mercoledì 12 ottobre 2022

Abbracciati alla noia …

Parigi, 1939. Lo scrittore e filosofo ebreo Walter Benjamin, come migliaia di altri rifugiati tedeschi in Francia, è costretto ad abbandonare il proprio domicilio e a recarsi nella più vicina stazione per essere internato in un campo per «lavoratori volontari». Quando due mesi e mezzo dopo viene liberato, Parigi è ormai nelle mani dell’esercito nazista; per Benjamin comincia un lungo pellegrinaggio clandestino fino al confine spagnolo sui Pirenei. Nel suo unico bagaglio porta un manoscritto che, dice, «è più importante della mia stessa vita». Ma proprio alla frontiera, a Portbou, la fuga si interrompe per un tragico e beffardo scherzo della burocrazia, e il manoscritto è perduto per sempre.
Rapallo, 1945. Il poeta americano Ezra Pound viene arrestato sulla porta di casa e consegnato alle autorità statunitensi che lo accusano di tradimento: da anni la follia totalitaria lo ha contagiato trasformandolo in un improbabile strumento di propaganda che gli stessi fascisti non mancano di irridere. Pound viene trasferito in un campo di detenzione vicino Pisa e rinchiuso per settimane in una gabbia a cielo aperto, mescolato ad assassini e stupratori. Qui scriverà alcuni dei suoi versi più celebri, in bilico tra delirio e poesia assoluta.

Attraverso i destini diversi, quasi opposti, di questi due giganti travolti dalla catastrofe della Storia, nel terzo volume della serie Manifesto incerto Frédéric Pajak disegna con china e parole i contorni di un’epoca, riuscendo a farla parlare con il nostro presente e le sue nuove ideologie, angosce, speranze.

(dal risvolto di copertina di: Frédéric Pajak, "Manifesto incerto",  224 pagine, € 28,00)

La morte di Benjamin e la follia di Pound ci insegnano a capire la modernità malata
- di Bruno Ventavoli -

Non è una graphic novel, né un saggio, e neppure una di quelle autofiction molto uptodate al giorno d'oggi. Manifesto incerto di Frédéric Pajak è uno dei libri più originali e profondi dell'anno che mescolano tutti i sopracitati linguaggi, creando qualcosa di completamente nuovo. Singole tavole a china, in bianco e nero, accompagnano, completano, costellano tre singole narrazioni, all'apparenza distintissime, la morte di Walter Benjamin, l'altrettanto straziante destino maledetto di Ezra Pound, e frammenti autobiografici dell'autore stesso.

Frédéric Pajak, nato in Francia nel 1955, dotato di un vistoso talento, fu ammesso sedicenne all'Accademia di Belle Arti, ma ne fuggi dopo un solo semestre, incapace di conformarsi alla rigidità dell'ambiente. D'altronde soffiavano ancora refoli di quel vento di illusoria libertà che aveva infiammato il maggio francese qualche anno prima. Ogni tanto, quelli come lui, si rivoltavano. Ma (per sua ammissione) erano troppo imbranati. «Idee goffe, approssimative, e soprattutto inconcludenti perché non avevamo nessun mondo nuovo da opporre a quello vecchio. Qualche toppa, qualche minuscola riforma, incomparabile però con una vera rivoluzione». Cresciuto tra idee povere e falsi sentimenti incapaci di abbracciare il mondo, il tempo, la Storia, è stato grafico, cuccettista sui treni Ginevra-Roma («m'abbracciavo alla noia»), fattorino di un macello, accattone per strada. Solo la poesia, il disegno, la lettura l'hanno tenuto a galla nelle paludi della disperazione, un po' come i grandi geni che «esplora» nella serie Manifesto incerto, giunto al terzo capitolo in italiano, nella traduzione, ottima, di Niccolò Petruzzella per l'Orma.

Mentre ogni forma di legalità stava crollando nell'Europa del '39, Walter Benjamin, rifugiato a Parigi, viene internato come tutti gli altri tedeschi in un campo francese. La burocrazia della guerra, e i suoi ottusi officianti, rendono la vita insopportabile.  Eppure i volenterosi fuggiaschi di Hitler, animati dalla proverbiale volontà germanica di rinvenire ordine nel caos, stampano una rivista ciclostilata, il Bollettino di Vernuche, per dimostrare ai francesi di che pasta son fatte le persone che considerano nemiche. Per distogliere gli internati dai pensieri cupi, parlano di libri, statistiche demografiche, perfino indovinelli e enigmistica. Benjamin dopo due mesi viene liberato, ma nel frattempo la Francia è stata invasa dai nazisti. Per lui, ebreo, è come cadere dalla padella nella brace. Disperato, affaticato, ma sempre tenace, progetta di fuggire all'estero. Pensa persino di fingersi marinaio con documenti falsi. Ma con quegli occhialini e il fisico intellettuale, come può pensare di camuffarsi? Prova a scavallare i Pirenei, Pajak lo tallona su per gli erti sentieri con il fiatone, la gola riarsa dalla fatica, la paura di essere catturato, la fame, gli attacchi di cuore, insieme a disorientate compagne di viaggio.  Si affida, il branco maldestro, a suggerimenti contadini, inciampa in spie, in doppiogiochisti, in avidi profittatori. Benjamin reca con sé una borsa di cuoio che pesa parecchio, dice che contiene il suo ultimo manoscritto, «più importante della sua stessa vita». All'ennesimo tentativo fallito, incapace di tornare indietro in Francia nelle mani della Gestapo, si suicida con pastiglie di morfina. Una ventina di monaci in veste nera e bianca, ignari che sia ebreo, recitano un requiem intorno al letto. Della sua salma, forse sepolta in una fossa comune, non si sa più nulla. Così come scompare l'Opera dalla «valigetta simile a quella in uso tra i rappresentanti commerciali» dove il verbale poliziesco rinviene un orologio, una pipa, qualche fotografia, cartacce, un po' di denaro...

Ezra Pound, l'altra biografia parallela di Manifesto incerto, era figlio di un impiegato della Zecca americana, incaricato di misurare la percentuale d'oro nei minerali e accogliere i truffati inviperiti che acquistavano i lingotti di piombo placcati di prezioso metallo dei falsari (aurum omen, perché Pound sarà ossessionato tutta la vita dalla velenosa falsità del denari). Diventa poeta, con l'ambizione fin paranoica di comprimere in versi tutto l'esistente, dalla religione alle erbe, dal cinese alla lingua d'oc, da Confucio ai greci, dalle invettive alla meraviglia. E per oltre 40 anni, dal 1915 al 1959, si dedica ai Cantos, un poema «megalopachidermico di incommensurabile lunghezza», e geniale cripticità. Ma ciò che l'ossessiona è l'economia, la finanza, l'inganno dei soldi, che «ridotto l'Uomo nemmeno più a un tubo digerente, bensì a un ricettacolo di moneta che va svalutandosi».Accecato dall'odio per l'usura, maledice gli ebrei che, secondo lui, vogliono dominare il mondo attraverso banche e speculazioni, o il comunismo, altra arma diabolica di segno contrario. Crede che il fascismo italiano possa essere una salvezza. Incontra Mussolini sperando di consigliarlo verso un mondo migliore, il Duce lo considera «un matto divertente», e blocca subito i suoi sproloqui plutorazziali. Durante la guerra gli viene assegnata una trasmissione radiofonica di propaganda antiamericana, per verrà poi arrestato dagli americani liberatori con l'accusa di tradimento e rinchiuso in gabbia insieme a stupratori, disertori, assassini, condannati a morte, dove Pound, per sopravvivere, si aggrapperà al dizionarietto di cinese per tradurre massime confuciane e aggiungere versi ai Cantos. Processato negli Stati Uniti, ritenuto incapace di intendere, finisce in manicomio. Quando viene liberato dopo 13 anni di internamento salpa per l'Italia nel 1958 insieme alla moglie e a una ragazza inglese che gli fa da segretaria e amante. Arrivato a Napoli grida ai giornalisti italiani sul molo «L'America è un manicomio!» con il braccio teso del saluto fascista. Ultima immagine del Manifesto incerto.

Due vittime diverse della Storia. Due geni che sembrano schierati dalle barricate opposte del Bene. Ma Pajak ci fa capire che non è così. Perché noi, ospiti di un presente inebetito che si perde dietro condanne, censure, cancellazioni, siamo eredi zoppi delle ideologie del Novecento. Dimentichiamo che nulla di ciò che è accaduto deve andare disperso, soprattutto la voce dei vinti. Capitalismo, libertà, dittatura, democrazia, sono esperienze ancora da definire. Invece nel vivacissimo chiacchiericcio odierno tutti alzano i toni perché non hanno niente da dire. E niente dicono.

- Bruno Ventavoli - Pubblicato su Tuttolibri del 27/8/2022 -

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