domenica 30 aprile 2023

L’inadeguatezza degli accenti …

Se guardiamo le date, la trasformazione della traiettoria di Andrei Makine appare impressionante: arriva in Francia clandestinamente, nel 1987, in condizioni precarie; nel 1990 pubblica il suo primo romanzo, "La Fille d'un héros de l'Union soviétique"; nel 1992 il secondo, "Confessioni di un alfiere decaduto" (entrambi vengono pubblicati, in Francia, come traduzioni dal russo; ma i nomi dei traduttori sono tuttavia delle creazioni dello stesso Makine, vale a dire, sono dei suoi pseudonimi; Makine aveva scritto i suoi romanzi già in lingua francese); poi, nel 1995, Makine pubblica "Il testamento francese", il suo terzo romanzo che verrà premiato con il Goncourt e il Médicis.

È istruttivo - tenendo conto delle osservazioni fatte da Jacques Derrida ne "Il monolinguismo dell'altro", circa il rapporto esistente tra lingua e nazionalità - concentrarsi sull'informazione secondo la quale Makine ha ottenuto la nazionalità francese solo nel 1996; dopo la ratifica (l'autorizzazione?, la certificazione?) concessa dai premi letterari (una nazionalità, che Makine invece aveva richiesto già fin dai primi anni Novanta, e che era sempre stata rifiutata).

È stato Derrida stesso che si è collocato al centro di quella che appare come un'appartenenza inequivocabile: quella della lingua francese (ad esempio, lo fa parlando dell'inadeguatezza degli accenti), e partendo da una tale appartenenza arriva poi a "decostruire" il concetto stessa di appartenenza, postulando la propria inequivocabile inadeguatezza (in quanto ebreo e algerino).

In un certo senso, queste due linee (quella di Makine e quella di Derrida) si incontrano allorché il primo pubblica, nel 2014, il libro "Le pays du lieutenant Schreiber"; una biografia-intervista di/a Jean-Claude Servan-Schreiber, ex membro dell'Assemblea nazionale costituente francese e combattente della Seconda guerra mondiale che proviene da una famiglia ebrea di origine tedesca. Nel libro, ci sono alcuni momenti in cui viene sottilmente rivelato il desiderio di Makine di assorbire - per contagio o per contiguità - tutta la "francesità" di Servan-Schreiber, e lo fa esaltando la sua partecipazione ad alcuni momenti chiave di quella che è stata la storia del paese nel XX secolo; a partire dalla sua fuga dalla Francia occupata dai nazisti. Il fatto di mettersi a confronto con questo francese quasi centenario, sembra consentire a Makine perfino un utilizzo rinnovato della lingua francese, consentendogli l'accesso ad alcuni termini che fino ad allora gli erano proibiti (héroïsme, sacrifice, honneur, patrie).

fonte: Um túnel no fim da luz

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