giovedì 20 aprile 2023

Irrecuperabile !!

Guy Debord, agli occhi di Anselm Jappe
- di Jean-Claude Leroy -

Nel 1993 Anselm Jappe pubblica una monografia su Guy Debord, e lo fa nel momento in cui quel nome era ancora solo un «segno di riconoscimento che ci si scambiava tra iniziati». Il soggetto vivente del libro, venuto a conoscenza di quella prima edizione (in italiano), farà l'eccezione di non rinnegarlo [*1]: «Né apologetico né superficiale, il saggio del giovane filosofo tedesco, formatosi in Italia e in Francia, si distingue dai controsensi e dalle adulazioni che sarebbero diventate abituali, allorché Debord diventava poco a poco un'icona prestigiosa che veniva lucidata senza sosta da intellettuali senza scrupoli e da ruffiani mediatici». Nella prefazione all'edizione del 1995, Jappe afferma fin dall'inizio quelle che lui definisce come due verità: «È perfettamente inutile studiare le teorie di Debord, se in ultima analisi non si intende abolire la merce, lo Stato, il mercato e il valore di scambio; allo stesso modo, se si considerano le teorie e le pratiche situazioniste come un modello insuperabile che attende solo di essere applicato, è altrettanto inutile voler andare in tale  direzione. I situazionisti si facevano beffe di coloro che studiavano con grande fervore le rivoluzioni del passato, o quelle dei paesi lontani, senza rendersi conto delle trasformazioni che erano in atto intorno a loro». [*2] E aggiungeva, «Eppure le sette dei seguaci del situazionismo sono cadute proprio in questa trappola. Hanno conservato solo gli aspetti peggiori dello spirito situazionista e, nel migliore dei casi, assomigliano ai giovani "hegeliani" descritti da Marx nell'ultima parte dei Manoscritti del 1844.» [*3]

Da allora in poi, ci sono state molte celebrazioni che sono servite a integrare l'autore de "La società dello spettacolo" nel sistema culturale istituzionale; molti saggi, articoli e recensioni si sono aggiunti ai tanti commenti e alle digressioni su di lui. L'uomo, visto nelle sue azioni così come nei suoi scritti e nei suoi film, a molti "avanguardisti" in cerca di un riconoscimento calcolato - o, al contrario, alla sincera ricerca di un modo di essere non fittizio -è sembrato essere un esempio. A completamento di questo suo primo contributo alla conoscenza di Guy Debord, Anselm Jappe ha pubblicato diversi articoli che, ora, un volume edito da L'Échappée ne raccoglie alcuni, riletti e rielaborati per l'occasione. Al di là del suo aspetto affermativo, la questione sollevata dal titolo stuzzicante scelto per questo libro, "Un complot permanent contre le monde entier", consiste nel sapere se la carica sovversiva delle analisi di Debord sia ancora efficace, se non deflagrante, e su quale scala lo sia. Debord stesso, di sé non aveva certo un'idea da poco, ed era rimasto persuaso che la pubblicazione del suo capolavoro avesse svolto un ruolo importante nell'innescare gli eventi del 1968. La solidità delle sue tesi sarebbe stata quindi sufficiente a cambiare il corso degli eventi, semplicemente a partire dall'aver messo a nudo il sistema in cui si trovano intrappolate le società umane.

Il libro di Jappe affronta e approfondisce diversi aspetti del situazionismo, e di Debord. Innanzitutto, la questione di sapere se quel movimento aveva costituito o meno un'avanguardia, e se questa avanguardia sarebbe stata l'ultima. È noto che il movimento lettrista, nel quale Debord e alcuni futuri situazionisti iniziarono il loro percorso, cercava di superare i movimenti artistici allora in via di estinzione - Surrealismo in primis - a partire da un processo di creazione e di invenzione di forme, ma anche di cambiamento della vita. Debord seppe apprezzare queste provocazioni, e riuscì a trovare alcuni complici in questo gruppo, prima di rompere con Isou, che ne era il leader megalomane, e a portarli con sé sulla sua barca, attraverso la rivista Potlach. E Debord stesso, presentando più tardi (nel 1985, trent'anni dopo) i testi di questo periodo, spiegherà: «L'intenzione strategica di Potlach era quella di creare alcuni legami in modo da costituire un nuovo movimento, che doveva essere fin dall'inizio una riunificazione della creazione culturale d'avanguardia con la critica rivoluzionaria della società» [*4]. In altre parole, un progetto che era già quello della futura Internazionale Situazionista, che sarebbe nata tre anni dopo, nel 1957.

Lo spettacolo come feticismo innegabile. e l'arte come de-feticizzazione? Per Adorno solo l'arte astratta ha questa funzione disalienante, per György Lukács è l'arte realista che, al contrario, colloca l'uomo nella società e gli restituisce il suo ruolo, mentre l'astrazione gli fa credere di non appartenere più a questo mondo... Se Adorno vede in Beckett e Kafka degli autori esemplari perché denunciano una situazione insopportabile, alcuni - come Debord e come Jappe? - sembrano pensare che essi non siano altro che «la coscienza infelice e impotente di una miseria persistente» [*5] [*6]. Come si può vedere, a occupare il libro, è soprattutto il confronto tra le teorie critiche di Adorno e quelle Debord, entrambi evolutisi e pubblicati nello stesso periodo, senza conoscersi però. Se in fondo Adorno è un difensore dell'arte, Debord vuole invece «realizzare nella vita ciò che fino ad allora era stato promesso solo nell'arte» [*7].
Del resto, viene rammentato come nel 1955 Debord auspicasse «la distruzione di tutte le chiese, indipendentemente da quale fosse il loro valore artistico», e che trentacinque anni dopo constatava come «questo programma [fosse stato] realizzato grazie al progresso del dominio spettacolare» [*8]. Forse, è sul tema dell'autenticità che Debord sorprende chi non lo conosce bene. Ragion per cui, bisogna ricordare quale sia stata la citazione di Feuerbach che egli aveva posto all'inizio de "La società dello spettacolo": «E indubbiamente il nostro tempo... preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere ... Ciò che per esso è sacro non è altro che illusione, ma ciò che è profano è la verità. O meglio, il sacro ai suoi occhi aumenta sempre più, nella misura in cui la verità diminuisce e l'illusione cresce, in modo tale che al colmo dell'illusione corrisponde anche il colmo del sacro» [*9].

Sembra che Debord - oltre alle osservazioni conclusive che svolge - cerchi di inscriversi nell'azione storica, prima ancora che nel ciclo delle idee. Ad affascinarlo e a interessarlo, è il tempo stesso e la sua irreversibilità: le occasioni che non bisogna perdere. Innanzitutto, Debord intende distinguere il tempo autentico dal tempo inautentico, dal tempo che non viene vissuto. Si tratta di un terreno, questo, sul quale si è mosso, a sua volta, un altro pensatore stimolante - Jean Baudrillard - anche lui vicino a Henri Lefebvre (il precursore della "Critique de la vie quotidienne"), e che per un certo periodo si è molto interessato al situazionismo, per poi distaccarsene in maniera assoluta, a beneficio di un modo di pensare più integrato, abbandonando, come poi faranno altri contemporanei (Deleuze, in primis), qualsiasi riferimento alla dialettica. Per loro, non era più possibile l'esteriorizzazione di questo sistema ambientale, il quale può essere affrontato solo dall'interno. Nel capitolo dove Jappe si dedica al confronto tra questi due energumeni - entrambi a loro modo fuori dai giochi: Baudrillard non è mai stato un carrierista, né «un militante per tutte le buone cause» -, ma lo fa senza notare il manierismo e il funambolismo di quest'ultimo, attribuendo all'autore de "Il delitto perfetto, la televisione ha ucciso la realtà" il merito di essere stato lui «il bambino dispettoso che semina dubbi tra gli adulti impettiti e convinti dell'importanza delle loro azioni» [*10]. Un altro elemento che sorprenderà i neofiti, sarà il richiamarsi, da parte di Debord, ai concetti di gloria e grandezza. Come se fossero l'occasione per far emergere pienamente la sua dimensione megalomane, che possiamo osservare qua e là, e che viene condita con un tocco di elegante eccessività. Appare evidente, il suo gusto per la strategia e per i grandi personaggi, siano essi storici (il cardinale de Retz) o di fantasia (l'Arcadin inventato da Orson Welles). Per Jappe, Debord è sempre stato «un fautore della politica nel senso di spingere all’azione umana contro ogni determinismo, anche marxista, e ogni oggettivismo rigido. Approva il giovane Marx per cui “si tratta di una comprensione della lotta, e non della legge” [*11]. Bisogna allora organizzare le “condizioni pratiche della coscienza” [*12] dell’azione rivoluzionaria, invece di affidarsi a uno sviluppo che si svolge come un processo naturale.» [*13]

Nella sua conclusione, Anselm Jappe non può che riferirsi alla situazione più recente di Debord, il quale certamente non era più il clandestino che era stato per tanto tempo; gli sono state dedicate ben cinque biografie. Ma, a suo avviso, egli non sarà «recuperato per sempre».
Jappe cita il memorialista Saint-Simon, il quale ha rappresentato un'eccezione nel suo secolo, non essendo stato né un precursore dell'Illuminismo né un reazionario; combatteva l'assolutismo della monarchia allora in vigore. Tuttavia, era solo da un punto di vista molto personale che si esprimeva, rivendicando un feudalesimo ormai già lontano e superato. Per poterlo apprezzare, suoi ammiratori non hanno bisogno di condividerne le posizioni. Allo stesso modo, Debord «Di sicuro non era politically correct e non si inscriveva affatto nel conformismo di sinistra. Ha combattuto la guerra d’Algeria, ma non ha mai fatto alcun riferimento all’“antirazzismo” o al “multiculturalismo” attuali. Proclamava la libertà dei costumi, ma era lontano dal femminismo [...] ... assomiglia perciò anche allo scrittore austriaco Karl Kraus. Pure Kraus aveva molti ammiratori che non potevano essere certi che un giorno non sarebbero diventati anche loro suoi bersagli.» [*14].

- Jean-Claude Leroy - pubblicato su lundimatin#378, l'11 aprile 2023  -

NOTE:

[*1] - Per questo, si può fare riferimento, ad esempio, a una lettera di Debord, in cui scrive: «Né apologetico né superficiale, il saggio del giovane filosofo tedesco, formatosi in Italia e in Francia, si distingue dai controsensi e dalle adulazioni che sarebbero diventate abituali, allorché Debord diventava poco a poco un'icona prestigiosa che veniva lucidata senza sosta da intellettuali senza scrupoli e da ruffiani mediatici.»
[*2] - Anselm Jappe, Guy Debord, edizioni Via Valeriano, 1995, p.10
[*3] - Ivi. p.10
[*4] - Cfr. Guy Debord presenta Potlach (1954-1957), edizioni Gérard Lebovici, 1985.
[*5] - Anselm Jappe, Un complot contre le monde entier, L’Échappée, 2023, p. 22.
[*6] - Les situationnistes citent [Beckett] comme un exemple de l’installation satisfaite dans le vide. ivi p. 60.
[*7] - Ivi p. 36.
[*8] - Ivi p. 31.
[*9] - Feuerbach, préface à la deuxième édition de L’Essence du christianisme (1841).
[*10] - Anselm Jappe, Un complot contre le monde entier, L’Échappée, 2023, p. 118.
[*11] - Guy Debord, La société du spectacle, § 81.
[*12] - Guy Debord, La société du spectacle, § 90.
[*13] - Anselm Jappe, Un complot contre le monde entier, L’Échappée, 2023, p. 81.
[*14] - Ivi p.157.

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