«Un romanzo di verità e ombre, una storia raccontata con ironia e amarezza, in un continuo e appassionante rimando di riflessi e di salti nel tempo». MARCO VICHI
Chicago 2016, nel pieno dell’inverno. Aarón, giovane argentino che studia negli States, sta facendo ricerche per la sua tesi dottorale su Giordano Bruno; casualmente viene a conoscenza di un omicidio avvenuto agli inizi degli anni Novanta: Ioan Culianu, professore di Storia delle religioni, freddato con un colpo di pistola. La polizia non è mai riuscita a scoprire né movente né colpevole. Aarón intraprende così un’indagine personale che fra complotti politici e servizi segreti lo porterà fino in Romania.
Buenos Aires, 2041. Il fratello e due cari amici di Aarón, che da venticinque anni non si capacitano della sua improvvisa sparizione, hanno misteriosamente ricevuto il suo diario e lo leggono insieme a voce alta durante una notte infinita di eccessi in una città vagamente distopica. Le pagine risalgono al periodo in cui Aarón stava lavorando alla sua tesi a Chicago, e raccontano di strane minacce di morte. Il diario s’interrompe di colpo...
Romanzo, biografia, diario personale, epistolario, saggio: costruito come un gioco di specchi, di scatole cinesi, questo libro trova nella migrazione delle anime il filo rosso che cuce insieme le vicende dei vari personaggi in una narrazione trascinante, ricca di sconfinamenti, incursioni filosofiche, giochi metaletterari, tutto animato da un’autoironia molto sorniona. La scrittura è ricca, sonora, spesso scoppiettante, scandita come i meccanismi di un orologio di precisione, magnificamente resa nella traduzione italiana di Ilide Carmignani. Pablo Maurette ci consegna un esordio ambizioso e brillante, che mette a frutto l’eredità di Borges e di Bolaño, aggiungendo qua e là un tocco di noir.
(dal risvolto di copertina di: Pablo Maurette, «Il tempo è un fiume» (trad. di Ilide Carmignani). Salani pp. 240, € 16)
Ho bazzicato i bassifondi di Buenos Aires nel 2041 col mondo sull’orlo della terza guerra mondiale
- di Ilide Carmignani -
«Ogni romanzo non comincia nel romanzo, nell’oggetto libro che lo contiene, capisce? Le prime pagine stanno in un altro libro, o in un vicolo dove è stato commesso un delitto, o in un uccello che osserva un gruppo di bambini che giocano e che non lo vedono», scriveva Roberto Bolaño in Sepolcri di cowboy. Così, più modestamente, si potrebbe dire che ogni libro tradotto non comincia in un libro in altra lingua, ma in una casa editrice che esplora l’infinito mare di storie pubblicate oggi e sempre nel mondo, per poi sceglierne una da proporre ai lettori del proprio paese, seguendo talvolta i portolani degli agenti. Ogni tanto, però, può capitare che tutto abbia inizio da un vagabondaggio del traduttore, da una lettura peregrina della traduttrice, che s’innamora di un certo romanzo e per potergli dare parole italiane lo propone a un editore. È questo il caso de Il tempo è un fiume di Pablo Maurette, da poco pubblicato da Salani, che è approdato sulla mia scrivania due anni fa, al posto di Aguas malas, il romanzo di Luis Sepúlveda che non mi è mai arrivato perché è arrivato prima il virus a Gijón. In quel momento di vuoto, di vuoto desolato per quel che era successo a lui e poi per quel che stava succedendo a tutti noi, segregati e spaventati, mi sono messa come tanti a leggere in modo matto e disperatissimo, seguendo le rotte tracciate da colleghi lontani. I traduttori, per chi non lo sapesse, sono lettori curiosi, voraci e incontentabili, specie se abituati a stare sulle spalle di giganti, i maestri della Weltliteratur di cui restituiscono le opere nella propria lingua madre, parola per parola. Come non c’è nessun grand’uomo per il suo maggiordomo - recita addirittura un vecchio adagio - non c’è nessun grande scrittore per il suo traduttore. Così, quando Daniel Waissbein, traduttore argentino di Thomas Browne, mi ha rivelato di aver letto un esordio sorprendente, mi sono avvicinata a Il tempo è un fiume con estrema curiosità. E ho scoperto che aveva ragione: Pablo Maurette ha messo perfettamente a frutto l’eredità di Borges e di Bolaño in un romanzo che sfugge a qualsiasi definizione, perché è anche diario, biografia, saggio, giallo alla Ricardo Piglia, avventura erudita-pop alla Umberto Eco - che fra l’altro compare nel libro succintamente vestito. Maurette uccide i propri padri sorridendo.
Costruito come una matrioska e al tempo stesso come un gioco di specchi grazie al dispositivo letterario della migrazione delle anime (si potrebbe pensare a un rimando a Il banchetto annuale della confraternita dei becchini di Mathias Énard, ma il libro è precedente),Il tempo è un fiume si apre a Chicago, nel pieno dell’inverno: Aarón, un giovane argentino che studia negli States (come un tempo lo stesso Maurette), sta facendo ricerche per la tesi dottorale su Giordano Bruno quando viene casualmente a conoscenza di un omicidio risalente agli inizi degli anni Novanta, quello di Ioan Culianu, professore di Storia delle religioni, grande specialista del domenicano apostata, freddato con un colpo di pistola esattamente venticinque anni prima, nel 1991, dentro i bagni della Chicago University, dove il ragazzo si sta addottorando. La polizia non è mai riuscita a scoprire né il movente né il colpevole. Aarón intraprende allora una sorta di appassionata indagine personale che fra complotti politici e accademici, fra servizi segreti rumeni e rivali gelosi – perché Il tempo è un fiume è anche un romanzo d’amore - lo porta ben presto a ricevere messaggi di morte: «You’re a dead man». Poi un giorno il ragazzo esce di casa, prende l’autobus, scende allo zoo - benché avesse detto alla bella Amelia che andava in biblioteca - e scompare per sempre nel nulla. Esattamente venticinque anni dopo, nel 2041, il fratello e due amici d’infanzia del protagonista si vedono recapitare nottetempo il suo diario sullo zerbino e si riuniscono per leggerlo insieme nel corso di un’interminabile notte di bevute nei bassifondi di una Buenos Aires distopica, devastata da due guerre e sull’orlo della terza, nella disperata speranza di scoprire qualche nuovo indizio che li aiuti a capire come e perché Aarón è sparito. La lettura del manoscritto - oltre a essere un’interessante metafora della lettura tout court - porta il gruppetto, e noi con loro, in un inedito viaggio fra Vecchio e Nuovo Continente, giù fino al limitare dell’Antartide, oltre che in una scorribanda fantastica attraverso il tempo, avanti in un futuro apocalittico e indietro fino a «nebulose di elio, dischi di idrogeno, meteoriti di ferro e di quarzo, asteroidi di carbone, agglomerati erranti di oro e di piombo, una tempesta di diamanti, schegge di titanio, plasma, fuoco, polvere di stelle». L’orizzonte si espande vertiginosamente sull’intera avventura umana, ben esemplificata dai versi di Borges in esergo: Il tempo è un fiume che mi trascina / ma sono io quel fiume… Colpisce in tutto il romanzo il forte senso di fisicità, sfumato d’ironica ipocondria e spinto fino allo scatologico: emergono di continuo odori, sapori e soprattutto percezioni legate al tatto, senso a cui Maurette ha dedicato un saggio per la University of Chicago Press. La scrittura è fluida, musicale, ricca di digressioni, aneddoti, sogni inquietanti, cataloghi, riferimenti intertestuali, piccoli sconfinamenti metaletterari, tutto illuminato da un senso dell’umorismo molto sornione.
Diverte l’uso del gergo dei bassifondi di Buenos Aires, quello contemporaneo e quello inventato del 2041, che solo l’aiuto dell’autore mi ha consentito di sviscerare e restituire in italiano. E adesso, come dice un personaggio del Tempo è un fiume, non ci resta che augurare a questo libro il viaggio che merita, «un viaggio formidabile in borse e borsette, cartelle, zaini, sacche e valigette, un viaggio attraverso scaffali, mensole e ripiani, comodini, tavolini da caffè e banchi degli sconti, un viaggio in casse, seminterrati, depositi, discariche, un viaggio di mano in mano, un viaggio di polvere e giorni, un viaggio più lungo di molte vite».
- Ilide Carmignani - Pubblicato su TuttoLibri del 9/7/2022 -
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