Mandando tutto in malora
- Violenza giovanile, vandalismo, Amok. Esiste un legame tra il mercato sfrenato e l'aumento della violenza estrema? -
di Götz Eisenberg*
In passato - si legge in un testo di Jean-Paul Sartre del 1960 - improvvisamente i figli ribelli, o anche quelli solo infelici, della classe media dicevano rivolti ai genitori qualcosa tipo «merda» o «stronzate», si alzavano da tavola, uscivano di casa e «con le valigie già preparate se ne andavano diretti verso la sinistra». In tal modo, così facendo, il loro diffuso malessere trovava i propri concetti e i suoi codici strategici. La rabbia, accumulatasi nei violenti processi violenti di socializzazione , insieme alla «repulsione esistenziale» nei confronti delle forme di relazione borghesi e piccolo-borghesi, trovava forme di espressione politico-razionale nel movimento di protesta. La resistenza all'etichetta piccolo-borghese, la rivolta contro le forme insensate di rinuncia e obbedienza e contro la rigida morale sessuale si fusero tutte quante in una lotta contro lo sfruttamento e contro l'oppressione nel proprio Paese, e con i movimenti di liberazione nel Terzo Mondo. Per mia esperienza personale, posso dire che la sinistra radicale costitutiva anche un ambito che raccoglieva ogni sorta di strani personaggi, che portavano con sé le proprie idiosincrasie psicologiche e i propri problemi biografici, e i quali, in parte, agivano anche in conformità con essi. Nella maggior parte dei casi, il gruppo e le idee che lo sostenevano agiva in modo da riuscire a correggere questo stato di cose, garantendo in tal modo che i deliri privati dei singoli non avessero il sopravvento, e mantenendo il giusto equilibrio tra violenza e ragione, tra mezzi e fini. Ma, si chiedeva Sartre, cosa devono fare allora i giovani, «quando i loro genitori sono di sinistra», se hanno Marx e Marcuse sugli scaffali, e se la sera dopo il lavoro ascoltano i Rolling Stones e Bob Dylan? E se, nel caso, non ci fosse più nessuna sinistra radicale cui unirsi? Allora, in tal caso, o avviene che la destra si appropria di tutta la materia prima costituita dalle energie ribelli e dalle esperienze di sofferenza, in modo da invertirle a proprio piacimento, oppure rimane inattiva.
Utopie vitali
Per gli adulti che si sono adattati alla realtà, le utopie possono avere poco significato, ma per i bambini e per i giovani esse sono vitali. I bambini e i giovani privati degli ideali sociali e storici, non solo vengono ostacolati in quella che è la loro crescita, ma sono anche demotivati nei loro propositi rispetto alla vita, e si trovano spinti verso sentimenti sostitutivi. La violenza diffusa, l'attacco ribelle alle restrizioni che determinano l'ordine vigente, può essere - secondo Oskar Negt - «l'espressione di una forza vitale che manca di ideali sociali». I movimenti di rivendicazione dei giovani non approdano a niente, la rabbia gira in tondo, si ripiega su sé stessa, oppure finisce per sfogarsi in una qualsiasi direzione. Dietro le facciate ben ordinate e scintillanti del neoliberismo, quel che fiorisce è il vandalismo e l'Amok. Nell'isolamento sociale in cui gli individui vengono abbandonati a sé stessi, la strada per la costruzione collettiva di nuove forme di vita non borghesi, che tengano conto dei loro bisogni, è sbarrata e chiusa. Pertanto, il vandalismo può essere inteso come una risposta all'incapacità di incanalare la rabbia in una direzione produttiva e razionale; come accadeva, ad esempio, nei movimenti politici. Nuda e cruda, rimane l'aggressione. Ciechi e inconsapevoli, coloro che sono caduti e sono stati dichiarati superflui colpiscono la alla superficie la facciata sociale. La furia dei vandali, si limita al tentativo di colpire con una mazza da baseball la nebbia che incombe sulle circostanze, e impedisce loro di vederne le strutture. Quello che definiamo come vandalismo, è una rabbia che, avendo perduto il suo oggetto, si trasforma in un odio che fluttua liberamente. Nel tardo capitalismo, il dominio è diventato anonimo e spersonalizzato; sempre più facilmente si traveste, in maniera perfetta, da tecnologia e in quel modo appare alle persone come se si trattasse di una presunta necessità (Sachzwang). Contro chi o che cosa dovrebbe essere rivolta la rabbia repressa? Chi potremmo ritenere responsabile? Chi è responsabile del nostro malessere e della nostra miseria? Jean Baudrillard, recentemente scomparso, aveva detto che «se la violenza nasce dall'oppressione, l'odio nasce dal senso di vuoto».
Il fratello maggiore, e necrofilo, del vandalo è colui che uccide indiscriminatamente (Amokläufer). E su questo sono categoricamente in disaccordo con Mark Ames che, dopo il massacro alla Virginia Tech, in un'intervista a Freitag (numero 17/2007), ha sostenuto che l'Amok è una forma contemporanea di rivolta e resistenza, quasi una sorta di «ribellione degli schiavi del XXI secolo». Secondo Mark Ames, le ragioni dei massacri casuali non andrebbero ricercate nella struttura della personalità degli autori, né tantomeno nei giochi per computer, o nella mancanza di valori cristiani. No il motivo va cercato nel luogo in cui i massacri avvengono: nei nostri uffici e nelle nostre scuole. La ricchezza è concentrata in poche mani, i capi guadagnano molte volte di più di quanto guadagna un dipendente. «Le persone vengono spremute sempre di più: perché non dovrebbero reagire?». Certo, ma reagire significherebbe tornare sul proprio attuale posto di lavoro, o su quello che si è perso, e sparare ai propri (ex) colleghi? Se si subiscono soprusi in delle scuole inospitali o si è vittime di pressioni per il rendimento, se ci si sente emarginati e circondati da «idioti», allora bisogna aprire il fuoco sui propri colleghi e sugli insegnanti? L'unica cosa che accomuna i giovani come Klebold e Harris - i tiratori della Columbine High School vicino a Littleton - è l'odio senza soggetto, per il quale tutte le verbalizzazioni - da Hitler a «stronzi» o qualsiasi altra parola - sono solo dei codici cifrati.
Declino sociale
Il massacro è davvero - come dice Ames - «un modello di come ci si deve difendere», o non è piuttosto l'espressione del fatto che le persone mancano di modelli di solidarietà per difendersi? Quando le società perdono la loro capacità di integrazione sociale, i loro supporti e le loro istituzioni si disintegrano, i loro valori e le loro norme si erodono e non vengono più condivisi da molti, e così allora, insieme alla paura, si scatenano anche forme di aggressività, ostilità e violenza. Queste forme necessitano urgentemente di un controllo intellettuale e morale, e vanno indirizzate in maniera intelligente, diversamente finiranno per scatenare dei potenziali distruttivi inimmaginabili, i quali potrebbero rovinare non solo questa società, ma qualsiasi società. Pertanto, l'Amok non è un atto di resistenza, bensì un sintomo dell'autodistruzione della società tardo-borghese e della corrispondente mancanza di gruppi e strategie sociali che possano dare a questa disintegrazione una svolta emancipatrice.
Secondo l'etno-psicoanalista George Devereux, ci si potrebbe addirittura chiedere se l'«Amok», originario del Sud-Est asiatico, non si stia affermando nelle metropoli capitalistiche dell'Occidente come «modello di comportamento anormale». Per Devereux, ogni cultura fornisce ai propri membri dei modelli, in base ai quali gli stati di eccitazione e tensione possono essere scaricati, senza che però il sistema nel suo complesso venga messo in discussione. Allo stesso modo in cui in Francia e in Italia, all'inizio del XVI secolo emerse il «duello per l'onore» - che dettava in maniera esatta a un nobile quando egli era obbligato a sfidare qualcuno, e quale sarebbe stata la sua scelta delle armi - oggi sembra che, sotto i nostri occhi, le sparatorie e le stragi scolastiche si stiano affermando come se fossero un'orribile «valvola di sfogo» per (giovani) uomini che sono stati gravemente offesi, o che hanno subito un forte trauma e sentono il loro orgoglio ferito, e pertanto «odiano».
Ma nel momento in cui anche il massacro dovesse diventare un «modello di comportamento anormale», allora dovremmo stare parecchio attenti a non parlare di resistenza nei confronti delle condizioni sociali vigenti, laddove queste avvengono nel contesto della violenza cieca e dell'omicidio di massa. Qui, da parte nostra, dobbiamo esigere discernimento, a sinistra, e bisogna insistere sul fatto che ogni azione finalizzata alla liberazione deve riflettere sull'adeguatezza dei mezzi rispetto al fine da raggiungere. Ci sono forme di violenza che nemmeno una situazione rivoluzionaria potrebbero giustificare, dal momento che esse negano l'obiettivo stesso per il quale la rivoluzione dovrebbe essere un mezzo; vale a dire, l'ampliamento del margine di libertà umana e delle possibilità di felicità. Queste forme inaccettabili coincidono con la violenza casuale, con la crudeltà e col terrore cieco e indiscriminato.
Antitesi del rivoluzionario
L'atto vandalico che consiste nel distruggere cabine telefoniche o incendiare automobili, può ancora racchiudere tracce di un'«intenzione di fare la cosa giusta» (Georg Lukács), e può pertanto essere integrato in una prospettiva storica e politica. In tutti gli aspetti fondamentali, l'azione dell'Amok corrisponde esattamente all'opposto di quella del rivoluzionario: se quest'ultimo vuole superare i blocchi storici e sociali che impediscono il miglioramento delle condizioni di sviluppo del vivente e dell'umano, il primo è invece maggiormente attratto dai morti, piuttosto che dai vivi, e così facendo con questo vuole convertire la vita in morte: «all'esterno, nessun movimento, e internamente nessun sentimento» (Klaus Theweleit).
L'Amok si basa su un modo di produzione letale e mortifero, e nella sua applicazione del principio di annientamento è totalitario. In ultima analisi, il motivo che spinge colui che uccide indiscriminatamente è quello di trascinare tutto nella sua grandiosa caduta, la quale viene inscenata a partire dal feticcio di un narcisismo diventato nocivo già nella prima infanzia. «Anziché aspettare» - dice Lothar Baier nel suo libro "Non c'è tempo!" (Keine Zeit) - «che sia il mondo a divorare la tua stessa propria vita, bisogna che essa venga divorata nell'autodistruzione, in modo che così facendo il tempo del mondo coincida con quello della vita».
Delle 75 sparatorie avvenute nelle scuole in tutto il mondo tra il 1974 e il 2002, e documentate, 62 si sono verificate negli Stati Uniti, seguiti da Germania e Canada, entrambi con quattro casi. Come se la violenza bellica di matrice neo-imperialista, che ha origine nelle metropoli del capitalismo globale, si ripercuotesse nelle metropoli sotto forma di aggressione e brutalizzazione delle forme di mediazione sociale (Verkehrsformen). È possibile dimostrare il legame tra il fondamentalismo del mercato, la diffusione della «cultura dell'odio» (Eric J. Hobsbawm) e l'aumento della violenza? Forse che il detto «dopo di noi, il diluvio» non vale ovunque?
In nome del profitto a breve termine, vengono svilite le strutture sociali che erano cresciute per decenni, e che avevano offerto alle persone una protezione contro i peggiori eccessi del modello capitalistico. Così assistiamo alla flessibilizzazione, alla deregolamentazione e alla privatizzazione, in cui i costi vengono ridotti senza tener alcun conto delle conseguenze sociali ed ecologiche. I Paesi altamente sviluppati consumano le risorse naturali a un ritmo incontrollato. Il capitalismo sfrenato e selvaggio sta per distruggere le loro e le nostre condizioni di esistenza. Un mondo completamente capitalista si rivelerà inabitabile e disfunzionale. Se noi - le persone di questa generazione - non riusciamo a cambiare questo stato di cose e a fermare la follia del mercato sfrenato, rischiamo di assistere a un massacro indiscriminato del libero mercato (Amoklaufs) che colpirà tutti noi.
- Götz Eisenberg* - Pubblicato il 7/4/2023 su Utopias pós capitalistas. Revista Eletrônica -
* Götz Eisenberg ha lavorato come psicologo penitenziario nel carcere di Butzbach. Ha scritto, tra le altre cose, "Amok - Kinder der Kälte. Über die Wurzeln von Wut und Haß. Rowohlt"; Taschenbuch-Verlag, Reinbek bei Hamburg 2000 [Figli dei tempi insensibili. Sulle radici della rabbia e dell'odio]; "Gewalt, die aus der Kälte kommt. Amok, Pogrom, Populismus"; Psychosozial-Verlag, Gießen 2002 [La violenza che viene dalla freddezza: amok, pogrom e populismo]. Ha inoltre collaborato alla realizzazione della pubblicazione del Gruppo Krisis, "Fine del turno! Undici scioperi contro il lavoro", Krisis (Org), 1999.
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