Nel 1946 torna in Irlanda ed è durante quel viaggio che sperimenta quella convulsione che avrebbe poi cambiato radicalmente il suo modo di approcciarsi alla scrittura e la sua concezione di racconto. Questa consapevolezza fu progressiva o fulminea? Lui parla di crisi, di istanti di rivelazione improvvisa: «Fino a quel momento, avevo creduto di poter contare sulla conoscenza. Che avrei dovuto equiparare sul piano intellettuale. Quel giorno, è andato tutto in pezzi». Le sue stesse parole mi vengono alle labbra: «Ho scritto Molloy e tutte le altre cose che sono venute, dopo il giorno in cui ho capito la mia stupidità. È stato così che ho iniziato a scrivere le cose che sento». Sorride e inclina la testa. Era notte. E come spesso accade, vagava da solo e si ritrovò alla fine di un molo spazzato dalla tempesta. Fu proprio lì che gli sembrò come se tutto stesse tornando al suo posto: anni di dubbi, di ricerche, di domande, di fallimenti (pochi giorni dopo avrebbe compiuto quarant'anni), all'improvviso assumevano un senso, e la visione di tutto ciò che avrebbe dovuto realizzare gli veniva imposta come un'ovvietà: «Ho intravisto il mondo che dovevo creare per poter respirare». Molloy, lo aveva cominciato quando viveva ancora con sua madre e lo aveva proseguito prima a Parigi, poi a Mentone, dove un amico irlandese gli aveva messo a disposizione una casa. Ma una volta che aveva finito di scrivere il primo tempo, non aveva più saputo come proseguirlo. Non stava più attraversando i guai che aveva avuto negli anni precedenti, ma tutto continuava a essere ancora difficile. E così, sulla prima pagina del manoscritto di Molloy, appaiono le seguenti parole: «Come ultima spiaggia». Ma poi, e fino al 1950, viene come travolto da una vera e propria frenesia creativa, finisce di scrivere Molloy, e di seguito Malone muore, Aspettando Godot, L'innominabile, e Testi per nulla; le uniche opere che hanno meritato la sua approvazione. Ritiene che i testi successivi al 1950 siano solo dei tentativi, e che forse solo nel suo Teatro ci sono delle pagine che possono essere considerate superiori a tutto il resto.
- Charles Juillet - da "Rencontres avec Samuel Beckett" - POL Editeur - 1999
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