Uno dei tanti progetti caratteristici di Leonardo Sciascia: "I pugnalatori", un libretto del 1976 su un caso giudiziario del 1862: a Palermo, 13 persone vengono accoltellate per strada quasi contemporaneamente. Uno dei "pugnalatori" viene inseguito e catturato; dopo due giorni, decide di confessare i particolari e di denunciare i suoi complici, tra di loro, perfino anche il mandante: un uomo ricco e potente, tal Romualdo Trigona, principe di Sant'Elia, senatore del Regno. Come fa sempre, Sciascia mescola vari registri di stile e di genere: narrazione poliziesca, indagine storica, lavoro d'archivio, speculazione filosofica...
Nella "nota dell'autore" che chiude il volume, Sciascia scrive che uno dei suoi obiettivi è quello che il libro possa destare interesse soprattutto a partire dal suo essere «in rapporto alle cose di oggi», e che, nel farlo, richiami indirettamente il concetto di Croce (e successivamente di Hayden White) secondo il quale tutta la storia è "storia contemporanea". In diversi punti del racconto, Sciascia fa dei riferimenti alla situazione politica italiana della sua epoca, in particolare alla «strategia della tensione» e all'esasperazione degli «"opposti estremismi"» (che poi culminerà, due anni dopo, nell'affaire Aldo Moro, di cui anche Sciascia scriverà; da qui l'importanza de "I pugnalatori", che in un certo senso mostra quale sia stata la preparazione del terreno per l'opera futura).
Uno dei cardini della storia, è la mancanza di equilibrio tra la "giustizia" rispetto ai poveri (i pugnalatori) e quella rispetto ai ricchi, il principe (che sarebbe il mandante). Questo mistero insolubile - il principe è davvero il mandante, e la cosa si stava svolgendo all'interno del governo, con l'obiettivo di un "golpe", di una restaurazione borbonica? - è «come un vertice, una sublimità, un’apoteosi del doppio gioco», scrive Sciascia, e in tal modo, così facendo, tocca un tema che condivide (tra le molte altre cose) con Borges: il mistero di Giuda, così necessario all'efficacia della fiction quanto lo è Gesù; il tema del "traditore e dell'eroe", visto come speculazione sulle metamorfosi dei punti di vista e dei comportamenti che hanno luogo nel corso della storia (si tratta di cospiratori segreti, «Ed erano uomini i cui nomi, come di artefici del Risorgimento, leggiamo oggi nelle lapidi celebrative», scrive Sciascia).
fonte: Um túnel no fim da luz
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