Una lettera ai nostri cugini americani
- Dal Collettivo "Ill Will" (06/11/2025!!) -
Nei giorni successivi alla prima vittoria presidenziale di Donald Trump, gli amici in Francia ci hanno inviato una lettera che considera la sua ascesa al potere come un momento di verità che deve essere affrontato. Mentre entriamo nel secondo mandato della sua amministrazione, ripubblichiamo la lettera, che negli anni successivi non ha perso nulla della sua intensità.
«Oggi, è raro che chi sappia ancora cosa siano o siano stati lo Stato e la politica (e quindi la "storia")» .
- Alexandre Kojeve a Carl Schmitt, 28 giugno 1955 -
Ebbene sì, il Joker si è impadronito della Casa Bianca. La cosa non faceva parte della sceneggiatura. Non c'era bisogno di un camion carico di esplosivo e non c'è stato il conto alla rovescia su uno schermo LCD. Si è semplicemente presentato alle elezioni, nel modo più democratico possibile, e ha vinto. La notizia è stata accolta con un'incredulità universale, dolorosa per alcuni, trionfante per altri. In questo mondo, che una verità sorga e si presenti è sempre un evento. È quindi consuetudine seppellirla rapidamente sotto i camion della spazzatura di "commenti", "spiegazioni" e altre chiacchiere. Respingiamo il fatto che sia accaduto sulla base del fatto che non sarebbe dovuto accadere, che è stato un incidente. Il problema è che, mentre l'incidente diventa la regola, mentre la Brexit prevale nel Regno Unito e il sanguinario Duterte nelle Filippine, diventa sempre più difficile mascherare l'irrealtà di tutto ciò che "avrebbe dovuto essere". Squalificare come "fascista" il risultato di procedure che altrimenti si considerano "democratiche" non fa che aumentare la disonestà e l'aberrazione. Prendiamo invece l'elezione presidenziale di Donald Trump come un momento di verità. Formuliamo le verità, vecchie o nuove, che ne conseguono. Guardiamo la realtà che vi si dispiega, e orientiamoci in essa.
1. Un'elezione non è una procedura "democratica". È stata praticata in tutte le varietà di regimi monarchici. Il Papa viene eletto. Il suffragio universale è una procedura plebiscitaria, e il plebiscito è sempre stato favorito da dei dittatori. In Francia, il primo presidente "democraticamente eletto" è stato il dittatore Luigi Napoleone Bonaparte.
2. La dittatura è un'istituzione, e non la negazione di ogni istituzione. È stata inventata durante la repubblica romana, come il mezzo più efficace per affrontare situazioni di emergenza, ad esempio una secessione della plebe. Se al dittatore vengono concessi pieni poteri, è per salvare la Repubblica, o per ripristinare la "situazione normale". La dittatura è un'istituzione repubblicana.
3. La politica è essenzialmente l'arte di manipolare le apparenze, ed è fatta di sotterfugi, di stratagemmi, di giochi di alleanze e tradimenti, di colpi di Stato permanenti, di malafede e di dominio: in breve, è l'arte della menzogna efficace. Cosa c'è di più logico che eleggere come presidente un bugiardo brevettato? Coloro che considerano queste elezioni come il trionfo di una "politica della post-verità", solo perché l'attuale vincitore non "rispetta i fatti", non fanno altro che oscurare ciò che è ovvio, vale a dire che se Donald Trump è stato eletto, lo è stato proprio perché incarna la verità della politica, la verità della sua menzogna. La ragione per cui la sinistra è così tanto detestata, è dovuto al fatto che mente sulla menzogna tentando di fare politica in buona fede. Ogni volta che la sinistra attacca le oscenità di Trump, non fa che esporre ulteriormente il carattere sdolcinato del proprio moralismo. L'educata moderazione di cui la sinistra si vanta, la tiene a una distanza altrettanto educata dalla verità, e il che non fa altro che prolungare il regno delle menzogne. Questo ci aiuta a spiegare il perché alcuni considerino Trump come se fosse la fine della menzogna. Basta leggere Baltasar Gracián, il quale una volta scrisse a proposito dell'uomo di corte che «quando viene visto il suo artificio, la sua dissimulazione raggiunge un tono ancora più alto, e cerca di ingannare per mezzo della verità stessa. Cambia sia il proprio gioco che le sue armi, al fine di cambiare il suo stratagemma. Il suo artificio diventa quello di non averne più uno».
4. Se oggi governare consiste principalmente nell'enunciare l'emergenza; se i politici non fanno altro che recitare la loro parte in una sorta di distrazione spettacolare alla portata di tutti; se lo fanno solo per rimandare, giorno dopo giorno, l'esame di tutta la gamma di questioni vitali la cui irrisolutezza minaccia la nostra esistenza; se l'esercizio del potere statale non rappresenta altro che un'esca che obbliga coloro che possiedono il potere reale, perché hanno interessi reali nel mondo, a continuare a servirli; se, quindi, il governo non è più nel governo, se i suoi palazzi sono vuoti... allora è del tutto ragionevole eleggere presidente una star professionista dei reality. In un teatro di clown, un clown è semplicemente il miglior candidato a interpretare il ruolo principale.
5. Da quando "la democrazia è in crisi" gli esperti si sono persi in superflue elucubrazioni circa i "voti di fiducia", "i voti di protesta" e cose simili. Alla loro lista di categorie di fallimenti, dovrebbero aggiungerne un altro: il "voto di disprezzo". Non si dovrebbe ignorare che tutta una serie di nemici libertari del governo abbia votato per Trump. Mettere un essere spregevole in un ruolo che si disprezza, mettere un personaggio grottesco a capo di un corpo che si considera superfluo: c'è un modo più efficace per mostrarne la sua inanità? Non eleggere nessuno come presidente, è semplicemente un altro modo per annientare la funzione presidenziale. Ci lascia liberi di crederci intelligenti, nel mentre che deridiamo il trionfo della "idiocrazia".
6. L'incontro con l'Uomo Bianco ha lasciato un ricordo duraturo in alcuni popoli amerindi, un ricordo che non è stato dissipato nemmeno dove le persone in questione sono state sterminate. Secondo l'opinione popolare, l'Uomo Bianco è un essere volgare, un bugiardo narcisista insensato, un ipocrita feroce affamato di profitto e ignorante di tutto ciò che lo circonda, e per il quale nulla è sacro. È un criminale, un profanatore, un nichilista, un idiota e un miserabile fino alla saturazione. Presentando alla presidenza dell’ '"emisfero occidentale", un degenerato del livello di Donald Trump , i cittadini degli Stati Uniti hanno insistito nel rendere questa verità un fatto brillante, e per alcuni accecante. [*1]
7. In tutto il mondo, l'edificio giuridico-formale dello Stato è in via di smantellamento e di sostituzione con i criteri unici del lavoro di polizia, cioè quello dell'efficacia (che coincide – e non a caso – con l'ideale della gestione). Dove mancano i fini, quale meta plausibile rimane, se non un'infinita intensificazione dei puri mezzi? Epurazioni in stile sovietico, repressione con munizioni vere, incarcerazioni di massa, "guerra al terrore", stati di emergenza, "politica dell'immigrazione", propaganda spudorata, "guerra alla droga", massacri paramilitari dei cittadini, liquidazione delle forze di opposizione senza alcuna spiegazione: quello a cui stiamo assistendo non è uno «stato di eccezione che è diventato la norma», bensì una modalità specifica di governamentalità che si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo. Duterte, il "Trump filippino", che propone esecuzioni extragiudiziali nelle strade del suo paese, come misura dell'efficacia della sua politica, e incoraggia la cittadinanza a unirsi al bagno di sangue con entusiasmo, indica un percorso e un nuovo paradigma per l'esercizio del potere, all'insegna della "trasgressione". Ovviamente, la parte più inquietante del paradigma filippino, è che ci sono ancora gruppi per i diritti umani che si chiedono pubblicamente se tutto questo no ci stia facendo "uscire dallo stato di diritto".
8. La civiltà occidentale non ha ancora finito di finire. Tutto questo fa coppia con la tortura che si è auto-inflitta per più di un secolo, a un punto tale che anche i suoi sostenitori più fanatici ormai non possono più sopportarla. Votare per Donald Trump è stato un gesto immenso di «facciamola finita!»: letteralmente; preferire una fine spaventosa a uno spavento senza fine. In questo, quello che si esprime è un certo gusto calvinista per l'apocalisse, accanto al desiderio propriamente occidentale di catastrofe – un modo di cedere alle vertigini, che mette fine all'autocontrollo, insieme alla necessità di un confronto decisivo o - per dirla in termini teologici - una rottura del katechon, i cui effetti si faranno sentire ben oltre gli Stati Uniti.
9. Fin dalla sua nascita nell'antica Grecia, la funzione della democrazia è stata essenzialmente quella di scongiurare la guerra civile – quella guerra civile che l'ha partorita e con la quale si mantiene, ma anche la guerra civile in quanto realtà ultima della coesistenza tra diverse forme di vita, umane e non umane. Da Atene in poi, la guerra esterna è stata il metodo più banale per poter scongiurare questa guerra intestina. E uno dei segni della democrazia è quello che essa tratta i suoi nemici come "nemici della civiltà", come "barbari", "mostri", "criminali" e, più recentemente, come "terroristi" – in breve, cerca di espellere dalla "umanità" i suoi nemici. È stato questo il modo di condurre la guerra che Trump ha "riportato a casa", trascinandolo di nuovo al centro della politica classica, trattando Hillary Clinton non come un avversario con cui si dibatte, ma come un "criminale" da mandare in prigione. Così vediamo la democrazia, ancora una volta, come la continuazione della guerra con altri mezzi. Tra le persone illustri, negli ultimi tempi è stata consuetudine parlare di "pacificazione" piuttosto che di contro-insurrezione. Chiaramente non è più così. Se la democrazia è essenzialmente quella forma di guerra civile che consiste nel negare la guerra civile, ci sono alcuni cittadini negli Stati Uniti che invece vorrebbero che essa apparisse visibilmente per quello che è essenzialmente. Questo è uno dei primi passi compiuti dalla democrazia in America rispetto alla strada anticipata da Tocqueville, il cui precedente era stata, in tal senso, la Russia.
10. Se la vittoria di Trump appare così chiaramente, come se fosse la vendetta di coloro che sono stati sconfitti nella guerra civile americana degli anni '60 dell'Ottocento, il pericolo è grande, poiché questo evento mette in luce, per molti, il continuum sotterraneo della guerra civile, che viene comunque compreso come un deplorevole flagello, piuttosto che un fatto che dev'essere affrontato. Al di là del connotato burattinesco della presidenza statunitense, queste elezioni possono ancora servire come un invito alla vendetta, una carta bianca in mano alla polizia per poter massacrare tutti i neri e le persone di sinistra che desiderano. È sempre difficile perdonare le proprie vittime per tutto il male che si è inflitto loro. Ed è anche vero che i sostenitori di Trump sembrano, in linea di massima, tutti ben armati. Ma è anche immaginabile che l'evidente follia di questo nuovo governo potrebbe portarlo faccia a faccia con una nuova guerra di secessione, stavolta su un fronte rovesciato, dal momento che l'illegittimità dei nuovi poteri potrebbe alimentare una frammentazione infinita del territorio nazionale – la fine degli Stati Uniti d'America – laddove la moltiplicazione delle milizie richiederebbe la moltiplicazione dei comuni. Ciò che è fondamentalmente inammissibile nel comportamento del personaggio Donald Trump potrebbe, per contrasto, distruggere la funzione che si suppone egli occupi, e il sistema in cui questa funzione è inscritta. L'aberrazione che regna al centro, potrebbe portare alla fine di ogni centralità. Non più uno Stato, ma solo i territori che attraversiamo, e quelli che evitiamo. La fine delle egemonie. E una contaminazione, di ogni singolo leader occidentale, per il solo contatto con Trump: come potremmo prendere sul serio un capo di Stato che sembra prendere sul serio questo Donald?!?? Che ne sarà dell'amministrazione delle cose e del governo degli uomini quando non indosseranno più la maschera impersonale dello Stato? Cari cugini, vi inviamo questi pensieri dalla Francia per dire che non siete soli, indipendentemente dal destino che ci toccherà affrontare, attraverso il nostro sistema elettorale, qui tra pochi mesi.
- Dal Collettivo "Ill Will" (06/11/2025!!) - pubblicato per la prima volta su Lundi matin il 14 novembre 2016.
NOTA:
[*1] - Per approfondire questa intuizione, consigliamo il poco noto articolo di Georges Devereux, "La schizofrenia, psicosi etnica o la schizofrenia senza lacrime” (1965), in G. Devereux, "Saggi di etnopsichiatria". Prima edizione elettronica: settembre 2012. ISBN 978-88-6677-190-6
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