Per le scienze umane il bianco è un colore a tutti gli effetti, così come lo sono il rosso, il blu, il verde e il giallo. E questa sua condizione, prima della fine del XVII secolo, non era mai stata messa in discussione. Difatti, dai tempi più antichi fino alla metà del Medioevo, il bianco aveva formato insieme al rosso e al nero una triade cromatica che ricopriva un ruolo di primo piano nella vita quotidiana e nel mondo delle rappresentazioni. Analogamente, in nessuna lingua era mai esistita, per parecchi secoli, una sinonimia tra «bianco» e «incolore»; al contrario, le lingue europee utilizzavano spesso una varietà di termini per esprimere le diverse sfumature del bianco. D'altro canto, il bianco non è da sempre l'opposto del nero. Fino all'inizio dell'età moderna, infatti, i contrari del bianco erano due: il rosso da una parte, il nero dall'altra. È solo con l'invenzione della stampa che la coppia bianco/nero prende il sopravvento su ogni altro abbinamento. La qual cosa determinerà, col passare dei secoli, lo sviluppo di una ricca simbologia del bianco, per lo più positiva nel mondo occidentale: si vedono nel bianco qualità come la purezza, la verginità, l'innocenza, la saggezza, la pace, la pulizia, la salute, la modernità. Non è così in altre parti del mondo, dove può capitare che il bianco sia mal visto, in ragione, soprattutto, dei suoi legami con la morte. Quello sul bianco è il sesto volume di una serie interamente dedicata alla storia sociale e culturale dei colori in Europa.
(dal risvolto di copertina di: Michel Pastoureau, " Bianco". Ponte alle Grazie. Traduzione di Guido Calza, pagg. 240, euro 32)
Candidus o albus
Lo storico francese Michel Pastoureau ripercorre la storia del “Bianco” il colore non colore dai mille significati
di Marco Belpoliti
A “fare” il colore, secondo Michel Pastoureau, uno dei suoi maggiori studiosi, più che la natura — l’occhio e il cervello - , è la società. Lo storico francese indica in questo aggregato di regole, consuetudini, valori e comportamenti collettivi la fonte principale d’attribuzione delle definizioni e dei significati riguardanti il colore. Questo significa che parlare dei colori vuol prima di tutto dire analizzare la storia dei vocaboli che li indicano, e poi dei pigmenti e dei coloranti accanto alle tecniche di tintura e pittura. Ciò che conta è il ruolo che i colori hanno assunto nella vita quotidiana nel corso delle varie epoche alla pari dei sistemi concettuali e dei valori che li accompagnano: abbigliamento, segni, codici, stemmi.
Nei libri che Pastoureau ha scritto sull’argomento non si trova una storia del colore dal punto di vista percettivo, ma come una sua particolare percezione abbia prodotto o censurato l’uso di uno specifico colore. Nel suo ultimo libro, Bianco (Ponte alle Grazie), il sesto della serie dedicata a singoli colori, si cimenta con quello che per migliaia d’anni è stato considerato uno dei principali; e poi per un numero non breve di secoli non è stato più reputato un colore, mentre ora è tornato a esserlo seppure in modo particolare.
Il bianco è un colore dalle molte sfumature, a partire dalla sua distinzione tra un bianco fisico, neutro, oggettivo: albus; e uno invece simbolico, benefico, lucente: candidus. Albus è un termine di origine indoeuropea ed è utilizzato con maggior frequenza di candidus, tanto da essere presente nella toponimia (Alpi, Alba), nella botanica, nella zoologia, nella mineralogia. Indica un bianco privo di lucentezza o neutro, oppure un bianco che tira verso il biancastro o il grigiastro (ossa, corna, manto dell’asino), fino ad arrivare ad indicare il pallore. Candidus è invece il colore del bianco luminoso, brillante, come tutti i bianchi importanti in ambito religioso (“candidato” è colui che indossa vesti bianche). Ha un registro ampio di sensi figurati: puro, bello, felice, benefico, onesto, sincero, innocente, eccetera.
Per alcune migliaia d’anni in Europa non esisteva una omologia tra bianco e incolore, e bianco non significava “privo di colore”. Ma alla fine del Medioevo, con l’inizio di quella che noi chiamiamo età moderna, il bianco esce dal novero dei colori. La tesi di Pastoureau è che sia stata la carta ad avere avuto un ruolo determinante in questa trasformazione: in quanto materia del libro stampato ha finito per rappresentare il “grado zero del colore”. Nel caso dei manoscritti e dei codici miniati, e poi con l’impressione a caratteri mobili, la carta ha trasformato il fondo bianco in un supporto per l’inchiostro e per le tinte che v’apparivano.
In questo modo bianco e nero hanno vissuto una storia parallela e spesso coincidente. Lo studioso francese sostiene che i colori non sono ciascuno per proprio conto, ma pensabili solo in relazione o in opposizione gli uni agli altri. Parlare del bianco vuol dire perciò parlare dei suoi due contrari simbolici, nero e rosso, ma anche del blu, del verde e del giallo. La storia che Bianco ci racconta è quella delle toghe romane; del bianco nella Bibbia, libro in cui i colori sono pochi e rari; della disputa bianco e nero dei vestiti dei monaci medioevali; del modo con cui Innocenzo III, il più grande papa del Medioevo, ha costruito il sistema liturgico dei colori, assegnando al bianco un ruolo significativo; di come il bianco sia stato opposto al rosso nelle scacchiere e nei racconti di Chrétien de Troyes; degli animali bianchi nei bestiari medievali; del bianco come colore monarchico per eccellenza.
La sua tesi è che il bianco, grazie alla crescita delle tecniche di sbiancamento di tessuti e abiti, e all’uso igienico nelle abitazioni, sia divenuto così onnipresente da trasformarsi in un colore neutro, nonostante i suoi evidenti significati simbolici (il bianco quale colore dell’innocenza, delle spose, dei candidati religiosi). In realtà chi ha ucciso il bianco è stato il più grande genio scientifico di tutti i tempi, Isaac Newton. Durante la peste del 1666, ospite della madre, lontano da Londra, compie due grandi scoperte: la gravitazione universale e la dispersione della luce bianca. Per Newton i colori sono fenomeni “oggettivi”.
Lo spettro ha solo cinque colori: rosso, giallo, verde, blu e viole. Poi nel 1771-72 Newton vi aggiunge l’arancio e l’indaco. Bianco e nero escono in tal modo dal sistema dei colori. E oggi? Il bianco di fatto è tornato un colore, com’è evidente nel design e nella moda, lasciando al grigio il ruolo di “grado zero del colore”. Il colore, conclude Pastoureau, ora si manifesta come bicromia, tricromia, e anche come policromia. Per questo non c’è più un sistema dei colori: liberi tutti.
- di Marco Belpoliti - Pubblicato su Robinson del 10/11/2022
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