Nel secondo saggio del suo libro "Nessuna isola è un'isola. Quattro sguardi sulla letteratura inglese" - dal titolo intitolato "Identità come alterità" - Carlo Ginzburg parla di Montaigne, e della traduzione dei "Saggi" che in Inghilterra ne viene fatta da John Florio : «Il Montaigne di Florio era il Montaigne di Shakespeare», scrive Ginzburg, sottolineando in tal modo il fatto che Shakespeare aveva letto Montaigne in traduzione e che, inoltre, quei Saggi tradotti erano stati importanti ai fini della scrittura di un'opera come "La tempesta"; e da questo ne deriva un'informazione specifica: per Shakespeare era stato importante leggere il saggio di Montaigne sul "Nuovo Mondo", sui cannibali.
Ma inoltre, a tutto questo, oltre alle letture di Shakespeare, Ginzburg aggiunge anche un'altra nuova informazione: un'informazione riguardante il traduttore, Florio, il quale ebbe a lasciare l'Italia, insieme al padre, per motivi religiosi. Nel farlo, Ginzburg cita la prefazione che Florio scrive proprio alla traduzione, dove dice che in Italia ci furono alcuni che videro la sua traduzione come un atto di sovversione nei confronti delle università, citando a tal proposito il suo «vecchio amico Nolanus»; un riferimento, questo a Giordano Bruno, nativo di Nola, il quale venne bruciato come eretico, a Roma nel 1600 (la traduzione di Florio, della quale stiamo parlando viene pubblicata in Inghilterra tre anni dopo, nel 1603).
Oltre a menzionare Giordano Bruno, cosa di per sé incredibile, nella sua traduzione, Florio svolge anche qualcosa che assomiglia a un elogio della traduzione: secondo lui (scrive Ginzburg), tutte le scienze hanno avuto origine dalla traduzione, poiché tutte le loro scienze i Greci le avevano appreso dagli Egiziani, e gli Egiziani - a loro volta - quel che sapevano lo avevano appreso dagli Ebrei, o dai Caldei. Pertanto, secondo Ginzburg, Montaigne si inserisce perfettamente in quella cosiddetta "postura aperta", che Florio condivideva non solo con l'amico Giordano Bruno, ma anche con alcuni altri colleghi - tutti del mestiere - come Samuel Daniel, autore di una strenua "Difesa della rima", scritta nel 1603 (Daniel era cognato e amico di Florio,cui dedicò un lungo poema, nel quale, a un certo punto, si può leggere un elogio funebre di Montaigne).
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