«Sulla Comune...»
Attila Kotànyi, Guy Debord, Raoul Vaneigem… - 18 marzo 1962 -
1. Occorre riprendere lo studio del movimento operaio classico in maniera disingannata, e disingannata soprattutto per quanto riguarda i suoi eredi politici o pseudo-teorici, poiché essi non possiedono che l’eredità della sua disfatta. Il successo apparente di questo movimento è l’insieme delle sue disfatte fondamentali (il riformismo o l’installazione al potere di una burocrazia statale) e le sue sconfitte (la Comune e la rivolta delle Asturie) sono, a tutt’oggi, i suoi successi aperti, per noi e per l’avvenire.
2. La Comune è stata la più grande festa del 19° secolo. Alla base di essa si trova la convinzione degli insorti di essere divenuti padroni della loro propria storia, non tanto al livello della decisione politica “governativa”, quanto invece a livello della vita quotidiana, in quella primavera del 1871 (per esempio il gioco di tutti con le armi; il che significa giocare con il potere). E’ anche in tal senso che bisogna capire Marx: «la più grande misura sociale della Comune è stata la sua esistenza in atto».
3. La frase di Engels: «Considerate la Comune di Parigi. Era la dittatura del proletariato» deve essere presa sul serio, come base per mostrare ciò che non é la dittatura del proletariato in quanto regime politico (le differenti forme di dittatura sul proletariato, in suo nome).
4. Tutti hanno potuto muovere delle giuste critiche alle incoerenze della Comune, alla mancanza palese di un apparato. Ma poiché noi siamo oggi convinti che il problema degli apparati politici sia molto più complesso di quanto non pretendano gli eredi dell’apparato di tipo bolscevico, é tempo di considerare la Comune non solo come primitivismo rivoluzionario passato di cui si superano tutti gli errori, ma come un’esperienza positiva di cui non si é ancora ritrovata e compiuta tutta la verità.
5. La Comune non ha avuto capi. E questo in un periodo storico nel quale l’idea che fosse necessario averne dominava completamente il movimento operaio. Così si spiegano, prima di tutto, le sue sconfitte e i suoi successi paradossali. Le guide ufficiali della Comune erano degli incompetenti (se si prende, come riferimento, il livello di Marx, o anche di Lenin e persino di Blanqui). Ma in compenso, gli atti “irresponsabili” di quel momento sono precisamente da rivendicare per il seguito del movimento rivoluzionario del nostro tempo (anche se le circostanze li hanno limitati quasi tutti allo stadio distruttivo - l’esempio più conosciuto é l’insorto che dice al borghese sospetto, che afferma di non essersi mai occupato di politica: «E’ proprio per questo che ti uccido»).
6. L’importanza vitale dell’armamento generale del popolo è manifestata, praticamente e teoricamente, dall’inizio alla fine del movimento. Nell’insieme, non si è rinunciato, in favore di distaccamenti specializzati, al diritto di imporre con la forza una volontà comune. Il valore esemplare di questa autonomia dei gruppi armati ha il suo rovescio nella mancanza di coordinazione: il fatto di non avere, in nessun momento, offensivo o difensivo, della lotta contro Versailles, portato la forza popolare a livello dell’efficacia militare; ma non si deve dimenticare che in Spagna la rivoluzione, e infine la guerra, sono state perdute in nome della trasformazione in “esercito repubblicano”. Si può pensare che la contraddizione tra autonomia e coordinazione dipendesse, in larga misura, dallo sviluppo tecnologico dell’epoca.
7. La Comune rappresenta, fino ad ora, la sola realizzazione di un urbanismo rivoluzionario, poiché essa ha attaccato, nella pratica, i segni pietrificati dell’organizzazione dominante della vita, riconoscendo lo spazio sociale in termini politici, rifiutandosi di credere che un monumento possa essere innocente. Coloro che riconducono questo aspetto ad un nichilismo da sottoproletari, all’irresponsabilità delle incendiarie, devono, in contropartita, confessare tutto ciò che essi considerano positivo, da conservare, nella società dominante (si vedrà che é praticamente tutto).
8. Più che dalla forza delle armi, la Comune di Parigi é stata vinta dalla forza dell’abitudine. L’esempio pratico più scandaloso é il rifiuto di ricorrere al cannone per impadronirsi della Banca di Francia, mentre c’era un così grande bisogno di denaro. Durante tutto il periodo in cui la Comune ha tenuto il potere, la banca é rimasta un’enclave versagliese dentro Parigi, difesa da qualche e fucile e dal mito della proprietà e del furto. Le altre abitudini ideologiche sono state estremamente nocive a tutti gli effetti (la risurrezione del giacobinismo, la strategia disfattista delle barricate in ricordo del ’48, ecc.).
9. La Comune mostra come i difensori del vecchio mondo beneficino sempre, per un aspetto o per l’altro, della capacità dei rivoluzionari; e soprattutto di coloro che pensano la rivoluzione. E precisamente là dove i rivoluzionari pensano come loro. Il vecchio mondo mantiene così delle basi (l’ideologia, il linguaggio, i costumi, i gusti) nello sviluppo dei suoi nemici, e vi si inserisce per riguadagnare il terreno perduto. (Solamente il pensiero in atto, naturale per il proletariato rivoluzionario, gli sfugge una volta per tutte: la Corte dei Conti é bruciata). La vera “quinta colonna” è nello spirito stesso dei rivoluzionari.
10. L’aneddoto degli incendiari che negli ultimi giorni erano andati per distruggere Nôtre Dame, e che si erano scontrati con il battaglione degli artisti della Comune, é ricco di senso: è un buon esempio di democrazia diretta. Esso mostra anche, più oltre, i problemi ancora irrisolti nella prospettiva del potere dei Consigli dei lavoratori. Quegli artisti, unanimi, avevano ragione di difendere una cattedrale in nome di valori estetici permanenti, e in definitiva, in nome dello spirito dei musei, quando altri uomini volevano quel giorno accedere all’espressione di se stessi, traducendo, con la demolizione della chiesa, la propria sfida totale ad una società che, con la sconfitta della Comune, si accingeva a respingere tutta la loro vita nel nulla e nel silenzio? Gli artisti della Comune, comportandosi da specialisti, si trovavano già in conflitto con una manifestazione coerentemente estremista della lotta contro l’alienazione. Bisogna rimproverare agli uomini della Comune di non aver osato rispondere al terrore totalitario del potere con l’impiego della totalità delle loro armi. Tutto induce a credere che i poeti che hanno tradotto in quel momento la poesia sospesa nella Comune siano stati fatti sparire. La massa degli atti incompiuti della Comune fa sì che divengano “atrocità” le azioni abbozzate, e che i ricordi siano censurati. La frase «coloro che fanno delle rivoluzioni a metà non fanno che scavarsi una fossa» spiega anche il silenzio di Saint-Just.
11. I teorici che restituiscono la storia di questo movimento adottando il punto di vista onnisciente di Dio, hanno gioco facile nel mostrare che la Comune era oggettivamente condannata, che essa non aveva possibilità di sbocco. Non bisogna dimenticare che, per coloro che hanno vissuto l’avvenimento, lo sbocco era là.
12. L’audacia e l’immaginazione della Comune non si misurano, evidentemente, in rapporto alla nostra epoca, ma in rapporto alla banalità di allora nella vita politica, intellettuale, morale. In rapporto alla solidarietà di tutte le banalità alle quali la Comune ha appiccato il fuoco. Così, considerando la solidarietà delle banalità attuali, si può concepire l’ampiezza della creatività che possiamo attenderci da un’esplosione uguale.
13. La guerra sociale di cui la Comune é un momento dura tuttora (benché le sue condizioni superficiali siano molto cambiate). Per l’opera di «rendere coscienti le tendenze incoscienti della Comune» (Engels), non é stata detta l’ultima parola.
- Attila Kotànyi, Guy Debord, Raoul Vaneigem -
Pubblicato su Internationale situationniste - N. 12, Settembre 1969 -
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