Il Coraggio dei Rinnegati
- di Bremaneur -
Quando, nel 1949, venne pubblicato questo libro, il mondo stava appena uscendo dall'ultima guerra mondiale, e gran parte dell'Europa era ancora in rovina. Quell'anno, in tutto il mondo vennero creati nuovi paesi: la Repubblica Popolare Cinese, la Repubblica Democratica Tedesca, l'Indonesia indipendente dai Paesi Bassi; e Israele, che esisteva da meno di un anno, e che, sull'isola di Rodi, firmava un armistizio con l'Egitto, la Giordania, il Libano e la Siria. Nel frattempo, Stalin continuava a guidare l'URSS, a ordinare omicidi, a mantenne il sistema dei campi di concentramento dei Gulag, nel mentre che tirava i fili dei burattini che aveva messo a capo dei paesi satelliti dell'Europa orientale e, nonostante tutto, continuava ad attirare le simpatie di numerosi intellettuali occidentali, i cosiddetti "poputchiki", o "compagni di viaggio", i quali rimanevano rapiti dai canti delle sirene del comunismo. Una volta morto Hitler, e rimasti orfani dei loro nemici, i Poputchiki cominciarono a sostituire l'opposizione ai nazisti con quello che finì per configurarsi come un aspro confronto con il capitalismo delle decadenti democrazie liberali. Tuttavia, quei canti provenienti dalle sirene, suonavano come stridenti e stonati a tutti quegli ex militanti che avevano perso la fede nel comunismo. Si trattava di un piccolo gruppo di intellettuali, che conosceva a fondo la complessità del sistema, le sue trappole dialettiche e la disumanizzazione a cui portava il marxismo-leninismo. La loro apostasia nasceva da un processo assai più profondo e trascendentale di un semplice disincanto ideologico. E così, mentre i disincantati si ritiravano in silenzio, quasi vergognandosene, rassegnati o impotenti; i rinnegati invece si erano fatti avanti, pronti a denunciare e a combattere il loro antico credo.
"IL DIO CHE È FALLITO", raccoglie le testimonianze di sei famosi scrittori, i quali spiegano come sono entrati e usciti dal comunismo, come hanno fatto ad accettare di sospendere il proprio giudizio critico, piegandosi ai dettami comunisti, e come infine, di fronte all'evidenza della realtà, sono riusciti a liberarsi dall'idolatria. Tutti loro sono passati attraverso un'epoca oscura e piena di eventi cruciali, a partire dai quali si sono sentiti in dovere di intervenire e militare per una causa e, grazie al particolare fascino di cui godono le autobiografie, i loro testi prevalgono sulle asperità politiche. Le loro esperienze sono state assai diverse. Arthur Koestler, Ignazio Silone, André Gide e Louis Fischer, a un certo punto della loro vita hanno tutti visitato l'URSS, mentre invece Stephen Spender e Richard Wright non avevano mai messo piede sul suolo sovietico. Tuttavia, a seguito della sua esperienza diretta nel paese, solo Gide aveva deciso di dissociarsi immediatamente dal comunismo. Mentre invece, Koestler, Spender e Fischer abbandonarono la loro fede politica solo dopo aver vissuto l'esperienza della guerra civile in Spagna.
Il primo a militare nel partito e a uscirne fu Ignazio Silone. Partecipò alla fondazione del Partito Comunista italiano nel 1921, e venne espulso nove anni dopo, per essersi opposto strenuamente a Stalin. Si tratta senza dubbio di un precursore, il quale non ebbe alcun bisogno di farsi aprire gli occhi dai processi di Mosca del 1937, né dalla conseguente "Grande Purga", o dal Patto Ribbentrop-Molotov del 1939. Le sue vicissitudini ideologiche - descritte nel saggio che appare in questo libro, le quali vengono anche trattate in forma romanzata nei suoi libri - daranno vita a un'intensa e affascinante autobiografia, "Uscita di sicurezza". L'ultimo a uscire dal partito sarebbe stato Richard Wright. Lo fece nel 1942, per quanto, dallo sviluppo cronologico della sua storia si può erroneamente dedurre che fosse stato espulso qualche anno prima. Nel suo testo traspare già lo stile personalissimo che mostra in "Spagna pagana"(Mondadori, 1966); un affascinante libro che racconta il suo viaggio attraverso la Spagna del 1954. Egli esprime il suo particolare punto di vista razziale, sia nella descrizione dell'ancora soleggiato periodo spagnolo del dopoguerra, sia nelle sue vicissitudini nel Partito Comunista degli Stati Uniti. Wright era nato in una piantagione del Mississippi, e in tutta la sua opera, praticamente si occupò dei problemi della comunità nera e del razzismo, di cui il suo partito comunista non riusciva a liberarsi. Il problema di Wright con il comunismo, tuttavia, non nasceva tanto dalla questione razziale, quanto da quella puramente intellettuale: pensava troppo. Un giorno ricevette il primo avvertimento, per la sua condotta deviante, da un compagno: «Gli intellettuali non si adattano bene al partito, Wright».
Da parte sua, l'apostasia di André Gide fu, forse, quella che ebbe più risonanza. e che ebbe l'impatto maggiore sugli intellettuali del suo tempo. La rese pubblica nel novembre del 1936, proprio nel bel mezzo della guerra civile spagnola, con il suo “Ritorno dall'URSS” ( che venne pubblicato in Spagna da Muchnik, nella raccolta Archivi dell'eresia). Il libro suscitò scalpore, polemiche e rifiuto durante il Secondo Congresso Internazionale degli Scrittori per la Difesa della Cultura, tenutosi a Valencia nel 1937, in cui venne violentemente criticato, soprattutto da José Bergamín. Gide, che era già molto anziano quando "Il dio che è fallito" si trovava in fase di progettazione, delegò alla critica letteraria Enid Starkie la selezione dei frammenti della sua opera in cui si occupava della sua apostasia politica. Sarebbe morto poco dopo, nel 1951.
L'insidioso pantano della guerra civile spagnola, fu l'innesco del processo di allontanamento e opposizione al comunismo anche per gli scrittori Stephen Spender e Louis Fischer. Il saggio di Spender serve sia da prologo che da sfondo per il libro di memorie che avrebbe pubblicato due anni dopo, ("A World Within World" - Un mondo nel mondo; racconto autobiografico del 1951, Barbes editore) uno dei libri più straordinari mai scritti sul ruolo oscuro e imbarazzante che gli intellettuali occidentali giocarono nella Guerra Civile. Il saggio di Fischer, d'altra parte, potrebbe essere invece l'epilogo delle sue memorie spagnole, pubblicate nel 1941, in cui narra il suo reclutamento nelle Brigate Internazionali, le sue avventure e disavventure alla base di Albacete e la sua grande amicizia con Diego Martínez Barrio.
Anche la dissociazione di Arthur Koestler dal comunismo avvenne durante la guerra civile spagnola, dopo l'esperienza di quattro mesi nelle prigioni di Malaga e di Siviglia. Tuttavia, il suo saggio non si limita a una mera narrazione autobiografica, ma approfondisce la teoria della fede politica e dell'apostasia, facendolo da un punto di vista psicologico, con la sua consueta chiaroveggenza e in maniera magistrale, categorico e abbagliante. In effetti, bisogna dire che la critica più dettagliata di questo libro, si limitò esclusivamente al suo saggio. Si parla qui della recensione che ne fece lo storico Isaac Deutscher, dal titolo "La coscienza degli ex-comunisti", pubblicata nel 1950 su "The Reporter", nella quale lo storico mostrava di essere tuttora intriso di ideologia. Stupidamente, Deutscher accusava i rinnegati di criticare solo a malapena il capitalismo, e di non distinguere tra fascisti e socialdemocratici. Ma ciò che immancabilmente rivelava la sua condizione di schiavitù mentale, consisteva nell'accusarli di non distinguere tra comunismo e nazismo, e di essere dei settari e degli stalinisti alla rovescia. Si devono a Koestler, non solo le pagine più brillanti di questo libro – senza nulla togliere al resto – ma anche la sua genesi. IL DIO CHE È FALLITO, nasce da una conversazione tra Koestler e l'editore del libro, Richard Crossman, un deputato laburista di orientamento socialista laureato a Oxford, che è stato un insegnante per otto anni, e vicedirettore delle riviste New Statesman e Nation. Crossman, durante la seconda guerra mondiale aveva fatto parte dello staff del generale Eisenhower e ed era stato responsabile del dipartimento di guerra psicologica contro la Germania. Nel 1946, aveva rappresentato suo governo presso la Commissione Anglo-Americana per la Palestina, registrando la sua esperienza nel suo libro "Palestine Mission".
Credo che, nella sua prefazione, Crossman commetta un errore quando dice che i sei autori «scelsero il comunismo perché avevano perso fiducia nella democrazia». Sebbene, nelle sue memorie, Koestler ricordi di aver pronunciato la parola «democrazia» quasi fosse come un'eiaculazione, non mi sembra che nessuno di questi autori abbia mai avuto fede nel sistema democratico. Sono tutti nati in delle democrazie - che si chiamassero liberali o borghesi - ed erano democratici non per convinzione, ma per eredità. Fu la democrazia che produsse in loro quel disincanto che poi li portò ad aderire al comunismo, ma essi hanno avuto solo una vera fede, quella nel sistema che li illuminò come le rivelazioni dei santi cattolici. In seguito, Koestler riconobbe che la democrazia è un sistema fallibile, una «verità a metà» che viene contrapposta alla menzogna dei sistemi chiusi del totalitarismo. I rinnegati sono tornati a essa con qualcosa di più che la rassegnazione. Lo fecero con la convinzione che solo nella democrazia si sarebbe potuto fondare ed esercitare le possibilità di discernimento e di critica dell'uomo, prendendo in tal modo le distanze da coloro i quali Koestler chiamava gli «imbecilli ingegnosi», che abbondavano tra gli intellettuali di «intelligenza scolastica, talmudica e meticolosa», che serviva loro solo per dimostrare tutto ciò in cui credevano, e a credere in tutto ciò che potevano dimostrare.
L'edizione Ladera Norte, che viene qui ben presentata con un'accurata traduzione, include un prologo di Félix de Azúa, ricco di riferimenti che vanno dall'ETA all'attuale presidente del governo. Possono sembrare allusioni estemporanee, ma chiunque legga il libro capirà che sono perfettamente in accordo con le leggi universali e immutabili della natura umana. Con una guerra alle porte di un'Europa piena difensori di Putin, con la recrudescenza di antisemitismo conseguente al pogrom in Israele, e con la nuova ondata di populismi di sinistra, vale qui la pena chiedersi quando sarà che appariranno i nuovi rinnegati; gli intellettuali onesti che ammetteranno di aver mancato il bersaglio in un momento di ossessione sentimentale, e che si decideranno ad affrontare l'immensa legione di coloro i quali un tempo ne sono stati i loro fanatici militanti. Il fatto che viviamo in un'epoca in cui «ingegnosi imbecilli» stanno ora, ancora una volta, mettendo in discussione le democrazie, rende questa nuova edizione de "Il Dio che è fallito" assai più che un semplice recupero editoriale.
- Bremaneur - Pubblicato su "La Lectura", suplemento cultural de El Mundo, 01/12/2023 -
fonte: la biblioteca fantasma
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