Albert Camus & Marguerite Yourcenar
Albert Camus (1913-1960) era orfano di padre, e Marguerite Yourcenar (1903-1987) era orfana di madre. Non può certo essere questa similitudine biografica ad accomunare l'autore de Lo straniero (1942) e l'autrice di Memorie di Adriano (1951) nella nostra "biblioteca verde", quanto piuttosto il loro stile, visto nel modo in cui viene descritto da Sartre: «quasi fosse una sorta di sinistra solare, elegante, cerimoniosa e desolata, che ha in sé tutti i tratti di un classico, di un mediterraneo». Ma stiamo anche parlando della totale accettazione della vita condivisa da parte tanto dal piccolo impiegato di Algeri come dal signore dell'Impero Romano, senza cercare un qualche senso che vada al di là di ciascun loro significato.
«Elle est retrouvée. Quoi? – L’Éternité. C’est la mer allée Avec le soleil.» (A.R.)
Un'accettazione, un'acquiescenza che ha le sue radici nei greci, negli stoici, negli epicurei, nel culto della bellezza, della misura e della serenità. Simultaneamente, Camus e Yourcenar, condividono anche un certo atteggiamento riservato che è allo stesso tempo un po' ombroso e altezzoso, che condivide il medesimo disgusto per la società industriale; caos di bruttezza, di violenza e di volgarità disumanizzanti; così come il rifiuto delle mobilitazioni del gregge sottomesso alla disciplina di partito. Né l'uno, né l'altra, hanno mai abbracciato la miserabile massima del «fine che giustifica i mezzi». Restano individui anche quando uniscono le loro voci a quelle dei gruppi solidali con gli uomini e con gli animali oppressi, torturati e sterminati.
L'8 agosto del 1945, la protesta solitaria di Camus su "Combat"; da solo di fronte al Mondo e all'Umanità, contro l'applicazione scientifica della volontà di potenza, a Hiroshima, inaugurò in Francia una critica di quelle micidiali tecnoscienze, che per mezzo secolo diventerà la rivolta stessa dell'umanità contro il proprio istinto di morte. Una rivolta senza illusioni, che Yourcenar ha sostenuto e promosso con tutta sé stessa, attraverso le parole, gli scritti e le azioni, soprattutto nella sua difesa degli animali e dell'ambiente naturale. Protetta dal suo genere, dal suo esilio americano, dalla sua minore e successiva notorietà, non fu costretta a subire gli odi settari e invidiosi cui venne sottoposto Camus, il quale ancora oggi rimane il bersaglio di tutti gli scagnozzi del dispotismo storico.
Nazionalisti, comunisti e/o fanatici religiosi. Di tanto in tanto, vediamo uno di questi sgherri, desideroso di diventare la gloria della propria fogna, strisciare sulla propria viscosa bava per lanciargli contro un catarro a forma di libro, per farla finita con Camus. Poi lo sputo ricade sul suo autore che viene presto dimenticato, mentre nel frattempo è arrivata una nuova generazione di lettori che divora Caligola (1945) o L'uomo in rivolta (1951). E non ritrovarci ignobili ricette per "l'efficientismo", né tantomeno un'invincibile strategia per prendere il potere da parte di un'élite superiore dei rivoluzionari organizzati. Ma ai fini di ottenere una migliore comprensione della società delle macchine, e della necessità di resistere ad essa, per salvare l'essere umano. Vale a dire, una sensibilità fedele e radicata nella terra. Non c'è alcun altro significato al di là di questo, dice Camus, non c'è né giustizia, né verità. «Io mi ribello, dunque siamo».
- di Marius Blouin & Renaud Garcia - da "Piéces et main d’œuvre" - 3 dicembre 2023 -
fonte: Les Amis de Bartleby
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