Gli argomenti fondanti l'attuale "antisionismo di sinistra", sono stati fabbricati dagli stalinisti sovietici - i quali erano antisemiti - come è stato dimostrato, prima, dall'arresto e dall'esecuzione dei dirigenti del Comitato ebraico antifascista nel 1952, poi dal processo dei camici bianchi in Unione Sovietica nel 1953 : «Ogni sionista è un agente dei servizi americani» - dichiara Stalin - «I nazionalisti ebrei pensano che la loro nazione sia stata salvata dagli Stati Uniti, dove essi pensano di poter diventare ricchi borghesi. Essi pensano di avere un debito nei confronti degli americani. Tra i miei medici, ci sono un bel po' di sionisti», e infine dai processi antisemiti in Cecoslovacchia del 1952 e dalle campagne antisemite in Polonia, dal 1952 fino al 1968.
Sono stati gli stalinisti sovietici e i loro alleati nazionalisti di sinistra - in primo luogo nei paesi dell'Est, poi nei paesi arabi, e infine su scala planetaria - ad aver reso la parola "sionista" un termine che è diventato, allo stesso tempo, ingiurioso sul piano politico, diabolico sul piano religioso, e utile a sostituire il termine "ebreo", in modo da poter così dissimulare il loro antisemitismo.
Ma la questione è ancora più complessa. Infatti, l'antisionismo stalinista si è diffuso grazie anche ai "comunisti" ebrei; partigiani dell'assimilazione totale e convinti che il socialismo avrebbe messo fine ad ogni discriminazione: nelle democrazie popolari e anche in quei nei paesi dove gli stalinisti ebrei avevano un peso significativo nella giustizia, nella polizia, nell'amministrazione dell'apparato dello Stato e perfino ai suoi vertici. Una tale sovra-rappresentazione degli ebrei nelle sfere dirigenti di alcune democrazie popolari (l'Ungheria ne è stato l'esempio estremo) - insieme ai giochi cinici, in Unione Sovietica e negli Stati pseudo-socialisti - hanno fatto sì che agli ebrei stalinisti venisse addossata la responsabilità della repressione statale nei confronti degli operai e dei contadini dell'Est; e persino la responsabilità dei pogrom che erano avvenuti nei primi anni dei regimi cosiddetti "comunisti". Ma insieme a questo è stata anche cancellata la specificità del "giudeocidio", così come quelle che erano state le responsabilità delle popolazioni dell'Europa dell'Est.
Questo silenzio assunto da parte degli ebrei stalinisti, ha di fatto alimentato l'antisemitismo popolare riguardo diversi temi, contraddittori o complementari: «I comunisti e gli ebrei vanno a braccetto»; «Gli ebrei sopravvissuti al giudeocidio sono dei privilegiati»; «Gli ebrei non fanno veramente parte della nazione»; e perfino ai più folli: «I vecchi capitalisti ebrei e i comunisti ebrei al potere si sono messi d'accordo», ecc.. Così oggi si possono vedere i risultati deleteri dovuti a quest'antisionismo, il quale aveva come obiettivo gli ebrei in tutti i paesi "comunisti" e gli ebrei nei paesi del Vicino e del Medio Oriente (dove, con la mediazione dei partiti pseudo comunisti locali, dei quali gran parte dei membri e dei dirigenti erano ebrei. I partiti stalinisti locali - a cominciare da quello della Palestina - non avevano molto da dire contro l'antigiudaismo e contro l'antisemitismo musulmano, o contro i pogrom commessi in Palestina, come quello di Hébron, nel 1929, nel quale - va sottolineato - non furono i nuovi coloni ebrei europei a essere massacrati, ma quegli ebrei i cui antenati vivevano da secoli in Palestina; cosa che ce la dice lunga sull'anticolonialismo palestinese e sulla sua dimensione religiosa, fondamentalmente legata alla pace subalterna dei dhimmi ebrei, nelle società disciplinate dall'Islam.
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