Note su Robert Kurz: le ontologie storiche e i due concetti della critica dell'Illuminismo (vale a dire, ciò che continua a sfuggire a Stephanie Roza e ad Antoine Lilti).
A differenza delle ontologie storiche antiche o medievali, le quali erano auto-evidenti e - secondo Kurz - non avevano alcun bisogno di essere misurate riferendole ad altre ontologie, in modo da poter essere così legittimate, l'ontologia capitalistica moderna deve essere giustificata, in maniera riflessiva, in due modi: da un lato, nel senso di un'autolegittimazione nei confronti delle precedenti ontologie, le quali dovevano invece essere ancorate a un'apertura verso il futuro, piuttosto che a delle tradizioni passate o ai miti delle origini (il risultato di questo, è stata la filosofia della storia dell'Illuminismo). In questo modo, l'età dell'oro, dalle origini, veniva a essere proiettata nel futuro. Dall'altro lato, i meccanismi di queste ideologie di legittimazione, riguardavano principalmente la trasformazione di quelle categorie ontologiche, storicamente specifiche dell'epoca moderna, in categorie trans-storiche (vale a dire, la naturalizzazione del capitalismo), così come la retro-proiezione di tali categorie, in tal modo convertite e trasformate sull'insieme di tutta la storia umana passata, attraverso e grazie a una teoria della storia che viene vista come se fosse uno "sviluppo" (stadi, tappe, fasi, ecc.).
Pertanto, di conseguenza, le ontologie storiche del passato hanno perso così la loro specificità, e sono state «relegate al rango di ontologie moderne embrionali, categoricamente "immature" e insufficientemente "sviluppate"» [*1]; tanto internamente quanto esternamente a tutto il sistema capitalistico visto nel corso della sua ascesa. In tal modo, «la filosofia illuminista della storia è servita essenzialmente come l'ideologia legittimante la colonizzazione, tanto interna quanto esterna» [*2]. Il concetto di critica dell'Illuminismo - intesa come «regno della critica» evocato dallo storico Reinhardt Koselleck, o come «tribunale dell'opinione» nei confronti della «Repubblica delle lettere», e fino al «Rousseau dei ruscelli» di Robert Darntorn - era esso stesso riduttivo, dal momento che «il liberalismo illuminista, identificava il concetto di critica in generale con la critica della società agraria, nel mentre che la modernità capitalista continuava invece ad apparire come "progresso", malgrado tutti i mali che recava con sé, e nonostante il fatto che le cose, nella vita reale, si presentassero spesso, per la stragrande maggioranza delle persone, sotto una luce francamente diversa, vale a dire, come un deterioramento» [*3]. Robert Kurz, in tal modo, sottolinea come «l'Illuminismo non abbia criticato altro che le forme precedenti di dipendenza personale, facendolo solo allo scopo di legittimare le nuove forme di dipendenza reificata incarnatesi nel "lavoro astratto", dal mercato e nello Stato» [*4].
Una volta superata, alla fine del XIX secolo, quella che era stata la formazione feudale-ecclesiale medievale, ecco che, a quel punto, la concezione liberale della critica abbandona la critica dell'ontologia precedente, e si limita a una critica intra-capitalistica. «In tal modo, così facendo, ovviamente non si tratta più di criticare l'ontologia moderna e le sue categorie, ma piuttosto solo di sostituire i vecchi contenuti e le vecchie strutture con degli altri, nuovi, che ora si collocano sullo stesso terreno ontologico» [*5]. Ed è a questo titolo, che l'anticapitalismo tronco - per Robert Kurz, una categoria centrale che comprende tanto l'anarchismo classico che i "socialisti utopisti", quanto i rappresentanti del marxismo tradizionale, i quali, questi ultimi, sono gli eredi diretti del Marx essoterico - fa parte di questo nuovo limitato pensiero liberale intra-capitalista di critica (a cui, tutta una parte dell'opera di Marx, il Marx essoterico, da buon rappresentante dell'Illuminismo, rimane legata).
Anticapitalismo "tronco", nel senso che tale critica non consiste mai in una critica dell'ontologia moderna, e delle sue categorie storico-ontologiche - vale a dire, di una critica categoriale - ma piuttosto, riguarda solo il trattamento immanente delle contraddizioni interne di una tale ontologia, la quale si configura e si manifesta sotto forma di una critica affermativa, ricercando solo una biforcazione, una frattura, una giustizia, un riconoscimento o un'alternativa che rimanga in quest’ambito, e che si trovi così sempre all'interno di tale ontologia, la quale viene lasciata del tutto intatta [*6].
NOTE:
[1] Kurz, « La Rupture ontologique. Pour que débute une autre histoire mondiale », in Jaggernaut, n°2, Albi, Crise & Critique, 2020, p. 204.
[2] Kurz, « La Rupture ontologique », op. cit., p. 204.
[3] Kurz, « La Rupture ontologique », op. cit., p. 206-207.
[4] Kurz, « La Rupture ontologique », op. cit., p. 206.
[5] Kurz, « La Rupture ontologique », op. cit., p. 207.
[6] Per una discussione approfondita del concetto di critica e una distinzione tra critica affermativa e critica negativa categoriale, si veda R. Kurz, "Gris e l'arbre de la vie" Albi, Crise & Critique, 2022.
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