Presi per il naso, Altan e il (non) senso della vita
- di Paolo Albani -
La prima cosa che colpisce, dal punto di vista fisico, nei personaggi creati da Altan, è il naso. È un particolare estetico che non si può non notare. Tutti i personaggi di Altan hanno nasi enormi, lunghi, bitorzoluti, a volte arricciati in modo strano. Un salsicciotto sembra il naso di Cipputi, operaio metalmeccanico comunista; simile a quello di un maiale è il naso dell’uomo con l’ombrello, che spesso ficca nel sedere di un altro uomo, e una banana in mano, in cui si ravvedono le sembianze del Cavaliere (una delle poche concessioni a prese in giro di politici); con la punta rientrante quello di Cristoforo Colombo o di Francesco d’Assisi, soprannominato Franz; a forma di banana, rivolto verso l’alto, quello di Casanova: tre protagonisti di altrettante biografie in chiave satirica scritte da Altan. Che se fossero permalosi, i personaggi nasuti di Altan, come il povero Cyrano de Bergerac, e se la prendessero con chi osasse nominare in loro presenza la parola «naso», sarebbero affari seri. Ma in genere i personaggi di Altan sono individui miti, dai modi pacati, come lo è d’altronde il loro creatore, uomo schivo, di poche parole, riservato, lontano dagli echi della mondanità.
Sul terreno della satira politica, Altan preferisce guardare le cose che accadono intorno a sé, il mondo che va a scatafascio, il senso (e il nonsense) della vita, stando dalla parte degli elettori, delle persone comuni, e non da quella degli eletti, degli uomini di potere. La sua satira è leggera, specchio di un umorismo intelligente, e filosofica, nel senso che fa riflettere, che accende lampadine in testa («C’è l’incertezza del futuro», dice il bambino al babbo che risponde: «Godiamocela, che quando diventerà certezza saranno cazzi»; «Il futuro non lo voglio più. Portatemi il conto e basta», si sfoga sconsolata una donna a seno nudo), e comunque la satira di Altan non si azzera mai nell’attualità, non scade mai nella banalità della cronaca spicciola. Le battute di Altan sono gocce di acuta saggezza, valide sempre, in ogni epoca, o quasi. Non perdono in forza mordente, non scolorano con il passare del tempo, come succede alla maggior parte dei vignettisti. La brevità dei dialoghi, cifra stilistica inconfondibile dell’artista, condensa una comicità mai becera, per niente scontata. E, sovente, autoreferenziale: «Mi piacerebbe sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che faccio»; «Non mi fido più neanche di me stesso».
L’umorismo di Altan (Treviso, 1942), da qualcuno avvicinato a quello del migliore Woody Allen, è velato di una candida amarezza, che quasi lascia senza fiato («Pensandoci bene: gli esseri umani, a che cacchio servono?»), com’è sempre il grande umorismo, che non ricerca la risata facile, sterile, ma è un impasto – magico e sagace – in cui si mescolano vari ingredienti, gioco verbale, rovesciamento dei ruoli, sorpresa, illusione e disillusione, allegria e tristezza. Se mettiamo in fila le battute fulminanti delle tavole (per me è riduttivo chiamarle “vignette”) di Altan, quelle dei personaggi più rappresentativi della sua ricerca artistica, un campionario variopinto e balzacchiano di uomini, donne e bambini (Luisa la tipica moglie disincantata; Mocassino pieno di dubbi esistenziali; Corvo sostenitore di losche trame; Baschetto il militante di base di sinistra deluso; Deporcellis il riccone privo di stati d’animo; Nando detto anche il Trucido; Italo lo scettico), ne esce un volume istruttivo, nutriente, alla stregua di L’arte di conoscere se stessi di Arthur Schopenhauer, libro segreto del filosofo tedesco. Sto esagerando?
Certo, un po’ di esagerazione è inevitabile quando si fanno parallelismi, la mia è una sollecitazione provocatoria. Il mondo di Altan è stato paragonato a quello di Hieronymus Bosch, in cui convivono santi e creature mostruose, figuriamoci se non posso accostare il pensiero di Altan a quello stimolante del pessimista Schopenhauer. Perché, in fondo, anche Altan pessimista lo è, in senso buono, portatore di un pessimismo benefico, paradossalmente vitale: «Sono così emotivo che appena cerco di ragionare mi vien da piangere»; «La vita è meravigliosa, a parte gli effetti collaterali». Voglio mettervi alla prova. Di chi è, secondo voi, questa frase: «Penso che l’inizio della saggezza sia il timore degli uomini»? Schopenhauer o Altan? Vi lascio nel dubbio.
A Palazzo Buontalenti a Pistoia (via de’ Rossi, 7) è in corso Altan, Cipputi e la Pimpa. Il mondo com’è… e come dovrebbe essere, curata da Luca Raffaelli, in collaborazione con Kika Altan, figlia dell’artista, con una ricca selezione di disegni, di cui molti originali e inediti. La mostra offre anche spazi di gioco per i bambini e ospita i personaggi e gli animali di Altan riprodotti in gommapiuma colorata dallo scultore Pietro Perotti. La prima sezione della mostra, Il mondo com’è, ospita le vignette storiche a partire da quelle dedicate al Cipputi o a Trino, dio un po’ maldestro che, guarda caso, ostenta un bel nasone lungo. Nella seconda parte,Il mondo come dovrebbe essere, sono esposti i fumetti amati in particolare dai bambini: la Pimpa, la cagnetta a pois, e Kamillo Kromo, un piccolo straordinario camaleonte, insieme ad altri disegni e fumetti inediti. Le sale conclusive accolgono la casa della Pimpa ricostruita a grandezza di bambino, dove i visitatori più piccini possono ammirare il vivace arredamento e mettersi a giocare e colorare. Chiude il percorso della mostra una sala video con i cartoni animati della Pimpa. Il catalogo, o meglio «il giornale della mostra», è in formato tabloid, una scelta originale, stampato da Coconino Press, Fandango.
Una volta hanno chiesto ad Altan quale fosse il suo messaggio. Lui ha risposto che non ha mai pensato di diffondere messaggi, questi ultimi, come sosteneva Vladimir Nabokov, li consegna il postino, nella buca delle lettere. La cosa bella di Altan è che lui non giudica, mostra gli uomini, fa dire loro ciò che essi non osano neppure pensare (Georges Wolinski)
- Paolo Albani - Pubblicato su Domenica del 30/4/2023 -
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