lunedì 10 luglio 2023

La sconfitta della Russia ?!!

L'erosione del potere verticale
- La lotta in corso in Russia, tra bande concorrenti per la ripartizione del mercato e del territorio, che era stata finora tenuta nascosta, sta sfuggendo a ogni controllo -
di Tomasz Konicz

Il presidente russo Vladimir Putin ha spezzato il dominio degli oligarchi, ma lo ha fatto al costo di dover creare, nell'apparato statale in espansione, delle nuove strutture oligarchiche. Sulla scia della guerra in Ucraina, le lotte tra i racket concorrenti, per la distribuzione occulta, si sono intensificate. La rivolta del gruppo di mercenari della Wagner, ha mostrato quanto sia diventato fragile il dominio del presidente russo. Si tratta di un semplice gioco di potere, una di quelle ordinarie manovre politiche quotidiane, con cui si fa politica nelle democrazie capitaliste. Per imporre una decisione impopolare, come ad esempio una "riforma strutturale" neoliberista. Non c'è problema. Se qualcosa va storto, non c'è niente di più facile che sostituire un ministro. Nell'establishment politico del tardo capitalismo avanzato, la sostituzione del personale è il prezzo che viene abitualmente pagato, al fine di poter così mantenere tanto le strutture quanto la direzione politica. Nel momento in cui la stampa parla di teste che rotolano, come è ben noto, questo non va preso alla lettera. E sebbene, letteralmente, le teste non rotolano nemmeno in Russia, c'è da dire che di tanto in tanto delle morti misteriose di funzionari statali si verificano! La rivista Newsweek ne ha contati ben nove, dall'inizio della guerra in Ucraina; il più recente è stato il giudice distrettuale Artem Bartenev, "caduto dalla finestra” del suo appartamento al dodicesimo piano, a Kazan. Ma tuttavia, il governo russo non è in grado di compiere quella che è una semplice manovra di politica di potere, sostituendo un ministro. In effetti, il presidente Vladimir Putin dovrebbe sostituire Sergei Shoigu; il suo ministro della Difesa palesemente incompetente. Però non può farlo senza erodere ulteriormente la sua già fragile base di potere; per quanto l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia equivalga da tempo a un disastro geopolitico e militare, e la sostituzione di un ministro simulerebbe quanto meno un'azione. In Russia, la lotta per il potere, che ha improvvisamente assunto le caratteristiche di un ammutinamento - se non di un tentativo di colpo di Stato - continua a rimanere un mistero, in mancanza di una corretta comprensione di quella «verticalità del potere» russo plasmato da Putin, dietro cui si nasconde un'oligarchia statale di stampo mafioso. La popolarità di cui il capo di Stato russo ancora gode, è stata acquisita nella fase iniziale del suo governo, quando ha posto fine alla fase caotica della trasformazione della Russia, caratterizzata dalla disintegrazione statale e sociale. Per questo Putin viene visto, soprattutto dai membri della vecchia generazione, come un «uomo d'ordine», come se fosse la personificazione di quel forte Stato russo che ha estromesso dal potere l'oligarchia. Quell'oligarchia che discendeva dall'élite funzionale sovietica e che, dopo l'implosione dell'Unione Sovietica, è uscita vittoriosa dalle privatizzazioni selvagge. Il contenimento del pauperismo durante la fase di trasformazione degli anni Novanta, la correzione parziale della perdita di importanza geopolitica da parte della Russia, il ripristino di alcune funzioni statali di base, come la riscossione delle imposte e la fine dei trasferimenti di capitale dalla Russia: tutti questi risultati, ottenuti da Putin all'inizio del XXI secolo, sarebbero stati impensabili senza lo smantellamento dell'oligarchia russa in quanto struttura dominante. Nel corso delle dispute con il governo, durante il primo mandato di Putin, diversi oligarchi - come Vladimir Gussinsky o Boris Berezovsky - sono stati cacciati dal Paese, mentre il recalcitrante magnate del petrolio Mikhail Khodorkovsky è finito per dieci anni in galera. Successivamente, i magnati predoni e gli oligarchi post-sovietici - i quali durante la presidenza di Boris Eltsin negli anni '90 avevano accumulato, quasi senza alcun ritegno, gran parte dei beni della fallita Unione Sovietica - hanno raggiunto un accordo con il governo. Per far sì che essi potessero accettare la loro rimozione dal potere politico, pare che siano state date delle garanzie informali di proprietà, soprattutto nei confronti degli oligarchi del clan di Eltsin.

L'ascesa dei Siloviki
La Russia continua ancora a essere caratterizzata da un forte divario sociale tra ricchi e poveri. Continua ancora a esistere un piccolo strato di super-ricchi, solo che non si tratta più di un'oligarchia (come in Ucraina) in grado di usare la propria ricchezza per strumentalizzare parti dell'apparato statale al fine di affermare i propri particolari interessi economici. Quella che è emersa in Russia, è un'oligarchia di Stato. L'attuale struttura del regime russo è entrata in conflitto con l'oligarchia emersa durante il governo di Eltsin. A seguito di questo conflitto, sono state nuovamente nazionalizzate alcune imprese strategicamente importanti per l'economia russa, soprattutto quelle nei settori dell'energia e delle materie prime. Le forze che hanno portato avanti con successo la lotta di Putin contro l'oligarchia, sono state reclutate dai "ministeri del potere" post-sovietico, nel KGB (o in quello che è stato il suo successore, l'FSB), dove anche Putin ha iniziato la sua carriera, e da altre organizzazioni che hanno imposto il monopolio di Stato per quanto concerne l'utilizzo della forza. Anche i cosiddetti Siloviki (il nome deriva dalla parola russa che indica il potere, «sila»), i quali hanno assunto ruoli di leadership nelle aziende e nei gruppi appena nazionalizzati, sono diventati enormemente ricchi. Putin ha sconfitto l'oligarchia russa - rivedendo alcune delle privatizzazioni - ma questo è però avvenuto al prezzo di formare una nuova oligarchia, che ora controlla il settore statale, e lo usa come fonte di ricchezza e di potere. Il suo primo rappresentante è lo stesso Putin; il politologo russo Stanislav Belkovsky ne stima la sua fortuna personale in 70 miliardi di dollari, mentre Bill Browder, amministratore delegato della società di fondi Hermitage Capital Management, ritiene che invece sia di 200 miliardi. Putin può essere considerato un multimilionario, anche se la sua situazione finanziaria rimane accuratamente nascosta. L'idea secondo cui le posizioni statali sono una fonte di arricchimento, pervade l'intero apparato statale russo; sono tali posizioni a costituire la sostanza di tutto il potere verticale, dal vertice alla base. Tuttavia, quando le posizioni che si hanno nell'apparato statale vengono utilizzate per l'arricchimento privato, ciò non contribuisce affatto né a mantenere né a ottimizzare quello che è il processo di valorizzazione del capitale, come invece avverrebbe nel caso della consueta funzione dello Stato come «capitalista collettivo ideale». Clientele e bande, continuano a lottare per accedere alle posizioni di potere dello Stato. Le lotte oligarchiche aperte che hanno caratterizzato l'Ucraina prima dello scoppio della guerra, si stanno svolgendo anche in Russia - in gran parte a porte chiuse - all'interno dell'apparato statale. Questa guerra disastrosa e fallimentare costituisce, in un certo qual modo, il catalizzatore che fa sì che questi conflitti tra oligarchie statali si inaspriscano e vengano allo scoperto. Il centro di potere di questo sistema, è Putin: è lui ad avere l'ultima parola nelle battaglie interne per il territorio e per le ripartizioni tra le bande in competizione all'interno dello Stato. Questa struttura di potere ricorda l'epoca imperiale zarista, così cara a Putin, quando, nel XVIII e XIX secolo, il successo economico dei mercanti o degli imprenditori dipendeva, non di rado, dal favore del Cremlino. Ma questo non significa che Putin abbia un potere autocratico illimitato. Putin agisce anche come mediatore tra le diverse fazioni mafiose dello Stato. Si tratta di un equilibrio permanente di politica di potere, che il presidente deve mantenere, in modo da tenere sotto controllo tutte le forze centrifughe anomiche dell'apparato statale russo, efferato e incapace di modernizzarsi. Il governo stesso di Putin continua a essere un prodotto di tale sistema. La sua banda è stata reclutata principalmente a San Pietroburgo, e comprende, ad esempio, l'ex presidente e primo ministro Dmitry Medvedev oltre al presidente di Gazprom, Alexei Miller. Come è caratteristico delle reti mafiose, la fedeltà, piuttosto che la competenza, gioca il ruolo di gran lunga più importante nell'assegnazione delle posizioni. E per Putin, quasi nessuno è più affidabile del ministro della Difesa Sergei Shoigu. Dalla sua nomina nel 2012, egli è diventato uno dei più stretti confidenti del presidente, ed è stato anche coinvolto nei preparativi per la guerra. Dal momento che appartiene alla cerchia ristretta del potere del Cremlino, un attacco a lui equivale a un attacco alla banda di Putin.

Da ristoratore a leader mercenario
Yevgeny Prigozhin, il leader del gruppo mercenario Wagner, invece apparteneva alla periferia della cerchia di potere di Putin; ed è stato uno dei pochi che deve la sua ascesa soprattutto alle sue capacità. Ha cominciato la sua carriera negli anni '90, come «cuoco di Putin», cosa che, grazie alla sua conoscenza personale del presidente, gli ha permesso di assicurarsi dei lucrosi contratti relativi ai servizi di refezione statale. Non si sa esattamente quand'è stato che abbia iniziato ad accettare altri genere di contratti; il suo gruppo mercenario Wagner ha fatto la sua apparizione per la prima volta nell'Ucraina orientale, nel 2014. Non si sa esattamente quand'è stato che abbia iniziato ad accettare altri genere di contratti; il suo gruppo mercenario Wagner ha fatto la sua apparizione per la prima volta nell'Ucraina orientale, nel 2014. Negli anni successivi, ha dimostrato di essere un strumento efficace di politica estera non ufficiale - a costi relativamente bassi - soprattutto negli Stati africani. In vari Stati africani, la Wagner si rifinanzia partecipando allo sfruttamento delle risorse minerarie; secondo Putin, il gruppo mercenario ha ricevuto dallo Stato russo, tra maggio 2022 e maggio 2023, l'equivalente di 1 miliardo di dollari. Anche il suo moderno equipaggiamento bellico proviene dalle riserve statali. Per Putin, questo investimento ha dato i suoi frutti fin dall'inizio, anche nella guerra in Ucraina. Sebbene con gravi perdite, i combattenti di Prigozhin hanno ottenuto quello che è stato l'unico successo degno di nota di tutta l'offensiva invernale russa: la presa di Bakhmut. È stato un tale successo che ha finito per far crescere le sue ambizioni politiche: ha cominciato a parlare apertamente del fallimento dell'esercito, guadagnandosi così l'inimicizia del Ministero della Difesa. Le controversie all'interno dell'oligarchia statale russa stanno aumentando a causa della disorganizzazione dell'esercito e dei miseri sviluppi della guerra; tutte cose che hanno contribuito al recente tentativo di colpo di Stato. La trasformazione dell'apparato dello Stato in un negozio self-service per bande in concorrenza tra loro, non si limita solo all'esercito. Materia di compravendita sono anche le promozioni acquistate, le attrezzature vendute  e i fondi dirottati. Anziché modernizzare le forze armate, a quanto pare Shoigu è impegnato a preoccuparsi di sé stesso: sua figlia possiede una proprietà a Mosca del valore di 18 milioni di dollari americani. E l'esercito russo che ha invaso l'Ucraina era guidato da ufficiali che lo vedevano soprattutto come una fonte di reddito. Stando così le cose, Prigozhin non ha dovuto pertanto inventarsi nulla nei suoi discorsi contro la cattiva gestione e la corruzione dell'apparato militare. Dopo parecchie esitazioni, Putin ha decretato che la forza mercenaria venisse privata della sua autonomia, e ha deciso che, a partire dal 1° luglio, sarebbe stata posta sotto la tutela dell'odiato Ministero della Difesa. Quindi, Prigozhin doveva temere quanto meno di essere privato del proprio potere, se non addirittura di essere arrestato o liquidato; a quanto pare, è stato questo il fattore scatenante l'ammutinamento. Si è trattato di una lotta per il potere e per la spartizione nell'apparato statale russo in via di erosione, alimentata dagli eventi bellici, che questa volta si è manifestata in tutta la sua evidenza. La rivolta in corso ha rivelato la fragilità del regime di Putin. L'oligarchia statale, incapace di modernizzarsi, e che sta distruggendo l'apparato statale con le sue lotte per la ripartizione delle risorse, minaccia di trasformarsi in qualcosa che somiglia sempre più a un'Anomia, in aperta decadenza dello Stato. Non c'è stato quasi nessun attore statale che abbia voluto impedire l'azione delle truppe Wagner: i militari e la polizia sono rimasti in gran parte passivi. A Rostov-sul-Don, alcune unità della Guardia Nazionale Russa sono state frettolosamente mobilitate; ma sono state subitp sciolte nel momento in cui  i mercenari hanno marciato nella città, impadronendosi senza nemmeno combattere del quartier generale del Distretto Militare della Russia Meridionale. Anche le basi militari e gli aerodromi sono stati conquistati senza combattere, mentre il governo ordinava di scavare delle trincee sulle autostrade per cercare almeno di rallentare la rapida avanzata delle forze mercenarie. I contingenti mercenari hanno avanzato, apertamente alla luce del giorno, verso Mosca, dove la Guardia Nazionale stava già allestendo dei posti di blocco e dei nidi di mitragliatrici. Per l'aviazione russa, sarebbe stato facile polverizzare i gruppi cha avanzavano. Ma c'è stato solo qualche attaccho sporadico, in cui l'aviazione russa ha perso sei elicotteri e un aereo da trasporto. L'ufficiale al comando, il generale Sergei Surovikin - ex comandante delle forze russe in Ucraina - sarebbe stato arrestato a fine giugno, secondo quanto riportato dai media; l'ufficio presidenziale di Mosca si è finora rifiutato di confermare o smentire tale notizia. Secondo i documenti ottenuti dalla CNN, Surovikin era un «membro VIP segreto, della Wagner». Il sostegno che nell'apparato militare ha avuto la cosiddetta «Marcia per la giustizia» di Prigozhin, per il momento rimarrà probabilmente solo oggetto di speculazioni. È stato il Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko - secondo quelle che sono state le sue stesse dichiarazioni - ad aver evitato, grazie al suo ruolo di mediatore, un'ulteriore escalation di questa lotta di potere. Prigozhin, che avrebbe negoziato per ore con Lukashenko, dovrebbe ora stabilirsi in una base militare in Bielorussia, con i suoi combattenti che non intendono unirsi all'esercito russo. A tutti i combattenti coinvolti nella rivolta è stata promessa l'immunità penale. Anche a Prigozhin è stata concessa l'amnistia, nonostante Putin, durante la rivolta lo abbia pubblicamente etichettato come traditore, e abbia annunciato la sua punizione.

Perdita di autorità
Non è chiaro se Lukashenko abbia svolto il ruolo che ha dichiarato, e che cosa sia effettivamente accaduto nelle ore cruciali dei negoziati. Le dimissioni di Shoigu e del Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov, richieste da Prigozhin e che secondo i primi resoconti gli sono state promesse, sembrano essere fuori discussione, almeno a breve termine - altrimenti il leader mercenario potrebbe celebrarle come una vittoria a posteriori. Se, dopo un intermezzo, ci sarà una qualche sostituzione, allora è probabile che Putin sostituisca questi due titolari di cariche - tanto leali quanto incompetenti - con altri membri della banda che siano altrettanto affidabili. In discussione c'è Alexei Djumin, un'ex guardia del corpo di Putin, il quale nel frattempo è diventato governatore dell'oblast' di Tula. A quanto pare, a essere mantenuto è sempre il vecchio schema di ricompensa della fedeltà. Anche se leale, l'ex praticante di arti marziali e attore Steven Seagal, che si dice sia in trattativa per diventare il nuovo ministro della Difesa, non dovrebbe essere preso seriamente in considerazione. A prescindere dal suo fallimento, la Guardia Nazionale Russa, composta da 200.000 persone, e inizialmente destinata solo all'uso interno, in futuro verrà equipaggiata con armi pesanti. Inoltre, i propagandisti e i lacchè del regime in via di erosione stanno cercando di tornare alla normalità, e pertanto di simularla il più rapidamente possibile. Tuttavia, questa rivolta mercenaria - che è stata accolta con una diffusa passività dall'apparato statale russo -rappresenta un punto di svolta. Putin, che nel giro di poche ore ha dovuto cambiare la sua posizione su Prigozhin, ha perso gran parte della sua autorità. Ogni parvenza di Stato ordinato, ora ha lasciato il posto a una realtà fatta di lotte di potere di stampo mafioso e di affari sporchi. È improbabile che Putin si possa riprendere da questa situazione, sebbene, nell'immediato il suo potere non sia minacciato. La guerra, che sta alimentando l'erosione della verticalità del potere in Russia, continua senza alcuna prospettiva di vittoria russa. Ma l'ammutinamento ha anche mostrato quella che probabilmente è l'unica strada percorribile perché si arrivi alla sconfitta della Russia. In termini militari, è improbabile che l'Ucraina vinca la guerra, anche contro un esercito russo depresso e incapace di grandi offensive, a causa dell'enorme discrepanza di risorse disponibili. Questo fatto è dimostrato anche dalle battute d'arresto dell'attuale offensiva ucraina; ragion per cui la Russia preferisce una guerra di logoramento. Ciò che sembra possibile, tuttavia, è uno scenario simile a quello dell'offensiva vietnamita del Tet nel gennaio 1968, quando una sconfitta militare dei Viet Cong ha potuto essere trasformata in una vittoria politica, grazie alle onde d'urto che tale offensiva aveva creato nella politica interna degli Stati Uniti.

- Tomasz Konicz - Pubblicato il 6/7/2023 su Jungle World -

fonte: Tomasz Konicz

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