Nel suo romanzo, "Cauterio" (Anagramma, 2022), Lucía Lijtmaer racconta due storie parallele: un capitolo per ciascuna alternanza, fino alla condensazione finale, magica, dove il finale costituisce un'attualizzazione della metempsicosi (la migrazione delle anime nel tempo, che Joyce metteva in discussione nell'Ulisse e che, tra i tanti, anche Ricardo Piglia riprende nel suo commento a "L'ultimo lettore"). La struttura di Cauterio fa pensare anche a "Palme selvagge" di Faulkner (pubblicato nel 1939 con il titolo scelto dall'editore della Random House, ma che Faulkner non approvava: preferiva il titolo da lui scelto, "Se ti dimentico, Gerusalemme"). Le due storie parallele che vengono raccontate nel libro di Lijtmaer, sono anche le storie di due donne; una nella Spagna dei nostri giorni nostri, mentre l'altra – protagonista Deborah Moody, che possiamo vedere nel dipinto, è una figura storica, fondatrice della città di Gravesend) - si svolge durante il XVII secolo, prima a Londra e poi nel "Nuovo Mondo". In ogni caso, il personaggio di Deborah Moody viene recuperato dalla Lijtmaer soprattutto a causa del suo coinvolgimento con la "stregoneria", a Salem, e conseguentemente al suo sforzo di costruire una comunità di sostegno reciproco tra donne; cosa che tra l’altro comportava inoltre anche tutta una serie di strategie di lettura, e di interpretazione emancipatrice della Bibbia.
Nella trama, c'è un dettaglio eloquente: una donna viene arrestata e condannata a morte per l'omicidio di una dei suoi figli, che lei annega dopo averla portata al mare. La sua giustificazione è la seguente (p. 170): « Non avrei potuto continuare a vivere nell'incertezza che le mie azioni potessero rappresentare sia la mia salvezza che la mia condanna. Volevo sapere la verità, e volevo saperla quanto prima». Non serviva che aggiungesse altro. Margaret aveva annegato la figlia per avere la certezza che, facendolo, sarebbe andata all'inferno. La scena, oltre che descrivere e raccontare in modo romanzato - fazioso e, pertanto, cognitivamente stimolante - qual era il peculiare clima di paranoia religiosa dei "pionieri", evoca anche alcune valutazioni freudiane: 1) nella prima, in "Criminali per senso di colpa" (contenuto in "Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico", 1916), Freud afferma che il senso di colpa precede il crimine - il soggetto uccide per essere punito, poiché desidera la punizione, e la desidera già fin da prima del crimine. 2) Nell'altra valutazione, svolta in "Mosè e il monoteismo", Freud parla invece dell'importanza che gli impulsi omicidi (e le rispettive punizioni) hanno ai fini della formazione delle istituzioni sociali. E qui, in qualche modo, arriva Ricardo Piglia, il quale condensa tutte queste riflessioni di Freud in una frase del suo "Falso Nome": «Non a caso Freud ha scritto che la distorsione di un testo è simile a un omicidio: difficile non è commettere il delitto, ma nascondere le tracce».
fonte: Um túnel no fim da luz
Nessun commento:
Posta un commento