venerdì 13 ottobre 2023

Più che una sola lingua !!

« In effetti, mi sembra che dopotutto il metodo dell'intraducibile possa essere meglio descritto collocandolo all'incrocio tra Derrida e Lacan. Si tratta, per Derrida e Lacan, se così si può dire, di due padrini che si riuniscono nel sofisma. Derrida definisce la decostruzione come se essa fosse "più di una lingua". Ancora più lontano dal logos greco universalista (vale a dire, circondato di "barbari", i quali balbettano con maggiore o con minore saggezza) e assai più vicino alla diversità cara a Humboldt, ed ecco, in maniera più selvaggia e più contemporanea, ci troviamo al cospetto del modo in cui Derrida descrive il suo metodo e la sua opera: "Se dovessi rischiare, Dio non voglia, un'unica definizione di decostruzione, breve, ellittica, economica come lo è una parola d'ordine, allora direi senza alcun indugio: 'più che una sola lingua' "(Memorie per Paul De Man. Saggio sull'autobiografia). Per tutto il testo veramente convincente che riecheggia questo passaggio; ecco che Il monolinguismo dell'altro, la decostruzione che Derrida mette in atto di quella che è la sua propria posizione - e che si riferisce alla sua esperienza di giovane ebreo pied-noir la quale è stato insegnato l'arabo in Algeria come lingua straniera facoltativa - viene espressa per mezzo di un'aporia, elaborata o suggerita in una sintassi molto francese (non facile da tradurre...), che egli enuncia nel modo seguente:
  - 1. Non si parla mai altro che una sola lingua.
  - 2. Non si parla mai una sola lingua.

(...)

Se sia Derrida che Lacan sono molto attenti a questa terza dimensione del linguaggio, ciò è anche perché entrambi sono definitivamente interessati alla dimensione del significante. Pertanto significante e performance sono perciò legati. »  

(Barbara Cassin, Èloge del la traductiom. Compliquer, l'universel. Fayard)

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