Recentemente pubblicato da Boitempo, il nuovo libro del sociologo Michael Löwy, "Marx, esse desconhecido", affronta il controverso rapporto tra l'autore del Capitale e la grande tradizione romantica, mostrando e sottolineando il vigore dei suoi contributi in cui parla di una religiosità distinta da quella che ha definito come "l'oppio dei popoli". In questa conversazione con la rivista "Cult", l'intellettuale brasiliano - che vive a Parigi dal 1969 ed è direttore emerito di Ricerca presso il CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) – rivela sottigliezze e sfumature spesso sconosciute e/o ignorate, presenti nell'opera di Marx, come ad esempio l'eco-socialismo e la sua inchiesta sul suicidio, e dimostra come il pensiero del filosofo tedesco continui ad avere una sua innegabile attualità. Quasi 150 anni dopo la morte di Marx, e dopo aver influenzato in tal modo il corso del pensiero e della storia occidentale, perché è ancora uno "sconosciuto"? Ci sono pochi autori letti, discussi e pubblicati come Karl Marx. Non solo in Occidente, ma anche in Oriente, così come nel Nord e nel Sud del mondo. Tuttavia, ogni epoca si fanno nuove letture di Marx e si scoprono nuovi aspetti che prima non erano stati presi in considerazione. È quello che è successo, ad esempio, con la dimensione ecologica di Marx, "sconosciuta" per un secolo e mezzo, e riscoperta negli ultimi due decenni, grazie alle opere di "eco-marxisti" come John Bellamy Foster e Kohei Saito. È una testimonianza della ricchezza di questo lavoro e della sua profondità. In opposizione all'eco-socialismo, i negazionisti climatici come Javier Milei nella sua recente campagna presidenziale
Cult: A quasi 150 anni dalla morte di Marx - dopo aver così tanto influenzato il corso del pensiero e della storia occidentale - perché rimane ancora così "sconosciuto"?
Michael Löwy: «Ci sono pochi autori altrettanto letti, discussi e pubblicati di quanto lo sia Karl Marx. Non solo in Occidente, ma anche in Oriente, tanto nel Nord che nel Sud del mondo. Tuttavia, a ogni passaggio di epoca, vengono svolte delle nuove letture di Marx, e si scoprono così dei nuovi aspetti che prima non erano stati presi in considerazione. È quanto è accaduto, ad esempio, con la dimensione ecologica di Marx, rimasta "sconosciuta" per un secolo e mezzo e riscoperta negli ultimi due decenni grazie al lavoro di "ecomarxisti" come John Bellamy Foster e Kohei Saito. Questo testimonia la ricchezza della sua opera, e la sua profondità.»
Cult: In opposizione all'eco-socialismo, i negazionisti del clima - come ha fatto Javier Milei, nella sua recente campagna presidenziale in Argentina - spesso si riferiscono alle argomentazioni scientifiche relative al riscaldamento globale chiamandole "marxismo culturale", e così facendo paralizzano il dibattito. Evocare Marx, serve a fare il gioco di chi riduce gli ecologisti a "comunisti", impedendo in tal modo qualsiasi cambiamento pragmatico della situazione attuale?
Michael Löwy: «Non serve Marx, per rendersi conto della crisi climatica: si trova sulle prime pagine dei giornali. Ma, come dice il proverbio, il peggior cieco è quello che non vuole vedere. Le relazioni del Giec [il Gruppo intergovernativo di esperti del cambiamento climatico, dell'Onu] costituiscono il lavoro che viene svolto da migliaia di scienziati in tutto il mondo, i quali non hanno nulla a che fare con il "marxismo culturale". Il negazionismo accusa di "comunismo" qualsiasi critica ai propri deliri; non possiamo assoggettarci alle regole del gioco di quello che è una sorta di "fascismo culturale". I marxisti non sono gli unici a rendersi conto della responsabilità che l'attuale sistema economico ha nel processo di cambiamento climatico: Papa Francesco, nella sua enciclica "Laudato Sii"(2015) lo dice chiaramente. Ciò che propone l'eco-socialismo - partendo da Marx, ma sviluppando, a partire dalla crisi ecologica del nostro tempo, un nuovo modo di pensare - costituisce un'alternativa radicale alla logica distruttiva ed ecocida della moderna civiltà capitalista. Non tutti gli ecologisti accettano questa proposta, tutt'altro. E non tutti i marxisti hanno integrato pienamente la questione ecologica nelle loro proposte. Ma non possiamo rinunciare a una riflessione "marxista ecologica", a prescindere dai deliri paranoici di Milei, Bolsonaro e compagnia.»
Cult: Tra i temi del "Marx sconosciuto" che lei affronta nel libro c'è anche il suicidio. Come valuta, alla luce di Marx, l'allarmante aumento del numero di persone che si uccidono, compresi i giovani? Secondo il Ministero della Salute, in Brasile, nell'ultimo decennio c'è stato un aumento del 43% dei casi di suicidio.
Michael Löwy: «Marx suggerisce, in questo saggio [Sul suicidio, 1846], che la causa principale del suicidio sono i vizi della società borghese. Si può dire, alla luce di Marx, che l'aumento dei suicidi nel nostro tempo testimonia il carattere sempre più oppressivo, alienato e distruttivo del sistema capitalistico in cui viviamo. Ma ciò che colpisce di questo breve saggio di Marx - in realtà si tratta di un commento a un testo di un autore francese, [Jacques] Peuchet - è che l'interesse di Marx si concentra su uno dei principali vizi di questa società: l'oppressione delle donne. I casi di suicidio studiati da Marx sono quasi tutti suicidi di donne, di varie classi sociali, vittime di quella che egli chiama "tirannia familiare", la brutale oppressione patriarcale esercitata da padri e mariti - che trattano le loro mogli come se fossero una proprietà privata - e dal Codice Civile borghese. Questo breve articolo, poco conosciuto, rappresenta forse la critica più incisiva svolta da Marx contro il sistema patriarcale della società borghese.»
Cult: Marx affronta anche il fenomeno della solitudine. In una civiltà segnata da tanti nuovi mezzi di "connessione" tra le persone, è possibile trarre da Marx una riflessione sulla solitudine, non solo sulla "solitudine di massa", quella della vita quotidiana nelle megalopoli, ma anche circa gli aspetti positivi che essa può avere, in quanto parte dell'esperienza di sé, vista come un fattore che favorisce un pensiero libero e originale?
Michael Löwy: «Se è una libera scelta, la solitudine può essere positiva, per un periodo, per delle persone che cercano l'introspezione, o la scrittura, o l'attività artistica, e preferiscono isolarsi dal rumore assordante del mondo esterno. Ma nella società borghese, la solitudine in mezzo alle masse è un prodotto della disintegrazione dei legami sociali o comunitari, della promozione di un feroce individualismo, della "competizione", della guerra di tutti contro tutti nella lotta per la sopravvivenza. Questo è ciò che Marx denuncia nel Manifesto comunista: i legami sociali sono stati soppressi, e tutto ciò che rimane tra gli esseri umani è il freddo "pagamento in denaro".»
Cult: Ci sono diversi punti, in cui lei mette in evidenza le ambivalenze, le contraddizioni in Marx stesso, contraddizioni che hanno dato origine a marxismi molto diversi tra di loro. E arriva a dire che insistere su queste contraddizioni, piuttosto che contribuire a forgiare una lettura monolitica, costituisce un procedimento essenziale che può rendere giustizia all'eredità di Marx, oggi. Perché?
Michael Löwy: «Si tratta di riconoscere che esistono diversi aspetti nell'opera di Marx, e che pertanto diventa legittimo criticare ciò che sembra sbagliato, o superato, e favorire invece ciò che è diventato più interessante rispetto al nostro tempo. Per esempio, il Manifesto comunista, che in molte delle sue proposizioni è rimasto incredibilmente attuale, contiene tuttavia anche dei giudizi che sono tipici dell'eurocentrismo del suo tempo. Questo verrà poi superato negli scritti successivi, come ad esempio nel capitolo sull'accumulazione primitiva, nel primo volume del Capitale; una delle più impressionanti critiche al colonialismo europeo, nell'opera di Marx. Una lettura "de-coloniale" di Marx nel XXI secolo dovrà allora riconoscere queste differenze e, evitando letture monolitiche, saprà recuperare i suoi scritti esplicitamente anticolonialisti.»
Cult: Socialismo o barbarie, diceva Rosa Luxemburg; al cui pensiero lei ha dedicato un recente libro ("Rosa Luxemburg: The Incendiary Spark", Alameda, 2022). Data l'evidenza del trionfo della barbarie nel XXI secolo, parlare di rivoluzione oggi ha perciò più il carattere di un gesto di speranza utopica, di un articolo di fede?
Michael Löwy: «Anche nel XX secolo ci sono stati diversi periodi di barbarie - ad esempio le due guerre mondiali - ma sono stati poi seguiti da ondate rivoluzionarie: la prima nel 1917, con la Rivoluzione russa, e la seconda dopo il 1945, con le rivoluzioni nei Paesi del Sud globale, Cina, Indocina, Cuba. Parlare di "socialismo o barbarie" e proporre un'alternativa rivoluzionaria, non costituisce un "articolo di fede", quanto piuttosto una speranza attiva, una scommessa, come dicevano - riformulando il concetto di Blaise Pascal - i marxisti Lucien Goldmann e Daniel Bensaïd. Una scommessa, certo, visto che non c'è nessuna certezza, nessuna garanzia che ci provenga dalle "leggi della storia", o dalle scienze sociali, che ci garantisca una rivoluzione socialista. Una scommessa sulla nostra azione collettiva, con la speranza di successo, fatta conoscendo il rischio della sconfitta. È questo il significato del "socialismo o barbarie" di Rosa Luxemburg nel 1915: il futuro storico non viene a essere determinato, ma ci sono diverse possibilità. Una previsione questa, che poi venne a essere drammaticamente confermata: solo 14 anni dopo, la sconfitta della rivoluzione socialista in Germania nel 1919 e l'assassinio di Rosa Luxemburg, crearono le condizioni per il trionfo della barbarie nazista. Solo una precisazione sul costrutto di '"articolo di fede": per i miei amici della Teologia della Liberazione e del Socialismo Cristiano, l'emancipazione degli sfruttati e degli oppressi, è un articolo di fede cristiana! Questo però non ha impedito loro di dare un notevole contributo agli innumerevoli processi di lotta sociale, o addirittura rivoluzionaria, che si sono prodotti nella storia dell'America Latina, dal 1960 in poi.»
Cult: Una delle sue analisi più innovative riguarda l'influenza del Romanticismo sull'opera di Marx. Perché questo argomento genera tanta ostilità tra i marxisti?
Michael Löwy: «Dobbiamo innanzitutto cominciare con lo spiegare che cos'è il "Romanticismo": non si trattaa solamente di una scuola letteraria dell'inizio del XIX secolo, bensì di una visione del mondo, presente in tutti i campi della cultura: poesia, letteratura, arte, filosofia, storia, teologia, e persino economia politica. Potremmo definirla come una protesta culturale contro la civiltà capitalistica moderna, attuata in nome di forme sociali, culturali o etiche provenienti dal passato precapitalistico. Una protesta che ha avuto inizio nel XVIII secolo - ad esempio con l'opera di Jean-Jacques Rousseau - ma che continua ancora oggi. Marx, in un passo dei Grundrisse, critica il Romanticismo, ma afferma che si tratta di una critica legittima della società borghese, la quale avrebbe continuato a esistere fino alla fine dell'epoca borghese. Questo riferimento al passato spiega il perché molti marxisti si oppongano a riconoscere la pertinenza e la validità della critica romantica - che considerano "reazionaria" - e quale sia stato il suo ruolo in quanto una delle fonti del pensiero di Marx. In realtà, dal punto di vista politico, il movimento romantico è piuttosto eterogeneo: ci sono molti romantici conservatori che sognano un ritorno al passato; ma i romantici rivoluzionari - da Rousseau a José Carlos Mariátegui - propongono una sorta di ritorno al passato che ci possa spingere in direzione di un futuro utopico. Mariátegui, per esempio, fa riferimento al "comunismo inca" del passato precoloniale, ma lo fa proponendo di integrare le tradizioni comunitarie indigene in un moderno progetto comunista. Del reso, bisogna riconoscere che Marx si è ispirato alla critica della società borghese; compresa quella di romantici conservatori come Honoré de Balzac, o come l'economista Sismondi. È questo ciò che cerchiamo di spiegare in uno dei capitoli del libro, che forse potrebbe servire a convincere alcuni amici marxisti scettici a proposito del Romanticismo.»
Cult: Il ricco dialogo tra marxismo e cristianesimo, nell'età d'oro della Teologia della Liberazione, di cui ha parlato nel suo libro "A guerra dos deuses: Religião e política na América Latina" (Vozes, 2000), sembra essersi ormai spento, sia all'interno che all'esterno della Chiesa cattolica, anche dopo l'ascesa di un papa progressista come Francesco. Si tratta di un processo irreversibile? La religione è tornata a essere "l'oppio dei popoli", come scriveva Marx?
Michael Löwy: «Indubbiamente, esistono delle forme religiose che funzionano da "oppio dei popoli": ne sono un ottimo esempio le chiese evangeliche neo-pentecostali. Per contro, va detto che la Teologia della Liberazione e le comunità di base non sono scomparse: hanno subito una battuta d'arresto durante il pontificato di Wojtyla, ma oggi, grazie a Papa Bergoglio, trovano un ambiente più favorevole. In Europa, Papa Francesco ha iniziato qualche anno fa un processo di dialogo con i marxisti della sinistra europea, che ha portato a diverse iniziative comuni. Non possiamo ancora prevedere quali conseguenze avrà a lungo termine il pontificato "latinoamericano" di Bergoglio, ma il dialogo tra marxisti e cristiani è una realtà.»
Intervista apparsa il 1° febbraio 2024 sulla rivista brasiliana Cult
2 commenti:
Su questi temi ho trovato molto interessante Mark Fisher
Sicuramente.
F.S.
Posta un commento