12 Tesi su Walter Benjamin - VI -
Pertanto, la prima richiesta che viene rivolta ai lavoratori dell'arte e della conoscenza è quella di essere consapevoli della propria posizione nel processo di produzione; e questo soprattutto per non rimanere in disparte, come fossero semplici osservatori, rispetto agli eventi delle lotte sociali. «Nella lotta di classe, il ruolo dell'intellettuale può essere determinato solo a partire dalla sua posizione nel processo di produzione»; sosteneva Benjamin. Il posto dell' osservatore - parallelo all'oggetto di studio - finirebbe così per corrispondere a quello di una sorta di «mecenate dell'ideologico: un posto impossibile». Per Benjamin, «l'apparato borghese è in grado di assimilare e propagare enormi quantità di temi rivoluzionari, senza che ne sia messa in discussione la sua sussistenza stessa». Secondo quella che è la riflessione di Benjamin circa il mecenatismo ideologico, esso «è riuscito persino a trasformare la miseria in un oggetto di piacere, ritraendola grazie alla perfezione tecnica». La sua funzione diviene così quella di estetizzare e spettacolarizzare la miseria del mondo, e renderla digeribile, per poi offrirla al pubblico per il suo godimento. E l'estremità cinica di questa catena di appropriazione «riesce a trasformare in oggetto di consumo» non solo la rappresentazione della miseria, ma persino «la lotta contro la miseria». Secondo Gerald Raunig, il problema fondamentale degli intellettuali dei media non è quello della loro appartenenza alla classe borghese, né le loro modalità narcisistiche di soggettivazione, e neppure il manierismo con cui si autoglorificano persino a partire dal proprio presunto status di esclusi, ma piuttosto nel far coincidere la personificazione dell'intellettuale con quella che sarebbe una figura individuale. «La proletarizzazione dell'intellettuale non porta quasi mai a un nuovo proletario», sostiene Benjamin.
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