Come al solito, Sciascia concentra la sua attenzione su quei momenti in cui gli estremi quasi si toccano, momenti in cui il tradimento quasi arriva a sfiorare l'eroismo, e durante i quali la mancanza di considerazione per la propria vita quasi riesce a toccare il sacrificio disinteressato per l'altro.
Ne "I pugnalatori", c'è un passaggio nel quale Sciascia parla di «mutamenti di regime» e di come i «"confidenti"» della polizia, in simili situazioni si moltiplichino: ragion per cui, la polizia rischia di « non capire più nulla », perché ci sono « i vecchi che vogliono farsi meriti nuovi, i nuovi che vogliono soppiantare i vecchi, senza dire dei dilettanti, cui si può anche riconoscere una certa fede nell’”ordine nuovo” »(p. 24). « Le apparenze ingannano » è, frequentemente, la formula che condensa il procedimento di Sciascia: un qualcosa che egli costruisce a partire da elementi poliedrici e sfaccettati, come la «lettera rubata» di Poe, come le «cronache italiane» di Stendhal e come i «giochi di specchi» di Pirandello (ad esempio, in Enrico IV, il finto pazzo che decide di fingere per sempre la follia).
Questo lo vediamo anche nel modo in cui Sciascia legge i testi: così ne "I pugnalatori", commentando uno scritto del procuratore Giacosa, Sciascia sottolinea l'uso che viene fatto di un avverbio, l'avverbio «inspiegabilmente»; «avverbio che di solito si usa quando una chiarissima spiegazione c’è» (la sua relazione sparisce, e di essa non c'era nessuna copia, ed è per l'esattezza proprio questa sparizione a essere «inspiegabile» (p. 64)). Del resto, l'evento che fornisce lo spunto per "I pugnalatori", inoltre, ha l'effetto di moltiplicare proprio quell'elemento che spesso troviamo al centro di quelle che sono le preoccupazioni di Sciascia: il crimine, la morte.
A differenza dei suoi libri su Raymond Roussel e Aldo Moro - per esempio – i quali si basano su un solo cadavere, al centro della storia dei "pugnalatori" si trovano potenzialmente ben 13 vittime, le quali raddoppiano allorché i colpevoli vengono giustiziati (tolto l'informatore del gruppo, il quale viene condannato all'ergastolo). In Sciascia, spesso la morte si coniuga e si accompagna alla messa in scena del tribunale: in "1912+1", Maria Tiepolo uccide Quintilio Polimanti, e Sciascia analizza la stampa e il processo; in "Porte aperte", un uomo uccide tre persone, e il regime fascista vuole la pena di morte, mentre il giudice incaricato del caso, invece, si oppone.
fonte: Um túnel no fim da luz
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