Il 26 ottobre 1947, nel recensire il primo romanzo di Italo Calvino, "Il sentiero dei nidi di ragno" (Einaudi, 1947), , Cesare Pavese scrive che il giovane autore, in ragione della sua astuzia e del suo movimento, è una sorta di «scoiattolo della penna», o della «scrittura» : Calvino utilizzerebbe l'agilità per arrampicarsi fin sui nei luoghi più difficili, e osservare così le situazioni dalle angolazioni e dalle prospettive più insolite (nel caso specifico del romanzo e della recensione di Pavese, il contesto è quello della lotta della resistenza italiana contro i nazisti durante la seconda guerra mondiale). Più di dieci anni dopo, nel numero di marzo-aprile 1958 di "Mondo operaio" - nel supplemento scientifico-letterario - Alberto Asor Rosa scrive un articolo dal titolo «Calvino, dal sogno alla realtà», nel quale commenta i libri "Il barone rampante" e "La speculazione edilizia". Nel suo insieme, la recensione è tendenzialmente negativa, e sostiene in vari modi che Calvino non sa sfruttare appieno le strategie narrative che sceglie, e i temi che sviluppa nei suoi libri; e il testo della recensione si chiude così: «Calvino ha messo la carne al fuoco: è un peccato che abbia rinunciato ad arrostirla per bene». Pochi mesi dopo la morte di Calvino (19 settembre 1985), nel numero di novembre 1985 de Il "Ragguaglio librario", Ines Scaramucci pubblica un suo testo intitolato «Da Calvino a Bacchelli», nel quale commenta le raccolte di saggi di Calvino (con particolare attenzione alla "Collezione di sabbia", pubblicata l'anno precedente). Nell'articolo, Scaramucci recupera un'intervista nella quale l'autore parlava dell'estrema «fatica» relativa al lavoro dello scrivere: «Lavoro come un animale», dice Calvino, citando Scaramucci, «è proprio il caso di dire che mi guadagno il pane con il sudore della fronte» (i tre testi sono apparsi nell'«antologia della critica» curata da Giorgio Baroni nel suo libro "Italo Calvino: introduzione e guida", per Le Monnier, 1988).
fonte: Um túnel no fim da luz
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