martedì 27 settembre 2022

Il cervo sul pullover e le «parole bizzarre»

All'inizio della seconda parte de "Gli emigrati" - dedicata alla figura del suo maestro alle elementari, Paul Bereyter - il narratore di Sebald dà inizio a un lungo ricordo della propria infanzia, e di come egli sia diventato allievo di Bereyter. Il bambino-narratore, pertanto, si trasferisce nella sua nuova città e si reca al suo primo giorno di scuola, calorosamente accolto dal professor Bereyter: l'insegnante nota il disegno del cerco sul maglione verde scuro del bambino e ne fa un'occasione per consolidare la lezione del giorno precedente; la scena diventa inoltre anche l'occasione per una performance dello sguardo - così tanto ricorrente nell'opera di Sebald - allorché più persone si concentrano su un'immagine (o su più immagini) e ne scompongono poco a poco gli elementi, analizzandone poi la struttura. Ciò che viene separato, non è solo l'immagine sul maglione, ma anche il termine che si riferisce all'immagine del salto dell'animale e che, in poche righe, viene presentato in cinque varianti: springenden Hirsch; die Hirschsprungsage; eines Hirschsprungs; meinem Hirschsprungpullover; des Hirschsprungmusters.

Al centro della scena, troviamo la ripetizione scolastica, così come lo sforzo degli alunni di fronte al compito di riprodurre il disegno sul pullover; qualcosa che poi apparirà anche nell'ultimo capitolo de "Gli emigrati", quando Max Ferber, il pittore di Manchester, mostrerà al narratore una sua fotografia da bambino che lo ritrae mentre scrive qualcosa con il viso molto vicino al foglio. Nella narrazione di Sebald, la personalizzazione delle parole svolge una funzione importante, come una reiterazione a volte angosciosa che rimanda direttamente allo stile di Thomas Bernhard (un modello che, nelle interviste, Sebald commenta ed esalta). Ad esempio, all'inizio di "Austerlitz", arrivando alla fortezza di Breendonk, il narratore sottolinea come l'odore (di «sapone tenero» e di «pulizia») del luogo lo riporti direttamente ai «terrori dell'infanzia», e a una delle parole preferite del padre, il quale ripeteva spesso, «Wurzelbürst», quella «parola bizzarra» - scrive il narratore - che indica una «spazzola di saggina»; la pulizia, l'ordine e il lindore come elementi che, nell'opera di Sebald, si intrecciano con la polvere, la rovina, la tomba.

fonte: Um túnel no fim da luz

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