lunedì 16 agosto 2021

Ingombrante

Marx, la Wertkritik e le illusioni circa Stato, politica e diritto
- di Klaus Kempter -

La Wertkritik (critica del valore) è una teoria critica sviluppata principalmente da Robert Kurz (1943-2012), la quale pretende di cogliere la totalità delle società moderne nella tradizione del pensiero marxiano. Marx ha fatto del valore la categoria centrale, il fulcro non solo della sua critica dell'economia, ma di tutta la sua analisi della società moderna, ed è a questo che si riferisce la Wertkritik. Allontanandosi dal marxismo tradizionale che ipotizza e presuppone la lotta di classe, il movimento operaio e la filosofia post-hegeliana della storia, questa corrente sottolinea le intuizioni socio-scientifiche rivoluzionarie che Marx ha dispiegato nella sua critica dell'economia politica: il concetto di modernità associato alla società produttrice di merci insieme all'idea del valore delle merci che valorizza sé stesso, e cerca pertanto di continuare così a crescere. Si tratta dell'idea del «soggetto automatico» (Marx) della società, costituito dagli esseri umani attraverso le loro azioni quotidiane, ma che allo stesso tempo li sottomette totalmente, rendendoli dei meri funzionari di un processo anonimo, incosciente e al di fuori del loro controllo.
In base e a partire dal famoso capitolo di Marx, nel Capitale, sul «carattere di feticcio della merce», la Wertkritik parla di una costituzione feticcio della società moderna, una società che non determina consapevolmente le proprie relazioni sociali, i suoi bisogni, la produzione di cose utili, ecc, ma che ne ha subappaltato il controllo a un processo di auto-valorizzazione del valore - in questo modo, la società moderna si è posta sotto il dominio del soggetto automatico. In superficie, questo soggetto automatico concettualizzato negativamente corrisponde a ciò che l'economia politica, da Adam Smith a Hayek, chiama «mercato», considerato come una «mano invisibile» quasi divina, o come se fosse un processo conoscitivo superiore all'uomo, che garantisce che le risorse e beni che scarseggiano siano distribuiti in maniera ottimale e che prevalga l'equilibrio macroeconomico e macro-sociale.
L'opposizione tra le scienze economiche e la loro confutazione da parte della Wertkritik marxiana si manifesta allo stesso tempo anche nei confronti del denaro: per le scienze economiche, il denaro è un semplice gettone che facilita lo scambio, mentre la Wertkritik lo considera come la regina delle merci e come l'incarnazione stessa del valore nel suo movimento di espansione quantitativa autoreferenziale. Il denaro è il dio del feticismo moderno: la cosa astratta, vuota di contenuto, attorno alla quale tutto ruota e che orienta tutte le relazioni sociali. Quando le scienze economiche pretendono che l'economia sia lì per fornire alle persone dei beni che scarseggiano, la Wertkritik rovescia la prospettiva: lo scopo dell'attività economica è evidentemente quello di aumentare il valore di A, una data somma di denaro, utilizzando diverse merci (M) nel processo di produzione, per fare ancora più denaro (A'). L'offerta di merci è solo un sottoprodotto di questo movimento A - M - A', non il suo fine.

Il Mercato e lo Stato
La critica di Marx non viene affatto benaccolta dall'economia tradizionale, che spesso sembra adottare un sistema di pensiero piuttosto ermetico, basato su dei presupposti che sono assai lontani dalla realtà sociale. Tuttavia, a volte appaiono come delle crepe nel loro edificio intellettuale. Raramente, forse, per quel che attiene al concetto stesso di attività economica, ma piuttosto nelle ricorrenti polemiche relative alle relazioni tra lo Stato e il Mercato che solitamente vengono innescate proprio dalle crisi, come ad esempio dopo il crollo della borsa del 2008.
Marx considerava questa relazione tra il mercato e lo Stato come una relazione complessa, che sebbene comprenda elementi di cooperazione implica anche una sorta di tensione polare. Per lui, lo Stato è il complemento necessario alla moderna «società borghese» basata sul perseguimento di nudi interessi privati, dove la socializzazione avviene principalmente attraverso la relazione che il denaro intrattiene con l'arricchimento individuale. Lo Stato, in quanto incarnazione della volontà generale è necessario poiché, sulla base della moderna guerra borghese di tutti contro tutti, un ordine sociale sostenibile non è praticabile. Una simile socialità rimarrebbe asociale.

Il Denaro e lo Stato

Lo Stato è quell'autorità che, in prima istanza, deve assicurare, per mezzo di norme giuridiche e altre precauzioni, che gli individui possano incontrarsi in quanto proprietari di beni: è questa è la funzione principale svolta dal Diritto nella società moderna. Marx e la Wertkritik considerano la protezione della proprietà privata come il principale diritto della società borghese. Senza alcun dubbio, i compiti dello Stato moderno includono l'emissione di denaro e il fornire all'economia i necessari mezzi di scambio e di pagamento. A prescindere, la Wertkritik si basa sull'idea di Marx secondo cui il denaro si evolve per una necessità quasi oggettiva derivante dai rapporti di scambio delle merci, di cui lo Stato è solo un garante secondario. L'idea, oggi diventata maggiormente influente, avanzata principalmente dalla moderna teoria monetaria, per cui l'implementazione politico-giuridica del denaro simbolico, visto come misura del valore e come mezzo di scambio obbligatorio, sarebbe la base originaria della moderna economia di mercato; e che quindi in definitiva sarebbe a sua volta una creazione dello Stato, non solo non riconosce lo sviluppo storico, ma soprattutto nega la logica della moderna socializzazione.
Questo fraintendimento rimanda a uno degli elementi fondamentali del pensiero sociale dominante dei tempi moderni: vale a dire la fede nella competenza governativa di questa autorità centrale moderna,  lo Stato. Una simile convinzione continua a persistere malgrado lo scetticismo neoliberale nei confronti del potere regolatore dello Stato e nonostante la freddezza teorica della teoria dei sistemi, come dimostra il contributo di Gunther Teubner a questo dibattito.

L'illusione dello Stato

Dal punto di vista della Wertkritik, la fede nel cosiddetto primato della politica, o più in generale, la fiducia nella sovranità degli esseri umani per quanto riguarda il processo della loro socializzazione, è una delle illusioni centrali della modernità; una sorta di mito fondante, profondamente radicato nel pensiero illuminista e nell'idea del soggetto individuale autonomo che ne deriva. Con l'istituzione dello Stato moderno e la sua successiva democratizzazione arrivò non solo la convinzione che i cittadini determinassero i loro affari sociali in una libera consultazione, ma anche l'idea che nella comunità politica tutti gli affari sociali potessero essere controllati attraverso un dibattito basato sulla ragione e secondo delle procedure trasparenti garantite dalla legge e dall'amministrazione.
La Wertkritik confuta una simile illusione a proposito dello Stato. Sostiene che non sono solo le crisi inevitabili a testimoniare il fatto che l'economia non obbedisce a nessuna razionalità politica o sociale che si trova al di fuori o al di sopra di essa. Perfino il normale funzionamento della macchina che produce ricchezza capitalista è un processo che non segue alcuna razionalità sociale. Dal momento che si tratta di moltiplicazione del denaro visto come espressione di ricchezza astratta - e non di ricchezza materiale incarnata in beni utili - l'utilizzo delle risorse (materie prime, energia, lavoro, ecc.) ai fini della produzione di beni inutili e persino dannosi, per i quali i bisogni corrispondenti devono essere creati con la persuasione, diviene la regola. Questa realtà è in conflitto con l'immagine liberale illuminata dell'uomo visto come soggetto autonomo della propria socialità. Un discorso più (anti)politico direbbe: non c'è autonomia, non c'è sovranità e non c'è uno Stato capace di determinare consapevolmente il «sotto-sistema» sociale chiamato «economia». Al contrario, l'economia capitalista è invece il risultato di un feticismo della ricchezza. Lo Stato vive di condizioni materiali che non può garantire.
Di conseguenza, nella società capitalistica, ci sono del limiti relativi alla politica e al diritto: la politica non può mettere in discussione i fondamenti della socializzazione moderna, cioè l'oggettività del valore, e in epoca moderna non lo ha mai fatto, neppure nei cosiddetti stati «socialisti» governati da dei partiti comunisti. Inoltre, la capacità dello Stato di dirigere la politica dipende fortemente dalle condizioni storiche: in un periodo di crescita del valore, come nell'età dell'oro seguita alla seconda guerra mondiale, lo spazio di manovra è maggiore; mentre, in tempi di crisi si riduce. Questo vale a maggior ragione per la crisi attuale, la quale potrebbe rivelarsi come la crisi finale: come risultato della rivoluzione microelettronica in corso, eliminando dal processo produttivo il lavoro - l'unica merce che produce valore -  il modo di produzione basato sul valore ha raggiunto il suo «limite interno». Non esiste alcun modo di invertire questa traiettoria.
Le illusioni sui tempi attuali - circa l'eterna economia di mercato che produce beni utili ai bisogni dell'essere umano, e che parlano di un'economia che può essere regolata dallo Stato - hanno la loro origine in una cieca fede nel carattere naturale ed eterno della moderna forma di socializzazione. Ma la modernità è un fenomeno storico che ha avuto una sua genesi, un'ascesa e che ha una fine. L'attuale dibattito pubblico soffre del fatto che la coscienza alienata degli esseri umani sembra non essere più in grado di liberarsi dalla gabbia mentale che si è costruita. Rimane bloccata nel feticismo. Se l'umanità intende salvare il futuro, deve affrontare la finitezza della società tardo moderna e le crisi fondamentali e crescenti che hanno origine nella socializzazione moderna, pilotata dal soggetto automatico alla ricerca di una sempre maggiore ricchezza astratta.
Le critiche sociali che ancora una volta tentano di salvare il capitalismo da sé stesso - per esempio valutando e valorizzando la natura, introducendo monete alternative o, come propone Teubner (contro le sue stesse idee circa la natura autoreferenziale dei sistemi funzionali moderni), producendo gradualmente dei vincoli costituzionali e degli incentivi diversi per i vari sistemi - mostrano come continuare a pensare secondo le categorie della modernità continui a portare avanti sulla strada dell'errore. Per quanto la fine della modernità contenga un enorme potenziale distruttivo, come si può vedere ogni giorno, questo non può essere un motivo per continuare a cercare, invano, di prolungare il totalitarismo del valore. Il compito è piuttosto quello di disincantare il feticcio. La socializzazione sulla base del valore e le sue forme corrispondenti - merce, lavoro, denaro, diritto, nazione, stato, politica - non va riformata, ma dev'essere completamente abolita.

- Klaus Kempter - Pubblicato il 16/7/2021 su  Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme

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