Rileggere Engels
- di Michael Heinrich -
Per molto tempo, Marx ed Engels sono stati considerati come se avessero quasi formato un'unità indissolubile, sia sul piano politico che su quello scientifico. Come se ciò che uno di loro aveva scritto, dovesse valere per entrambi. Una tale concezione simile, non dominava solamente il "marxismo-leninismo" della linea ufficiale del partito in Unione Sovietica, ma essa era ampiamente diffusa anche tra i molti scrittori marxisti che si situavano ben oltre una simile ortodossia. Su questa identità, i primi dubbi vennero espressi da Georg Lukács, il quale notò le differenze tra Marx ed Engels in quelle che erano le loro rispettive concezioni della dialettica, e in particolare criticò il tentativo che fece Engels per estendere anche alla natura la sua concezione della dialettica [*1]. E' stato a partire dagli anni '70, che l'intera opera tarda di Engels - in particolare l'Anti-Dühring - è stata sempre più sospettata, non solo di volgarizzare le analisi di Marx, ma anche di falsificarle. Engels venne pertanto concepito come il vero iniziatore di quel "marxismo" problematico che non aveva più molto a che fare con la critica di Marx. A loro volta, i sostenitori di un'unità intellettuale tra Marx ed Engels replicavano che, nonostante per anni i loro scambi su tutte le questioni siano stati intensi, tuttavia, tra loro non era mai sorta alcuna divergenza fondamentale. Al contrario, non solo Marx conosceva l'Anti-Dühring, ma avrebbe perfino collaborato con Engels nella sua stesura; si dice che una parte dell'Anti-Dühring, nella sezione sull'economia, sarebbe direttamente basata su dei lavori preparatori scritti da Marx. Tanto l'idea di una completa unità, tra Marx ed Engels, da un punto di vista sia scientifico che politico, quanto l'immagine di un Engels che avrebbe impoverito e falsificato la critica di Marx mi appaiono entrambi insostenibili. Non solo esiste tutta una ricchezza di prove lampanti che attestano le differenze di concezione tra Marx ed Engels; ma sarebbe stato anche alquanto insolito che due personalità entrambe notevoli, pur tuttavia con esperienze e interessi scientifici differenti, pervenissero a delle risposte identiche su tutte le questioni scientifiche e politiche. Ma sarebbe anche altrettanto grossolanamente semplicistico, pensare che dell'impoverimento della critica marxista il responsabile sia stato solo Engels. Come non si può certo incolpare Marx dello stalinismo, così non si può rendere Engels responsabile di ogni elemento dogmatico che si trova nel marxismo. Il rapporto intellettuale tra Marx ed Engels, non solo è molto più sfumato di quanto suggeriscano le posizioni che abbiamo appena delineato. Ma ogni volta - secondo i diversi campi e temi, così come secondo i diversi periodi - va specificato anche come e perché sia Marx che Engels siano stati entrambi in grado di imparare molto rapidamente, facendo in modo che nel tempo le loro concezioni si siano evolute. Il rapporto tra Marx ed Engels viene studiato in dettaglio nella mia biografia di Marx [*2], mentre in questo articolo affronterò solo di un piccolo episodio di questa relazione: la recensione in due parti, che Engels fa del testo di Marx del 1859, "Contributo alla critica dell'economia politica. Primo quaderno" [*3]. In questa recensione, dapprima Engels si esprime soprattutto circa il metodo marxiano della critica dell'economia politica - distinguendo tra un metodo "logico" e uno "storico" - ma poi giunge alla conclusione che piuttosto ci sarebbe un accordo fondamentale tra lo sviluppo logico e quello storico. Ecco, da qui, l'idea di un "metodo logico-storico" (espressione che Engels non usa da nessuna parte), il quale poi per decenni è stato considerato come il "metodo marxista" per eccellenza. Le osservazioni svolte da Engels in questa recensione, vennero poi usate come se fossero delle semplici spiegazioni di quello che era il testo di Marx. Un approccio simile era comune non solo al marxismo-leninismo sovietico [*4], ma lo troviamo anche in autori come Ronald Meek ed Ernest Mandel [*5]. A partire dalla fine degli anni 1960, i nuovi dibattiti sulla critica dell'economia politica che sono emersi, hanno assegnato un ruolo importante, non solo al Capitale ma anche ai Grundrisse e ai "Risultati del processo di produzione immediato" [*6] ; e in questo contesto anche l'introduzione del 1857 suscita un forte interesse. Alla visione engelsiana, viene opposto il fatto che - nel passaggio metodologico dell'Introduzione del 1857 - Marx ci spinge chiaramente nella direzione opposta: lo sviluppo storico e l'esposizione delle categorie, non seguono affatto dei percorsi paralleli [*7]. I sostenitori dell'unità tra Marx ed Engels, hanno cercato di minimizzare quest'evidente contraddizione per mezzo di argomenti assi poco convincenti [*8], mentre i critici di questa "unità" si sono generalmente accontentati di identificare la contraddizione per poi usarla come prova di quello che sarebbe stato un fraintendimento di fondo, da parte di Engels, senza mai chiedersi cosa avesse spinto Engels a fare tali affermazioni [*9].
- I -
Alla critica dell'economia politica, Engels era arrivato prima di Marx. Figlio di una famiglia di industriali, aveva potuto conoscere gli affari di famiglia già in tenera età, e alla fine della sua istruzione secondaria si era già formato come venditore. All'età di 18 anni aveva accompagnato a Manchester il padre, dove quest'ultimo era socio in un'impresa. Nel 1844, Engels aveva contribuito agli "Annali franco-tedeschi" con il suo "Schizzo d'una critica dell'economia politica", un saggio che Marx elogiò nel 1859 nella sua prefazione al "Contributo alla critica dell'economia politica", definendolo come un «geniale abbozzo» [*10], per poi lodarlo nuovamente, più tardi, nel I Libro del Capitale. E fu con quel saggio che Engels aiutò il giovane Marx a intraprendere la strada della critica dell'economia. Tuttavia, già negli anni Quaranta del XIX secolo Marx aveva rapidamente cominciato a recuperare terreno. E a partire dal 1850, mentre era in esilio a Londra, aveva intrapreso un secondo studio sull'economia; uno studio più approfondito che si può trovare per la prima volta nei suoi Quaderni londinesi, scritti tra il 1850 e il 1853. Fu solo allora che Marx superò quello che finora era stori solo un uso puramente critico delle categorie dell'economia politica; cosa che aveva caratterizzato i suoi scritti degli anni 1840. Fu solo a Londra che Marx sviluppò una vera e propria critica delle categorie economiche, che sarebbe poi diventata il segno distintivo della sua critica dell'economia politica. Il primo grande risultato di una simile critica furono i Grundrisse, scritti nell'inverno del 1857-58. E a partire da questi manoscritti, in seguito Marx scrisse il "Primo quaderno" di quel "Contributo" che poi apparve nel 1859, e che Engels recensì. I numerosi autori, che si basano sull'idea che sia esistita una completa unità intellettuale tra Marx ed Engels, considerano questo testo di Engels come se si trattasse solamente di un brillante studio del metodo di Marx. Ma così facendo, le circostanze della sua stesura vengono totalmente ignorate. Se nel 1850 Marx si consacrò con ardore all'economia politica, Engels trascorse invece la maggior parte del proprio tempo a Manchester, nella ditta "Ermen und Engels", nella quale suo padre era uno dei due soci. A quel tempo, Engels non si trovava in una posizione invidiabile, e veniva visto con grande sospetto (se non addirittura sotto una vera e propria sorveglianza), sia da parte di suo padre, il quale non era per niente d'accordo con le opinioni politiche del figlio, sia dal socio di suo padre, Peter Ermen, e anche dal fratello del padre, suo zio Gottfried. Coi il denaro guadagnato, Engels sostenne per anni la famiglia Marx, e nel tempo che gli rimaneva, spesso riusciva anche a scrivere articoli per il New York Tribune, che poi apparivano sotto il nome di Marx. Nel 1850, gli articoli per il Tribune, erano la più importante fonte di reddito di Marx. Così, Engels non ebbe più tempo per potersi dedicare alle sue ricerche di teoria economica. la cosa diventa evidente allorché, in una lettera a Engels datata 2 aprile 1858, Marx spiega per la prima volta al suo amico il modo in cui concepisce l'opera che stava preparando, ed evidentemente si aspetta che tra loro ci sia una discussione approfondita. La risposta di Engels del 9 aprile 1858, invece, è assai breve, e sottolinea quanto il pensiero astratto gli fosse nel frattempo diventato estraneo: «Lo studio del tuo abstract [riassunto] del primo fascicolo mi ha richiesto molto tempo, è davvero molto astratto , cosa che non si può evitare in un'esposizione così breve; e mi sono spesso visto costretto a cercare dei collegamenti dialettici, dato che non sono più abituato a tutti quei ragionamenti astratti [a ogni ragionamento astratto].» [*10] Quando, un buon anno dopo, il 19 luglio 1859, Marx gli chiese di scrivere per la settimana successiva una recensione del "Contributo", che nel frattempo era stato pubblicato [*11], non c’è niente che indichi che la situazione fosse cambiata, e che Engels abbia avuto più tempo per potersi dedicare allo studio dell'economia. All'inizio Engels non reagì, e così Marx gli parlò nuovamente della recensione il 22 luglio. Il 25 luglio Engels rispose, un po' a malincuore, che non sarebbe stato in grado di consegnare l'articolo entro una settimana: «Scriverlo, rappresenta lavoro, e per poterlo fare avrei dovuto essere avvisato ["être prévenu"] un po' prima» [12]. Il 3 agosto – con evidente disagio - egli invia a Marx la prima parte della sua recensione: «In allegato, c'è l'inizio dell'articolo sul tuo libro. Rileggilo attentamente e, se non ti piace nella sua totalità ["dans son ensemble"], strappalo e dimmi qual è la tua opinione. Per mancanza di esercizio, ho perso l'abitudine a questo genere di testi, a tal punto che tua moglie riderà molto delle mie difficoltà. Se riesci a ritoccarlo, fallo pure. Sarebbe opportuno fornire alcuni esempi lampanti riguardo la concezione materialistica... »[*13]. Dal momento che degli esempi suggeriti da Engels non se ne trova nessuno da nessuna parte, e nella corrispondenza non ci sono riferimenti alle modifiche apportate al testo, è probabile che Marx abbia pubblicato il testo nella rivista così come l'aveva ricevuto da Engels [*14]. Come dimostra la lettera di Engels, egli si era impegnato per la pubblicazione di un testo di riferimento. E come dimostra la lettera di Engels, egli era molto meno convinto del suo testo, di quanto lo siano stati molti lettori del XX secolo.
- II.
La recensione di Engels sarebbe apparsa in tre parti su Das Volk [Il popolo], la rivista dell'Associazione londinese per l'educazione dei lavoratori tedeschi. Das Volk era all'epoca diretto di fatto (anche se non ufficialmente) da Marx. La prima parte, che tratta della concezione materialista della storia. delineata nella Prefazione al libro di Marx, apparve il 6 agosto 1859. La seconda parte, dedicata principalmente al metodo, apparve il 20 agosto. La terza parte, che avrebbe dovuto trattare della merce e del denaro, non venne mai pubblicata perché Das Volk aveva cessato le pubblicazioni per motivi finanziari. È probabile che Engels non abbia mai scritto questa terza parte. Nella prima parte della sua recensione, Engels comincia col riproporre una storia dell'opera di Marx. A causa della sua arretratezza economica, la borghesia tedesca, a differenza della borghesia inglese, non aveva ancora prodotto della letteratura economica. Ma il "partito proletario tedesco" si trova in una situazione del tutto diversa: «È dallo studio dell'economia politica che è scaturita la sua esistenza teorica, ed è stato a partire dalla sua entrata in scena che possiamo anche datare l'economia tedesca, scientifica e autonoma» [*15]. Quando Engels parla qui di «partito proletario tedesco», egli non sta pensando a un partito nel senso attuale del termine, vale a dire, a una forma organizzativa fissa con statuti di partito, membri e funzionari eletti - all'epoca un simile partito non esisteva ancora - ma aveva in mente tutti coloro che difendono consapevolmente gli interessi del proletariato, a volte come individui, a volte in piccoli gruppi, più o meno formali; tutti criticando, in modi diversi, le condizioni economiche. Tuttavia, ciò che Engels dice nella frase successiva non si applica affatto a tutto il «partito proletario tedesco»: «Questa economia tedesca si basa essenzialmente sulla concezione materialistica della storia., le cui caratteristiche principali vengono presentate, a grandi tratti, nella Prefazione all'opera succitata» [*16]. Una tale concezione materialistica non era per niente dominante. All'inizio del movimento operaio tedesco, tra le altre cose, a occupare un posto importante erano le espressioni religiose. Furono soprattutto Marx ed Engels che, dalla seconda metà degli anni 1840 in poi, a difendere una tale "concezione materialista della storia", e che cercarono di imporla contro la critica moralizzatrice del "vero socialismo". Avevano raggiunto quest'obiettivo all'interno della Lega dei Comunisti grazie al Manifesto comunista, ma rappresentavano solo una piccola parte del movimento operaio. È Engels stesso a menzionare il fatto che questa nuova concezione incontrò delle resistenze non solo nella borghesia, «ma, ugualmente, anche nella massa dei socialisti francesi che volevano buttare il mondo a gambe all'aria grazie alla formula magica: libertà, uguaglianza, fraternità» [*17]. Quando, alla fine di questa prima parte, Engels scrive che dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848-49 «il nostro partito lasciò le beghe dell'emigrazione» agli altri e «fu ben lieto di trovare qualche momento di quiete per poter studiare», ecco che diventa chiaro come per «nostro partito» Engels intendeva principalmente Marx e sé stesso. Tuttavia, l'affermazione secondo cui non avessero preso parte ai bisticci degli emigranti non è del tutto esatta. Nel 1852, mentre erano in esilio in Inghilterra, Marx ed Engels scrissero un libro assai dettagliato su questi battibecchi degli emigranti [*18]; libro che, a causa della mancanza di un editore, non fu mai stampato e quindi rimase del tutto sconosciuto. La forte insistenza di Engels sulla concezione della storia che viene delineata nella Prefazione di Marx, contribuì certamente al fatto che, nella ricezione successiva, questo testo verrà considerato come uno degli scritti fondanti del "materialismo storico". Tuttavia, nel suo testo, Engels non parla ancora di una grande teoria chiamata "materialismo storico", ma solo di una "concezione": la concezione materialistica della storia. Egli sottolinea il fatto che si tratta di una prospettiva specifica relativa allo studio della storia, che – sottolinea ancora Engels – deve, tuttavia, essere prima dimostrata per mezzo di fatti materiali storici concreti, perché «qui non si tratta di mere formule» [*19].
III.
Quando, nella seconda parte della sua recensione – la parte sulla quale si è concentrata la lettura che ne è stata fatta nel XX secolo – Engels segue le indicazioni di Marx, nella sua lettera del 19 luglio 1859: «Qualche riga a proposito del metodo, e su ciò che c'è di nuovo nel contenuto» [*20]. Tuttavia, il problema è che, allo stesso modo in cui nell'opera di Marx non c'è assolutamente alcuna osservazione esplicita sul metodo, anche nella sua lettera, Marx non apporta alcuna precisazione in proposito. Engels parte da Hegel e dalla critica della dialettica hegeliana. Per i lettori del testo di Marx che viene recensito, cominciare così può essere stato in qualche modo sorprendente, dal momento che nel testo non si trova alcuna menzione della dialettica hegeliana. Allora, perché Engels si riferisce a Hegel? In quella che è stata la storia dei loro rispettivi sviluppi intellettuali, tanto la ricezione della filosofia hegeliana quanto la sua critica - e in particolare proprio quella che si trova nel primo libro scritto insieme da Marx ed Engels, "La Sacra Famiglia" – sono state due tappe decisive. Oltre tutto, Engels è stato informato, dalle varie lettere di Marx, che il confronto con Hegel aveva giocato un ruolo assai concreto anche in questa sua elaborazione del "Contributo alla critica dell'economia politica". Il 16 gennaio 1858 – nel periodo in cui Marx si stava dedicando al manoscritto dei Grundrisse – egli comunicava a Engels quanto segue: «Nel metodo di elaborazione di questo soggetto, c'è stata una cosa che mi ha reso un grande servizio: per puro caso [par pur hasard] stavo di nuovo sfogliando la Logica di Hegel; Freiligrath aveva trovato alcuni volumi di Hegel originariamente appartenuti a Bakunin, e me li aveva mandati in dono» [*21]. Nella sua lettera del 1° febbraio 1858, Marx è ancora più chiaro. Commentando il libro sull'economia che Ferdinand Lassalle aveva in mente di scrivere: «A partire dalla nota in questione [una nota del libro di Lassalle su Eraclito, che si riferiva all'analisi del denaro (M.H.)], ritengo il nostro ometto si stia proponendo di esporre, nella sua seconda grande opera, l'economia politica secondo il metodo hegeliano. Imparerà a sue spese che una cosa è arrivare a portare, per mezzo della critica, una scienza al punto da poterla esporre dialetticamente, e tutt'altra cosa applicare un sistema di logica astratta, già bell'e pronto, a dei presentimenti relativi, per l'appunto, a un tale sistema» [*22].
Da quest'ultima frase, Engels avrebbe potuto facilmente capire le intenzioni di Marx [*23]. L'inizio della seconda parte della recensione sembra quasi un commento a questa osservazione. Engels comincia coll'affermare che la critica di Marx all'economia è rivolta, non solo a questioni isolate, ma piuttosto alla scienza economica nel suo complesso. Era stato Hegel che era riuscito (cosa che da allora non è stata più fatta) a «sviluppare una scienza, vista nella totalità delle sue intrinseche relazioni interne» [*24]. Tuttavia, prosegue Engels, «nella sua forma attuale, il metodo di Hegel era assolutamente inutilizzabile. Dal momento che era essenzialmente idealista [...] Partiva dal puro pensiero, e invece qui bisognava invece partire dai fatti più ostinati» [*25]. Tuttavia, il pensiero hegeliano sarebbe basato su un importante fondamento storico: «Per quanto astratta e idealistica possa essere stata la sua forma, lo sviluppo del suo pensiero è stato nondimeno parallelo allo sviluppo della storia mondiale, e quest'ultimo sviluppo era in realtà la conferma del primo» [*26]. In realtà, invece, queste affermazioni, più che dare delle risposte, sollevano molte più domande. Da un lato, Engels equipara la filosofia hegeliana a un "idealismo" che sarebbe estraneo al mondo e rimarrebbe imprigionato nel "puro pensiero". D'altra parte, però, è costretto a riconoscere fino a che punto questa filosofia dipendesse dalla realtà. Per cercare di spiegare questa strana osservazione, Engels sostiene che lo sviluppo del pensiero hegeliano e quello effettivo della storia siano avvenuti "in parallelo". Ora, se il metodo hegeliano sarebbe partito dal "pensiero puro", e non dai "fatti", come spiegare allora che invece lo sviluppo del pensiero hegeliano finisce per essere «parallelo allo sviluppo della storia del mondo»?
Con la sua tesi del parallelismo, Engels può basarsi su Hegel solo in misura assai limitata. Nei suoi "Lineamenti della Filosofia del Diritto", Hegel constatava: «... Può darsi che l'ordine temporale dell'aspetto reale sia in parte diverso dall'ordine del concetto. Pertanto, non si può dire, per esempio, che la proprietà sia esistita prima della famiglia, e che tuttavia possa essere trattata e affrontata prima della famiglia» [*27]. Sono piuttosto le Lezioni sulla Storia della Filosofia di Hegel che potrebbero concordare con l'interpretazione data da Engels. Nell'introduzione, Hegel afferma che «il succedersi dei sistemi filosofici, nella storia, è identica alla successione del determinarsi della nozione di Idea, vista nella sua derivazione logica» [*28]. Tuttavia, egli subito limita questo parallelismo, specificando in modo un po' criptico che «è anche vero che da una parte la successione - in quanto successione temporale nella storia - si distingue dalla successione che avviene nell'ordine dei concetti. Ma mostrare quest'aspetto ci distrarrebbe troppo dal nostro obiettivo» [29]. E qui arriva subito al punto decisivo: «... per riconoscere, nella forma empirica e nel fenomeno che la filosofia storicamente, assume la sua successione come sviluppo dell'Idea, è necessario prima possedere una conoscenza dell'Idea... » [*30]. In altre parole: il presunto parallelismo tra lo sviluppo storico dei sistemi filosofici e lo sviluppo logico delle determinazioni dell'idea, può essere riconosciuto solo quando lo sviluppo logico dell'idea è già stato compreso. Pertanto, il parallelismo non è affatto un risultato diretto, ma piuttosto un risultato mediato; senza che Hegel ne faccia una base per la sua presentazione della storia della filosofia. Nel cercare di far coincidere "l'idealismo" della filosofia di Hegel con il suo ancoraggio alla realtà, mi sembra che il problema consista nel fatto che fondamentalmente la filosofia hegeliana non può essere definita semplicemente "idealista" (una designazione, questa, che possiamo trovare non solo in Engels, ma anche in Marx). Per i contemporanei di Hegel, una simile classificazione era invece tutt'altro che ovvia. Nel 1848, alla voce "idealismo", sulle "Wigand's Conversations-Lexikon" (vol. 6, p. 872) si può ancora giustamente leggere [*31] che Hegel non può essere definito un idealista. Questo deficit, nel caratterizzare Hegel, che troviamo sia in Marx che in Engels, non può tuttavia essere approfondito in questa sede; tratterò l'argomento in dettaglio nel secondo volume della mia biografia di Marx.
Dopo la descrizione della filosofia hegeliana, Engels torna - molto brevemente - alla critica marxiana di Hegel. Dice che Marx sarebbe stato l'unico a «impegnarsi nell'opera di estrazione del nucleo della logica hegeliana, che contiene le effettive scoperte di Hegel in questo campo, e di perfezionare la dialettica, spogliata dei suoi involucri idealistici, sotto la semplice figura in cui essa è l'unica forma corretta dello sviluppo del pensiero» [*32]. La caratterizzazione che Engels fa della critica di Marx, è del tutto vaga. Non viene specificata né la «semplice forma» di questo metodo, né le conseguenze che esso ha sulla critica dell'economia politica. Non fa altro che affermare che Marx è riuscito a criticare Hegel, e che ha conservato ciò che di Hegel avrebbe dovuto essere conservato.
IV.
Il paragrafo che segue, appare decisivo ai fini della ricezione della recensione di Engels. Secondo lui, la critica dell'economia politica può essere applicata sia "storicamente" che "logicamente". Engels, tuttavia non specifica esplicitamente che cosa intenda per "storico" e per "logico"; dobbiamo dedurlo dalle sue dichiarazioni: «Dal momento che nella storia, così come nel suo riflesso letterario, lo sviluppo progredisce grossomodo dai rapporti più semplici a quelli più complessi, in questo lo sviluppo storico-letterario dell'economia politica ci ha offerto un filo conduttore a cui poteva legarsi la critica, di modo che così, all'incirca, le categorie economiche apparivano seguendo lo stesso ordine dello sviluppo logico» [*33].
Qui, il termine "storico" appare sotto due forme: come storia economica reale, e come suo "riflesso letterario", vale a dire, come storia delle teorie economiche. Apparentemente, lo "sviluppo logico" delle categorie consisterebbe in una rappresentazione che progredisce dalle condizioni più semplici a quelle più complesse. Ma quali sono le condizioni "semplici"? Tutto ciò ha a che fare con il processo del lavoro? Si tratta della merce? Del denaro? Oppure piuttosto dell'interazione di quei tre fattori della produzione che sono il lavoro, il capitale e la terra? La relazione "semplice", e la categoria che esprime questa relazione sono tutt'altro che evidenti, e la loro determinazione rimane essa stessa un processo sostenuto da una teoria. È assolutamente impossibile decidere, sulla base della semplice descrizione di una sequenza di fatti, se la storia economica e il suo riflesso letterario comincino davvero a partire dalle relazioni più semplici. E sebbene Engels consideri lo "sviluppo storico-letterario" come un "filo conduttore", egli constata tuttavia, nello stesso paragrafo, che la rappresentazione non viene guidata da esso, dal momento che la storia spesso fa «passi da gigante». E conclude: «Solo il modo logico può qui avere dominio. E infatti è questo il modo storico di trattare, spogliato solo della sua forma storica e delle contingenze inquietanti. È a partire da questo che comincia la storia, la quale deve necessariamente avere inizio dal cammino delle idee, e il suo ulteriore perseguimento non sarà altro che il riflesso, in forma astratta e teoricamente consequenziale, del processo storico» [*34].
Ed ecco che la modalità "logica" di esposizione diverrebbe così un'esposizione "storica" corretta: uno sviluppo storico senza alcun "zigzag". È questo il modo in cui, a partire da questo testo, il "metodo logico-storico" è stato inteso nel ventesimo secolo, e coloro che hanno assunto l'esistenza di un'unità intellettuale di Marx ed Engels hanno attribuito tutto questo anche a Marx. Di conseguenza, coloro che erano critici di una simile concezione, non hanno avuto difficoltà a confrontarsi con essa. Nell'introduzione del 1857, Marx aveva esaminato in dettaglio la relazione tra l'apparenza storica e lo sviluppo logico delle categorie, ed era giunto alla seguente conclusione: «Sarebbe quindi impraticabile e falso mettere in successione le categorie economiche, una dopo l'altra, secondo l'ordine secondo cui sarebbero state a loro volta storicamente decisive. Piuttosto, al contrario, è il loro ordine a essere stato determinato dalla relazione che hanno, l'uno con l'altro, nella moderna società civile borghese; il quale è esattamente l'opposto di quello che sembra essere il loro ordine naturale, o corrispondente alla serie costituita dallo sviluppo storico» [35].
V.
Ciò che è importante per noi, è innanzitutto capire in che modo Engels sia arrivato alla sua concezione del parallelismo dello sviluppo delle categorie logiche e storiche (letterarie). Una ragione importante, mi sembra essere quella della mancanza di comunicazione tra Marx ed Engels. Sebbene si siano scambiati molte lettere sui problemi politici del giorno, sulle azioni degli amici e su quelle dei loro avversari, non ha avuto luogo una vera discussione sulle questioni teoriche della critica dell'economia politica. Marx gli ha dato pochissime informazioni sul proprio lavoro. Marx non inviò mai a Engels un manoscritto incompiuto da discutere con lui. Ed Engels non vide mai né i Grundrisse né il manoscritto del "Contributo". E anche dopo, tutto questo non è cambiato. Engels ha avuto il testo del Libro I del Capitale, per la prima volta nelle sue mani, quando Marx gli inviò le bozze [*36]. Nella corrispondenza degli anni 1850 e 1860, ci sono diversi esempi dove Marx attinge alle conoscenze di Engels relative al commercio, ma nessun vero dibattito teorico ha luogo tra i due. Pertanto, al momento della morte di Marx, Engels non aveva idea di quale fosse la situazione dell'elaborazione dei libri 2 e 3 del Capitale; egli ne viene a conoscenza solo quando esamina i manoscritti lasciati da Marx [*37]. Il primo e unico resoconto dettagliato del progetto del "Contributo", lo si trova nella lettera di Marx a Engels del 2 aprile 1858, di cui sopra. Marx inizia esponendo il piano del suo progetto in sei libri (Capitale, Proprietà fondiaria, Lavoro salariato, Stato, Commercio internazionale, Mercato mondiale) e, a titolo di spiegazione, aggiunge: «Il passaggio dal capitale alla proprietà fondiaria è allo stesso tempo storico, perché la forma moderna della proprietà fondiaria è il prodotto dell'azione del capitale sulla proprietà feudalem e fondiaria, and so on. Allo stesso modo, il passaggio dalla proprietà fondiaria al lavoro salariato non è solo dialettico, ma storico, poiché l'ultimo prodotto della proprietà fondiaria moderna è il costituirsi ovunque del lavoro salariato, che che appare quindi come la base di tutta questa merda» [*38]. Allo stesso modo, nella presentazione della determinazione del denaro "come denaro", Marx scrive: «La semplice circolazione del denaro non ha i sé il principio dell'autoriproduzione, e quindi si riferisce ad altre categorie che si trovano al di là di essa. Nel denaro – come lo dimostra lo sviluppo delle sue determinazioni – si postula il valore che entra in circolazione, che si conserva in esso, e nello stesso tempo lo implica: c'è il Capitale. Anche questo passaggio è storico. La forma antidiluviana del capitale è il capitale mercantile, che sviluppa sempre denaro. Nello stesso tempo della nascita del vero e proprio capitale, dal denaro o dal capitale mercantile, che si impadronisce della produzione» [*39]. Se si conosce solo questa lettera - come avviene per Engels - si può facilmente arrivare all'idea che Marx assuma un parallelismo sistematico tra lo sviluppo "logico" (dialettico-concettuale) delle categorie, e quello del modo in cui si impongono le condizioni economiche corrispondenti a queste categorie. Ma, come dimostra l'Introduzione del 1857, Marx non aveva assunto esattamente tale parallelismo: per cui, a volte lo sviluppo storico può seguire l'ordine secondo cui avviene lo sviluppo concettuale delle categorie, e a volte può avvenire esattamente il contrario. I passi citati dalla sua lettera sulle transizioni "storiche" non avevano alcun significato sistemico, costitutivo del suo modo di esposizione; si trattava, per così dire, solo di osservazioni supplementari, che Engels non poteva comprendere solo sulla base di questa lettera. Per Marx, la questione del parallelismo tra lo sviluppo storico, e quello concettuale delle categorie, non era affatto centrale. Come chiarisce la versione originale del 1858 (quella che a volte viene indicata come "Urtext of the Contribution") si interessava a una questione completamente diversa, che riguardava la relazione tra sviluppo concettuale e sviluppo storico. Verso la fine della sua versione primitiva, Marx scrive: «A questo punto, quanto sia corretta la forma dialettica dell'esposizione, diventa chiaro solo quando se ne conosce i limiti» [*40]. Qui, Marx si occupa dell'esistenza del "lavoratore libero", vale a dire, di quei lavoratori che, in quanto persone, sono legalmente liberi di vendere la propria forza-lavoro, e che allo stesso tempo vengono privati dei mezzi di sussistenza e di produzione; di modo che così sono costretti a vendere la loro forza-lavoro. Si tratta di una precondizione storica «per la nascita, e ancor più per l'esistenza, del capitale in quanto tale» [*41], il quale non può essere dedotto dialetticamente. La "forma dialettica dell'esposizione" presuppone che il capitale esista già, che si vedano le determinazioni immanenti del capitale e le sue dinamiche immanenti (come lo sviluppo delle forze produttive, l'accumulazione, la propensione alla crisi), e che possa anche indicare chiaramente i presupposti su cui poggia il capitale (l'esistenza di lavoratori "liberi"). Tuttavia, solo un'analisi storica può mostrare in che modo questi presupposti si siano verificati, ed ecco che è allora che la «forma dialettica dell'esposizione» non è più sufficiente, e che la visione storica diventa parte dell'esposizione. Nel Libro I del Capitale, questo avviene nel quadro dell'analisi dell'«accumulazione primitiva»; dopo che le determinazioni del processo di produzione capitalistico sono state esposte. Nel Capitale, appare un altro limite della rappresentazione dialettica: l'analisi concettuale ha mostrato chiaramente che i limiti della giornata lavorativa non possono essere determinati concettualmente, ma che essi sono il risultato della lotta tra capitalisti e lavoratori. In altre parole, la durata della giornata lavorativa è un risultato storico che può essere spiegato solo dall'analisi storica. Pertanto, l'analisi storica fa parte della presentazione della critica dell'economia politica, ma nel momento e a condizione che possa essere ottenuta solo attraverso una trattazione "logica". Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la ricerca di parallelismi tra l'evoluzione "logica" e quella "storica"; come sembrava invece che Marx avesse previsto nella sua lettera del 2 aprile 1858. L'altro significato di "storico", così come Engels lo espone nella sua recensione, ossia, lo «sviluppo storico-letterario» e il suo parallelo con lo sviluppo "logico" delle categorie, viene in qualche misura suggerito nel Contributo: dopo aver trattato una categoria, Marx espone l'evoluzione storica delle teorie riguardo quella categoria. All'analisi della merce, svolta nel primo capitolo, segue la sezione "Storia dell'analisi della merce", e dopo l'analisi della moneta vista come misura dei valori, segue la sezione "Teorie dell'unità di misura della moneta", e alla fine del capitolo sulla moneta viene la sezione "Teorie sui mezzi di circolazione e sulla moneta". Nel Manoscritto del 1861-63, che è stato concepito come un'estensione diretta del Contributo, le Teorie del plusvalore si collocano dopo l'analisi del Capitale e del Plusvalore. Un'analisi così tanto frammentata, presuppone perciò che le teorie delle diverse categorie possano essere tutte presentate in modo sostanzialmente indipendente l'una dall'altra, e nello stesso ordine seguito dallo sviluppo "logico" delle categorie; cosa che così Engels invece interpretò come un parallelismo tra lo sviluppo storico-letterario e quello logico. Ma mentre lavorava alle "teorie del plusvalore", a Marx apparve poi chiaro che questa storiografia frammentata della teoria non era più praticabile: le teorie del plusvalore – una categoria che l'economia borghese non aveva espresso in modo esplicito, e che era, nella migliore delle ipotesi, solo implicitamente presente – non potevano essere formulate affatto; almeno non senza le "teorie del profitto". È questo il motivo per cui Marx, quando cominciò a scrivere Il capitale, dal 1863 in poi, abbandonò il progetto di scrivere una storia della teoria, separata per ogni singola categoria. Invece, una "storia della teoria" avrebbe dovuto essere raccolta in un volume separato, il Libro IV del Capitale [*42].
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Su questa recensione, né Marx né Engels sono più tornati. Coloro che credono in una completa unità intellettuale tra Marx ed Engels, a partire dal silenzio di Marx, concludono che sono d'accordo: Marx conosceva la recensione e non la contraddiceva, e perciò deve averla accettata come se fosse stata una presentazione adeguata delle proprie posizioni; così si argomenta di solito. A me sembra che sia vero il contrario. Marx stimava Engels, sia come scienziato, e sia come amico che lo sostenne per tutta la vita; sia materialmente che nella sua ricerca. Ogni volta che è stato possibile, Marx ha cercato di citare gli scritti di Engels. Nel Libro I del Capitale, lo Schizzo di una critica dell'economia nazionale di Engels del 1844 viene citato quattro volte, la sua "Situazione della classe operaia in Inghilterra", del 1845, undici volte, e il suo saggio del 1850 sulla legge inglese delle dieci ore, due volte. Il fatto che non abbia citato una sola volta la recensione di Engels appare così essere tanto più importante, a partire dal fatto che nella postfazione alla seconda edizione, Marx affronta proprio i problemi metodologici dell'esposizione, così come il suo rapporto con la filosofia hegeliana; tutti temi centrali nella recensione di Engels. Se fosse stato d'accordo con Engels, con ogni probabilità in quel momento sarebbe stato ben felice di poter citare la sua analisi. Mentre, il fatto che lo abbia evitato accuratamente suggerisce che non fosse d'accordo. Pertanto, la recensione di Engels non è quindi né un brillante trattato sul metodo marxista, né una lettura impoverita della critica di Marx all'economia politica, e apre inevitabilmente la strada a un crescente impoverimento del pensiero di Engels. Nella sua recensione, Engels dovette prendere posizione su delle questioni che egli non studiava da molto tempo, e sulle quali sapeva molto poco sullo stato delle riflessioni di Marx. Dai pochi indizi che aveva, cercò – in pochissimo tempo – di fare del suo meglio. Grazie a quella che è la nostra conoscenza, molto più completa, dei testi di Marx e dell'evoluzione delle questioni che egli poneva - come quella relativa alla graduale scomparsa della questione delle transizioni dialettiche e storiche - diventa facile per noi oggi individuare gli errori e le inadeguatezze della recensione di Engels. Ma considerarla semplicemente come se fosse nient'altro che la prima espressione di un progressivo impoverimento - o addirittura di una falsificazione dell'opera di Marx - significa ignorare le condizioni in cui è stata scritta, così come il ruolo che le affermazioni di Marx possono aver effettivamente giocato negli errori di Engels.
- Michael Heinrich - pubblicato sul sito Contretemps con il titolo "Come fare la critica dell'economia politica? Rileggere Engels (e Marx)" -
Acronimi:
HW: Georg Friedrich Wilhelm Hegel, Werke in 20 Bänden, Francoforte/M.: Suhrkamp 1970
MEGA: Karl Marx, Friedrich Engels, Gesamtausgabe, Berlino: Walter de Gruyter
MEW: Karl Marx, Friedrich Engels, Werke, Berlino: Dietz
NOTE:
1 - Si veda, in francese, Michael Heinrich, "Comment lire Le Capital de Marx ? Introduction à la lecture et commentaire du début du Capital", Toulouse, Smolny, 2015, 318 p., 20€ ; e Michael Heinrich, Alix Bouffard Alix, Alexandre Féron et Guillaume Fondu, "Ce qu’est Le Capital de Marx", Paris, Les Éditions sociales, coll. « Les parallèles », 2017, 152 p., 11 €.
2 - Su questo, vedi su Contretemps, “Biographie de Marx et travail théorique. Entretien avec Michael Heinrich” (https://www.contretemps.eu/michael-heinrich-biographie-marx/#sdfootnote3sym).
3 - Georg Lukács, Storia e coscienza di classe.
4 - Michael Heinrich, Karl Marx et la naissance de la société moderne. Biographie intellectuelle. Tome 1: 1818-1841 [2018], trad. V. Béguin, A. Bouffard, G. Fondu, C. Fradin et J. Quétier, Les éditions sociales, 2019.
5 - Karl Marx, Contribution à la critique de l’économie politique, trad. G. Fondu et J. Quétier, Les éditions sociales, 2014. La recensione di Engels è alle pp. 221-229.
6 - Ad esempio, nel caso di Zeleny (Die Wissenschaftslogik bei Marx und "Das Kapital", Berlino, Akademie Verlag, 1968) e Rosental (Die dialektische Methode der politischen Ökonomie von Karl Max, Berlino, Dietz, 1973).
7 - Ronald Meek, Studies in the Labour Theory of Value (New York: Monthly Review Press, 1956), 148 ss.; Ökonomie und Ideologie. Studien zur Entwicklung der Wirtschaftstheorie, Francoforte/M., EVA, 1973, p. 130 ss.; Ernest Mandel, Introduzione, in Karl Marx, Capital Volume 1, Harmondsworth, Penguin, 1973, pp. 21 e segg.
8 - Karl Marx, Capitolo VI, manoscritti del 1863-1867, trad. G. Cornillet, L. Prost, L. Sève, Les éditions sociales, 2010.
9 - ad esempio, Helmut Reichelt, Zur logischen Struktur des Kapitalbegriffs bei Karl Marx, Francoforte/M., EVA, 1970, pag. 233 e segg.; Hans-Georg Backhaus, Materialien zur Rekonstruktion der Marxschen Werttheorie 2, in Gesellschaft. Beiträge zur Marxschen Theorie 3, Francoforte/M., Suhrkamp, 1975, p. 139 e segg.
10 - Ad esempio, Klaus Holzkamp (Die historische Méthode des wissenschaftlichen Sozialismus und ihre Verkennung durch J. Bischoff, in Das Argument 84, Jg. 16, H. 1/2, 1974, pp. 1–75) nella sua risposta a Joachim Bischoff (Gesellschaftliche Arbeit als Systembegriff. Über wissenschaftliche Dialektik, Westberlin, VSA, 1973).
11 - La discussione più completa e sfumata della recensione di Engels nel mondo di lingua tedesca è stata proposta da Heinz Dieter Kittsteiner ("Logisch" und "Historisch"). Über Differenzen des Marxschen und des Engelsschen Systems der Wissenschaft (Recensione di Engels "Zur Kritik der politischen Ökonomie" von 1859), in IWK, Jg. 13, H. 1, 1977, pp. 1-47), che cerca di rintracciare le ragioni dietro le concezioni di Marx ed Engels. Su molti punti concordo con l'argomentazione di Kittsteiner. Tuttavia, il suo tentativo di attribuire un diverso concetto di scienza all'origine di tutte le differenze tra Marx ed Engels è, a mio parere, discutibile, perché Kittsteiner è portato a confrontare le affermazioni di Engels nella sua recensione con il suo libro "Ludwig Feuerbach und der Ausgang der klassischen deutschen Philosophie" [Ludwig Feuerbach e l'uscita dalla filosofia classica tedesca).], che fu scritto più di 25 anni dopo; come se gli scritti di Engels fossero un'opera unificata e coerente! In realtà, non abbiamo alcun documento per stabilire la concezione della scienza di Engels alla fine degli anni 1850. Tra i contributi in lingua inglese alla recensione di Engels c'è Arthur's ("Engels as Interpreter of Marx's Economics", in Christopher J. Arthur, ed.), "Engels Today". Un apprezzamento per il centenario. London, Macmillan, 1996, pp. 179-188) merita particolare attenzione, anche se l'autore non è stato in grado di familiarizzare con l'intenso dibattito tedesco degli anni 1970, poiché i testi non sono stati tradotti all'epoca.
12 - MEGA II/2: 101; MEW 13: 10, Contributo alla critica dell'economia politica, Les éditions sociales, 2014, p. 64.
13 - MEGA III/9: 126; MEW 29: 319., Karl Marx, Friedrich Engels, Corrispondenza, vol. 5, 1857-1859, Éditions sociales, 1975, p. 175 e segg.
14 -Cf. MEGA III/9: 515; MEW 29: 460, Karl Marx, Friedrich Engels, Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 361.
15 - MEGA III/9: 522; MEW 29: 464, Karl Marx, Friedrich Engels, Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 365.
16 - MEGA III/9: 534; MEW 29: 468, Karl Marx, Friedrich Engels, Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 369.
17 - Contrariamente a quanto affermano gli editori nella riedizione della recensione allegata al Contributo (Éditions sociales, 2014), i quali scrivono: «È probabile che l'autore del Contributo sia anche in larga misura l'autore di detta recensione». (p. 221).
18 - MEGA II/2: 247; MEW 13: 469, Contributo..., Les éditions sociales, 2014, p. 222.
19 - Ivi
20 - MEGA II/2: 249; MEW 13: 471, ibid. p. 223.
21 - Karl Marx, Friedrich Engels, Les grands hommes de l’exil, Agone, 2015.
22 - MEGA II/2: 249; MEW 13: 471, ibid. p. 224.
23 - MEGA III/9: 515; MEW 29: 460, Corrispondenza, op. cit., p. 361.
24 - MEGA III/9: 24 sec.; MEW 29: 260, Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 116.
25 - MEGA III/9: 52; MEW 29: 275, Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 129.
26 - In una lettera a Lassalle scritta tre settimane dopo, il 22 febbraio 1858, Marx descrisse la sua impresa come segue: «Il lavoro in questione è prima di tutto la critica delle categorie economiche, o, se volete, del sistema dell'economia borghese presentato in forma critica. È allo stesso tempo un'immagine del sistema e una critica del sistema attraverso l'esposizione stessa.» (MEGA III/9: 72; MEW 29: 551, Corrispondenza, vol. 5, p. 143). Tuttavia, Engels non era a conoscenza di questa affermazione di Marx, che è molto spesso citata oggi, e che si esprime molto più chiaramente della lettera citata sopra il rapporto della critica con l'esposizione attraverso la quale è condotta.
27 - MEGA II/2: 250; MEW 13: 472, Contributo alla critica dell'economia politica, op. cit., p. 225.
28 - MEGA II/2: 250; MEW 13: 472, Contributo alla critica dell'economia politica, op. cit., p. 226.
29 - MEGA II/2: 251; MEW 13: 473, Contributo alla critica dell'economia politica, op. cit., p. 226.
30 - HW 7: 86, §32 aggiunta, GWF Hegel, Principi di filosofia del diritto (1821), aggiunta al § 32, trad. J.-F. Kervégan, Parigi, PUF, 2013, p. 680.
31 - G.W.F. Hegel, Leçons sur l'histoire de la philosophie, Gallimard, 2007, p. 50.
32 - Ivi
33 - Ivi
34 - Otto Wigand fu l'editore di molti degli scritti dei Giovani Hegeliani e pubblicò anche la Situazione della classe operaia in Inghilterra di Engels.
35 - MEGA II/2: 252; MEW 13: 474, Contributo alla critica dell'economia politica, op. cit., p. 227.
36 - MEGA II/2: 252; MEW 13: 474s., ibid.
37 - MEGA II/2: 253; MEW 13: 475, ibid.
38 - MEGA II/1.1: 42; MEW 42: 41, Contributo alla critica dell'economia politica, op. cit., p. 54.
39 - Su questa fase dello sviluppo del Capitale, v. Michael Heinrich, Che cos'è il capitale di Marx, Les éditions sociales, 2017, pp. 47-48. [Nota dell'editore]
40 - Si vedano le sue lettere a Lavrov del 2 aprile 1883 (MEW 36: 3), a Nieuwenhuis dell'11 aprile 1883 (MEW 36: 7) e a Bernstein del 14 aprile 1883 (MEW 36: 9).
41 - MEGA III/9: 122, MEW 29: 312 , Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 171.
42 - MEGA III/9: 125; MEW 29: 317, Corrispondenza, vol. 5, op. cit., p. 174.
43 - MEGA II/2: 91, Contributo alla critica dell'economia politica, Éditions sociales, 1957, p. 253.
44 - Ivi
45 - Questo volume non venne mai scritto. Dal momento che le teorie del plusvalore devono la loro esistenza alla concezione, successivamente abbandonata, di una storia delle categorie viste come isolate l'una dall'altra, esse non possono – contrariamente all'opinione popolare – essere considerate come un progetto per questo Quarto libro del Capitale.
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