venerdì 14 aprile 2023

Scioccante ed esoterico…

Nel centenario della nascita di Ernest Mandel, questo testo di Robert Kurz, scritto il 1° agosto 1995 per il giornale tedesco Junge Welt, come omaggio postumo a uno dei principali pensatori marxisti del dopoguerra. Negli anni Novanta, il veterano Mandel e Kurz - allora una figura sconosciuta che aveva fatto parte di circoli di estrema sinistra in Baviera - ebbero alcuni dibattiti. Uno di questi è documentato nel libro Krise - welche Krise? (ID-Archiv, Berlino 1995). Mandel reagì «in maniera piuttosto allergica» alla Critica del Valore di Kurz, come ricorda l'editoriale di Krisis 16-17, ma egli « era anche stato, dal 1968, uno dei nostri insegnanti nell'ormai lontana "storia della sinistra" ».  L'influenza esercitata da questo classico dell'economia marxista rimane percepibile nella traiettoria di Kurz, soprattutto nei primi testi di critica del valore, risalenti agli anni Ottanta, come nell'enfasi posta sulla teoria della crisi, nell'internazionalismo e nella rottura con le teorie della « restaurazione » riferite all'ex Unione Sovietica..

L'economia politica del marxismo del dopoguerra
- Con la morte di Ernest Mandel, nella storia della teoria di sinistra si chiude un'era -
di Robert Kurz

Aveva definito sé stesso come un «internazionalista fiammingo di origine ebraica». E questo la dice lunga. Essendo cresciuto ad Anversa, Ernest Mandel si era unito quand'era ancora giovane a un gruppo trotskista, poco tempo dopo venne arrestato dai nazisti per essere deportato in Germania, dove avrebbe vissuto, in un campo di concentramento, fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Mandel finché visse, non solo si mantenne fedele a quella versione del movimento operaio marxista che era rimasta legata al nome di Leon Trotsky, ma ne divenne anche il principale teorico. Tutto ciò che può essere detto del trotskismo in generale, vale anche per Ernest Mandel e per la sua teoria in particolare. A differenza di una testa di legno come Stalin [*1] , Trotsky, uscito sconfitto nella lotta per il potere, era un vero intellettuale e pertanto, una volta trovatosi involontariamente "liberato" dal fardello del potere, poté diventare il fondatore di quella che è stata la corrente più teoricamente elaborata (reflektiertesten) del vecchio marxismo, e che, nella sua teorizzazione, non si lasciò mai intimidire né dai leader staliniani né da quelli del partito socialdemocratico e dai loro scagnozzi.

Non fu certo per caso che, tra i marxisti del passato, Ernest Mandel e la sua "Quarta Internazionale" (tralasciando la teoria critica di Horkheimer e Adorno, più filosofica che economico-politica) furono pressoché gli unici a offrire ai giovani intellettuali del grande movimento del 1968 cibo teorico e riflessione politico-economica commestibili. Mentre quel poco di teoricamente utilizzabile dell'immensa produzione carrieristica del socialismo di Stato, rimase quasi sconosciuto in Occidente, i libri di Mandel arrivarono invece ad avere grandi tirature. La sua breve Introduzione alla teoria economica marxista del 1967, divenne il manuale ufficiale di formazione della "terribile" Lega degli Studenti Socialisti (SDS), e fu grazie alla sua robusta Teoria economica marxista - pubblicata nel 1968 - e al suo libro "La formazione del pensiero economico di Karl Marx dal 1843 alla redazione del Capitale", pubblicato nello stesso anno, e non ultimo a partire dal suo concetto di «tardo capitalismo», del 1972, che la generazione del '68 "scoprì" l'opera di Marx. Naturalmente, né Mandel né i suoi adepti avrebbero potuto scavalcare e superare l'ombra della loro epoca, la quale si concluse per sempre nel 1989. Mandel, tuttavia, è stato uno, tra i pochi vecchi teorici marxisti, che non ha mai amputato né soppresso quello che era il bizzarro momento, "scioccante" ed "esoterico", della teoria di Marx; che invece ha cercato di portarlo fino a dove era possibile farlo, pur nel contesto del vecchio movimento operaio e del suo orizzonte concettuale. Nei libri di Mandel, incontriamo i limiti di questa comprensione riduzionista e "positiva" dell'economia politica e allo stesso tempo anche la sua critica marxiana radicale, la quale, in un secolo di «marxismo senza Marx», è stata ugualmente decisiva sia per gli amici che per i nemici del movimento operaio.

Nell'autentica e autosufficiente critica marxiana dell'economia politica, esistevano soprattutto quattro elementi che per il trotskismo continuavano a essere assai meno scoraggianti di quanto lo fossero per il culto dello Stato dei marxisti di partito, e che quindi facevano sembrare i testi di Ernest Mandel più freschi dei polverosi scarabocchi della legittimazione statal-socialista. Innanzitutto, c'era la postura rigorosamente "anti-nazionale" del trotskismo, assunta nel modo in cui la caratterizzava Mandel; non solo dal punto di vista teorico, ma anche nella sua prassi di vita letteralmente "internazionale". L'indicazione sempre presente, secondo cui una trasformazione della società che vada oltre il capitalismo non sarebbe potuta avvenire in alcun modo all'interno di una struttura nazionale, si distingueva positivamente rispetto all'esaltazione nazionale di un marxismo prussiano che procedeva a passo d'oca. E paragonato alla riesumazione socio-scientifica messa in atto dall'attuale sinistra che - per paura del confuso sviluppo storico-mondiale della fine del XX secolo - ricomincia a dissotterrare la putrida idea nazionale, va detto che il vecchio antinazionalismo marxista di Mandel appare ancora nuovo e appetitoso.

In secondo luogo, c'era l'adesione all'idea di un'autodeterminazione umana, e di un'emancipazione sociale dalle cosiddette "leggi economiche". Già nella sua prima grande opera sulla "teoria economica marxista", Mandel si opponeva a quel "marxismo volgare" che pretendeva di estendere l'oggettività delle categorie economiche, al di là di quello che era il modo di produzione capitalistico, per farne un destino ontologico. Certo, è vero che l'economia politica critica di Mandel - così come il marxismo del movimento operaio in generale (e in un certo senso anche lo stesso Marx) - rimaneva imprigionata nella falsa oggettività del sistema produttore di merci, attraverso la "metafisica della classe" e a partire dal punto di vista del "lavoro" astratto; ma il suo fervore contro la logica dell'economia politica reificata aveva sortito l'effetto di scuotere le sbarre di questa gabbia categoriale. A partire dal fatto che, da questa posizione, egli tendeva a esaltare qualsiasi "movimento" spontaneo, per quanto discutibile, rimaneva in ogni caso meno antipatico di quanto lo era invece l'applicazione di una conoscenza socialista del dominio, messa in atto da parte di quegli amministratori dell'umanità - autoproclamatisi "ufficiali della giustizia dello spirito del mondo" - i quali desideravano semplicemente consegnare sé stessi e tutti gli altri a una qualsiasi "legge". La critica radicale di un simile modo di pensare rimane più che mai attuale, sebbene oggi si presenti, in maniera contraddittoria, come la sottomissione alle "leggi del mercato" per costringere le persone a sprecare la propria vita preoccupandosi della "posizione" del proprio Paese alla ricerca di una nicchia di mercato.

In terzo luogo, Mandel non ha mai abbandonato il teorema di Marx della "caduta tendenziale del saggio di profitto", del carattere oggettivo e dimostrabile della crisi capitalistica, e della possibilità di un crollo capitalistico. Nel 1967, "Al contrario di molti altri teorici marxisti" scriveva, "credo che questa caduta del tasso medio di profitto possa essere dimostrata con le cifre". Per lui, così come anche per Rosa Luxemburg, l'oggettività immanente della crisi a partire dall'autocontraddizione logica del capitale e la critica delle categorie reali oggettivate di questo sistema (forma-merce, denaro, redditività, ecc.) fatta in nome dell'emancipazione sociale non erano in contrapposizione, ma costituivano le due facce di una stessa medaglia. Mandel è stato accusato, non in maniera del tutto ingiustificata, di aver sopravvalutato ogni flessione dell'economia mondiale, avvenuta a partire dalla recessione del 1966/67, vedendole come una grande crisi economica; ma tuttavia questo rimane ancora preferibile al suo contrario: quell'incoscienza teorica della crisi, che prevale oggi e che addirittura sopprime o cerca di minimizzare quelli che sono i reali segnali di crisi del sistema di mercato globale. E anche se la vecchia griglia teorica marxista di Mandel non è più sufficiente per comprendere i nuovi processi di crisi alla fine della modernità, a essere prevedibile invece è il grande imbarazzo di chi ha frettolosamente immaginato che la critica di Marx all'economia potesse uscire di scena senza che anche il suo oggetto fosse superato.

In quarto e ultimo luogo, Ernest Mandel è stato anche uno dei pochi teorici del marxismo del dopoguerra a difendere quell'opinione di Marx, già ampiamente abbandonata, secondo la quale l'abolizione del capitalismo coincideva con l'abolizione della produzione di merci, e che quindi nel "socialismo" non può esistere alcuna relazione merce-denaro. Questa prospettiva, apparentemente utopica ma che deriva logicamente dall'analisi del capitale di Marx, ancora oggi non può essere realizzata; e al riguardo rimase vago anche Mandel. Secondo le forme di pensiero del marxismo del movimento operaio, era possibile immaginare l'abolizione delle merci e del denaro solo in modo statalista ("Stato operaio"). Qui la teoria di Mandel manteneva una sua affinità con quella che è l'autocomprensione del socialismo di Stato, che egli aveva cercato di salvare per mezzo del tortuoso costrutto di una "transizione alla società di transizione" - considerato come se fosse una formazione post-capitalista - sebbene non la considerasse "socialista". Questo, però, è bastato per attirargli l'odio degli ideologi della legittimazione del "socialismo reale". Persino nel Dizionario degli economisti, pubblicato nel 1989 dalla casa editrice Dietz di Berlino Est, Mandel è stato denunciato, attraverso polemiche bizantine, come uno "pseudo-sinistro", come un "pseudo-marxista antisocialista", ecc. Per "Piattaforma Comunista" (il giardino d'infanzia teorico del PDS) [*2], le opere di Mandel, che nella Repubblica Democratica Tedesca potevano essere trovati solo negli scaffali dei prodotti tossici, potrebbero forse costituire ancora oggi una piccola rivelazione e uno sguardo in grado di andare oltre il marxismo degli orti di quartiere. Per il resto del mondo, tuttavia, la morte di Ernest Mandel ha segnato anche la fine della storia teorica del marxismo del dopoguerra, di cui egli è stato uno dei rappresentanti più noti.

La corda si è spezzata, e oggi nessuno potrebbe continuare come se niente fosse da dove Mandel ha lasciato. Invece, sono piuttosto proprio gli elementi della sua teoria quelli che hanno portato ai limiti del vecchio marxismo e che attendono un loro superamento critico. Per un ambiente accademico che dalla teoria di Marx non riesce più a ricavare nemmeno una laurea che sia una, questo problema sembra essere assai poco interessante, allo stesso modo in cui rimane poco interessante per una sinistra foucaultiana teoricamente svilita che comprende solo ciò che viene sottoposto alla "critica dell'economia politica". Eppure, tuttavia, è nella natura dell'economia capitalista che di tanto in tanto questo problema si ripresenti. Può darsi che in un futuro non troppo lontano, nel deserto teorico dell'economia di mercato totale, ci sia bisogno d'acqua. A tal proposito, potrebbe forse essere una dimostrazione di lungimiranza anticiclica, che qualche casa editrice decidesse oggi di lanciare una collana all'altezza della leggendaria collana "rossa" di economia politica della vecchia Casa Editrice Europea (Europäische Verlagsanstalt); certo con standard nuovi e diversi, ma senza ignorare i testi storici. Una selezione critica, commentata, dell'opera di Ernest Mandel avrebbe un posto in questa biblioteca ancora immaginaria.

- Robert Kurz - 1° Agosto 1995 - fonte: Blog da Boitempo

NOTE:

[*1] - “Betonkopf “, letteralmente una "testa di cemento". [NdT]
[*2] – Associazione politica di sostenitori dell'ex Germania Est, creato nel dicembre 1989 dopo la caduta del Muro di Berlino. [NdT]

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