domenica 8 agosto 2021

Limiti

Il limite ecologico del capitalismo
- Forma-Valore e la distruzione accelerata della natura vista alla luce delle teorie di Karl Marx e di Moishe Postone -

In tutto il mondo, milioni di proletari sopravvivono come possono, in un contesto di degrado dell'ambiente naturale sempre più catastrofico; cosa che oramai appare evidente anche su tutti i media. Tuttavia, per comprendere alla radice la causa di questo problema, si rende necessario svelare la natura anti-ecologica del capitalismo. In questi ultimi anni, la dinamica del capitale può essere illustrata a partire da alcuni dati concreti: si stima che tra il 1990 e il 2020  siano stati distrutti circa 420 milioni di ettari di foresta, ogni anno sono state erose circa 30 miliardi di tonnellate di suolo, circa 6.100 milioni di ettari - quasi il 40 % della superficie del pianeta - sono diventati deserti e il 70 % delle terre asciutte produttive sono attualmente minacciate da diverse forme di desertificazione. La lista della distruzione è lunga -inquinamento delle acque dolci, degli oceani, dei campi e delle città, cambiamento climatico, perdita della biodiversità, ecc. -, ciò nonostante, finché continuano ad apparire come dei dati isolati che rappresentano i problemi nella loro forma fenomenica, e non si arriva a comprendere interamente la dinamica di distruzione  - la concatenazione ecologica di ogni fenomeno, e la concatenazione logica produzione/distruzione dell'attuale crisi di valore del capitale -, continueremo a dare la colpa a questa o a quell'industria, o a quel tale imprenditore, a causa della sua mancanza di «coscienza verde», oppure a noialtri stessi a causa delle nostre abitudini di consumo.
È esattamente proprio nell'umanità proletarizzata che sorge quella critica pratica che si esprime per mezzo di sollevamenti e rivolte sempre più intense contro il degrado della natura. Gran parte di queste lotte proletarie emergono spontaneamente a causa della perdita progressiva di quelle condizioni materiali necessarie per riprodurre la nostra esistenza, che come nella regione cilena, si sono rivolte principalmente contro il mega-minerario, l'allevamento di salmoni, la silvicoltura e le grandi infrastrutture dell'industria energetica. Tuttavia, però, dobbiamo fare i conti con un alto grado di discontinuità di tali esperienze dovuto al tempo-spazio in cui queste lotte si sviluppano, e perché, dall'altro lato, il riformismo, travestito da radicale, tende ad integrare democraticamente questo rifiuto; e da qui deriva la necessità di una indispensabile critica teorica che intervenga a sorreggere i processi di lotta. Il testo qui proposto rappresenta e mostra sinteticamente la dinamica intrinsecamente distruttiva del capitale, vale a dire, quel Moloc che sacrifica tutto al suo passaggio: per questo motivo abbiamo deciso di tradurlo e farlo circolare negli ambienti radicali, in modo da contribuire ad ampliare il dibattito sul  «problema ecologico». L'autore, Nuno Miguel Cardoso Machado, è un dottore in sociologia economica che fa parte  delle organizzazioni dell'Università di Lisbona ed è assai vicino alle posizioni della Nuova Critica del Valore.

« La produzione capitalista è direttamente responsabile dell'esaurimento delle risorse naturali e della distruzione dell'ambiente. Solo l'abolizione del valore potrebbe introdurre una nuova forma di crescita qualitativa che sia quantitativamente basata sulla ricchezza materiale in quanto forma sociale di ricchezza ».

Il testo nella sua interezza, in spagnolo, può essere scaricato a https://hacialavida.noblogs.org/files/2021/08/El-limite-ecologico-del-capitalismo-Nuno-Miguel-Cardoso-Machado.pdf

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