Essere un idiota, creare a partire dalla propria idiozia... In "Nouvelles Impressions du Petit-Maroc", un saggio-resoconto scritto nell'aprile del 1990, César Aira tratta questo tema così profondamente flaubertiano (l'idiozia); cosa che sembra abbastanza appropriata dal momento che si trova in Francia per una conferenza di scrittori. Ed è proprio a partire da una tale idiozia, scrive Aira, che diventa necessario scrivere male, bisogna sottrarsi all'immediata facilità della lingua madre: se, e quando, si scrive male, ecco che il prodotto smette di essere il testo, diventando invece l'autore stesso (ed è anche per questo che, in questo suo saggio-relazione, Aira arriva a difendere l'idea secondo cui lo scrittore non dovrebbe correggere: la correzione viene fatta con l'occhio del lettore; se non addirittura con l'estetica del lettore! E così invalida e contamina il progetto di scrittura nel suo insieme.
Un'altra cosa interessante, che in questo brevissimo libro viene affrontata e sottolineata, interessa la relazione tra la guerra, il turismo e la letteratura: con la fine dell'epoca delle guerre, produttrici di storie per eccellenza (e in questo c'è un filo sotterraneo in negativo, che lega Aira alle tesi di Walter Benjamin sul silenzio dei soldati di ritorno, così come con i romanzi di Ernst Jünger o di Louis-Ferdinand Céline), arriva anche la depauperante era del turismo. Eppure, ciononostante, e malgrado la brevità di questo giudizio e di questa tensione (guerra vs. turismo; ieri vs. oggi), Aira arriva a menzionare uno scrittore che - per quanto sia all'interno di quest'epoca (vale a dire, per quanto ne segua in un certo senso i dettami) - riesce tuttavia a presentare un'opera che è di livello superiore: Bruce Chatwin.
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