venerdì 30 settembre 2022

Futurologia !!??

L'antologia Il mondo dei posteri - Utopia e distopia nella Russia del primo Novecento propone al lettore italiano un viaggio mai prima intrapreso nella fantascienza russa e sovietica degli albori, i cui testi restano ancora in larga parte inediti. Essa, affiancandosi agli esempi ben più popolari di Jules Verne, Camille Flammarion, ed Herbert George Wells, sviluppa un tipo di narrazione che pone al centro le conseguenze del progresso illimitato della scienza (quella che poi verrà definita futurologia), e apre le porte a tutta una tradizione successiva, come quella dei fratelli Boris e Arkadij Strugackij o Stanislaw Lem, che sarà destinata a un riconoscimento internazionale. Presentiamo qui quattro testi: Atavismo (1899) e Una sera... del 2217 (1906) di Nikolaj Fèdorov; La repubblica della croce del sud (1907) di Valerij Brjusov; e un capitolo dal romanzo Il mondo dei posteri (1923) di Jakov Okunev, intitolato Il risveglio. Valerij Brjusov (1873-1924) fu tra i massimi poeti tra il xix e il xx secolo in Russia, caposcuola della scuola simbolista e famoso in vita anche all'estero. Ja-kov Okunev (1882-1932) è invece sostanzialmente ignoto al lettore non russofono, fu scrittore e giornalista, autore di varie opere a tema utopistico e distopico. L'autore dei primi due testi infine, Nikolaj Fédorov, è dato come ignoto, ma in base alle nostre ricerche potrebbe trattarsi di uno pseudonimo dell'autore polacco Ferdynand Antoni Ossendowski (1878 - 1945).

(dal risvolto di copertina di: Nikolaj Fëdorov, Valerij Brjusov, Jakov Okunev, "Il mondo dei posteri". Giometti & Antonello pagg. 128 €18)

Non realismo socialista
- “Il mondo dei posteri” raccoglie una serie di racconti distopici di autori russi e moldavi che nel 1917 diedero vita alla corrente letteraria chiamata “futurologia” -
di Piero Melati

Il punto più alto dell’incontro tra Russia e fantascienza si ebbe nel 1934 quando, durante tre ore di colloquio per un’intervista d’autore, lo scrittore, inglese e socialista, della Guerra dei mondi H.G. Wells e il dittatore comunista Stalin si strapazzarono a vicenda. Dopo di allora, persino dentro la Cortina di Ferro, la science-fiction dell’Est ha regalato agli appassionati occidentali di Dick e Ballard autori di primo livello, alcuni (come il polacco Stanislaw Lem) di culto anche nel nostro emisfero culturale, altri (come i sovietici Arkadij e Boris Strugackij) considerati addirittura anticipatori del fenomeno “cyberpunk” degli anni Ottanta.
Meno, o quasi nulla, sapevamo invece di utopie e distopie nella Russia del primo Novecento. Dalla preziosa antologia della casa editrice Giometti & Antonello di Macerata (Il mondo dei posteri, pp.119, euro 18) apprendiamo che i “padri fondatori” moscoviti o moldavi dettero vita a una corrente letteraria che verrà poi definita “futurologia”. Nei loro racconti si travalicano i luoghi comuni più abusati del genere: niente alieni e guerre stellari, ma universi totalitari orwelliani che, calati nel contesto della vigilia della Rivoluzione del 1917 e del posteriore stalinismo, suonano come profezie. La loro carica anticipatrice sembra uno dei segreti meglio custoditi nella parabola mondiale della fantascienza. Ma per una volta gli storici non hanno colpe. A volte furono gli stessi protagonisti di quella stagione ad essere elusivi e sfuggenti quanto una spia ben infiltrata nelle fila del nemico. Prendiamo ad esempio Nikolaj Fedorov, uno degli autori presenti nell’antologia. È nota la firma dei suoi racconti (Atavismo e Una sera…dell’anno 2217) ma quanto a chi fosse davvero si brancola nel buio. Si fanno due ipotesi: o si tratta di un nome collettivo riconducibile a una confraternita iniziatica o a una setta segreta, oppure si tratterebbe dello pseudonimo di Ferdynand Antoni Ossendowski (1878-1945). E qui, fosse vero, siamo nella leggenda. Ossendowski, scrittore, scienziato, esploratore, fu consigliere militare dell’aristocratico baltico von Ungern-Sternberg, detto “il barone sanguinario”, signore della guerra incline al misticismo orientale, folle e torturatore, che dopo la rivoluzione comunista guidò le milizie controrivoluzionarie dal cuore della Mongolia, proclamandosi erede di Gengis Khan. Hugo Pratt lo disegnerà mentre da solo a cavallo carica il nemico, in una delle storie più esotiche del suo Corto Maltese, Corte sconta detta arcana. Ma non basta. L’esploratore Ossendowski fu autore di un libro del 1925, Bestie, uomini, dei, che narra la guerra in Mongolia tra mongoli, russi e cinesi, ma che – secondo i circoli iniziatici europei – avrebbe anche incautamente rivelato i segreti di un mitico mondo, quello dell’Agartha, dove vivrebbe un mistico “re del mondo”. Libro riscoperto ai nostri giorni da Tiziano Terzani, eppure accusato all’epoca di spacciare fandonie. Eppure il famoso esoterista francese René Guénon scese in campo a difenderlo, con il suo pamphlet Il re del mondo (che ispirò la famosa e omonima canzone di Franco Battiato), tuttora in vendita nelle nostre librerie. Perseguitato, l’autore, sia dallo zarismo che dai bolscevichi, i libri di Ossendowski furono messi al bando e ristampati solo dopo il 1989.

Spiritismo, eugenetica, darwinismo sociale. In quel breve tratto di storia, tra i primi fuochi della futura rivoluzione e la successiva pianificazione economica sovietica che cambierà il volto del paese, accadde di tutto. La medium italiana Eusapia Palladino era in tour a San Pietroburgo, lo scienziato Dmitrij Mendeleev studiava i fenomeni spiritici, il premio Nobel Il’ja Mecnikov analizzava le società degli insetti e polemizzava con le teorie umanitarie di Lev Tolstoj. I racconti di fantascienza del tempo rispecchiarono questo clima, anticipandone le degenerazioni. Il nemico delle nuove società prefigurate, per esempio, è l’atavismo, che affligge coloro che provano ancora sentimenti di «compassione, amore, indignazione». Il controllo sociale irrompe nella sfera più intima. «La libertà, una parola logora…questa gente mina la società intera…ora non ci sono più gli infelici, i diseredati…ognuno ha accesso alla luce, al riscaldamento, tutti sono sazi e possono studiare». «E sono tutti schiavi». Jakov Okunev, giornalista più volte arrestato, viaggiatore in Mongolia e Manciuria, rivelerà ai suoi lettori, al termine de Il risveglio: «L’autore è costretto ad ammettere di non avere inventato quasi nulla, avendo derubato il più accuratamente possibile la scienza moderna, la tecnica e soprattutto la vita… L’autore è convinto che fra duecento anni la realtà relegherà a un remoto passato tutto ciò che nel romanzo potrebbe sembrare al lettore una trovata fantasiosa».

Piero Melati - Pubblicato su Robinson del 20/8/2022 -

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