Crisi climatica e campagna elettorale in Germania:
molti non hanno capito qual è la posta in gioco.
di Tomasz Konicz
Probabilmente, il dibattito sul clima è il campo di battaglia più deprimente della campagna elettorale del Bundestag [26 settembre]. In effetti, è qui che il divario tra ideologia e realtà è più ampio. Ciò che si discute in pubblico e ciò che sarebbe necessario per evitare il collasso socio-ecologico sono due argomenti così distanti tra loro che tornano involontariamente alla mente i ricordi relativi alla fase finale del «socialismo realmente esistente»; vale a dire, quando gli apparati statali e di partito ossificati si sono dimostrati incapaci di cambiare rotta. In questo caso è molto peggio, perché è in gioco la sopravvivenza stessa dell'umanità: nel tardo capitalismo della Repubblica Federale Tedesca, i Verdi si trovano sotto pressione come il «partito dei divieti» poiché si discutono questioni quali i limiti di velocità delle autostrade, l'aumento dei prezzi del carburante, o l'abolizione dei voli a corto raggio. Allo stesso tempo, però, la crisi climatica sta già assumendo le dimensioni di una catastrofe - non solo sotto forma di inondazioni qui in Germania, ma anche sotto forma di un'ondata di caldo estremo nel nord-ovest dell'America - che nel contesto della retorica della campagna elettorale viene ampiamente ignorata. E mentre l'Amazzonia, la calotta artica, gran parte del permafrost nell'estremo nord, ovunque incomba la minaccia dei cosiddetti punti di ribaltamento (il punto di non ritorno) che possono essere superati, intanto la Germania discute di auto elettriche ad alta potenza e di voli economici per Majorca. I fatti parlano da soli. L'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE) ha pubblicato in aprile le previsioni secondo le quali le emissioni globali di CO2 aumenteranno del 5% quest'anno. Non c'è più il crollo storico del 2020, quando le emissioni di gas serra sono diminuite del 7% a causa del crollo economico causato dalla pandemia. Inoltre, le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero continuare ancora ad aumentare, allegramente, nel 2022. Anche il traffico aereo globale, che attualmente è in gran parte fermo, dovrebbe riprendere a pieno ritmo l'anno prossimo, portando così a un ulteriore aumento delle emissioni. Il capitalismo sta dimostrando in maniera impressionante che può «ridurre» le emissioni globali solo a costo di una crisi economica internazionale.
Il feticismo nel tardo capitalismo
Il modo spaventoso in cui la tarda ideologia capitalista affronta questo fatto, è illustrato sulla prima pagina della rivista Spiegel che mostra i due leader verdi [Annalena Baerbock e Robert Habeck] intrappolati in una «realtà» tempestosa nella quale i loro ideali verdi si disperdono. Non è la crisi climatica oggettiva ad essere la realtà determinante, ma lo sono i vincoli assurdi dell'ordine economico del tardo capitalismo. Tuttavia, una simile naturalizzazione del dominio capitalista, usuale nell'economia mainstream, contiene anche un grano di verità distorto, a partire dal fatto che il dominio nel capitalismo è di fatto senza alcun soggetto, e quindi tutto questo appare come naturale.
Da un lato, i rapporti sociali capitalistici, in quanto astrazione reale, fanno apparire l'uso del capitale nella produzione di merci - a livello della società nel suo insieme - come un vincolo materiale da cui dipende, sotto forma di salari e tasse, la riproduzione dell'intera «società del lavoro» ("Arbeitsgesellschaft"). Dall'altro lato, invece è proprio quel processo di valorizzazione, nel quale il mondo intero, sotto forma di risorse ed energia, a venire letteralmente bruciato in nome della "crescita" di quelli che sono dei valori monetari astratti.
Così, nella crisi climatica, si scontrano due tipi di vincoli: il vincolo oggettivamente dato di ridurre le emissioni di CO2 il più rapidamente possibile, e il «vincolo della crescita» del capitale, per il quale tutto il mondo concreto non è altro che il materiale di una valorizzazione astratta. Questo feticismo del capitale - come formulato da Robert Kurz, nella sua critica del valore - si rivela proprio nella crisi climatica, poiché anche i capitalisti più potenti non sono in grado di evitarla, e quindi non possono preservare il fondamento stesso della loro impresa, del loro business. In definitiva, tutto questo significa che la dinamica di valorizzazione del capitale continuerà il suo processo di conflagrazione globalizzata fino a quando non porterà la società al collasso socio-ecologico e quindi si estinguerà; o fino a quando non verrà trasformata nella storia, da un movimento emancipatore. In questo contesto, emancipazione significa superare il feticismo sociale, dove le persone sono esposte ai vincoli assassini del capitale, e andare invece verso l'elaborazione cosciente della riproduzione sociale attuata nel corso di una trasformazione del sistema.
Superare il capitale diventa quindi una necessità per la sopravvivenza. Pertanto, la questione del clima non è una questione di condivisione degli oneri, dei costi; non è una questione di copertura del rischio sociale. Ma è una questione di insieme. Se questo non viene fatto, la deriva verso la barbarie è inevitabile. Nel prossimo futuro, parti della terra diventerebbero semplicemente inabitabili. Di fronte alla crisi climatica avanzata, l'obiettivo strategico delle forze progressiste, può essere solo quello di cercare di sopravvivere ai prossimi effetti catastrofici della crisi climatica, nel quadro di una trasformazione del sistema senza che avvenga un crollo della civiltà.
Nell'attuale campagna elettorale, gli elettori hanno perciò solo una falsa scelta, anche nel regno esistenziale della politica climatica, tra la spinta alla morte dell'autoritario CDU-dell'energia fossile Armin Laschet [candidato cancelliere della CDU-CSU] e la menzogna del capitalismo ecologico propagandato dai Verdi. Il modello economico dei Verdi è quello di spalmare uno strato ecologico sulla coazione a valorizzare del capitale, in modo che anche nell'evidente crisi climatica possano aggrapparsi al sistema stesso che continua ad alimentarlo quotidianamente.
Il sogno febbrile dell'elettro-mobilità
Nel Green New Deal, per esempio, le componenti infrastrutturali di un nuovo regime di accumulazione «verde» vanno create a partire da un elevato investimento pubblico. Nel caso dell'industria automobilistica, per esempio, questo equivale a pericolosi sogni febbrili dove 50 milioni di auto elettriche saranno costruite nel bel mezzo della catastrofe climatica imminente - anche se gli studi sulle emissioni di CO2 durante la loro produzione verranno poi falsificate.
Invece di servire come una «soluzione sociale» per un partito verde opportunista, le forze di sinistra e progressiste dovrebbero affrontare proattivamente la percezione, che il pubblico ha da tempo, del prossimo sconvolgimento, e cercare dei modi per guidare la prossima trasformazione del sistema in una direzione emancipatoria.
Le dinamiche del cambiamento climatico sono indifferenti alle tattiche delle campagne elettorali, così come lo sono alle sensibilità della classe media o agli obiettivi di vendita di VW e Daimler. Esso va avanti, senza essere influenzato da quello che è lo stato del discorso sulla questione del clima nei mass media. Così, la sinistra deve dire innanzitutto dire come stanno le cose: che il progresso è ormai possibile solo al di là del capitale, che sono inevitabili sconvolgimenti profondi, il cui corso deve essere letteralmente affrontato e combattuto. Dirlo è necessario, non perché porta vantaggi nelle campagne elettorali o fa guadagnare voti nelle urne, ma perché è una questione di sopravvivenza della razza umana.
Solo su questa base, potrebbe avere di nuovo senso una politica di riforma ponderata. Non si tratterebbe più del solito socialdemocratico che fa il medico al capezzale del capitale, ma di esplorare modi concreti per guidare la trasformazione in una direzione effettivamente progressista.
- Tomasz Konicz - Articolo pubblicato il 26 agosto 2021 sul settimanale Der Freitag, n. 30 -
fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
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