Il Mercantilismo, forma antica di mediazione che dà luogo alla produzione di "Ricchezza astratta"
mercantilismo /mer·can·ti·lì·?mo/ sostantivo maschile. Dottrina economica (corrispondente alla prassi seguita dalle grandi monarchie assolute del Settecento) fondata sul principio che la ricchezza di un paese si identifica con la quantità di moneta posseduta (oro e argento), e quindi sostenitrice di una politica protezionistica da parte dello Stato nei confronti delle importazioni e incentivante nei confronti delle esportazioni. (Definizioni da Oxford Languages)
«L'abbondanza di oro e di argento costituisce la ricchezza di un paese» (Jean Bodin).
«È facile convenire che, in uno Stato, è solo l'abbondanza di denaro a determinare la differenza tra la sua grandezza e la sua potenza» (Colbert, 1664).
«Indubbiamente, per alcuni Paesi dell'Europa occidentale, il successo delle dottrine mercantiliste coincide con un periodo di sviluppo[...]. Il mercantilismo appartiene alla storia degli Stati in via di emancipazione economica [...] è un momento dello sviluppo nazionale dei vari popoli europei. Ma il mercantilismo non può essere ridotto alla sola dimensione economica. Ha avuto anche un significato sociale e religioso e ha segnato una pietra miliare nella storia del pensiero scientifico. [...] Le sue due preoccupazioni essenziali, il potere e la ricchezza, ben corrispondono al carattere complesso degli Stati e delle monarchie europee tra il Rinascimento e la Rivoluzione del 1789. [...] Il mercantilismo riflette tuttora una certa secolarizzazione della vita sociale. Nel modo in cui concepisce il commercio internazionale e gli interessi dello Stato, il mercantilismo è amorale e a-religioso, estendendo il campo di applicazione del più freddo dei machiavellismi. Considera l'attività economica unicamente come fonte di ricchezza e di potere e depriva le relazioni tra gli individui di ogni idealismo cristiano. Ignora la nozione di prezzo equo e lotta contro tutto ciò che resta del divieto medievale di concedere prestiti a interesse. Ad esempio, quando Colbert redasse il suo codice commerciale, cercò di superare l'opposizione dei teologi e dei medici della Sorbona, i quali continuavano a sostenere la sterilità del denaro e condannavano pertanto la circolazione interna delle cambiali e delle note commerciali, a causa degli interessi che esse applicavano. Nella scelta dei suoi obiettivi e dei suoi mezzi, il mercantilismo ignorò, o trascurò le preoccupazioni religiose. Nella letteratura mercantilista si possono spesso trovare paragoni presi in prestito dall'anatomia e dalla fisiologia del corpo umano. Le specie monetarie corrispondoo al sangue, la cui circolazione dà vita all'intero organismo, e le diverse classi o ordini della società sono i componenti del Leviatano. [...] Lo studio delle leggi nell'ambito dei fenomeni naturali, apre la strada alla ricerca della causalità nell'ordine sociale. Il mercantilismo rappresenta il primo abbozzo di una scienza delle società. [...] Dobbiamo perciò dare al mercantilismo un preciso significato teorico e storico. Esso rappresenta la dottrina e la pratica economica degli Stati nazionali nel periodo che va dal XV al XVIII secolo. Allora si cercava di fare in modo che le esportazioni di beni e di servizi superassero le importazioni, dal momento che per un Paese privo di minerali d'argento e d'oro era questo l'unico modo per un attirare i metalli preziosi, essenziali per la prosperità della nazione e la potenza dello Stato. [...] Tra il Medioevo e i nostri giorni, il mercantilismo ha aperto la strada all'avvento del capitalismo e dell'industria. A partire dal Medioevo, il mercantilismo ha mantenuto una fede quasi religiosa nell'onnipotenza dell'oro, insieme alla concezione di un universo statico, nel quale ogni regno poteva prosperare solo a spese dei suoi vicini. Ma nel rifiutare l'internazionalismo cristiano e il suo volontarismo, ha preannunciato le conquiste dell'economia contemporanea. Non era ancora una scienza, pur essendo già un sistema indipendente da qualsiasi morale religiosa, che trattava le questioni economiche con l'obiettività e il distacco di un naturalista. Le ambizioni del mercantilismo, evocano già il dinamismo delle società industriali. Non possedeva i loro mezzi tecnici, né l'energia collettiva sprigionata dalle rivoluzioni borghesi, ma tuttavia ha contribuito alla nascita di quelli che sono stati i loro progetti ambiziosi.»
(da: Pierre Deyon, "Le Mercantilisme", Parigi, Flammarion, 1969, p. 82-89.)
«Originariamente, il concetto di "economia politica", creato dal teorico mercantilista Antoine de Montchrestien (1615), faceva riferimento all'aspetto Statale della formazione capitalistica: l'obiettivo della "ricchezza astratta", veniva considerato come un problema economico interno allo Stato, essendo esso emerso all'inizio dell'età moderna sulla scia della rivoluzione militare delle armi da fuoco,vale a dire, dalla produzione protoindustriale di cannoni, e dall'espansione dell'industria mineraria e siderurgica a scapito delle precedenti naturali forme agrarie; cosa che aveva avuto come conseguenza la "sete di denaro" dei principi, la monetarizzazione delle tasse, la creazione di fabbriche statali, così come di agri-latifondi destinati al profitto, e così via. Così, la famiglia del principe (Oikos) - che fino a quel momento si limitava a essere soltanto la più importante tra tutte le famiglie indipendenti - diventava, nell'ambizione generale di trasformare in moltiplicazione del denaro, su scala sempre più grande, ogni e qualsiasi riproduzione, in quello che era un progetto ideologicamente sostenuto dal protestantesimo, o da quello che ne rappresentò, al tempo della Controriforma, il suo riadattamento cattolico. È lo Stato stesso, ad apparire solo quando la vecchia "oikonomia" personale e familiare si è già trasformata in un'economia "politica", consentendo in tal modo che si scateni storicamente, in una maniera che non ha precedenti, la forma-denaro, che potrà così fare il suo corso, fino ad arrivare a distaccarsi dai suoi obiettivi iniziali (produzione di armi da fuoco, etica protestante). In tal senso, lo Stato e il capitale si sono sviluppati a partire dalla medesima radice, condizionandosi a vicenda come se fossero due facce della stessa medaglia».
(da: Robert Kurz, "L'Etat n'est la sauveur suprême. Thèses pour une théorie critique de l'Etat", Albi, Crise & Critique, p. 30-31.)
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