« Oggi non scriverei il testo "Il valore è l'uomo" nello stesso modo. Ecco perché sulla homepage di Exit ho aggiunto questa nota in proposito: Quel testo è stato pubblicato nel 1992. Ed è stato il primo approccio alla teoria della dissociazione del valore. Da allora ho continuato a sviluppare questa teoria nel libro 'Il sesso del capitalismo. Teorie femministe e metamorfosi postmoderna del patriarcato" e in vari saggi della rivista teorica "EXIT! Crisi e critica della società delle merci". Dal punto di vista attuale, questo saggio mostra alcuni limiti: per esempio, oggi non avrebbe posto al centro, come logica strutturale, la separazione delle sfere in pubblica e privata. Piuttosto, la dissociazione del valore dovrebbe essere vista come il contesto di base del patriarcato capitalista, nel quale la separazione delle sfere rappresenta solo un livello di analisi più concreto. Anche il riferimento al tempo deve essere tenuto in considerazione. Ecco perché non è per nulla sufficiente utilizzare questo testo al fine di comprendere il nucleo della teoria della dissociazione-valore. Si tratta di una teoria molto più complessa e, per comprenderla, è necessario consultare il libro citato e altri sviluppi contenuti nei testi successivi". In questo senso, vorrei delineare la teoria - e la critica - della dissociazione del valore come segue:
Ritengo che non sia solo il valore come soggetto automatico a costituire la totalità, ma che si debba tenere conto del fatto che nel capitalismo si svolgono anche attività riproduttive che vengono prevalentemente svolte da donne. In questo quadro, la "dissociazione del valore" indica che, in sostanza, le attività riproduttive specifiche delle donne - ma anche i sentimenti, le caratteristiche e gli atteggiamenti a esse collegati (sensibilità, emotività, cura, ecc.) - sono dissociate dal valore/plusvalore. Nel capitalismo, le attività riproduttive delle donne hanno pertanto un carattere diverso rispetto al lavoro astratto. È per questo che non possono essere sussunte in modo assoluto; esse costituiscono un aspetto della società capitalistica che non può essere compreso dal sistema concettuale marxiano. Questo aspetto si accompagna al valore/ plusvalore e vi appartiene necessariamente, ma resta comunque al di fuori di esso, pur essendone il suo prerequisito. Valore (plusvalore) e dissociazione si trovano quindi in un rapporto dialettico tra di loro. L'uno non può essere derivato dall'altro, bensì scaturiscono entrambi vicendevolmente uno dall'altro.
Questa logica dà inoltre origine anche alla "eterosessualità compulsiva" (Adrienne Rich), e ciò dal momento che tutte le altre forme di desiderio sessuale vengono di per sé escluse e perseguite come devianti. A tale riguardo, la dissociazione-valore può essere intesa anche come se fosse una meta-logica, la quale si sovrappone alle categorie proprie dell'economia. Però, visto sotto un altro aspetto, anche le categorie dell'economia politica si rivelano insufficienti: la dissociazione del valore va intesa anche intesa in quanto specifica relazione psicosociale. A partire da essa, alcune qualità subalterne (sensibilità, emotività, debolezza di carattere, ecc.) vengono separate dal soggetto maschile per essere proiettate su quello femminile. Tali attribuzioni specifiche di genere, caratterizzano essenzialmente l'ordine simbolico del patriarcato capitalista. Così, nel caso delle relazioni capitalistiche di genere, in aggiunta alla componente della riproduzione materiale, diventa necessario considerare sia la dimensione psicosociale che quella culturale-simbolica. Ed è esattamente a questi livelli che il patriarcato capitalista appare come una totalità sociale. Nella dissociazione del valore - intesa come quadro sociale di base - è decisivo che essa non si costituisca come una struttura rigida, così come viene vista da alcuni modelli sociologici strutturalisti, ma che funzioni piuttosto come un processo.
Possiamo anche supporre che, in un certo senso, una contraddizione tra materia (i prodotti) e forma (il valore) corrisponda alla legge della teoria della crisi, e che in tal modo questo, in ultima analisi, porti alla crisi della riproduzione e alla disintegrazione/collasso del capitalismo. Schematizzando, per ogni singolo prodotto, la massa di valore diventa sempre minore. Di conseguenza, il risultato consiste in un'abbondanza di prodotti; una situazione in cui la massa del valore si dissolve nell'insieme della società nel suo complesso. Qui il fattore decisivo è costituito dallo sviluppo delle forze produttive, il quale a sua volta è legato alla diffusione e all'applicazione delle scienze (naturali). Con la rivoluzione microelettronica ( che oggi culmina nella "Industria 4.0"), oggi il lavoro astratto sta diventando obsoleto, contrariamente a come è avvenuto nell'epoca fordista, nella quale la produzione di plusvalore relativo veniva compensata dalla necessità di ulteriore forza lavoro, utilizzata al fine di generare plusvalore. Il risultato sarà quello di una de-valorizzazione del valore, insieme a un collasso della relazione di valore (plusvalore) e, come Robert Kurz ha già scritto nel 1986, questo collasso non va immaginato come se si dovesse trattare di un atto isolato - sebbene i crolli improvvisi, ad esempio quelli delle banche, e i fallimenti di massa ne faranno certamente parte - ma piuttosto come un processo storico, come un'intera epoca, forse della durata di diversi decenni, in cui l'economia mondiale capitalista non sarà più in grado di sfuggire al vortice della crisi e ai processi di svalorizzazione, e alla crescente disoccupazione di massa, ecc. È ormai chiaro da molto tempo, non solo che quest'impossibilità di ottenere profitti attraverso l'estrazione del plusvalore - mediata proprio da tale processo - ha portato a uno scivolamento verso il livello speculativo; ma è avvenuto anche che le dinamiche correlate a tale impossibilità hanno determinato la decadenza del capitalismo.
Tuttavia, secondo la critica della dissociazione del valore, ora è necessario che questa struttura e questa dinamica vengano modificate. La dissociazione non è una grandezza fissa, nella quale la logica del valore rappresenta l'elemento dinamico, ma si trova essa stessa, simultaneamente, sia a monte che a valle di questa logica, in maniera dialettica, ed è solo la dissociazione del valore a rendere possibile la contraddizione in processo; ragion per cui deve essere ipotizzata anche una logica di dissociazione-valore in processo. Ragion per cui, la dissociazione si trova profondamente coinvolta nell'eliminazione del lavoro vivo. E in questo processo, essa trasforma anche sé stessa. Soprattutto per quel che attiene alle scienze naturali - la cui applicazione al processo produttivo costituisce lo sviluppo delle forze produttive nel capitalismo - ma anche relativamente allo sviluppo della scienza del lavoro, la quale si occupa di aumentare in maniera ottimale sia l'efficienza che l'organizzazione razionale del processo produttivo (parola chiave taylorismo): la dissociazione del femminile, ma anche la dissociazione delle corrispondenti immagini delle donne, hanno apertamente costituito e tacitamente rappresentato quella che è la condizione psicosociale della loro esistenza, la quale trova un'espressione anche a livello simbolico-culturale (le donne sono meno razionali, rispetto agli uomini sono poco portate per la matematica e per le scienze naturali, ecc.).Ma non avviene solo nei discorsi scientifici, filosofici, teologici, ecc. dell'epoca moderna che la dissociazione del femminile risulta e appare evidente; anzi, è stata realizzata e concretizzata proprio nella fase fordista - condizionata dalla dissociazione del femminile - e questo nella misura in cui l'uomo è diventato il capofamiglia, e la donna la casalinga nella famiglia nucleare imposta, almeno idealmente. Quanto più le relazioni sociali diventavano oggettive, tanto più si evidenziava una dicotomia gerarchica di genere. Pertanto, una tale dissociazione del femminile costituisce un prerequisito per lo sviluppo delle forze produttive, il quale è alla base del patriarcato capitalista con la sua "contraddizione in processo" e, in quanto tale, ne determina lo sviluppo, ossia si rivela come una condizione decisiva ai fini della produzione di plusvalore relativo, e per la crescita del divario tra la ricchezza materiale e la forma di valore. Dal punto di vista del processo storico, l'oggettivazione e la formazione di relazioni gerarchiche di genere sono reciprocamente dipendenti, e non contraddittorie. Alla fine, questa dissociazione del femminile - in quanto presupposto per lo sviluppo delle forze produttive - ha portato alla rivoluzione microelettronica, la quale ha reso assurdo non solo il lavoro astratto, ma anche il modello classico-moderno di genere, e la casalinga.
Da un punto di vista economico, lo sviluppo delle attività di riproduzione, assistenza e cura - dapprima svolte privatamente e ora trasferite alla sfera professionale - adesso rappresenta una componente della crisi; dal momento che, per finanziarle, la massa di plusvalore dovrebbe essere ridistribuita. Ma nel contesto della contraddizione in processo - e di un capitalismo che ha raggiunto i suoi limiti - questa possibilità ormai non esiste più. Di conseguenza, proprio nel momento in cui le donne non possono più svolgere tali attività perché sono doppiamente sovraccariche - vale a dire ugualmente responsabili della famiglia e della professione - si verifica anche un deficit riproduttivo. Anche le attività professionali di cura e assistenza raggiungono i loro limiti qualitativi, e pur resistendo ampiamente a delle considerazioni di efficienza, spesso finiscono professionalmente nel settore dell'assistenza, o in rami simili dei servizi. In linea di massima, oggi le donne devono accettare lavori di ogni tipo - compresi quelli che finora avevano una connotazione maschile - e questo anche se di fatto rimangono ancora responsabili del settore della cura, ivi compreso quello esistente nella sfera privata. Insomma, il disaccoppiamento non è affatto scomparso, e questo si riflette anche, ad esempio, in minori opportunità di retribuzione e di promozione per le donne. In tutto questo, va sottolineato il fatto che la dissociazione del valore non viene riscontrata nelle sfere private e pubbliche dissociate, dove le donne vengono assegnate alla sfera privata, e gli uomini alla sfera pubblica (parliamo di politica, economia, scienza, ecc.). Al contrario, la dissociazione del valore attraversa tutti i livelli e tutte le sfere, compresa quella pubblica; ed essa determina l'intera società, in quanto contesto fondamentale. Ciò si può vedere, tra l'altro, nel fatto che le donne spesso guadagnano meno degli uomini, sebbene facciano il medesimo lavoro e sono oggi, in media, più istruite degli uomini.
Dall'altro lato, quando il lavoro astratto diventa obsoleto, emerge anche la tendenza, per gli uomini, a essere trattati come casalinghe. Così, proprio nel momento in cui le istituzioni della famiglia e del lavoro retribuito vengono minate dalle crescenti tendenze alla crisi e all'impoverimento, ecco che le strutture e le gerarchie patriarcali sono sostanzialmente scomparse, e il patriarcato viene stravolto. Oggi le donne sono obbligate, semplicemente per la sopravvivenza, a svolgere un'attività professionale. Ma nelle baraccopoli del cosiddetto Terzo Mondo, sono le donne a fondare gruppi di auto-aiuto e a diventare dei gestori di crisi. Allo stesso tempo, però, devono anche assumere ruoli di riparazione negli alti comandi dell'economia e della politica dei centri occidentali, proprio nel momento in cui la situazione di crisi fondamentale diventa sempre più disastrosa. La dissociazione del valore, in quanto contesto di base storicamente dinamico, combinata con lo sviluppo delle forze produttive basate su di essa, ha pertanto compromesso il suo stesso fondamento: vale a dire, le attività di cura svolte nella sfera privata. Qui, il punto centrale è che i cambiamenti - non solo quelli che avvengono nelle relazioni di genere, ma nelle relazioni sociali nel loro complesso - devono essere compresi a partire dai meccanismi e dalle strutture della dissociazione del valore, proprio nel loro processo storico dinamico, e non possono essere comprese unicamente a partire dal solo "valore", come è già stato detto. In termini teorici, il rapporto gerarchico tra i sessi va visto quindi come circoscritto alla modernità e alla post-modernità. Ciò non significa che questo rapporto non abbia una storia premoderna; tuttavia, con il capitalismo esso ha assunto una qualità completamente e del tutto nuova. Le donne, dovrebbero ora essere le principali responsabili della sfera privata meno valorizzata, mentre gli uomini dovrebbero essere invece responsabili della sfera di produzione capitalistica e della sfera pubblica. Ciò però contraddice il punto di vista che vede la relazione di genere patriarcale capitalistica come se fosse un residuo precapitalistico. La famiglia nucleare - ad esempio - è emersa solo nel XVIII secolo, mentre invece la sfera pubblica e quella privata - così come le conosciamo - si sono sviluppate solo nell'era moderna. La critica della dissociazione del valore parte perciò dal presupposto che non solo la critica del valore sia insufficiente, ma che tale critica dev'essere elevata fino ad arrivare a un livello qualitativo completamente nuovo.»
- da: Roswhita Scholz, Intervista sullo sviluppo della critica della dissociazione del valore, 2021 - Revista Margem Esquerda – Ed. Boitempo
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