Pensiero, modernità e atti poetici
La teoria del Bloom e del Potenziale Destituente è sempre stata un veicolo per la Nuova Destra Religiosa
- di Mickey Moosenhauer -
Qual è la connessione tra "pensiero", "modernità" e "atti poetici"? Come ha fatto la nozione di "das Man" ("loro"), di Martin Heidegger, a ricomporsi; prima a partire dall'insistenza di Hannah Arendt, circa il fatto che Adolf Eichmann non riusciva a "pensare", e poi nella "teoria del Bloom" di Giorgio Agamben e Tiqqun? Quella di essere "Loro" è (per Heidegger, Tiqqun, Agamben e Arendt) la condizione umana moderna, una condizione banale, nella quale perdiamo noi stessi (vedi sotto Appendice 1). Heidegger scrive (1927): «Il proprio Dasein si dissolve completamente nell'Essere degli "Altri", tanto che gli Altri, in quanto distinguibili ed esplicabili, svaniscono sempre più». Per Heidegger, come per tutti gli "antimodernisti" (a proposito, non c'è nulla di male nel criticare la società, purché non si cada o si invochi un vero e proprio "tradizionalismo"), il crimine centrale della modernità è la mancanza di pensiero: «La cosa più pensante nel nostro tempo pensante è che non stiamo ancora pensando» (Heidegger 1954). Hannah Arendt impiega il concetto di "Loro" - di Heidegger - nel suo ritratto di Adolf Eichmann: «Ma il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali. [cioè, sono "Loro"]... Il male deriva dall'incapacità di pensare»(Arendt 1963).
Seguendo Arendt (che a sua volta ha seguito Heidegger), Agamben e Tiqqun elaborano questa nuova, moderna, figura dell'umano: «Bloom, non essendo un'individualità, non si lascia caratterizzare da nulla di ciò che dice, fa o manifesta» (Tiqqun 1999). Questa costituiva una parte della difesa (bugiarda) di Eichmann, il quale definiva sé stesso come uno che «stava solo eseguendo gli ordini», ma la sua difesa è un trucco, e Arendt ci è cascata a causa del suo impegno nella filosofia "antimoderna" di Heidegger. Il fatto che i Tiqqun riaffermino la presunta verità della difesa bugiarda di Eichmann - come fece la Arendt – dimostra solo il loro impegno nel comprendere il malessere e la "rovina" del mondo "moderno" in termini heideggeriani. I Tiqqun portano avanti la loro tesi, secondo cui tutti noi siamo Eichmann (beh, forse tutti tranne loro, visto che forse sono più intelligenti di tutti noi) e che, essenzialmente, Eichmann è stato solo una vittima "innocente" (sebbene, come ha insistito anche Arendt, abbia meritato il suo destino): «Ma è proprio nella misura in cui Bloom non è un individuo, che egli stabilisce relazioni con i suoi simili. Bloom [è l'] io che è un LORO [e] il LORO che è un io, [che] è proprio ciò che la finzione dell'individuo è stata inventata per contrastare» (Tiqqun 1999) (si veda sotto Appendice 2)
Come scrive Andreas Grossmann: « Heidegger, nei passaggi finali della sua conferenza su Eraclito [1943] sostiene che "la prova più grande e genuina dei tedeschi" deve ancora esserci. Si tratta di sapere "se essi, i tedeschi, sono in armonia con la verità dell'Essere, se sono abbastanza forti, al di là della disponibilità alla morte, da riuscire a salvare il germe, nella sua sobria apparenza, dalla pochezza del mondo moderno". Il vero pericolo che corre la Germania, afferma, non è "il pericolo della sua caduta, ma il pericolo che noi, confusi, ci arrendiamo alla volontà della modernità e andiamo alla deriva". E Heidegger conclude: "Affinché questa calamità non si verifichi, nei prossimi decenni saranno necessari quei trentenni e quei quarantenni che hanno imparato a pensare essenzialmente"» (Grossmann, 2004). Confrontiamolo con Giorgio Agamben, che ha reso il linguaggio heideggeriano ancora più vago e "privo di senso": «Ai fini del potenziale destituente è necessario pensare strategie del tutto diverse, la cui definizione è compito della politica a venire» (Agamben, 2014). « La profanazione dell'inprofanabile è il compito politico della prossima generazione » (Agamben 2005).
Seguendo Heidegger, gran parte della "sinistra vitalista" (o quanto meno coloro che seguono Agamben a livello accademico) e l'estrema destra in Italia, sono propensi a utilizzare Friedrich Hölderlin come se egli fosse stato una sorta di "poeta originario" dei nostri "tempi destituenti". Ma Andreas Grossmann (2004) ha individuato il mondo in cui Heidegger utilizza erroneamente Friedrich Hölderlin per i propri fini "antimoderni" [*]:
«Ciò perché Hölderlin era stato il primo [secondo Heidegger] a sperimentare la condizione tedesca di non essere a casa [lo si confronti per questo, con Camatte e con l'«erranza» di Emil Cioran], e che quindi solo lui aveva potuto enunciare la “legge del ritorno a casa dei tedeschi”. Nel dramma della storia, rappresenta colui che è necessario, colui che scongiura il pericolo, colui che rende possibile una “dimora poetica” [lo si confronti con Tiqqun e con Agamben], rendendo in tal modo accessibile, in un tempo empio, la dimensione del "sacro". Ad ogni modo, le interpretazioni di Heidegger, tuttavia, non possono che porsi su questa linea, dal momento che esse escludono forzatamente le diverse sfaccettature decisive del testo di Hölderlin - come ad esempio le allusioni alla Rivoluzione francese in "Andenken", o l'immagine dell'Oriente asiatico, in quella stessa poesia e in "Ister". In tal modo, Hölderlin viene assoggettato a una prospettiva che viene radicata in una filosofia della storia; una prospettiva che gli è completamente estranea, cosicché di conseguenza i suoi testi poetici vengono “totalizzati”»
( Da:"The Myth of Poetry: On Heidegger’s Hölderlin", di Andreas Grossmann, 2004, disponibile su Jstor).
E così, per quanto assurdo, la poesia, l'«atto poetico», e la teologia sono diventati i nuovi slogan della sinistra libertaria: «Abbiamo bisogno di creare un esterno dall'interno. Immaginazione, poesia: l'atto della creazione di un esterno, è il gesto poetico di cui abbiamo bisogno ora. Chiamatelo, se volete, trascendenza immaginativa» (Franco Bifo Berardi, 2012). Oppure, «Ciò di cui la critica ha bisogno ora, è di poeti e teologi» (Tiqqun, 1999). E, «In ogni avventura, una vita poetica è quella che si mantiene ostinatamente in relazione, non con un atto ma con una potenza, non con un dio ma con un semidio» (Agamben, 2015). Ancora, «In un tempo desolato, essere poeta significa: seguire, cantando, le tracce degli dei fuggiaschi. È per questo che il poeta nel tempo della notte del mondo [...sì, sospira pure, povero Martin, che i nazisti sono appena stati sconfitti...] proferisce il sacro» (Heidegger, 1946).
Ai fini delle attuali prospettive "neo-religiose", Heidegger è fondamentale, non solo per Agamben e per gran parte della "sinistra vitalista", ma anche, ad esempio, per Gerardo Muñoz e per Alberto Moreiras (Infrapolitics: A Handbook, 2020/21), nonché per l'accademico comunista in ascesa Kieran Aarons, che presto pubblicherà con Idris Robinson (allievo di Muñoz) sul South Atlantic Quarterly. Aarons, nella sua ricerca sul "potere destituente" e sulla "anarchia", comprende e integra in sé, ad esempio, Furio Jesi e il filosofo Padre Reiner Schürmann.
[*] - Per saperne di più sull'uso improprio di Hölderlin, da parte di Heidegger, e che, passando l'Italia, ha riscosso così tanto successo nel mondo accademico radicale anglofono, si veda:
http://jacketmagazine.com/32/stephens-heidegger.shtml
- Mickey Moosenhauer - 2022 -
Appendice 1
«Banale», è un termine diventato famoso negli ambiti dell'Internazionale Situazionista, e che nei paesi anglofoni è diventato un segno di radicalità - o di insofferenza verso la società - allorché si riusciva a inserirlo in qualsivoglia testo scritto o verbale (e per alcuni è ancora così, come ad esempio per coloro che continuano a usarlo come se fosse un distintivo di credibilità; mentre ovviamente, volendo détournare Raoul Vaneigem, chi parla si riempie la bocca di un cadavere).
Il termine "banalizzazione" («Una malattia mentale ha invaso il pianeta: la banalizzazione»), è stato usato da Ivan Chtcheglov in "Formulario per un nuovo urbanismo" (1953) (scritto mentre egli era membro dell'Internazionale Lettrista - precursore dell'IS -, e poi stampato nel primo numero di Internationale Situationiste (giugno 1958). Nel numero 7 della rivista (aprile 1962), Raoul Vaneigem pubblica "Banalità di base". Nel 1963 viene pubblicato il libro di Hannah Arendt sul processo Eichmann: "Eichmann in Jerusalem. A report on the Banality of Evil" [in italiano: "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme"].
La banalizzazione, che presumibilmente caratterizza la vita moderna, veniva descritta da Chtcheglov come «una malattia mentale»: «Sono tutti ipnotizzati dalla produzione e dalle comodità; sistema fognario, ascensore, bagno, lavatrice». Chtcheglov prosegue: «Questo stato di cose, che nasce dalla lotta contro la povertà, è andato oltre quello che era il suo obiettivo finale - liberare l'umanità dalle preoccupazioni materiali - ed è diventato un'immagine ossessiva onnipresente. Di fronte all'alternativa tra l'amore e il tritarifiuti, i giovani di tutti i Paesi hanno scelto il tritarifiuti.Si è reso pertanto essenziale provocare una completa trasformazione spirituale, riportando alla luce desideri dimenticati, e creandone di completamente nuovi.Svolgendo inoltre un'intensa propaganda a favore di questi desideri».
69 anni più tardi (nel 2022) Tiqqun (Manifeste conspirationniste) scrive ancora le stesse cose, ma lo fa aggiungendovi la "cospirazione": «Dietro ogni oggetto innocente che usiamo, dietro ogni dettaglio del pisciatoio dove uriniamo, dietro ogni luce di ogni espositore a cui ci avviciniamo, c'è un progettista». Anche Martin Heidegger - un tradizionalista un po' più ortodosso che si lamentava del fatto che i nazisti non si fossero spinti abbastanza in là - disprezzava la tecnologia moderna e l'«ipnotizzazione» delle masse. Egli incorniciava questo disprezzo nel quadro di un discorso di "autenticità" e "inautenticità", che aveva ripreso da Jean-Paul Sartre e dagli esistenzialisti. Heidegger insisteva inoltre sul fatto che bisognava riflettere sulla «potenza dello svelamento delle radici della tecnologia» e sulla «istruzione del linguaggio». È interessante notare come l'attuale rivista di ultra-sinistra, di "teoria critica", Cured Quail lamenti «il prevalere estetico, sociale e concettuale dell'analfabetismo». Heidegger attribuiva al popolo ebraico la colpa dell'aumento, o dell'accelerazione della tecnologia, e sosteneva che lo sviluppo delle camere a gas e delle altre infrastrutture della Shoah era stato un risultato diretto dell'influenza ebraica sul mondo (modernità). La Shoah era, secondo Heidegger, «colpa loro», come spiega Donatella Di Cesare in "Heidegger e gli ebrei". Per Heidegger, è stato il popolo ebraico a creare, o a far esistere il fenomeno "Loro". Il colpevole di averci reso tutti "non pensanti", secondo Heidegger, va indiciduato nel popolo ebraico. Inoltre, come è noto, egli si lamentava anche dell'ascesa della democrazia nell'Antica Grecia. Come mai la Filosofia Continentale e gruppi come Endnotes, Cured Quail, ecc. continuano a fare riferimento a questo tema anti-modernità? Un tema che ha le sue radici in quella stessa "inautenticità" della vita moderna che Heidegger pensava potesse essere minimizzata grazie allo sradicamento del popolo ebraico?
Ivan Chtcheglov, ad ogni modo, non immaginava affatto che ci sarebbe stato un ritorno nel bosco, come Heidegger (o come Jacques Camatte), in modo da risolvere così il problema della tecnologia. Proponeva invece di estenderla,la tecnologia, in modo da realizzare una nuova città che fosse in continua evoluzione, espressiva di una «dérive continua» per i suoi abitanti. Ma la fantasiosa idea di Chtchglov non è mai decollata. Sembra che sia molto più facile lamentarsi della tecnologia moderna, e svolgere in tal modo il ruolo del «vecchio brontolone».
Ma come ha scritto Américo Schvartzman nel 2021, Heidegger ha avuto anche dei primi critici (oggi dimenticati): «L'avversione di Heidegger per la modernità e per la tecnologia - ripetuta oggi da vari filosofi, alla moda o meno - già ai suoi tempi veniva vista come un'espressione di quel conservatorismo che caratterizza i pensatori reazionari di tutte le epoche.» Ma, per tornare al termine «banale», come prima cosa è importante collegare questo termine ai concetti di "inautenticità" e di "autenticità" e di "Loro" così come essi vengono espressi da Heidegger. E se guardiamo a quello che è stato il testo di maggiore ispirazione per Guy Debord (quello a cui egli è tornato più spesso: si veda a tal proposito il capitolo di Anselm Jappe in The Situationist International: A Critical Handbook, 2020), vale a dire, "La critica della vita quotidiana" di Henri Lefebvre (1947); allora forse possiamo vedere direttamente da dove Chtcheglov ha preso la "banalizzazione", e in che modo questa “banalizzazione” sia passata da Heidegger - attraverso Lefebvre, Arendt, Debord, Marcuse, Baudrillard, eccetera - fino a Tiqqun e all'attuale ultradestra: «Gli intellettuali, gli uomini 'colti', sono convinti in anticipo (perché?) che la vita quotidiana abbia solo delle banalità da offrire. In effetti questa convinzione gioca un ruolo importante nella cosiddetta filosofia "esistenziale", la quale condanna tutta la vita non metafisica alla banalità e all'inautenticità. Lo studio della vita quotidiana mostra chiaramente che le persone con segreti, con vite interiori, con misteri, conducono una vita quotidiana banale. Il mito della banalità della vita quotidiana viene sfatato ogni qual volta che ciò che sembra misterioso si rivela davvero banale, e ciò che sembra eccezionale si rivela manifestamente banale» (Lefebvre 1947).
In Metafilosofia (1965), Lefebvre scrive: «In "Essere e tempo" [1927], Heidegger mostra l'uomo e il pensiero come scagliati nel mondo, nella derelizione [cioè, "destituiti/destituenti"]. L'uomo sfugge a tutto questo nascondendo la sua condizione di essere-votato-alla-morte... e lo fa nell'inautentico, nella banalità». Ora, si confronti tutto questo con tutto il tardo lavoro "antimodernista" (tradizionalista) di Jean Baudrillard - da "Simulacri e Simulazione" in poi, il quale, insieme a Camatte e a Debord, trova oggi il favore anche dell'estrema destra, oltre a quello dei conservatori religiosi. È chiaro che qualcosa è andato storto. Ma con un po' di ricerca non è così difficile trovare l'origine dell'errore, e quindi il modo in cui è stato diffuso, e perciò forse riuscire a correggerlo e a interrompere quel percorso assurdo in cui si trovano insieme l'ultradestra e gli impegnati nell'«antipolitica».
Appendice 2
L'insistenza di Tiqqun sul fatto che "l'individuo" sia una finzione, non è utile alla loro tesi per due motivi. In primo luogo, perché affermano che "Bloom" potrebbe essere «un individuo», se «lui» non fosse Bloom (cioè se non vivesse in epoca moderna). In secondo luogo, perché non si mettono, come dovrebbero, nei panni di Bloom stesso in maniera significativa o intelligente; se lo facessero, dovrebbero spiegare che tutto ciò che hanno scritto è "spazzatura". L'incapacità di Tiqqun, a essere radicale, come invece crede di essere, è un altro aspetto umoristico del fenomeno Tiqqun. Non esiste alcuna possibilità di "individualità", in nessuna società: tutti i membri di una società sono funzioni e riproduttori di quella società. L'analisi di Tiqqun non è in alcun modo abbastanza radicale, per quanto, nel suo linguaggio colorito e disinvoltamente "macho", egli aspiri alla radicalità e all'estremismo.
- Mickey Moosenhauer - 19/9/2022 -
fonte: ContraHistorical