giovedì 6 ottobre 2022

Passa Parola !!

La bravura, dimostrata da Lula, nel saper integrare nelle élite nuovi borghesi e dirigenti senza, per far questo, dover liquidare quelli vecchi; la sua capacità di promuovere l'inclusione di settori storicamente esclusi, inserendoli nel mercato del lavoro e dei consumi; lo stimolo alla partecipazione dei movimenti sociali e dei sindacati alla formulazione delle politiche pubbliche - burocrazia partecipativa; l'attitudine a siglare patti con la destra in nome della governabilità; la sua competenza riguardo il saper conciliare sviluppismo e neoliberismo, mentre allo stesso tempo promuove l'imperialismo brasiliano in America Latina e in Africa. Tutto questo fa di Lula non solo il più grande leader politico nazionale, ma anche una vera e propria risorsa per i capitalisti, tanto più che tutto questo è stato fatto, e continua a essere fatto, rinunciando completamente a qualsiasi traccia di radicalismo anticapitalista, e persino a qualsivoglia velleità di riformismo socialdemocratico. Le condizioni per la governabilità di Lula e Dilma sono sempre state, da un lato, l'addomesticamento della militanza che li ha sostenuti e, dall'altro, la capacità di impedire alla classe operaia di mettere in discussione proprio quel mercato del lavoro e dei consumi, insieme al sistema di potere e sfruttamento nel suo complesso. Rispettando queste condizioni, i dirigenti del Partito dei Lavoratori sono stati in grado di patteggiare il consenso dei conservatori. Contrariamente a ciò che pensa la sinistra, il vero esponente del conservatorismo brasiliano, cioè di quella forma di fare politica in cui ogni cambiamento deve adattarsi al consolidato e in cui si cerca sempre una mediazione moderatrice dei campi in lotta, è Lula. Ed è per questo che Lula è diventato oggi(quasi) un nome di consenso per gli strati popolari inseriti nel mercato e per i movimenti ammessi al tavolo delle trattative; una vera e propria figura messianica. In tal modo, il più grande partito di sinistra del Paese ha dato vita a un caudillismo messianico che promuove una politica conservatrice. Bolsonaro, quanto a lui, rappresenta invece coloro che sono stati lasciati indietro dalla mobilità sociale verso l'alto, una frazione della "classe media" - operai qualificati, piccolo-borghesi, sub-manager - i cui redditi sono diminuiti durante i governi del PT, o sono rimasti invariati allo stesso livello. (...) Nella competizione sul mercato del lavoro, nella competizione per le posizioni di leadership, nella lotta per il controllo delle quote di mercato, il bolsonarismo rappresenta una soluzione politica alle impasse economiche: sebbene ampliate, le opportunità che sono state create durante il periodo di maggiore espansione economica e di inclusione sociale degli ultimi decenni corrispondenti ai governi del PT (2003-2016), non sono mai state per tutti - il capitalismo non ha mai smesso di essere capitalista. La soluzione per i bolsonaristi è quindi quella di creare le condizioni per la concorrenza nel mercato, o di rimuovere le restrizioni su tale mercato, e di stabilire una rappresentanza politica basata sulla supremazia di coloro che incarnano i valori "tradizionali", confusi con un individualismo esagerato e una rozza virilità maschile. È proprio per questo che il bolsonarismo riunisce, da un lato, l'attivismo "anticomunista" e anti-LGBT e, dall'altro, settori indignati per la criminalità e la corruzione; questi settori scommettono sull'armamento della popolazione, sulla brutalità della polizia e sul rafforzamento delle tendenze più autoritarie dello Stato, viste come soluzioni virili e ultra-individualiste per la ricostruzione della nazione, che confondono con la ricostruzione di sé stessi. E poiché l'odio per i delusi del PT fa parte dell'equazione, il bolsonarismo riporta alla ribalta il radicalismo politico, sotto forma di populismo rabbioso di destra. Personificando il risentimento e l'impegno attivo dell'individuo nella propria atomizzazione, Bolsonaro si afferma anche come leader messianico, ma con scarsa propensione alla moderazione e al consenso. E come Lula, Bolsonaro cerca di affermarsi come caudillo, ma al servizio della reazione proto-fascista, e come figura paterna non delle organizzazioni dei lavoratori, ma delle risentite "classi medie".

(...) Da quando le pressioni dei lavoratori sono state incanalate verso le istituzioni dal governo Lula, le lotte politiche all'interno delle élite brasiliane, così come i conflitti sociali, hanno avuto una forte tendenza a ruotare intorno alla distribuzione del bilancio pubblico. In Brasile si è consolidato un modello economico che articola neoliberismo e sviluppismo, nel quale lo Stato ha bisogno di disporre di risorse di bilancio sufficienti ad agire come agente economico e offrire così crediti, sussidi, esenzioni [dalle tasse] e garanzie al settore delle imprese. Dall'altra parte, la lotta di classe è stata costretta a diventare una lotta per i diritti che, per essere esercitati, richiedono una quota sempre maggiore di bilancio pubblico, nella misura in cui l'ordinamento giuridico consente il riconoscimento di un numero sempre maggiore di diritti. Tutto ciò che resta da fare al governo, pur mantenendo le premesse del modello di sviluppo economico, è arbitrare i conflitti sociali e le dispute tra le élite, monitorare la situazione economica e gestire in modo appropriato l'allocazione delle risorse di bilancio. (...) Il problema è che il governo Bolsonaro ha abbandonato qualsiasi arbitrato dei conflitti sociali e, di fatto, cerca di criminalizzare questi conflitti; non potendo in pratica promuovere una modernizzazione economica basata su uno Stato burocratico autoritario, ha fatto precipitare il Paese nell'anarchia fiscale, creando bilanci paralleli che hanno finito per ridurre l'efficacia della politica fiscale (...). In altre parole, Bolsonaro ha messo a repentaglio un intero sistema di conciliazione di interessi di classe antagonisti che, quando la situazione internazionale era favorevole, aveva permesso una crescita economica superiore alla media mondiale, nonché la modernizzazione e l'internazionalizzazione dell'economia brasiliana. Il significato storico dell'attuale candidatura di Lula sembra quindi essere quello di ristrutturare questo sistema di accomodamento, di ripristinare il ruolo dello Stato come agente economico e induttore di investimenti privati e di restituire al governo federale il compito di arbitrare i conflitti sociali e le dispute sul bilancio pubblico tra le élite. Ma per farlo - come nota The Economist - Lula dovrà convincere il Congresso ad approvare le riforme e a ridurre il controllo parlamentare sul bilancio, cosa che non sarà facile.

Ma che dire della sinistra? Qual è il significato storico di queste elezioni? La tendenza predominante a sinistra è quella di puntare ancora una volta tutte le sue fiches sul ripristino di questo sistema di accomodamento, promuovendo il consenso e la moderazione, e rifiutando la lotta sociale radicale. Diventa così ostaggio di una base bolsonarista che si scaglia violentemente contro tale sistema. Negli ambienti di sinistra, è opinione diffusa che si debba mantenere la calma e attendere il ritorno al potere di Lula e del PT. Tuttavia, l'anno 2022 è particolarmente preoccupante se consideriamo la violenza politica e le minacce perpetrate da militanti o da membri del pubblico. violenza e minacce da parte di attivisti o sostenitori del presidente Bolsonaro. (...) Tuttavia, anche a fronte di episodi come questi, la sinistra brasiliana è in genere impressionantemente morbida, limitandosi a tweet, timide proteste, allo stesso tempo in cui si rassegna al sogno della pacificazione sociale sotto Lula. Naturalmente, alcune persone di sinistra sono pronte a combattere nelle strade, come è accaduto il 9 settembre 2022, quando un bolsonarista ha partecipato a una riunione del PT portando materiale anti-Lula per provocare gli attivisti e ha dovuto lasciare il luogo piuttosto malconcio. (...) Attivisti o simpatizzanti del PT sono talvolta coinvolti in risse da bar, come ad esempio quella che ha portato alla morte di un bolsonarista a Santa Catarina. Ma non è questo il problema. Il punto è trovare la radicalità in un ambito che non sia quello dei pugni e dei calci, degli spari e dei colpi. e calci, sparatorie e accoltellamenti, ma di mobilitazioni collettive che mettano in discussione le relazioni di potere, i rapporti di sfruttamento e le gerarchie sociali. Ridurre la lotta sociale agli scontri di piazza significa rinunciare alla rivoluzione a favore della rivolta. Il "lulismo" può anche compiacersi della rivolta, manipolandola quando gli fa comodo per dare una dimostrazione di forza, ma insieme alla destra conservatrice negherà sempre la rivoluzione. È controrivoluzionario per antonomasia. Mantenendo una posizione di passività e di subordinazione, la sinistra cessa di associarsi ai movimenti collettivi dei lavoratori, i quali, per combattere, non possono permettersi il lusso di aspettare uno scenario più favorevole; pertanto, la sinistra non riesce a promuovere quel tipo di radicalità in grado di neutralizzare le offensive dei padroni e la capacità di azione delle proto-milizie fasciste. In altre parole, anche in uno scenario più sfavorevole, i lavoratori avrebbero dovuto sfidare i padroni e reagire. Nel 2020 e nel 2021, anche la riduzione dell'attività economica determinata dalla pandemia e la e le restrizioni ai viaggi, motivate dalla pandemia, non hanno impedito ai lavoratori di lottare.Basti citare gli scioperi per il pagamento dei salari in ritardo, per il riadeguamento dei salari, per gli "scioperi della salute" [dovuti alla mancanza di mascherine, gel, filtraggio dell'aria nei luoghi di lavoro, ecc].

Tuttavia, la sinistra brasiliana, in generale, non ritiene più che, anche di fronte al rischio di un regime autoritario, sia necessario lottare in modo radicale, rispettando in maniera più rigorosa quelle regole di sicurezza che hanno garantito la sopravvivenza - e le vittorie - delle generazioni precedenti. Al contrario, sembra che, di fronte a questo rischio, non si possa fare altro che attendere una costellazione di forze più favorevole; oppure dovremmo abbandonare le nozioni di sicurezza e di lotta concreta, riducendo la lotta sociale a teatrini pseudo-radicali, ad atti stupidi [come quello del dare fuoco alla statua di un bandito, avventuriero, cercatore di metalli preziosi e cacciatore di schiavi]. In tal modo, la memoria di innumerevoli attivisti rivoluzionari rivoluzionari del passato viene così insultata dalla sinistra attuale, che ha paura di battersi in uno scenario più sfavorevole, perché ha disimparato a lottare. Desidera ardentemente la riedizione di un progetto conservatore caratterizzato dalla mediazione dei conflitti, dall'inserimento nel mercato del lavoro e dei consumi e dall'integrazione nelle élite. Ecco perché si identifica con Lula, ed ecco perché questa sinistra giace immobile ai suoi piedi.

- Enrique Fagner, Passa Palavra, 29 settembre 2022 -

fonte: Passa Palavra

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