Fino a poco tempo fa la «mentalità storica» diffusa si alimentava di libri, giornali e talvolta programmi televisivi. Con l’avvento dei social è avvenuto un mutamento epocale: Facebook, Twitter, Instagram e TikTok sono diventate arene pubbliche di discussioni muscolari, nelle quali la storia fa capolino continuamente. Perché frequentando i gruppi online una cosa è certa: agli italiani piace moltissimo parlare del passato; il problema è che troppo spesso ne parlano male, senza strumenti adeguati, piegando ogni argomento alla propria preconcetta visione del mondo, ignari dei pericoli che tutto ciò comporta per il presente. Francesco Filippi si rivolge a questo ecosistema digitale con un libro ironico e al tempo stesso terribilmente serio, mettendo in luce tutte le storture del discorso storico online e delineando per punti le fallacie e le incongruenze di buona parte del chiacchiericcio della Rete. Ma non tutto è da buttare: il mondo social è variegato e, soprattutto, ha le sue regole; e chi si occupa di storia non può ignorarle, se vuole interagire col mondo in cui vive.
(dal risvolto di copertina di: Francesco Filippi. "Guida semiseria per aspiranti storici social". Bollati Boringhieri pagg. 128 euro 10)
Il passato chi l’ha visto?
- di Maurizio Crosetti -
I social sono un’osteria con le finestre troppo grandi: si vede tutto quello che succede lì dentro. Vale per ognuno di noi, girovaghi o spettatori delle risse tra ragazzini in cortile che affollano il web, bizzarra palestra dell’ego ipertrofico ma anche teatro del giudizio infallibile, della sentenza superficiale e però assoluta. Da qualche tempo su Facebook e Twitter, Instagram e TikTok, una nuova area tematica affascina gli smanettoni sapientoni: la storia. Ed è tutto uno sproloquiare, sentenziare, banalizzare, attualizzare, forzare. La storia richiederebbe pazienza? Ma qui è tutto rapidissimo, non c’è tempo ma c’è spazio, infinito. Peggio per i Sumeri e i Batavi, adesso ci occupiamo di loro come se fossero Meloni o Ciro Immobile, alla svelta e con la pancia. Perché le nostre dita saettanti sui tasti ce l’hanno eccome, una pancia.
Francesco Filippi è il più divertente tra gli storici italiani. Già si è occupato delle idiozie che continuano a circolare su Mussolini («ha fatto anche cose buone!») e delle amnesie e delle menzogne sulla nostra epopea coloniale («però gli abbiamo costruito le strade!»). Ora esce per Bollati Boringhieri questa sua Guida semiseria per aspiranti storici social. Curioso che proprio in rete, luogo dell’eterno presente, ci si attardi così sul passato. Il problema è come. I post degli storici della domenica possiedono una serie di ricorrenze e modi che Filippi analizza senza pietà. Intanto, il famigerato “noi” con il quale si annette il passato, noi c’eravamo, noi abbiamo combattuto, noi abbiamo vinto: da qui a mettersi in testa un elmo vichingo di plastica è un attimo. Il paradosso è che del tempo, nucleo centrale della storia, sembra importare pochissimo, ed è una battaglia campale. Se il nemico insiste con il suo “noi” senza capire che noi lo siamo più di lui, ecco che scatta l’immancabile “reductio ad Hitlerum”: la pensi come Hitler, ragioni come Hitler! Argomento quasi sempre definitivo.
La storia richiede responsabilità e cura del ricordo e delle fonti, invece lo storico social preferisce manipolare. Esperto di benaltrismo, sposta l’argomento dove gli pare perché, per lui, c’è sempre ben altro di cui discutere («…e allora, i marò?»). A dispetto della povera storia comparata, in rete si confrontano le mele con le pere e si mescolano ricordi e fatti. Lo storico social cita citazioni a vanvera («Ho letto Ostragorsky! Ho letto tutto su questo argomento!»), il suo errore e la sua malafede corrono alla velocità della luce senza possibilità di essere cancellati, perché il web può fregarsene del passato ma ha buonissima memoria. Lì dentro qualunque stupidaggine può diventare eterna, perché è scritta con inchiostro indelebile. Il saggio di Francesco Filippi sembra un trattato su storia e social, invece è una specie di guida (e di specchio) sul nostro navigare sotto costa o in mare aperto, sulla zattera delle tastiere. Siccome ogni luogo sviluppa i propri codici e linguaggi, gli storici professionisti annaspano al cospetto dei loro improvvisati e supponenti colleghi, e quando scendono essi stessi nell’agone rimediano quasi sempre figure barbine. Forse l’utente più sano è l’utente silente, quello senza armi e scudo, che si limita a osservare la pugna dall’alto della collina. E chi si prende troppo sul serio va a sbattere contro un’altra realtà del nostro tempo rapido come una mangusta, cioè il tramonto del concetto di autorità. Un problema dell’Occidente intero, non solo della sua proiezione sul web.
Come in ogni seria commedia, qui ci si sbellica dalle risate. Ed ecco accorrere i tifosi, quelli che tengono per gli Abbasidi contro gli ultrà dei Khan, capaci di banalizzare, se non di brutalizzare il passato che invece avrebbe bisogno di rispetto, e giù mazzate. Il passato non è una fiction e neppure una partita di calcio, ma ormai questo scontro tra saputelli feroci e frustrati è il nostro format esistenziale. Agli esseri umani, che poi sarebbero gli altri ma siamo pure noi, si presta scarsissima attenzione, così come non interessano più quelle differenze che pure innervano la storia. Chi se ne importa. “Noi” sappiamo benissimo come andò ogni cosa, e per questo vi spieghiamo come va adesso e come andrà domani. Eppure il web sarebbe una meravigliosa opportunità di linguaggi e strumenti nuovi, un archivio favoloso e istantaneo perché ormai si vive “onlife”, sempre connessi. Esserlo anche con noi stessi è un altro discorso.
- Maurizio Crosetti - Pubblicato su Robinson del 26/11/2022 -
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