini metacronici – eresia/eretici – dimostra come le molteplici varianti della «disobbedienza» religiosa del passato continuino ad affascinare il presente e ad essere strumentalizzate.
(dal risvolto di copertina di: MARINA BENEDETTI (a cura di) "Eretiche ed eretici medievali" CAROCCI Pagine 416, €39)
Le eretiche al rogo anche dopo la morte
- di Amedeo Feniello -
Milano, 18 luglio 1300. Tra il convento di Sant’Eustorgio e la chiesa dei Frati umiliati comincia l’escussione dei testimoni per il processo ordinato dai giudici dell’Inquisizione contro «la conventicola occulta e congregazione di molti individui, sia uomini che donne», che, in maniera «pericolosa», nonostante avessero abiurato, continuavano a riunirsi e tenere «predicazioni». La loro colpa? Aver fatto parte dell’entourage di sorella Guglielma, morta un ventennio prima, e ritenuta, dai suoi discepoli — tra cui spiccava una donna, suor Maifreda —, l’incarnazione dello Spirito Santo. Ma l’accusa non si arrestava qui: perché, nello stesso anno giubilare 1300, Maifreda aveva celebrato, tra i paramenti sacri, la santa Pasqua. Scandalo: lei, una donna, ad officiare al cospetto di un’intera comunità, non solo di laici. Due atti, per le istituzioni ecclesiali, inammissibili, da reprimere con severa durezza. Con il rogo sia di Maifreda sia dei resti del corpo di Guglielma. È una delle tante storie provenienti da un mondo composto perlopiù di silenzi, ma oggi recuperate nel volume curato da Marina Benedetti Eretiche ed eretici medievali (Carocci). Storie di censure e di oblii, nelle quali le donne appaiono prive di parola perché, come scrive Benedetti, il linguaggio medievale è «maschile, il genere dominante è maschile: e ciò modella la realtà». Di una Chiesa che lascia poco spazio alla donna, in quanto essa, come riporta il diritto canonico, «benché dotta e santa, non può presumere di insegnare agli uomini in una riunione». Affermazione che trae origine da San Paolo («Le donne nelle assemblee tacciano; non si permetta loro di parlare e stiano sottomesse», Prima Corinzi 14,34); e dallo Pseudo-Paolo (Prima Timoteo, 2,11): «La donna impari in silenzio, con perfetta sottomissione. Non si permetta alla donna d’insegnare, né di dominare l’uomo, ma deve stare in silenzio». A ciò si aggiunse la violenza sociale, istituzionale e giudiziaria che agì sulle donne, con l’emarginarle, punirle e costringerle al definitivo silenzio.
Ma non sempre questo gioco riuscì. Tante testimoniarono la loro attiva spiritualità. Molte predicarono. Qualcuna scrisse di Dio e del suo amore, con toni inaspettati. Soprattutto nel secolo tra il XIII e il XIV, quando avvennero profondi mutamenti, nella vita reale, nella società e nel pensiero; e le cose cominciarono ad andare diversamente di quanto si fosse immaginato. Le città diventano il teatro di nuove possibilità e condizioni. Gli ordini minori, dagli inizi del Duecento installati nelle periferie cittadine, stimolano, con una pastorale ad hoc, una rigenerata domanda religiosa femminile. Dalla Provenza, alle Fiandre, all’Italia centrosettentrionale, specialmente i conventi francescani e domenicani costituiscono «i poli d’attrazione per l’aggregazione religiosa di donne che, libere per condizione anagrafica (celibi o vedove) dai condizionamenti della famiglia, sceglievano i grigi “panni bizzocali” per condurre una esistenza modesta e ritirata all’insegna della pietà e della preghiera», scrive Anna Benvenuti. Le esperienze di beghine e bizzoche, caratterizzate da una forte austerità, diventano modello di vita. In un fiorire di sperimentazioni portatrici di nuovi impulsi di carattere evangelico, pauperistico, messianico. E le comunità di donne crescono con successo su spazi di vita più idonei, con propri edifici, ospedali, chiese: ambiti che esprimono forme di condotta cristiana fino ad allora per molti versi inedite.
Dapprima l’atteggiamento della Chiesa fu di simpatia. Ma, pian piano, emersero perplessità, giudizi, sospetti. Il gene eversivo era, spesso, evidente. La scelta di queste donne era laica, integralista, di fedeltà alla vita evangelica. E l’esperienza delle beghine si trasforma in una specifica fisionomia eterodossa, nel movimento del Libero Spirito: un movimento esterno alla Chiesa, di natura liquida, mutevole nelle sue espressioni spirituali, con una progressiva radicalizzazione alimentata dalle interpretazioni escatologiche delle dottrine dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore. Così arrivò la risposta istituzionale. Che fu di riordino e repressiva. Contro i seguaci del nuovo spirito si schierarono i principali teologi. Alcune delle maggiori figure femminili vennero accusate e processate, spesso giocando sul labile diaframma esistente, nelle loro parole, tra santità ed eresia. Guglielma di Milano fu prima dichiarata santa e poi giudicata eretica e condannata. La nobile Margherita da Arco, predicatrice itinerante come altre donne al seguito di fra Dolcino, fu torturata e bruciata. Margherita detta Porète, una delle poche di cui ci siano giunti gli scritti, cui dobbiamo una stupenda definizione di Dio condensata nell’ossimoro Lontanovicino, fu condannata al rogo il 1° giugno 1310, colpevole di avere continuato a diffondere senza permesso i contenuti del suo Specchio delle anime semplici, benché quest’opera fosse stata giudicata da un consesso di teologi conforme alla dottrina ecclesiale. Infine, a Vienne, nel 1311, si inaugurò un Concilio che, oltre ad affrontare il problema dei Templari, pose il tema di come ridefinire l’ortodossia delle esperienze religiose di donne e uomini laici. L’universo eretico al femminile sembra giungere al capolinea proprio nel corso del Trecento, nel momento in cui, accanto ai processi conciliari e inquisitoriali, si avvia una vera e propria delegittimazione culturale. Le comunità di preghiera si trasformano, nell’immaginario, in gruppi orgiastici, le seguaci in amanti, le discepole in concubine, fino a richiamare sabba e riti satanici. Con la cancellazione inquietante e pressoché definitiva di uno straordinario contesto di riflessione e preghiera.
Amedeo Feniello - Pubblicato su La Lettura del 20/8/2023 -
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